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La scena del tolle lege
MAESTRO DI GENT
1700-1750
Gent, monastero degli Agostiniani
La scena del tolle lege
Quest'opera, che esprime un modesto livello artistico, raffigura una scena moto interessante nella iconografia agostiniana relativa all'episodio della sua conversione che narra nelle Confessioni noto come episodio del tolle lege. La tavola, che è ospitata nel monastero agostiniano di Gent, risale al primo Settecento e misura solo 11 cm di altezza e 18 cm di larghezza.
La scena è piuttosto inusuale, poiché l'ambientazione non è in un giardino, ma in aperta campagna con sullo sfondo un corso d'acqua che si snoda fra una abbondante vegetazione. Agostino è seduto sotto un albero e sta leggendo, solo, una pagina di un libro aperto che tiene fra le mani. Non c'è alcuna scritta che ricordi la cantilena tolle lege se non l'atmosfera di intimità in cui Agostino si muove.
Nelle opere scritte subito dopo la conversione, Agostino non fa il minimo accenno alla famosa scena dell'orto o del tolle lege che ricorda nelle Confessioni. Si può osservare, come sostenne Pincherle, che la descrizione che fa Agostino del suo stato d'animo è, da una parte, tutta dominata dalla preoccupazione, polemica contro i manichei, di dimostrare l'esistenza e il valore del libero arbitrio, la possibilità di una scelta fra bene e male e che, d'altra parte, essa è redatta sotto l'influsso di quei passi paolini che parlano del contrasto fra lo spirito e la carne.
E si potrebbe ancora suggerire, insistendo sull'importanza di questo fatto, che l'episodio dimostra come Agostino abbia conosciuto l'epistolario di san Paolo proprio all'inizio della sua conversione.
Tuttavia questa scena, vera senza dubbio in molti, probabilmente in tutti, i suoi particolari, è stata redatta con la preoccupazione di dimostrare appunto il contrario di ciò che taluno ha creduto di scorgervi: di mettere in luce cioè l'impotenza dell'uomo a operare da solo la propria salvezza e la necessità dell'intervento, subito efficace della grazia divina, intervento che non ha nulla di miracoloso.
Possiamo anche ammettere che il testo paolino, di contenuto così caratteristicamente etico, e inserito in una esortazione morale ed escatologica, fosse per l'appunto quello che Agostino lesse effettivamente, ricavandone la forza di tradurre in atto i progetti che da qualche tempo maturavano nella sua mente.
E, come racconta nelle Confessioni, recatosi in giardino, si mise sotto una pianta a piangere amaramente, e diceva: - Quanto tempo ancora? Quanto ancora? Domani, domani ! ancora un po' di tempo. Ed era desolato di non sapersi decidere o a restare nel mondo o a consacrarsi a Dio.
JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea
Così parlavo e piangevo nell'amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: «Prendi e leggi, prendi e leggi». Mutai d'aspetto all'istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte ... Tornai al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi.
Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: « Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze ... » Non volli leggere oltre né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono.
AGOSTINO, Confessioni 8, 12, 29