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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Seicento: Maestro di San RaffaelePITTORI: Maestro di San Raffaele
Monica a Milano incontra Ambrogio
MAESTRO DI SAN RAFFAELE
1600-1650
Milano, chiesa di san Raffaele
Monica a Milano incontra Ambrogio
La chiesa, di origine medievale, fu ricostruita dopo il 1575 per volere di san Carlo Borromeo arcivescovo di Milano, che la consacrò nel 1582. L'esistenza della chiesa è ricordata per la prima volta nel testamento del vescovo Andrea da Carcano nell'anno 903. Il progetto di costruzione è attribuito da alcuni critici all'architetto prediletto dell'arcivescovo Borromeo, Pellegrino Tibaldi, altri suggeriscono invece l'architetto genovese Galeazzo Alessi, attivo in quel periodo nella costruzione del vicino Palazzo Marino. La facciata presenta due ordini: quello inferiore , cinquecentesco, è caratterizzato dalla presenza di grosse teste maschili; mentre quello superiore fu aggiunto nell'Ottocento. I portali risalgono al 1673 mentre l'ordine superiore è opera di Paolo Cesa Bianchi. L'interno, molto semplice, presenta tre navate su colonne e varie pregevoli opere pittoriche, come quella che raffigura l'incontro fra Monica e il vescovo Ambrogio. L'episodio è stato ambientato in un chiostro e vede tre protagonisti: Ambrogio che offre il crocefisso a Monica inginocchiata e vestita da suora agostiniana. Il terzo personaggio è un chierico che assiste di spalle alla scena reggendo con la mano destra un cero acceso.
Le altre opere presenti risalgono la periodo del barocco milanese come è il caso del sogno di Elia del Morazzone, il san Girolamo di Camillo Procaccini, la disobbedienza di Giona del Cerano, e Santi di Giovanni Ambrogio Figino.
Una volta portò della farinata, del pane e del vino per la commemorazione funebre dei santi, come aveva l'abitudine di fare in Africa. Si trovò di fronte al divieto del custode: alla notizia che era stato il vescovo a imporlo, lo accettò con tanta devozione e obbedienza che io stesso restai meravigliato dalla prontezza con cui ripudiò la propria consuetudine piuttosto di contestare quella proibizione. Certo il suo spirito non si lasciava offuscare dal gusto del bere fino a indurla a odiare il vero per amor del vino, come accade a molti uomini e donne che a sentire un inno alla sobrietà si fanno prendere dalla nausea come gli ubriachi davanti a una bevanda annacquata. Mia madre, quando portava il paniere con le vivande rituali da assaggiare e offrire, non brindava che con un bicchierino di vino diluito a misura del suo palato davvero sobrio, tanto per cortesia; e se erano molti i defunti da commemorare a quel modo, lei si portava in giro e levava sempre quell'unico bicchiere, ormai non solo annacquatissimo ma anche affatto tiepido, e a piccoli sorsi se lo divideva con gli altri astanti: perché era pietà questa, non piacere.
Così quando seppe che quel predicatore famoso, quel maestro di fede aveva ordinato di evitare quei riti anche a quelli che li avrebbero eseguiti con sobrietà, per non dare ai bevitori occasione di ubriacarsi solennemente, e per l'estrema somiglianza che quella sorta di parentali avevano con le cerimonie dei gentili, mia madre fu ben lieta di astenersene. In luogo di un canestro pieno di frutti della terra aveva imparato a portare alle commemorazioni dei martiri un cuore pieno di desideri più puri, e dava ai poveri quanto poteva, così che là venisse celebrata la comunione del corpo del Signore: perché fu a imitazione della sua passione che si immolarono e ottennero la loro corona i martiri.
Eppure io credo, mio Signore e Dio - e la mia convinzione è davanti ai tuoi occhi - che forse non sarebbe stato così facile a mia madre rinunciare a questa sua consuetudine se a proibirla fosse stato un altro, uno meno caro al suo cuore di Ambrogio. E Ambrogio lo amava soprattutto per amor mio, della mia salute: e lui amava lei per il suo religiosissimo modo di vivere, che la induceva a tante buone opere e all'ardore di spirito con cui frequentava la chiesa: tanto che spesso, vedendomi, nel bel mezzo di un sermone non si peritava di congratularsi con me per avere una madre come quella: non sapendo quale figlio lei aveva in me, che dubitavo di tutto questo ed ero assai scarsamente convinto si potesse trovare la via della vita.
AGOSTINO, Confessioni 6, 2, 2