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PITTORI: Scultore di Trebon

Agostino e il bambino sulla spiaggia

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

SCULTORE DI TREBON

1650-1680

Třeboň, chiesa di Nostra Signora della Regina e S. Jiljí

 

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

 

Nel Medioevo, il Monastero di Trebon era un centro riconosciuto per lo sviluppo dell'educazione e della pittura nel sud della Repubblica Ceca. Il monastero fu fondato dai quattro figli di Pietro I di Rožmberk, a cui l'arcivescovo di Praga Jan I Ochko di Vlasim nel 1367 concesse di trasformare la cattedrale Trebon di sant'Elia in unl monastero di Canonici di sant'Agostino. L'insediamento fu occupato da otto monaci, tre dei quali arrivarono dal monastero agostiniano di Roudnice nad Labem. Sul sito di una piccola chiesa parrocchiale nel corso di vent'anni furono edificati il monastero e la chiesa gotica dedicata alla Vergine Maria es ant'Elia.

Nel 1389 papa Urbano VI accolse la richiesta dei fratelli Jan e Oldřich di Rožmberk di elevare la carica di prevosto del monastero di Trebon al grado di abate. I Canonici ricevettero il diritto di eleggersi il proprio abate. Il primo fu Benes che fu eletto nel 1390 e morì cinque anni dopo.

Durante le guerre ussite, il monastero di Trebon, grazie alla protezione di Oldrich II di Rožmberk , non fu saccheggiato e bruciato.

Davanti all'entrata della chiesa ci sono due statue: quella di sinistra è dedicata ad Agostino, che vi è raffigurato come vescovo con la mitra in testa. Il volto presenta una folta barba e il suo sguardo è rivolto ai fedeli che entrano nella chiesa. Un ampio gesto del braccio destro, il movimento della mano sinistra e delle gambe assicurano una innata dinamicità alla postura del santo. Ai suoi piedi è seduto un bambino con in mano una conchiglia, la cui presenza è un chiaro riferimento alla leggenda medioevale che vede protagonista Agostino nel suo tentativo di comprendere il mistero della Trinità.

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

La leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità.

L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del mistero della Trinità, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa.