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PITTORI: Cifrondi Antonio

Sant'Agostino nello studio scrive libri e trattati

Sant'Agostino nello studio scrive libri e trattati

 

 

CIFRONDI ANTONIO

1720-1730

Gorlago, chiesa di san Pancrazio

 

Sant'Agostino nello studio scrive libri e trattati

 

 

 

Il quadro che raffigura sant'Agostino è stato realizzato da Cifrondi che si è formato stilisticamente nell'ambito lombardo-veneto del XVII secolo. Realizzato con la tecnica ad olio su tela il quadro misura cm 245x158 e si presenta in uno stato di conservazione ancora discreto. E' conservato nella chiesa di Gorlago e costituisce una delle opere della sua maturità artistica, realizzata negli ultimi anni della sua vita.

Il santo nel silenzio e nell'ombra del suo studio sta scrivendo con molta attenzione su una pagina di un libro aperto con una penna. La scrittura ha quasi completato la seconda pagina aperta. Un elegante calamaio è ben visibile in primo piano sul tavolo spoglio di ogni ornamento. Sullo sfondo si nota nella penombra un mobile di piccolo taglio su cui sono accatastati numerosi libri. La clessidra sembra ricordare l'immobilità del tempo in un ambiente così rarefatto. La mitra del vescovo è stata deposta sul tavolo davanti al libro. La mano sinistra regge una pagina del libro quasi fosse pronto a sfogliarla. L'aspetto del santo è quello di una persona matura, abbondantemente calva, ma dotata di una folta barba bruna che gli copre tutto il mento e scende fino al petto. Un piviale semplice ma elegante gli copre le spalle e il corpo, seduto sa una sedia senza spalliere.

 

L'Agostino delle Confessioni è anche poeta. Gli studiosi non hanno tralasciato d'illustrare quest'aspetto. " È il suo senso di poesia - scrive uno di essi - che dà alla realtà spirituale un volto ed una voce, alla realtà sensibile un'anima ed un palpito, sicché, mentre la prima viene accostata a noi senza perdere la sua immateriale purezza, la seconda, senza che ne abbiamo la concretezza visibile, ci si fa scala per salire a Dio ".

Ed un altro afferma che tutte le qualità di Agostino scrittore, che furono molte, non spiegano la loro efficacia " se non si tiene conto della grandezza del genio poetico del figlio di Monica ". La poesia è l'espressione più alta delle vibrazioni dell'anima, spesso della mistica. Così fu per Agostino. La sua fu la poesia dell'amore, dell'amicizia, della bellezza, del bisogno di Dio, della speranza; la poesia, per dirla con un sua immagine, d'un " filo d'erba assetato ": " Non abbandonare i tuoi doni - dice egli a Dio -, non disdegnare questo tuo filo d'erba assetato".

Si sa che le Confessioni sono una lettera a Dio, nella quale Agostino narra, loda, ringrazia, adora, implora, canta; canta le profondità abissali del cuore umano e le misericordie di Dio. L'uomo e Dio: ecco i due temi sui quali tesse i tredici libri delle Confessioni. Essi, scrive rileggendoli, " lodano Dio giusto e buono per i miei mali e per i miei beni, e verso di lui sollevano l'intelligenza e il cuore degli uomini."

La lode si trasforma spesso in preghiera d'implorazione o in ascesa interiore fino alle vette più alte della contemplazione. Nelle Confessioni ci sono le pagine più affascinanti dell'esperienza contemplativa agostiniana, pagine che si collocano per la forza narrativa e mistica tra le più belle della spiritualità cristiana. Aveva ragione uno scrittore, che era insieme filosofo e poeta, di dire, riferendosi alla narrazione dell'estasi di Ostia, che è una pagina di " profonda poesia " e " una delle cose più vertiginose dello spirito ... "; con essa " nasceva per la prima volta la poesia dell'estasi, il poema della comunicazione con Dio, la vertigine sublime dell'altezza, lo stupendo ascendere dell'anima sino all'assoluto Amore ... "

 

 

Cifrondi Antonio

Nato nel XVII secolo a Clusone, in val Seriana nella provincia di Bergamo, dipinse un gran numero di opere alternando il sacro al profano, con uno stile tardo-barocco. Di modeste origini, figlio di Carlo, muratore originario di Villa d'Ogna e di Elisabetta, dimostrò fin dai primi anni una spiccata propensione al disegno ed alle belle arti. Nel 1671 grazie a una borsa di studio poté trasferirsi, poco più che quindicenne, a Bologna, dove venne inserito nella rinomata scuola di Marcantonio Franceschini, nella quale ebbe modo di migliorarsi ed affinare le proprie tecniche pittoriche, specializzandosi nel manierismo.

Visitò quindi Roma e Venezia, per poi recarsi a Parigi. Poco più che trentenne ritornò a Clusone, dove cominciò ad eseguire un gran numero di opere, la maggior parte a sfondo religioso. Soggiornò spesso a Bergamo e nelle varie località dove era chiamato a lavorare. Il suo peregrinare lo portò a trascorrere gli ultimi anni della sua vita nella città di Brescia, dove morì nel 1730, all'età di 74 anni.

Le sue opere, improntate su uno stile definito come tardo barocco, spaziano tra il sacro ed il profano. Una peculiarità del suo modus operandi era data dalla rapidità di esecuzione, resa possibile grazie alla naturalezza ed alla facilità con cui eseguiva le opere. Il pittore raggiunse una notevole notorietà, tanto da diventare tra i più richiesti della bergamasca.