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Agostino e il Cristo pellegrino
ALESSANDRO TIARINI
1600-1620
Moulins, Museo Anne de Beaujeu
Agostino e il Cristo pellegrino
Questo quadro attribuito al pittore Alessandro Tiarini raffigura un episodio che ritroviamo nella iconografia agostiniana, relativo ad una leggenda che ha coinvolto direttamente il santo vescovo di Ippona. Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.
Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."
N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.
Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perché abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perché Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.
Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.
Nel quadro di Tiarini vediamo Agostino in ginocchio mentre lava e asciuga i piedi al Cristo pellegrino. Il santo indossa il semplice abito monacale dei frati che seguono la sua regola. Il bastone pastorale e la mitra, simboli della sua dignità episcopale sono stati appoggiati su un tavolo, dove sono raccolti gli strumenti di lavoro di Agostino. La camera è spoglia e presenta una ampia apertura che mostra l'orizzonte lontano. Solo un quadro, che raffigura la Trinità, è appeso nella camera, proprio sopra il tavolo dello studio. Il Cristo è seduto con i piedi nudi e si regge su una panca con la mano sinistra. Con la destra impugna un bastone da pellegrino ed ha uno sguardo profondo assorto nell'esperienza che sta vivendo. Nella fascia superiore tre angeli, in una nube che dal cielo viene a occupare lo spazio della camera, volteggiano gioiosamente.
Alessandro Tiarini
Nacque a Bologna probabilmente nel 1574. La sua formazione giovanile si svolse nella bottega di Prospero Fontana e nel 1599 lo vediamo già a Firenze, dove realizza gli affreschi con Storie di san Marco. Tornato a Bologna si avvicinò allo stile dei Carracci, in particolare all'opera di Ludovico. Su sollecitazione di quest'ultimo eseguì il Martirio di santa Barbara per la Basilica di San Petronio. Tra il 1613 e il 1614 lavorò nella chiesa di San Giovanni Battista a Crevalcore, quindi in San Michele in Bosco. Negli anni a seguire intensificò la tendenza a inserire le sue figure in composizioni scure e di impressionante gravità. Venuto a contatto con gli ambienti pittorici di Parma, Venezia e Ferrara e soprattutto rileggendo l'opera di Correggio, Tiarini schiarisce la tavolozza e assicura alle sue figure maggiore monumentalità e naturalezza. Operò anche a Reggio Emilia, eseguendo vari affreschi nella Basilica della Ghiara dei Servi di Maria e quadri per diverse chiese. Fra queste è interessante la pala con La Santissima Trinità supplicata dalla Vergine, caratterizzata da un'originale idea compositiva (1633). Tiarini in questo periodo lavorò anche per chiese di Modena e di Pavia. Morì a Bologna nel 1668 a 94 anni.