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PITTORI: Maestro tedesco

Sant'Agostino lava i piedi di Cristo pellegrino

Sant'Agostino lava i piedi di Cristo pellegrino

 

 

MAESTRO TEDESCO

1600-1649

Matera, chiesa di S. Agostino

 

Sant'Agostino lava i piedi di Cristo pellegrino

 

 

 

Con ogni probabilità quest'opera apparteneva con altre due ad una serie di dipinti conservati nella sacrestia della chiesa, che raffiguravano scene con Storie di sant'Agostino. Il dipinto, per la sua struttura e lo stile, può essere ascritto ad un ambito culturale nord-europeo, probabilmente della Germania Settentrionale, della prima metà del Seicento.

Agostino è inginocchiato dinanzi al Cristo pellegrino e gli sta lavando il piede sinistro, che porta le stigmate. Cristo, dal cui capo aureolato escono raggi luminosi che investono l'intero ambiente, alza la mano destra in segno di benedizione. Sul mantellino porta la conchiglia jacobea tipica del cammino di Santiago.

Agostino indossa la tunica dei monaci che seguono la sua regola ed ha lo sguardo fisso sul Cristo pellegrino, dalla cui bocca escono le parole TIBI COMMENDO ECCLESIAM MEAM.

Altri monaci in lontananza parlano fra di loro quasi ignorando la scena principale. Il lungo corridoio si apre in fondo con una grande arcata da cui si può vedere una chiesa con una grandiosa cupola. Agostino è solo davanti al Cristo pellegrino e mostra un atteggiamento di grande devozione. davanti ha una bacinella colma d'acqua con un grande panno utile per asciugare i piedi lavati. A sinistra in primo piano si nota uno sgabello e un tavolino dove è deposto un libro aperto.

 

Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici, che seguivano la sua regola. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.

Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."

N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.

Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perché abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perché Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.

Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.

Spesso la scena, come in questo caso a Matera, è accompagnata dal testo "O grande padre Agostino, ti affido la mia Chiesa", tratto da un apocrifo ambrosiano. E' un chiaro segno per giustificare la vita mista fra contemplazione e azione propria degli eremitani, con l'invito a seguire l'esempio del santo fondatore.