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PITTORI: Maestro svizzero

Agostino e il bambino sulla spiaggia

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

MAESTRO SVIZZERO

1622

Princeton, University Art Museum

 

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

 

Questa straordinaria opera è esposta al Princeton University Art Museum nel New Jersey.

L'opera è di origine svizzera e risale al primo Seicento.  La scena è stata realizzata sulla superficie di un vaso in metallo, vetro bianco con macchie di argento ce smalto abrasivo sanguigno.

Il manufatto misura 52,5 x 41,9 cm ed è stato donato al Museo da Stanley Mortimer. La straordinaria lavorazione ha come cornice le armi e gli stemmi di Johannes Hutz che nel 1622 era abate di Lachen.

La chiesa parrocchiale si riconosce facilmente con le sue due cupole a cipolla. Già nel 1096 fu costruita a Lachen una prima cappella dedicata alla Santa Croce. La chiesa probabilmente in stile gotico fu inaugurata nel 1571 dall'abate di Einsiedeln. Alla fine del Seicento, per motivi strutturali venne chiusa. Nel 1707 fu deciso di costruire una nuova chiesa su progetto dell'architetto Caspar Moosbrugger (1656-1723) monaco. Il vescovo di Costanza consacrò la chiesa nel 1711.

La scritta ai piedi della scena principale del vaso recita: POSITUS IN MEDIO QUO ME VERTAM NESCIO seguito da

H. JOHANNES HUTZ DER BUT SFARHERZ ZU LACHEN ANNO 1622.

L'episodio centrale si riferisce alla ricerca agostiniana del senso della Trinità con la rievocazione di un episodio leggendario, in cui

Agostino, grande indagatore del mistero della Trinità, si trova coinvolto un giorno mentre sta passeggiando per una spiaggia. Qui incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

A questo episodio si aggiunge una ulteriore raffigurazione iconografica agostiniana cui si riferisce la dicitura POSITUS IN MEDIO QUO ME VERTAM NESCIO. Negli ovali le ulteriori scritte HINC PASCOR A VULNERE e HINC LACTOR AB UBERE specificano che siamo di fronte alla espressione figurativa di un'altra leggenda medioevale che nasce probabilmente in Italia. Diversi pittori si sono ispirati a essa che trae spunto da passi delle sue meditazioni: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.

Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.