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Agostino scrive il De Trinitate
MAESTRO DI INDERSDORF
1755
Indersdorf, chiesa del monastero, altare di S. Agostino
Agostino scrive il De Trinitate
Il retablo dell'altare della chiesa del monastero agostiniano ha ricevuto la sua forma attuale nel 1755, quando è stato pesantemente modificato in stile rococò. La pala raffigura S. Agostino che scrive il suo libro de Trinitate mentre ha una visione relativa al mistero della S. Trinità. Diversi angeli reggono le insegne episcopali con mitra, bastone, mentre altri custodiscono una scodella e un cucchiaio, simboli propri di una leggenda medioevale sul tema trinitario che riguarda Agostino.
Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".
La leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149). Secondo Roland Kany [Il pensiero trinitario di Agostino] l'episodio, prima che fosse associato esclusivamente ad Agostino, venne utilizzato in modo simile anche con altri teologi. Secondo Kany il legame con Agostino fu creato dal canonico agostiniano Tommaso da Cantimpré intorno al 1260. La narrazione leggendaria si trova per la prima volta nel Catalogus Sanctorum del vescovo Petrus de Natalibus intorno al 1370 e successivamente divenne un elemento distintivo delle biografie agostiniane e degli episodi leggendari attribuiti al santo.
Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.
Altri angeli portano in alto il suo cuore fiammeggiante.
L'immagine fu dipinta da un mediocre artista, tanto che l'immagine del volto di Agostino sembra quasi una caricatura, più che una elaborata rappresentazione del santo. La cornice intorno alla pala d'altare, le volute rocaille sui lati e l'attaccatura rocaille traforata direttamente sopra l'immagine sono state aggiunte di recente. Anche le colonne tortili erano decorate con ornamenti rocaille. A quel tempo fu aggiunta anche la magnifica pala con l'occhio di Dio al centro accompagnato da molti angeli e putti. Al momento della sua creazione intorno al 1710, l'altare aveva sei pilastri. Sulla mensa dell'altare si trova un'edicola con le ossa di S. Giulio martire. Questi resti furono acquisiti dal prevosto Georg Riezinger nel 1712 insieme alle ossa di sant'Innocenzo dal commerciante di Monaco Benno Höger
Nella mano dello scheletro come reliquia è posto un ramo di palma, mentre sul capo è deposta una corona di alloro. C'è anche un piccolo calice di vetro riempito con un liquido profumato che si pensava fosse sangue del martire. Una tavoletta marmorea proveniente dalle catacombe con il monogramma di Cristo contiene il testo: "Giulio martire, è racchiuso".
La reliquia fu sequestrata ad Altomünster e portata all'altare agostiniano in una preziosa teca in una traslazione cerimoniale.