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Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino
MAESTRO REGGIANO
1655-1670
Reggio Emilia, chiesa di sant'Agostino
Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino
Il significato della scena non è di facile individuazione. Tuttavia l'ipotesi più probabile è che si tratti della raffigurazione di un episodio leggendario che coinvolge Agostino e precisamente l'incontro con il Cristo pellegrino a cui il santo ha lavato i piedi. La bacinella dell'acqua e l'anfora sono ben visibili a destra, vicino alla seduta dove si trova un asciugamano bianco. Agostino è ancora inginocchiato nella postura che gli ha permesso di lavare i piedi al Cristo, che ora, a piedi scalzi, volteggia nel cielo luminoso rivelando al santo la sua vera identità.
Agostino, dall'aspetto vegliardo con una folta barba bianca, stende le braccia e le mani stupefatto da quanto sta accadendo. Indossa il saio nero dei monaci che seguono la sua regola e si trova al centro della fascia inferiore della scena. Ai lati altri personaggi, per lo più pellegrini, guardano meravigliati la figura di Cristo in un fascio di luce attorniato da vari angioletti. La loro presenza e l'ampia apertura della stanza, che apre su un paesaggio lontano, garantiscono alla scena un sapore intimo e familiare, dove Agostino, ai piedi del Cristo, costituisce l'elemento che catalizza la visione del fedele.
Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.
Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.
L'attuale chiesa di sant'Agostino sorge su uno spazio che nel corso del medioevo era occupato da una chiesa dedicata a sant'Apollinare. Quest'ultimo edificio venne distrutto nel 1249 nel corso del conflitto fra Guelfi e Ghibellini. Una nuova chiesa fu costruita in stile gotico nel 1268, assieme al convento, da frati eremitani agostiniani che la dedicarono a sant'Agostino.
Dopo un devastante incendio nel 1423 la chiesa subì un ulteriore intervento di ristrutturazione nel 1452, quando venne anche elevata la torre. L'interno attuale risale agli anni 1645-1666 quando fu rifatto su progetto dell'architetto Gaspare Vigarani.
La facciata barocca di ordine corinzio, serrata da colonne, della chiesa attuale è un rifacimento che risale al 1746 eseguito su disegno dell'architetto Alfonso Torreggiani ed è ornata dalle statue "S. Nicola da Tolentino" e "S. Guglielmo", due importanti figure del monachesimo agostiniano moderno. La chiesa si affaccia sulla Piazzetta Cardinal Pignedoli ed è perciò contigua al Liceo Classico Ludovico Ariosto.
Fra i principali apparati decorativi si possono ricordare le statue dei pennacchi della cupola, opera di Paolo Emilio Besenzi nel 1655, le decorazioni dei capitelli e del cornicione (1656), le statue della navata e del presbiterio in stucco e gesso ad opera di un artista svizzero negli anni 1672-1674, le sedie del coro con inginocchiatoi di Giovanni Benassi del 1781. Di buona qualità è l'altare maggiore realizzato nel 1796.
Nella navata di sinistra si susseguono diversi altari dedicati a san Tommaso da Villanova, alla beata Vergine della Ghiara, alla Beata Vergine di Loreto, alla beata Vergine della Cintura ora di san Lorenzo. A destra si incontrano in successione gli altari di san Nicola da Tolentino, di santa Monica, della Natività di Cristo e sant'Andrea Apostolo.
Nell'area absidale si scoprono infine gli altari dedicati a sant'Apollinare e a sant'Agostino. Sull'omonimo altare la pala che raffigura sant'Apollinare è opera di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino.