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PITTORI: Giampaolo Recchi

Cappella del Crocifisso in Sant'Agostino a Como

Cappella del Crocifisso a Como

 

 

GIAMPAOLO RECCHI

1620

Como, chiesa di sant'Agostino

 

Agostino e la cena allegorica con i suoi frati

 

 

 

 

Monti nella sua storia di Como ne parla ricordando che Giampaolo Recchi "nel 1620 dipinse nel refettorio dei frati del borgo S. Agostino una bizzarra cena. L'affresco offre l'interno di spaziosa galleria, da cui l'occhio vagheggia un'ampia campagna sparsa di collinette e messa a erbaggi e piante. Nel mezzo della galleria è la mensa, ossia una lunga tavola rettangolare che ha in giro nella parte a noi di fronte 12 frati agostiniani, che quantunque vissuti in età diverse, il pittore ha qui insieme raccolti, e li ha scelti fra coloro che furono santificati. Decimoterzo vi collocò nel centro S. Agostino, che ha sotto i piedi i tre capi di eretici in atto di calpestarli."

I commensali sono, da sinistra a destra, B. Gallus (nello scorcio della porta in piedi sostiene nella mano destra un secchio e con la sinistra un cesto, forse di pane), beatus Joannes Bonis Mantuanus (ascolta estasiato a capo scoperto il vicino), beatus Joannes Reg. Boemiae nepos (fa cenno con la sinistra verso il centro), beatus Guglielmus Cremonensis Novariae (è mitrato e sta intento alla lettura), S. Thomas archiepiscopus Valentiae (ha il pallio e conversa con il vicino, che come lui ha in capo il tricorno e fa segno al centro con la mano sinistra), beatus Aegidius Tolentinus (se ne sta un po' arretrato con le braccia incrociate ed il capo scoperto), al centro S. Agostino, mitrato e con aureola, le braccia modicamente aperte, barba fluente, il saio stretto dalla cintura di cuoio, con anello e mantelletta, una scritta "hereticorum capita contrivit" che ne spiega l'azione. Sanctus Guilielmus Dux Aquitaniae (in conversazione col vicino, con berretta a tricorno), beatus Alexander Oliva Saxo, beatus Carolus Sfortia Archiepiscopus Mediolanensis (taglia un quarto di pollo col coltello e forchetta, ha una berretta e indossa un pallio), Sanctus Maximus Episcopus Taurinensis (mitrato, si trova un po' in dietro rispetto ai vicini), beatus Amadeus Dux Sabaudiae (a capo scoperto, con barba fluente e vistosa chierica, discute con il vicino, anch'egli con chierica e cocolla), beatus Roch Sapiens fundator nostrae Congregationae Lombardiae, Sanctus Albertus sotis Gulielmus: e un converso presentato di schiena mentre esce portando un secchio. L'affresco che aveva sofferto per un terremoto e per l'apertura di una porticella, subì notevoli danni per l'umidità, tanto che nel 1876 se ne decise lo strappo e il restauro. Su proposta dell'arciprete A. Nessi il restauro fu eseguito da Antonio Zanchi di Bergamo.

 

La nascita dell'Ordine agostiniano, soprattutto nel Trecento e Quattrocento, costituì un forte stimolo alla produzione iconografica che celebrava le attività e i lavori quotidiani che contraddistinguevano la vita nei monasteri medioevali. I miniaturisti e i pittori cercarono inoltre di riprodurre fedelmente i rapporti che intercorsero fra Agostino e le sue comunità monastiche con l'evidente scopo di sottolineare la continuità fra gli antichi e i contemporanei insediamenti monastici.

Quando arriva a scrivere che i monaci si sostengono con il lavoro delle proprie mani, aggiunge press'a poco un discorso come il seguente. Questi monaci praticano dei digiuni veramente incredibili, non rifocillando il corpo che una volta al giorno al fare della sera. Si può spiegare tale digiuno a partire dal loro lavoro manuale? Per vivere e per avere beni da mettere in comune si guadagnano i mezzi con il lavoro delle proprie mani e - qualcuno potrebbe pensare - lavorano talmente tanto da dedicarsi per questo alla pratica del digiuno. Sbaglia chi pensasse in questo modo : nella loro vita monastica il digiuno entra non per motivo economico, e neanche come ideale ascetico nel senso di un mezzo cioè che permette di avvicinarsi a Dio perché diventato l'uomo più libero delle cose di questo mondo.

Essi vivono un digiuno che, certamente, ha un rigore ascetico, ma a ben guardare esso non è altro che la traduzione ascetica della regola di carità che troviamo affermata nelle Lettere di Paolo.

Anche se l'Ordine agostiniano è abitualmente conosciuto come Ordine di Sant'Agostino (Ordo Sancti Augustini, OSA), Agostino non ne è il fondatore. Fu papa Alessandro IV a volerlo, ma questo non significa che non ci sia un vitale e spirituale rapporto tra Agostino e l'OSA, poichè è possibile provare la continuità storica tra Agostino e l'OSA. Dopo la conquista araba del nord d'Africa nel secolo VII, il monachesimo agostiniano si trasferì e si sviluppò in Europa. I movimenti eremitici dei secoli XII e XII, che avevano segnato una reazione contro il declino dell'ideale monastico delle abbazie, furono chiamati dai Papi all'apostolato nelle crescenti città.

Così i Papi segnalarono il ruolo apostolico anche agli eremiti agostiniani. A questo scopo il Papa Alessandro IV proclamò il 9 aprile 1256, nella bolla Licet Ecclesiae Catholicae l'unione degli eremiti della Tuscia, dei Giamboniti, degli eremiti del Brettino, dei Guglielmiti e di altri eremiti di sant'Agostino. Questa unione è conosciuta come la grande unione (Magna Unio). Il nuovo Ordine ottenne i privilegi degli Ordini mendicanti, e si diffuse per quasi tutta l'Europa.

Alla fine del medioevo c'erano circa 2.000 conventi, con 30.000 membri. L'attività del nuovo Ordine fu prevalentemente lo studio e la predicazione. Unirono la vita contemplativa e quell'attiva, la perfezione individuale si cercava attraverso la preghiera e la pratica dei voti, e la santificazione del prossimo per un largo esercizio dell'attività apostolica.

 

Di Giampaolo Recchi si conservano alcune opere di discreto pregio sul Sacro Monte di Varese. Nella Ottava Cappella, La Coronazione di Spine (...-1623), gli affreschi alle pareti creati sulla volta, mediante inganni ottici, sono opera di Giambattista e Giampaolo Recchi, allievi del Morazzone (1648). Anche nella Nona Cappella, La Salita al Calvario (...-1623), gli affreschi sono di Giampaolo Recchi (1654). Anche a Brunate nella chiesa di sant'Andrea, dopo aver realizzate le parti architettoniche, fu chiamato Giampaolo Recchi di Borgo Vico, che vi lavorò, assistito dai nipoti Carlo e Raffaello, dall'8 settembre all'8 novembre 1679 per decorare la volta sopra l'altare, ricevendo un compenso di £ 315. A Maslianico all'interno dell'edificio della chiesa di S. Ambrogio è possibile ammirare altri suoi affreschi.