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PITTORI: Pellino di Vannuccio

Sant'Agostino e la Vergine ai piedi della Croce

Ai piedi della Croce

 

 

PELLINO DI VANNUCCIO

1377

Perugia, chiesa di sant'Agostino

 

Sant'Agostino e la Vergine ai piedi della Croce

 

 

 

Questa affresco è stato riscoperto nel 1945 nella Cappella di san Bartolomeo nella chiesa di sant'Agostino a Perugia. E' questa una chiesa gotica edificata tra XIII e XIV secolo. La facciata a pietre bianche e rosa ha caratteri simili appartenenti ad altre chiese umbre dell'epoca. La parte superiore, manieristica, è di Bino Sozi. L'interno, ad una sola grande navata, è stato ricostruito tra il XVIII e XIX secolo da Stefano Canzacchi di Amelia.

L'affresco scoperto è stato attribuito a Pellino di Vannuccio e datata all'anno 1395, Si tratta di una delle rare opere di questo autore. L'affresco rappresenta la Crocefissione con la Vergine e i santi Giovanni Evangelista, Maria Maddalena e un santo vescovo da riconoscersi in sant'Agostino, che tra l'altro indossa sotto l'abito vescovile la tipica cocolla nera dei monaci agostiniani.

 

Consapevole della centralità della croce nel disegno salvifico di Dio sull’umanità e della straordinaria molteplicità di rimandi ad essa nell’Antico e nel Nuovo Testamento, Agostino si impegna nella sua interpretazione e meditazione lungo tutto l’arco della vita come confermano i numerosi riferimenti alla croce di Cristo, disseminati in tutta l’ampia produzione dell’Ipponate. Ciò che Agostino intende evidenziare è che la scelta di Gesù di portare la croce sulla quale verrà messo a morte è una lucida indicazione su cosa debba significare la vita cristiana. I credenti sono esortati in tal modo a seguire l’esempio del Maestro.

«La croce tiene insieme lo scandalo e la salvezza, la fine e l'inizio, perché in essa si compie qualcosa di assolutamente e radicalmente nuovo: sul legno, Cristo ci istruisce sul significato della nostra vita presente e futura, perché è con la sua morte che Egli ha vinto per noi la morte».

 

Tu stesso ci avevi folgorati con le frecce del tuo amore, e portavamo conficcati nel ventre gli arpioni delle tue parole e gli esempi dei tuoi servi, che da oscuri avevi reso splendidi e da morti, viventi. Bruciavano ammassati nel fondo della mente divorando la sua pesantezza e il torpore, per impedirci di scendere in basso, ed era un tale incendio che tutto il fiato soffiatoci contro dalle subdole lingue l'avrebbe ravvivato, non estinto.

AGOSTINO, Confessioni, 9, 2, 3