Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Settecento: Clemente degli Abbati

PITTORI: Clemente degli Abbati

Sant'Agostino e il Cristo pellegrino

Sant'Agostino e il Cristo pellegrino: particolare di sant'Agostino

 

 

CLEMENTE DEGLI ABBATI

1750-1780

Montefalco, chiesa di S. Maria Maddalena

 

Sant'Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino e san Nicola

 

 

 

La tela è riconducibile all'opera di Clemente degli Abbati (1741-1781), un artista locale di discrete doti che ha lasciato un buon numero di opere nella sua città natale di Monrtefalco. Collocato nella chiesa di santa Maria Maddalena, il cui monastero fu fondato verso il 1270 come bizzocaggio con regola agostiniana, il dipinto fa parte della decorazione interna ampiamente restaurata nel 1461 e totalmente rifatta nel 1726.

In questa tela di un ignoto pittore seicentesco viene raffigurata una scena che ebbe molta fortuna nella iconografia agostiniana: si tratta della lavanda dei piedi al Cristo pellegrino.

Dal punto di vista narrativo il pittore esprime l'esigenza di sostenere il valore sacro dell'ospitalità con l'esempio di Agostino, talmente premuroso e umile in questo servizio da meritare la visita del Cristo stesso sotto forma di pellegrino.

Nel margine inferiore della tela scorre un'iscrizione che riporta le parole rivolte da Gesù ad Agostino. "MAGNE PATER AUGUSTINE HODIE MERUISTI VIDERE FILIUM DEI IN CARNE. TIBI COMENDO ECCLESIAM MEAM"chiara allusione al suo ruolo di Dottore della Chiesa e alla missione di evangelizzazione nel mondo avvenuta anche grazie ai suoi scritti, cui rimandano i due volumi posati sul tavolo ricoperto da un pesante drappo damascato accanto alla mitra.

Il Cristo è seduto su una poltrona: indossa una tunica rossa con la mantellina dei pellegrini. E' in atto benedicente, mentre ai suoi piedi Agostino gli sta asciugando i piedi dopo averglieli lavati in una bacinella. A destra si leva la figura estatica di san Nicola da Tolentino.

Entrambi indossano la cocolla nera dei monaci agostiniani. Agostino ha un viso giovanile con capelli e barba riccioluti: presenta la tonsura come Nicola, che mostra sul petto il suo caratteristico attributo. Sul tavolo a sinistra, Agostino ha deposto la sua mitra e i libri, a dimostrare che nè la gloria nè la scienza sono necessari per riconoscere e servire Cristo.

 

Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.

Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."

N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.

Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perchè abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perchè Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.

Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.

Spesso la scena è accompagnata dal testo "O grande padre Agostino, ti affido la mia Chiesa", tratto da un apocrifo ambrosiano. E' un chiaro segno per giustificare la vita mista fra contemplazione e azione propria degli eremitani, con l'invito a seguire l'esempio del santo fondatore.