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PITTORI: Bianchi Carlo Antonio

L'immaginetta ricavata dal quadro di Carlo Bianchi

L'immaginetta ricavata dal quadro di Carlo Bianchi

 

 

BIANCHI CARLO ANTONIO

1714-1774

Cava Manara, chiesa parrocchiale di S. Agostino

 

Agostino scrive il De Trinitate

 

 

 

Sull'altare maggiore della chiesa di sant'Agostino a Cava Manara si può osservare questa bella tela  che riproduce un sant'Agostino intento a scrivere il De Trinitate. L'opera presenta molteplici riferimenti a questo tema: in alto campeggia il simbolo trinitario con l'occhio che emana luce da un triangolo attorno a cui volteggiano degli angioletti di cui uno regge la Croce.

Nei piani sottostanti altri angeli additano con delicatezza di guardare verso l'alto dove si sta rivelando il Mistero trinitario, quasi a indicare ad Agostino che cosa deve vedere per poter scrivere la sua opera. Nel piano inferiore Agostino, vestito con paramenti vescovili sopra il saio nero degli agostiniani, volge lo sguardo rapito verso l'alto impugnando con la mano destra una penna d'oca, mentre con la sinistra tiene aperto un libro dove sta per scrivere. Il braccio è appoggiato ad un tavolo dove in semplicità sono riposti gli strumenti del letterato. Ai suoi piedi un angioletto bambino se ne sta seduto avvolto in un mantello rosso mentre con la destra regge il bastone episcopale e con la sinistra alza verso il cielo il cuore fiammante, simbolo dell'amore di Agostino per Dio. Questa tela è stata recentemente utilizzata per realizzare una immaginetta.

La raffigurazione esprime pienamente l'immenso sforzo di Agostino nel campo della informazione il cui lavoro conobbe dei vertici straordinari, che segnarono la cultura per millenni. Fra i suoi testi più letti e studiati va sicuramente annoverato proprio il De Trinitate, un'opera in cui il santo cerca di comprendere il mistero che avvolge le tre persone divine.

Il De Trinitate prende le mosse polemizzando con gli ariani, gli eunomiani e i sabelliani. Lo scopo infatti è quello di dimostrare che la Trinità è il solo unico vero Dio in tre persone. Il procedere speculativo di Agostino è di tipo astratto-concreto-astratto. Egli cioè parte dall'unità o unicità di Dio, considerata come un'idea ormai consolidata dopo che la polemica contro i politeisti è finita da un pezzo, per porre solo successivamente la pluralità delle tre persone, concludendo infine con le loro opposizioni di relazione. L'unità della divinità in tre ipostasi è garantita dall'unità della sostanza. La diversità delle persone, cioè della loro identità, è per così dire assorbita dalla loro unità.

La figura dello Spirito, a differenza di tutta la teologia ortodossa, non viene colta nel suo spessore ontologico, di diversità rispetto alla figura del figlio, ma solo nella sua funzione fenomenica, strumentale. Lo Spirito è in funzione del principio di autorità, che viene equamente condiviso dal padre e dal figlio. Agostino infatti chiama "amans" il padre, "amatus" il figlio e "amor" lo spirito, cioè dà a quest'ultimo un appellativo astratto, e la sostanza dello Spirito non viene concepita come in sé, ma come dal tutto derivata. Lo spirito dipende completamente e dal padre e dal figlio. La teologia trinitaria agostiniana  influenzerà il modo occidentale di pensare sulla processione dello Spirito, portandolo a rompere definitivamente con la teologia bizantina. L'occidente s'impadronirà del filioquismo in modo spontaneo, senza reagire minimamente a questa che gli ortodossi hanno sempre considerato un'eresia.

 

Fino al 1817 la parrocchia di sant'Agostino appartenne alla diocesi di Pavia. Qualche storico sostiene che nel 1441 Cava Manara era una chiesa chiericata dipendente da San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia; mentre dagli atti della visita pastorale compiuta nel 1460 dal vescovo di Pavia monsignor de Fossulanis risulta essere alle dipendenze dell'arciprete di Sommo. Nel 1565 la chiesa di Cava Manara risultava abbandonata e cadente, tanto che nel 1575 venne unita alla parrocchia di san Pietro in Torre dei Torti. La parrocchia venne istituita il 19 novembre 1616 con decreto di monsignor Biglia vescovo di Pavia, con il titolo di rettoria e i parroci di Cava Manara ebbero la dignità di prevosti dal 1824. Nel 1817 la parrocchia venne aggregata alla diocesi di Vigevano e rimase inserita nel vicariato di San Martino Siccomario. Dagli atti della visita pastorale del 1845 del vescovo di Vigevano monsignor Vincenzo Forzani, si ricava che la popolazione della parrocchia di sant'Agostino, di patronato del marchese Olevano, era composta da 159 famiglie per un totale di 1.204 persone. Si ha notizia che nel 1845 era istituita in parrocchia la confraternita di Sant'Agostinetta. Nel 1971 venne assegnata alla zona pastorale est, con decreto 6 gennaio 1971 del vescovo di Vigevano monsignor Luigi Barbero; dal 1972 diventa vicariato di Cava Manara, con decreto 1 gennaio 1972 del vescovo di Vigevano monsignor Mario Rossi. La chiesa parrocchiale di Cava, dedicata a sant'Agostino, sorge sulle rovine dell'antico Oratorio dei martiri Cosma e Damiano e si trova proprio nella piazza del paese. La tradizione vuole che in epoche remote il santo sia apparso di fronte a quaranta pellegrini di passaggio a Cava e che dopo questo avvenimento gli abitanti del paese l'abbiano scelto come santo Patrono.

 

 

Bianchi Carlo Antonio

Carlo Antonio Bianchi detto anche Bianchetti, nacque da Giovanni Battista, ingegnere, e da Caterina a Pavia nel 1714. I suoi dati biografici sono scarsi e sono noti soprattutto attraverso i registri della parrocchia di S. Epifanio e dal libro della Confraternita della SS. Trinità cui si iscrisse nel 1735. Ne frequentò regolarmente le riunioni fino al 1760 e, un'ultima volta, nel 1774. Secondo l'opinione di qualche storico locale Bianchi fu "educato nella Scuola di Roma" ed è ancora da chiarire è il suo rapporto artistico con F. Giani. Bianchi in ogni caso coniugò l'influsso romano con la pittura lombarda approfondendo la sua tendenza accademica. Negli affreschi, i suoi corpi sono robusti, hanno i volti pieni e i panneggi mostrano larghi svolazzi: le tinte sono forzate, chiare, ma non luminose. Nelle opere tardive si orientò verso più rifiniti modi neoclassici. Delle sue opere pavesi, che furono elencate dal Bartoli, ricordiamo le seguenti: la Gloria di S. Contardo, un tondo nella volta della cappella del santo nella Collegiata di Broni; l'affresco nella cupola sopra l'altar maggiore con Trinità e angeli e quattro angioletti negli spicchi nella chiesa di S. Sebastiano a Casteggio; Santi e due Angeli, nei vani dei due altari laterali della parrocchiale di Olevano Lomellina. A Pavia, nella chiesa di san Francesco dipinse un san Giuseppe da Copertino e, sopra, l'ovato con La nascita di Cristo nella prima cappella a sinistra, e la Sacra Famiglia nella terza cappella. Sempre a Pavia, questa volta nella chiesa di san Luca, troviamo una Vergine col Bambino e san Filippo Neri, al primo altare a sinistra, e una santa'Agata medicata da san. Pietro (datato 1754) al primo altare a destra. Nella parrocchiale di Torricella dipinse l'affresco della cupola sopra l'altar maggiore con il Padre Eterno, quattro angioletti negli spicchi, e due ovati con i santi Francesco di Sales e Carlo Borromeo nel presbiterio.