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PITTORI: Maestro di Quito

Agostino abbatte le eresie e gli eretici

Agostino abbatte le eresie e gli eretici

 

 

MAESTRO DI QUITO

1700-1740

Quito, chiesa dei Gesuiti

 

Agostino abbatte le eresie e gli eretici

 

 

 

Questa pittura di un anonimo pittore della Scuola di Quito risale all'inizio del Settecento è una copia di una incisione apparsa a fine Seicento probabilmente ad Anversa. La struttura dell'opera mostra al centro della scena sant'Agostino vescovo mentre è intento a scrivere. La didascalia, identica a quella dell'incisione, specifica le qualità del santo che viene definito S. AUGUSTINUS Ipponensis Episcopus Doctor Ecclesiae Ord. Cau. Rcg. Institutor Manichaeorum, Donastitarum Pelagianorum Oppugnator accerrimus.

Al santo cioè viene riconosciuto di avere fondato l'Ordine dei Canonici Regolari e di essere stato un acerrimo oppositore delle eresie, in special modo quelle professate da manichei, donatisti e pelagiani. E' proprio questa attività che è stata messa in primo piano dall'artista in quanto l'esito degli scritti agostiniani corrisponde alla sconfitta degli eretici.

Dal cuore fiammante e dal braccio del santo si irradia un raggio che colpisce e fulmina gli eretici che cadono a terra ai suoi piedi. Una freccia arriva anche al santo dall'alto a colpire il suo braccio a significare che Agostino è stato il tramite per affermare la verità e pertanto ha solo eseguito e dato corpo a quanto gli veniva suggerito da Dio grazie alla azione di un angelo. Vista la dedica è probabile che l'incisione, che ha suggerito questa tela, sia nata in un orizzonte culturale agostiniano legato ai canoni regolari che ne seguivano la regola.

 

 

Il santo sentì profondamente la necessità di difendere l'ortodossia cristiana dalle eresie che imperversavano nel suo secolo. Nel corso della polemica contro i manichei e la loro visione dualistica dell'universo Agostino tende a sottolineare la bontà della creazione, la trascendenza di Dio e la superiorità dello spirito sulla carne. Nei confronti del donatismo Agostino sostenne che la Chiesa è un insieme di fedeli visibile, composta sia di santi che di peccatori. L'efficacia dei sacramenti non dipende dalla moralità di chi li amministra, ma dalla grazia di Dio che opera attraverso di loro. In disaccordo con Pelagio, che predicava la capacità dell'uomo di produrre e di scegliere il bene (di salvarsi pertanto usando le sue sole forze) Agostino ribadisce la realtà del peccato originale e pertanto l'urgenza della grazia divina per ottenere la salvezza (De natura et gratia).

 

416 Agostino tratta la questione pelagiana

La fine della controversia donatista coincise pressappoco con l'inizio di una nuova disputa teologica che impegnò Agostino fino alla sua morte. L'Africa, dove Pelagio ed il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo il sacco di Roma da parte di Alarico, era diventata il principale centro di diffusione del movimento pelagiano. Già nel 412 un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i Pelagiani per le loro opinioni sulla dottrina del peccato originale, ma, grazie all'attivismo di Agostino, la condanna dei Pelagiani, che avevano avuto il sopravvento in un sinodo tenuto a Diospolis in Palestina, fu reiterata dai successivi concili tenuti a Cartagine e a Milevi. Un secondo periodo di attivismo pelagiano si sviluppò a Roma; papa Zosimo, dopo essere stato convinto da Agostino, nel 418 pronunciò una solenne condanna contro i Pelagiani.

 

Questi errori ... cercavamo di confutarli ... allo scopo che anche Pelagio, venendone a conoscenza, li correggesse senza essere attaccato personalmente: in tal modo sarebbe stata eliminata la sua funesta dottrina e gli sarebbe stata risparmiata la confusione ... Furono pertanto inviati alla Sede Apostolica dai due Concili di Cartagine e di Milevi rapporti concernenti tale questione prima che arrivassero in mano nostra o nell'Africa i verbali del processo ecclesiastico in cui si afferma che Pelagio si sia giustificato davanti ai vescovi della Palestina.

AGOSTINO, Lettera 186, 2 a Paolino