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Agostino combatte gli eretici e le eresie
FRANCISCO VIEIRA DE MATOS
1770
Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga
Agostino combatte gli eretici e le eresie
Il dipinto raffigura il santo ispirato mentre scrive su un gran libro: ai suoi piedi Agostino ha delle figure inginocchiate. Sono gli eretici che sono stati vinti dalla forza della sua scrittura e della sua predicazione. La scena è ambientata in mezzo ad edifici classici secondo il gusto del tardo Settecento. Agostino indossa i paramenti episcopali con la mitra in testa ed il bastone pastorale appoggiato a un ripiano. Alcuni angioletti partecipano all'evento suonando o indicando apertamente quanto sta succedendo.
La fine della controversia donatista coincise con l'inizio di una nuova disputa teologica contro Pelagio che impegnò Agostino per un lungo periodo. L'Africa, dove Pelagio ed il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo il sacco di Roma, era diventata il principale centro di diffusione del pelagianesimo. Nel 412 un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i Pelagiani per le loro dottrine eretiche del peccato originale. Il forte intervento di Agostino permise di rinnovare la condanna anche nei successivi concili tenuti a Cartagine e a Milevi. A Roma il proselitismo pelagiano, su suggerimento di Agostino, venne condannato da papa Zosimo che nel 418 pronunciò una solenne condanna contro i Pelagiani.
Questi errori ... cercavamo di confutarli ... allo scopo che anche Pelagio, venendone a conoscenza, li correggesse senza essere attaccato personalmente: in tal modo sarebbe stata eliminata la sua funesta dottrina e gli sarebbe stata risparmiata la confusione ... Furono pertanto inviati alla Sede Apostolica dai due Concili di Cartagine e di Milevi rapporti concernenti tale questione prima che arrivassero in mano nostra o nell'Africa i verbali del processo ecclesiastico in cui si afferma che Pelagio si sia giustificato davanti ai vescovi della Palestina.
AGOSTINO, Lettera 186, 2 a Paolino
Francisco Vieira de Matos
Meglio conosciuto con Vieira Lusitano, Francisco Vieira de Matos nacque a Lisbona nel 1699.
Terzo figlio di Francisco Vieira de Matos, un produttore di calze, era stato destinato alla carriera ecclesiastica, ma le inclinazioni al disegno lo indirizzarono alla pittura.
Quando il marchese di Abrantes, D. Rodrigo Anes de Sá Almeida e Meneses, venne nominato ambasciatore a Roma, chiese alla famiglia di Francisco il permesso di portarlo con sè avendo notato le doti artistiche del ragazzo.
A Roma divenne discepolo di Benedetto Lutti ed ebbe occasione di studiare i dipinti della Galleria Farnese. Nonostante il diplomatico abbia dovuto rientrare in Portogallo, Vieria rimase ancora qualche anno a Roma per perfezionare i suoi studi. Tornato in patria avviò una sua bottega. Molte delle sue opere sono andate perse nel terribile terremoto del 1755: la maggior parte si trovavano dal 1750 appese al soffitto della Chiesa dei Martiri e rappresentavano la conquista di Lisbona di re Afonso Henriques. Tra le opere che invece sfuggirono alla catastrofe si possono menzionare due pannelli nella chiesa di S. Rocco: un sant'Antonio che predica ai pesci e un sant'Antonio prostrato davanti alla Madonna, una Sacra Famiglia, appartenente al conte di Assumar; un grande pannello raffigurante san Francesco; un quadro della cappella della Certosa; i dipinti di San Francesco di Paola, nel coro della sua chiesa e le cappelle laterali della Immacolata Concezione.
Nel 1780 venne nominato direttore dell'Accademia di Nu. La sua vita fu molto travagliata a motivo del suo primo e unico amore, a cui dedicò un lungo poema stampato nel 1780 dal titolo: Il pittore illustre e marito fedele, una storia vera. Tra i discepoli di Vieira ci fu sua sorella Catarina Vieira, di cui conosciamo alcune opere nell'eremo di S. Joaquim. Suo discepolo fu anche Morgado de Setúbal. Morì a Lisbona nel 1783.