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PITTORI: Pittore boemo

Agostino cardioforo e il bambino sulla spiaggia

Agostino cardioforo e il bambino sulla spiaggia

 

 

PITTORE BOEMO

1700-1710

Bratislava, Galleria Nazionale Slovacca

 

Agostino cardioforo e il bambino sulla spiaggia

 

 

 

L'opera, databile agli inizi del Settecento è stata eseguita da un ignoto pittore dell'Europa centrale. Largo 102 cm e alto 177 cm il quadro raffigura principalmente un episodio leggendario che riguarda sant'Agostino e il suo desiderio di comprendere il mistero della Trinità.

Agostino è ritto in piedi con nella mano destra un cuore fiammante. Con la sinistra impugna il bastone pastorale. Il santo è vestito con i paramenti episcopali e una preziosa ed elegante mitra in testa. Anche il piviale è estremamente ben curato. Il suo sguardo è rivolto altrove, verso un punto oltre l'orizzonte della scena. Una folta barba grigia gli scende dal mento fin sul petto. Ai suoi piedi un ragazzo che sta giocando con dele conchiglie lo guarda e sembra richiamare la sua attenzione. Fra le nuvole uno squarcio di luce illumina il volto del santo. Alle spalle di Agostino si intravede il mare con un galeone a vele spiegate che sta solcando le onde e sta allontanandosi al largo.

L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del mistero della Trinità, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

 

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.