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Agostino fonda il monastero dell'Orto a Ippona: particolare dei monaci
JEAN JENET
1623
Monaco di Baviera, Monasticon Agustinianum
Agostino fonda il monastero dell'Orto a Ippona
La stampa è una incisione di Jean Jenet che apparve nell'opera di Crusenio "Monasticon Agustinianum in quo omnium Ordinum sub Regula S. Agustini". Quest'opera fu edita nel 1623 a Monaco di Baviera.
La scena ricorda l'istituzione del monastero detto dell'Orto presso la Basilica di Ippona. La titolazione dell'incisione ricorda l'episodio con la scritta HORTUS AUGUSTINIANUS A S. VALERIO DONATUS.
La scritta in pedice rinnova la descrizione dell'evento con maggiore dovizie di particolari: "AUGUSTINE tuis votis rideat HORTUS. Donatione dedico fundum tibi Intra Coenoby surgat fundamen. Eremi sodalitatis esto Seminarium Laetabundus init Pater AUGUSTINUS in hortum. Redditque grates debitas Valerio.
O felix horti cultor quia fructifer HORTUS Ecclesiae semper boni ferax erit."
La scena, che ha come sfondo la città e il porto di Ippona, si svolge all'interno di un appezzamento cintato dove compaiono due chiese. Agostino è assieme a un buon numero di monaci che si stanno muovendo nello spazio cintato.
In questa città ero venuto per vedere un amico che speravo di guadagnare a Dio e portare con noi nel monastero. Stavo tranquillo, perché la sede era provvista di vescovo. Ma, preso con la forza, di sorpresa, fui ordinato sacerdote e attraverso quel gradino giunsi all'episcopato. Entrando in questa chiesa non portai nulla: solo i vestiti che indossavo in quel momento. E poiché il mio proposito era di vivere con i fratelli nel monastero, il vecchio Valerio, di venerata memoria, conosciuto il mio disegno e la mia volontà, mi fece dono di quel terreno in cui ora sorge il monastero. Cominciai allora a riunire fratelli di buona volontà che volessero essere miei compagni nella povertà, che nulla avessero di loro possesso come io non avevo nulla: che fossero disposti ad imitarmi.
Come io avevo venduto la mia piccola proprietà e dato ai poveri il ricavato, così avrebbero dovuto fare quelli che volevano vivere con me. Tutti saremmo vissuti del bene comune. Comune a tutti noi sarebbe stato un grande e fertilissimo podere, lo stesso Dio. Giunsi poi all'episcopato. E lì mi resi conto che il vescovo è tenuto ad usare ospitalità a coloro che lo vengono a trovare, o che sono di passaggio. Se il vescovo non lo facesse, apparirebbe non umano.
E in un monastero non sarebbe conveniente introdurre una tale consuetudine, perciò io volli avere con me, in questa stessa sede vescovile, un monastero di chierici. Ed ecco come viviamo. Dal momento che siamo in comunità a nessuno è lecito possedere in proprio.
AGOSTINO, Sermo CCCLV, 2
Fatto prete, subito istituì un monastero accanto alla chiesa e cominciò a vivere con i servi di Dio secondo il modo e la norma stabiliti al tempo degli apostoli. Soprattutto, in quella società nessuno doveva avere alcunché di proprio ma tutto per loro doveva essere in comune, e ad ognuno doveva esser dato secondo le proprie necessità: proprio questo egli aveva già fatto precedentemente, allorché era tornato d'oltre mare a casa sua.
POSSIDIO, Vita Augustini, 5. 1