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Agostino e la Madonna della Cintura
VENTURA PASSEROTTI
1600-1610
Rovigo, Pinacoteca Seminario arcivescovile
Agostino e la Madonna della Cintura
Il dipinto, piuttosto malconservato, è di grandi dimensioni e misura m 3,6x2. Venne attribuito da Bartoli ad un pittore che si muove nell'ambito emiliano-veneto e lo identifica in Ventura Passerotti, un pittore che apparteneva a una dinastia di artisti. Realizzata con la tecnica a olio su tela il soggetto dell'opera raffigura la Madonna della cintura con il Bambino in braccio mentre distribuisce il sacro cingolo ad Agostino, Monica, san Nicola da Tolentino e un altro santo agostiniano.
Agostino è inginocchiato a destra e indossa il piviale episcopale. In testa porta la mitra, mentre con la mano sinistra regge il bastone pastorale. Con la mano destra tiene aperto un grosso libro con l'aiuto di un fanciullo. Una corona di angioletti distribuiscono a loro volta le sacre cinture ai santi agostiniani che hanno lo sguardo rivolto verso l'alto dove siede la Vergine. Tra i due gruppi di santi si apre uno squarcio con una veduta sulla campagna che si allunga fino all'orizzonte. Il quadro, tenuto conto del soggetto, è di chiara committenza agostiniana.
Nel registro superiore la Vergine sta seduta su una mezza luna, trattenendo con un braccio il Bambino, che poggia su una sfera, entrambi circondati da angeli musicanti e cherubini.
Il quadro in origine era collocato in fondo al coro dell'altare maggiore della chiesa di sant'Agostino a Rovigo.
La festa della Madonna della Cintura viene celebrata la prima domenica dopo il 28 agosto, memoria di sant'Agostino. La devozione alla Vergine della Cintura, secondo la tradizione, è nata dal desiderio di Santa Monica di imitare Maria anche nel modo di vestire: Monica infatti avrebbe chiesto alla Madonna di farle conoscere quale era il Suo abbigliamento durante la Sua vedovanza e, soprattutto, come vestiva dopo l'ascesa al cielo di Gesù. La Vergine, accontentandola, le apparve coperta da un'ampia veste di stoffa dozzinale, dal taglio semplice e di colore molto scuro, ossia in un abito totalmente dimesso e penitenziale. La veste era stretta in vita da una rozza cintura in pelle che scendeva quasi fino a terra. Maria, slacciatasi la cintura, la porse a Monica raccomandandosi di portarla sempre e le chiese di invitare tutti coloro che desideravano il Suo particolare patrocinio ad indossarla. Fra i primi ci fu sant'Agostino e, poco per volta, la cintura divenne uno dei tratti distintivi dell'ordine degli Agostiniani e di quanti hanno regole di vita che traggono spunto da sant'Agostino. La cintura nel mondo romano ed in questo contesto in particolare, aveva un valore simbolico ed indicava un legame (non a caso giocava un ruolo importante nel matrimonio dell'età classica), in un rapporto certamente di livello impari, di sottomissione che comportava una protezione, espressa da parte della Madonna nella forma del Patrocinio. Nella coroncina da recitarsi ogni giorno da parte dei "cinturati" questo accessorio viene interpretato come l'umanità di Cristo che per amore ha sparso il Suo sangue per le Sue creature. Portare la cintura equivale ad avere di fronte a sé il volto del Redentore e deve aiutare a tenere un comportamento aderente al Vangelo, secondo la volontà del Signore. Sono frequenti le immagini in cui si ritrae la Vergine, in alto, tra santa Monica e sant'Agostino in atto di donare la propria cintura: la Madonna appare con il Bambino in braccio, elemento che manca nel racconto tradizionale e non indossa affatto un abito scuro ma è raffigurata quasi sempre con la veste rosa e azzurra: il colore penitenziale rimane solo per la cintura che offre ai fedeli anche perché il nero o il marrone sono due colori capaci di evidenziare il particolare all'interno della composizione pittorica. L'iconografia della Madonna della Cintura è simile in vari casi a quella della Vergine del Rosario e la stessa Cintura si può confondere con quello strumento di preghiera: come nel caso della Madonna di Pompei, anche la Vergine della Cintura viene sovente raffigurata fra due santi uno di sesso maschile e l'altro femminile.
Ventura Passerotti
Nel volume "Reale Galleria di Firenze illustrata", serie III, Ritratti di pittori vol. II pubblicato a Firenze nel 1820 per i tipi di Giuseppe Molini e Comp. abbiamo un ritratto del nostro autore: "Se del merito di un Autore si potesse giudicare da una sola opera di lui; all'ispezione del ritratto di Ventura saremmo costretti dire, che questo Artista abile nel ritrarre Uomini e quadrupedi, mentre ebbe colorito armonioso, mancò di rilievo e di correzione nel disegno. Non potendosi però, sopra questa sua unica produzione che qui abbiamo, azzardare un giudizio, e sul suo merito pittorico mal convenendo i biografi, noi taceremo.
Quanto si sa delle azioni di Ventura cel dice il Malvasia nella vita di Bartolommeo Padre e maestro di lui. E l'istesso mi avviene del quarto (figlio di Bartollomeo) per nome Ventura e del quale è meglio che nissun opera veder si possa, e notare che farlo con poca lode, come delle altre suddette accade (cioè quelle di Passerotto suo fratello). Di lui solo si ha menzione nel Libro della Compagnia, mentre che nel 1577, essendo estratto per la terza volta Massaro Bartolommeo, supplicò e ottenne che in quella si accettassero in uno istesso giorno Passerotto e Ventura, secondo la forma delli Statuti e sotto nome di lui loro padre. Da ciò per illazione fisseremo la nascita di Ventura Passerotti verso l'anno 1560.