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PITTORI: Jacopo da Verona

Sant'Agostino,Simbolo di san Marco Evangelista: leone, Sant'Ambrogio

S. Agostino e sant'Ambrogio

 

 

JACOPO DA VERONA

1397

Padova, Oratorio di S. Michele

 

Sant'Agostino e sant'Ambrogio Dottori della Chiesa

 

 

 

Gli affreschi di Jacopo da Verona appartengono a un ciclo che questo pittore dipinse per quello che oggi è noto come Oratorio di san Michele a Pozzoveggiani, in località Salboro, una delle più antiche chiese del padovano che apparteneva al capitolo della Cattedrale Padova. L'edificio in realtà è ciò che rimane dell'antica chiesa dedicata a san Michele e ai santi Arcangeli, che ospitava anche altri affreschi dello stesso artista.

Nel sottarco i riquadri e le lunette conservano alcune scene che ritraggono, in ordine, sant'Agostino, il leone, simbolo di san Marco Evangelista e Sant'Ambrogio.

La Cappella di santa Maria fu eretta dopo un incendio, che si verificò nel corso dell'assedio a Castelvecchio durante la battaglia di Padova condotta da Francesco II Novello da Carrara. Gli affreschi, realizzati nel 1397 da Jacopo da Verona, forse aiuto di Altichiero da Zevio all’Oratorio di San Giorgio, furono eseguiti su commissione di Pietro de Bovi, cugino del direttore della zecca carrarese. Sono l’ultimo lavoro artistico documentato in città, prima della caduta della Signoria carrarese e la conquista veneziana, ed hanno per soggetto il ciclo mariano.

Le scene raffigurate sono l'Annunciazione, la Natività e Adorazione dei magi, l'Ascensione, La Pentecoste, la Morte della Vergine e san Michele. Nel sottarco della cappella si trovano i busti degli Evangelisti e dei Dottori della Chiesa. Una lapide conferma la paternità di Jacopo da Verona e testimonia che la Cappella fu voluta nel 1397 da Piero, figlio di Bartolomeo de Bovi, cugino di Piero di Bonaventura, ufficiale della zecca dei Carraresi.

Altri affreschi frammentari, anche cinquecenteschi, decorano le parti già pertinenti alla navata. Lo stile richiama la figura di un pittore eclettico, che accanto agli elementi derivati da Altichiero, della cui arte offre una visione più domestica, ne accoglie altri presi da Giotto, Avanzi e Giusto Menabuoi. Anche in questo caso è veramente notevole l'attenzione ai ritratti nelle scene dell'Adorazione dei Magi e della Dormitio Virginis. In particolare compaiono alcuni personaggi che sono stati identificati talora in Petrarca, talaltra con Francesco il Vecchio e Francesco II Novello da Carrara e lo stesso Bovi raffigurato a capo scoperto in primo piano. Probabilmente in questi dipinti Jacopo ha lavorato con aiuti, forse i suoi due figli, ricordati da vari documenti come pittori.

 

Agostino compare con Ambrogio in diverse circostanze: nel battesimo impartitogli a Milano, come Dottore della Chiesa, nella scena della A logica libera nos, nel Te Deum. In ogni caso la figura di Ambrogio si staglia nettamente, per l'importanza del santo, che Agostino riconobbe come proprio maestro: rigator meus. Ambrogio fu vescovo di Milano in un periodo travagliato dell'impero romano, percorso da correnti di pensiero diverse e con rigurgiti di paganesimo. Ambrogio si palesò come il baluardo estremo del cristianesimo contro ogni avversità.

A Milano, grazie anche all'ascolto delle splendide prediche del santo vescovo Ambrogio, Agostino trovò quello che cercava, ovvero la fede in Gesù Cristo che gli dette quella gioia piena e quell'appagamento totale che aveva sempre cercato, magari affidandosi anche a dottrine, come il manicheismo, rivelatesi poi fallaci ai suoi occhi. Durante le dieci puntate della trasmissione verrà presentata la personalità di questo gigante della fede e della cultura, e sarà messo particolarmente in luce il legame tra vita e fede, fra filosofia e amicizia, fra ricerca intellettuale e amore di Dio, che rappresenta la nota distintiva della figura di Sant'Agostino.

Nella notte di Pasqua del 387 dopo Cristo, a Milano, il vescovo Ambrogio battezza Agostino, l'intellettuale di Tagaste (l'odierna Souk Arhas in Algeria), che diventerà vescovo di Ippona e che influenzerà la cultura europea con il suo pensiero, come del resto l'opera di Ambrogio darà un'impronta ai rapporti Chiesa-potere politico nel segno della reciproca autonomia. Quella solenne liturgia celebrata nella speranza che Cristo risorga, che la morte sia vinta e si compia la promessa di rinascita, è evento sul crinale tra due epoche. Il mondo antico collassa, l'Impero si sgretola tra congiure di palazzo, guerre che prosciugano le casse statali, inflazione, carestie, disastri economici, invasioni, spinte secessioniste. E il nuovo, che pur c'è, annunciato da scossoni e spinte, da trasformazioni concrete anche se difficili da leggere, stenta ad affermarsi.

 

 

In questa città era allora vescovo Ambrogio, uomo eccellente fra i migliori e sommamente gradito a Dio. Questi predicava molto frequentemente la parola di Dio nella chiesa, e Agostino seduto in mezzo alla gente lo stava a sentire con la massima attenzione.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 1, 3