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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Settecento: Tiepolo GiandomenicoPITTORI: Tiepolo Giandomenico
Agostino vescovo e Dottore della Chiesa
GIANDOMENICO TIEPOLO
1754-1755
Brescia, chiesa dei Santi Faustino e Giovita
Agostino cardioforo vescovo e Dottore della Chiesa
A contorno della scena centrale dell'Apoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica, ci sono decorazioni perimetrali e le quattro finte statue, in cui sono rappresentati a monocromo i quattro Padri della Chiesa Latina: San Gregorio Magno, Sant'Agostino, Sant'Ambrogio e San Girolamo. La figura di quest'ultimo è quella coperta dalla "nuvola" che discende dal centro della volta ed è riconoscibile solamente attraverso il leone, simbolo del santo, che si intravede alla base del piedistallo fittizio. La figura di Agostino è riconoscibile per il braccio sinistro steso in avanti con un cuore fiammante nella mano.
L'Apoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica è un affresco opera di Giandomenico Tiepolo, databile attorno al 1754-1755 che è posto nel soffitto del presbiterio della chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Brescia. L'affresco sostituì l'originario ciclo di pitture di Lattanzio Gambara, che era andato perso nel corso dell'incendio che interessò il coro della chiesa nel 1743. Probabilmente l'opera non è una sua completa invenzione ma piuttosto risenta dell'aiuto del padre, Giambattista Tiepolo, soprattutto nella struttura compositiva e in alcuni accorgimenti prospettici. La realizzazione in ogni caso è ascrivibile al solo Giandomenico.
I santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica sono condotti in cielo da una moltitudine di angeli. Tutti e quattro sono disposti lungo una linea comune che, dal basso, sale man mano verso l'alto. Per primo si trova San Faustino, seguito da San Giovita, titolari della chiesa e patroni della città. Segue San Benedetto e infine Santa Scolastica. Ogni santo è condotto al cielo da un intrico di angeli, nuvole e stendardi.
Giandomenico Tiepolo
Giovanni Domenico Tiepolo nacque a Venezia nel 1727.
Figlio di Giambattista Tiepolo e fratello di Lorenzo, era nipote di Francesco Guardi e Gianantonio Guardi. Il padre, noto pittore, discendeva da una modesta famiglia. A 13 anni Giandomenico entrò nella bottega del padre e a 19 anni ricevette l'incarico di dipingere nell'oratorio del Crocefisso la serie di Stazioni della Via Crucis. Nel 1748 dipinse la Guarigione dell'ossesso per la chiesa di san Francesco da Paola. Fra il 1750 e il 1753 lavorò con suo padre in Baviera, a Würzburg, alle decorazioni della "Residenza" di Karl Philipp von Greiffenklau, principe vescovo del Sacro Romano Impero. Al principe vescovo dedicò nel 1753 le ventiquattro incisioni dell'album "Idee Pittoriche sopra la fuga in Egitto di Gesù, Maria e Giuseppe ...". Rientrato a Venezia si avvicinò a Pietro Longhi e allo zio Francesco Guardi. Tra il 1754 e il 1755 dipinse l'Apoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica per il presbiterio della chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Brescia. Nel 1757 lavorò a Vicenza nella Villa Valmarana, dove realizzò tutti gli affreschi insieme al padre. Alcune delle scene che dipinse furono precorritrici rispetto ai gusti dell'epoca. Nel 1759 iniziò a decorare la villa di famiglia a Zianigo di Mirano e nel 1761 affrescò, con il padre, le stanze della Villa Pisani di Stra. Nel 1762 con suo padre si trasferisce a Madrid alla corte del re di Spagna Carlo III Borbone per dipingere la Gloria di Spagna presso il Palazzo reale e lla Via Crucis per la chiesa di San Filippo Neri. Nel 1770, all'indomani della morte del padre, Giandomenico fa ritorno a Venezia, lasciando a Madrid il fratello Lorenzo. Nel 1772 venne nominato maestro dell'Accademia di Venezia e nel 1789 affresca il Palazzo Contarini. In questi anni produsse una serie di disegni dedicati al "Divertimento per li ragazzi" in cui riprende il personaggio di Pulcinella, che suo padre aveva trattato in alcuni schizzi. Giandomenico Tiepolo morì a Venezia nel 1804.
Il monastero annesso alla chiesa bresciana dei santi Faustino e Giovita, dopo un lungo periodo di decadenza dal X secolo, ritorna all'antico splendore nel 1490, quando Papa Innocenzo VIII ordina l'unione della comunità con la Congregazione di Santa Giustina da Padova e assegna ai monaci benedettini la gestione del monastero. Vengono avviati numerosi interventi di restauro edilizio, viene ripristinata la disciplina monastica, le celebrazioni liturgiche. È in questo periodo che si avvia una prima fase di ampliamento dell'edificio ecclesiale con l'edificazione del nuovo coro, decorato da Lattanzio Gambara, che vi lavora tra il 1558 e il 1559. Il ciclo di affreschi, di pregevolissimo valore artistico, viene purtroppo completamente distrutto nell'incendio scoppiato in chiesa la notte del 2 dicembre 1743, che elimina le strutture e le decorazioni del coro e del presbiterio. Nel disastro vanno perse anche numerose tele di autori locali del Seicento. I lavori di ricostruzione iniziano probabilmente nel 1744 e alle decorazioni lavora Giandomenico Tiepolo che realizzò la sua opera tra il 1754 e il 1755, cioè dieci anni dopo l'incendio. Il lavoro affidato al pittore comprende sia la decorazione dell'intera volta al di sopra del presbiterio, dove viene posta l'Apoteosi, sia quella delle pareti, dove Giandomenico affresca il Martirio dei Santi Faustino e Giovita e l'Intervento dei santi patroni in difesa di Brescia assediata da Nicolò Piccinino. Fanno infine da contorno le figure dei Padri della Chiesa nei finti pennacchi della volta e le rappresentazioni della Fede e Speranza e della Carità, rispettivamente sopra la porta d'ingresso al campanile e alla sagrestia.
Nell'opera spicca, per compiutezza e splendore, la decorazione del soffitto del presbiterio, ove è raffigurata la scena-perno dell'Apoteosi dei Santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica, condotti in cielo da una moltitudine di angeli. I quattro santi sono disposti lungo una linea comune che, dal basso, sale man mano verso l'alto seguendo una leggera curvatura nel tratto finale, culminando poi nei pressi del cielo, raffigurato al centro mediante uno sfondato prospettico. Per primo si trova San Faustino, seguito da San Giovita, titolari della chiesa e patroni della città. La terza figura è San Benedetto, mentre Santa Scolastica chiude la sequenza. Ogni santo è condotto al cielo da un intrico di angeli, nuvole e stendardi. La figurazione, anziché essere risolta nel finto sfondato prospettico della volta a vela di copertura, dove è posto il cielo, fuoriesce mediante una sapiente e ben organizzata soluzione, dove le nuvole del cielo, sulle quali volteggiano gli angeli, "coprono" con abile illusione prospettica un'estesa area della finta architettura circostante. A contorno della scena centrale troviamo le prime decorazioni perimetrali e le quattro finte statue, in cui sono rappresentati a monocromo i quattro Padri della Chiesa Latina: San Gregorio Magno, Sant'Ambrogio, San Girolamo e Sant'Agostino. La figura di quest'ultimo è contrassegnata da una grandiosità espressiva e dal cuore fiammante che reca nella mano sinistra, simbolo settecentesco del santo.