Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Trecento: Piero di Puccio

PITTORI: Piero di Puccio

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

PIERO DI PUCCIO

1388

Orvieto, Duomo, rosone della facciata

 

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

 

 

Opera di Andrea di Cione detto l'Orcagna, il rosone del Duomo di Orvieto, costruito tra il 1354 e il 1380, è formato da un doppio giro di colonnine con archetti intrecciati recanti al centro la testa del Redentore. Gli angoli compresi tra il cerchio e la prima cornice sono ornati da mosaici, opera di Piero di Puccio che li realizzò nel 1388, raffiguranti i quattro Dottori della Chiesa: S. Agostino, Gregorio, Gerolamo e Ambrogio. Si tratta di mosaici alquanto restaurati.

 

Piero di Puccio

Piero di Puccio, attivo principalmente a Orvieto nel XIV secolo, fu un pittore toscano del periodo gotico. Piero o Pietro di Puccio, come è altrimenti noto, ha lavorato a varie opere fra cui va ricordato un affresco di storie dalla Genesi, dalla Creazione alla Diluvio che si trova sulla parete nord del Camposanto in Pisa. L'affresco purtroppo fu devastato durante i bombardamenti alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

 

Andrea di Cione l'Orcagna

Pittore, scultore e architetto fiorentino, fratello dei pittori Nardo di Cione e Iacopo di Cione e dello scultore Matteo di Cione, l'Orcagna fu attivo tra 1343 e il 1368. Nel 1344 egli si iscrive all'Arte dei medici e degli speziali, nel 1352 entra in quella degli architetti e fin verso il 1359 dirige i lavori del grande tabernacolo di Orsanmichele, la più importante opera di scultura del suo tempo. Dal 1355 al 1358 ricopre la carica di capomaestro di questa chiesa e nello stesso anno viene chiamato a Orvieto come capomaestro della cattedrale, dove è documentato sino al 1360.

Dopo il 1362 ha vari incarichi dall'Opera del duomo di Firenze e nel 1368, essendo egli malato, un trittico affidatogli l'anno precedente viene compiuto dal fratello Iacopo di Cione. La sua morte avviene probabilmente intorno a quell'anno. La sua principale opera di pittura è la pala commessagli da Tommaso Strozzi per la cappella di famiglia nella chiesa domenicana di S. Maria Novella in Firenze, che eseguì tra il 1354 e il 1357. In essa si presentano alcuni caratteri nettamente e deliberatamente arcaicizzanti, tanto da far parlare di «neoduecentismo». Nel pannello centrale dell'altare trova posto una immagine poco abituale nei polittici toscani della prima metà del Trecento, ma che si ritrova invece in opere del secolo precedente: quella del Cristo Giudice a figura intera.

Ai suoi lati sono la Vergine e san Giovanni Battista, che compongono così il celebre tema apocalittico della Deesis (la Preghiera) elaborato dall'iconografia bizantina. Ai piedi della Vergine e di san Giovanni Battista sono inginocchiati san Tommaso e san Pietro, cui il Cristo Giudice dà le chiavi e il libro, simboli del potere e dell'insegnamento della chiesa. Il ritorno ad antichi temi iconografici, quale quello della Deesis, è sottolineato da accentuati arcaismi nello stile; in particolare da una drastica riduzione della profondità della scena, che sembra voler ritornare a un bidimensionalismo pregiottesco. Maggiori approfondimenti spaziali si trovano nella predella, nei cui scomparti vengono ancora una volta esaltati i temi della chiesa e del sacerdozio (La Navicella, S. Tommaso che celebra la Messa). Importanti cicli ad affresco vennero condotti dall'Orcagna in S. Croce e in S. Maria Novella, ma furono in seguito distrutti o gravissimamente deteriorati. In S. Maria Novella l'Orcagna dipinse la cappella maggiore, che venne in seguito completamente ridecorata da Domenico Ghirlandaio con le storie della Vita della Madonna. Nel 1940, sotto le fasce ornamentali quattrocentesche dei costoloni della volta sono state ritrovate 35 teste dipinte, unici resti del grande ciclo orcagnesco (1340-1348).

A Santa Croce, ove l'Orcagna aveva affrescato tre grandi storie con il Giudizio, il Trionfo della morte e l'Inferno, sono stati ritrovati (1911 e 1942) alcuni importanti frammenti delle due ultime; in entrambi i cicli, Andrea ebbe a collaboratori i fratelli Nardo e Iacopo. In scultura la principale opera dell'Orcagna è il Tabernacolo di Orsanmichele, per il quale ebbe probabilmente l'aiuto del fratello Matteo, vissuto fino al 1390, grandiosa impresa concepita per accogliere una venerata tavola di Bernardo Daddi. A tergo sono le grandi composizioni della Morte e dell'Assunzione della Vergine, sui lati e sulla parte anteriore sono medaglioni con Storie della Vergine, figure di Virtù, di angeli e di profeti. Le sculture, che rivelano chiaramente le tappe di uno svolgimento cronologico dai modi più pittorici della Adorazione dei Magi a quelli più plastici dell'Annuncio della Morte a Maria, mostrano nell'Orcagna una discendenza dalle formelle di Andrea Pisano del campanile di S. Maria del Fiore e indubbi rapporti con Alberto Arnoldi, attivo in quel medesimo periodo alle sculture del campanile e della loggia del Bigallo, come pure una conoscenza dei modi della plastica tedesca. La personalità dell'Orcagna appare ai nostri giorni come quella di un artista che, se non fu certo la più grande della sua epoca, è per contro il più intelligente interprete e il più illuminante testimone della grande crisi fiorentina della metà del Trecento.