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PITTORI: Maestro di Montebruno

S. Agostino e il Cristo pellegrinoe

S. Agostino e il Cristo pellegrino

 

 

MAESTRO DI MONTEBRUNO

1600-1650

Montebruno, Santuario di Nostra Signora

 

S. Agostino e il Cristo pellegrino

 

 

 

L'affresco riproduce una scena che ebbe una certa fortuna dal Cinquecento in poi. Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.

La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perché abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perché Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.

Nella pittura il Cristo pellegrino è seduto con i piedi scalzi e il rocchetto sulle spalle. Nella mano destra regge un bastone da viandante, mentre la mano sinistra si volge verso Agostino, vestito da frate, che gli sta lavando ed asciugando i piedi. Ai piedi della bacinella sono deposti i simboli della dignità episcopale di Agostino: in segno di umiltà sono riposti a terra sia la mitra che il bastone pastorale. La scena si apre, grazie all'ampia finestra, su un orizzonte vasto e lontano, che ricorda le fatiche per percorrere le lunghe distanze dei pellegrini e dei viaggiatori.

 

Il convento appartiene a un complesso edilizio che ingloba il Santuario di Nostra Signora.

Questo santuario, già chiesa di Santa Maria Assunta, è un edificio religioso che sorge a Montebruno, nella val Trebbia in provincia di Genova, lungo la strada provinciale. La chiesa è sede della parrocchia di Santa Maria Assunta del vicariato Valle Scrivia della diocesi di Tortona. Secondo la tradizione locale sul luogo dove oggi sorge il santuario vi fu, nel 1478, una miracolosa apparizione della Vergine Maria. Il racconto popolare asserisce che la Madonna apparve ad un pastorello muto che, alla vista della Signora, riacquistò miracolosamente la parola per poi annunciare alla popolazione di Montebruno lo straordinario evento. Gli abitanti accorsi sul luogo dell'evento ritrovarono sul tronco di un albero di faggio una statua in legno raffigurante la Vergine, che oggi è collocata sull'altare maggiore.

Nella sala del refettorio del convento che era annesso al santuario, oggi convertita in cappella, è raffigurato un secondo affresco che presenta la celebre Ultima Cena, opera di pittore cinquecentesco sconosciuto. Nella stessa sala del refettorio, è raffigurato un secondo affresco che ritrae episodi della Vita di sant'Agostino ed in questo caso l'opera è di pittore sconosciuto.

 

Il santuario fu costruito nel 1486 sulla sponda di destra del fiume su iniziativa del frate agostiniano Battista Poggi a ricordo della miracolosa apparizione della Vergine avvenuta nel 1478 ad un pastorello muto. Della presenza del Santuario ci ha lasciato un ricordo anche il Giustiniani: "E passato il giogo quale è distante dal mare quindeci miglia, si trova di là al piede di quello Montebruno, col Monastero dei soccolanti di S. Agostino, monastero di gran devotione, vicino al quale ha origine il fiume Trebia."

La chiesa, a tre navate, rivela nelle arcate ogivali l'origine tardo-quattrocentesca con uno stile di stampo gotico, ma la ridondante decorazione in stucchi dorati e la sostituzione dei pilastri alle colonne, il grandioso altare in marmi policromi lasciano trasparire gli apporti dello stile barocco.

All'interno sono presenti opere scultoree e pittoriche di pregio, fra cui due tele, una del Seicento e l'altra del 1750. La prima è opera di un pittore sconosciuto dellla scuola pittorica ligure, mentre la seconda è un dipinto di Agostino Ratti raffigurante il Transito di san Giuseppe. Un affresco del pittore Giovanni Quinzio raffigura sul lato sinistro dell'edificio la storia della miracolosa apparizione e la successiva costruzione del santuario. Del di Ottavio Semino che illustra il Battesimo di sant'Agostino.

La chiesa presenta un eccezionale altare con ricca decorazione in marmo, stucco e colonne tortili. La facciata originaria, di cui non si conosce lo stile antico, fu modificata nel 1897 da lavori di rifacimento che ne cambiarono l'aspetto nell'attuale forma neoclassica. Del convento si parla nella "Relazione sullo stato dei conventi" del 1650, c. 86 dove si annota che è costruito in posizione isolata sulla riva destra del fiume Trebbia "e vi è per passarlo il suo ponte in pietra".  Interventi ottocenteschi hanno interessato anche il convento: la sala capitolare risulta a un certo punto trasformata in teatrino e parte del monastero in scuole. Il chiostro, sostenuto da rozzi pilastri, è ridotto a corte rustica.  Il refettorio, collocato nel lato del chiostro perpendicolare all'abside della chiesa, conserva i restaurati affreschi cinquecenteschi.

La Relazione del 1650 specifica che "il claustro è quadrato, a piano di esso vi è il refettorio, cucina, capitolo, dispensa, granaro, mandraccio e panetteria con forno e di sotto la cantina e altre stanze. In mezzo al claustro la sua cisterna e da un lato di detto monastero vi è una stanza per il fieno e la legna e sopra li claustri vi è il dormitorio con suo numero di camere abitabili venti, con sue logge attorno per uso dei padri e forestieri". Grazie all'intervento del principe Giovanni Andrea Doria I (1539-1606), il convento già nel 1612 è finito a nord.