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Sant'Agostino medita il mistero della Trinità
MEI BERNARDINO
1665
Ariccia, chiesa S. Maria Assunta
Sant'Agostino medita il mistero della Trinità
Bernardino Mei realizzò opere per i possedimenti dei Chigi anche fuori Roma, come è il caso di questa pala con S. Agostino che medita sulla Trinità eseguita per la collegiata di S. Maria Assunta ad Ariccia del 1665 e costata 160 scudi. La tela si trova sull'altare dedicato a sant'Agostino e alla Santissima Trinità. La cornice intagliata e dorata invece, assieme alle altre delle pale d'altare della chiesa, fu dorata da Marcantonio Inverni e Bardassarre Castelli.
La struttura dell'opera richiama un episodio leggendario nella vita del santo, secondo il quale, mentre sta cercando di conoscere il mistero della Santissima Trinità, incontra un bambino su una spiaggia che gli fa capire l'impossibilità di raggiungere un simile risultato.
Il soggetto della pala si sviluppa su due piani: in quello superiore troviamo Iddio Padre che regge il Figlio mentre una colomba bianca vola sul Cristo. La Trinità, avvolta nelle nubi, è accompagnata da un gruppo di angeli che devotamente accudiscono il Cristo.
Nel paino inferiore troviamo Agostino che con una torsione alza lo sguardo verso il cielo per contemplare la Trinità. Ha in mano una penna con cui sta scrivendo su un libro appoggiato su tavolo. Il santo indossa i paramenti episcopali con la mitra in testa. Sotto il piviale si nota la tunica nera dei monaci che seguono la sua regola. Il volto del santo ha un aspetto anziano con una foltissima barba e uno sguardo intenso. Di fronte a lui un bambino con in mano una conchiglia alza il braccio destro indicando al santo la presenza della Trinità.
Secondo Kany questo soggetto con protagonista Agostino fu creato dal canonico agostiniano Tommaso da Cantimpré intorno al 1260. La narrazione leggendaria si trova per la prima volta nel Catalogus Sanctorum del vescovo Petrus de Natalibus intorno al 1370 e successivamente divenne un elemento distintivo delle biografie agostiniane e degli episodi leggendari attribuiti al santo.
Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità.
L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del mistero della Trinità, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.
Bernardino Mei
Figlio di Girolamo di Agnolo e di Celia Camozzi, Bernardino nacque a Siena nel 1612. In gioventù fu allievo di Giuliano Periccioli un disegnatore e cartografo senese, ma l'arte della pittura la apprese da Rutilio Manetti e forse anche da Francesco Rustici. Dal 1657 fu impegnato in una ininterrotta attività per i Chigi, grazie alla attiva la mediazione dell’influente monsignor Volunio Bandinelli divenuto poi cardinale. Godette della protezione del Cardinale Fabio Chigi che dopo la sua elezione a papa col nome di Alessandro VII, nel 1655, lo chiamò a Roma. Qui l'artista subì il fascino della grande pittura barocca di Mattia Preti, Andrea Sacchi e Pier Francesco Mola. Fu però Gian Lorenzo Bernini, al quale fu legato da una profonda amicizia, a stimolarlo, con la sua scultura movimentata e di grande effetto scenografico, a introdurre nei suoi quadri soggetti mitologici e allegorici. Non a caso questi soggetti definiscono gran parte della sua produzione romana. Mei lavorò costantemente alla corte senese e poi romana dei Chigi. Produsse interessanti lavori anche per i Piccolomini tra cui ricordiamo tre deliziose miniature per il Libro dei leoni, oggi all'Archivio di Siena. In questa occasione dimostrò la sua versatilità nelle più disparate tecniche pittoriche e iconografiche. Mei morì a Roma nel 1676.