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PITTORI: Maestro di Piateda

Madonna del Buon Consiglio con Sant'Agostino e San Giovanni Battista

Madonna del Buon Consiglio con Sant'Agostino e San Giovanni Battista

 

 

MAESTRO DI PIATEDA

1750-1790

Piateda, Casa Privata

 

Madonna del Buon Consiglio con Sant'Agostino e San Giovanni Battista

 

 

 

Questa settecentesca pittura murale, che si è parzialmente salvata, raffigura in uno stile popolaresco la Madonna del Buon Consiglio con Sant'Agostino e San Giovanni Battista, una tipica devozione dell'Ordine agostiniano. Sulla sinistra si può osservare un Sant'Agostino e a destra un San Giovanni Battista. L'esecuzione è da attribuire a un non meglio precisato artista che ha lavorato in ambito lombardo fra il 1750 e prima del 1790.

Più che un affresco vero e proprio è un intonaco dipinto che misura 70 x 100 cm. La analisi del dipinto mostra in una nicchia rettangolare, esternamente inquadrata da una spessa cornice a sua volta dipinta, la rappresentazione dell'immagine della Madonna del Buon Consiglio portata da angeli che si appoggiano a grossolane nuvole tondeggianti. In basso a destra sta San Giovanni Battista con in mano un croce.

Interessante è la raffigurazione di Sant'Agostino vestito da vescovo, che il pittore ha dipinto vicino un frammentario fanciullo con un cucchiaio in mano che ricorda l'episodio dell'incontro di Agostino in riva al mare con un fanciullo mentre meditava sul mistero della Trinità.

La cornice esterna, nel bordo inferiore, più largo, presenta tracce di una raffigurazione di difficile interpretazione, potrebbero forse trattarsi delle anime del Purgatorio.

L'affresco è una delle numerose attestazioni locali del culto per la Madonna del Buon Consiglio e per sant'Agostino nel Settecento. La presenza del bambino riprende, come già accennato, la diffusa leggenda sul mistero della trinità che vede protagonista Agostino, a cui è dedicata una chiesa nella località di Agneda, una frazione di Piateda.

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.