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Trionfo di Sant'Agostino: particolare della Prudenza
SERAFINO DE' SERAFINI
1378 circa
Ferrara, Palazzo Diamante, Pinacoteca Nazionale
Trionfo di Sant'Agostino
Questo affresco a muro con finiture a tempera e calce, è opera di Serafino de' Serafini, detto anche Serafino da Modena. Questo pittore è documentato a Modena negli anni 1349-1354: lo ritroviamo attivo a Ferrara nel trentennio seguente 1361-1393. L'affresco che riproduce il trionfo di sant'Agostino venne realizzato dopo il 1378 ed è stato staccato dalle pareti della scomparsa chiesa di Sant'Andrea in Ferrara. Ha notevoli dimensioni e misura 587x556 cm.
La struttura dell'affresco si compone di tre fasce.
Nella fascia superiore è raffigurato Sant'Agostino in cattedra, con un libro aperto sul banco. Porta la mitra e indossa il manto episcopale sopra la tunica nera dei monaci agostiniani. Nella sua posizione sovrasta i Dottori della Chiesa: poco più in basso alla sua sinistra siedono san Gerolamo Dottore della Chiesa, san Giovanni evangelista, san Paolo apostolo delle genti e Mosé, guida del popolo ebraico nell'uscita dall'Egitto, sormontati da una doppia ruota simbolo della teologia. Alla sua destra si possono osservare i filosofi pagani, sormontati dal sistema planetario, simbolo della filosofia: si riconoscono Aristotele, il filosofo greco Platone, il pensatore romano Seneca e il celeberrimo Socrate. Nella fascia mediana le sette Virtù in trono schiacciano i corrispondenti Vizi capitali, rappresentati da figure rannicchiate e schiacciate.
La fascia mediana raffigura le sette Arti liberali con i loro migliori rappresentanti, ma ora ne restano pochi lacerti. Le quattro Virtù cardinali e le tre Virtù teologali tengono schiacciati sotto i piedi i corrispondenti Vizi capitali, simboleggiati da personaggi della cultura antica. Le sette coppie sono così formate, da sinistra procedendo verso destra: la Giustizia con l'imperatore romano Nerone, la Prudenza con Sardanapalo o Assurbanipal re assiro, la Carità con il re Erode, la Fede con l'eretico Ario, la Speranza con l'apostolo traditore Giuda, la Fortezza con il condottiero assiro Oloferne ucciso da Giuditta, la Temperanza con Epicuro, il fondatore di una delle maggiori scuole filosofiche ellenistiche e romana.
Nella fascia inferiore sono raffigurate le Sette Arti Liberali con i loro più insigni rappresentanti. La Grammatica è associata a Prisciano, la Dialettica con Zoroastro, la Retorica con Cicerone, l'Aritmetica con Pitagora, la Geometria con il greco Euclide, la Musica con Tubalcain, l'Astronomia con Tolomeo. Allo stato attuale sono visibili a destra solo frammenti della Musica e dell'Astronomia.
La grande figura centrale di Agostino monopolizza la vista: seduto in trono il santo, vestito da vescovo, ha le braccia aperte, quasi volesse accogliere chi sta guardando. In mano tiene due rotoli scritti fittamente: potrebbero riportare la sua Regola. Questa Allegoria di sant'Agostino Maestro dell'Ordine agostiniano è un modello iconografico che si diffonde a partire dalla metà del XIV secolo.
Risponde alle esigenze della propaganda degli agostiniani, di cui abbiamo altri esempi, fra cui quello di identico soggetto dipinto a Padova da Giusto de' Menabuoi nel 1370 per la cappella di sant'Agostino agli Eremitani. E' molto probabile che il programma iconografico di questo soggetto sia stato messo a punto a Bologna, che nel Trecento ospitava una delle più importanti Scuole agostiniane in Italia. Questa ipotesi è suggerita da una serie di miniature bolognesi che riproducono lo stesso modello iconografico.
L'affresco fu commissionato dai fratelli Buonsostegno e Giorgio Marinetti che intervennero nella decorazione della cappella dedicata a santa Dorotea. I lavori di costruzione della cappella incominciarono nel 1378 e agli anni immediatamente successivi risale la decorazione delle pareti. Nel 1871 quando la chiesa era ormai stata soppressa, l'affresco fu riscoperto sotto uno strato di intonaco dal mercante e antiquario Luigi Sgherbi, che provvide a farlo ripulire.
Un acquerello di Gerolamo Domenichini raffigura lo stato dell'opera poco prima del distacco. Il suo disegno a tempera su carta, mostra l'opera ancora in buono stato di conservazione e ancora ben leggibile. I danni visibili nella parte superiore sono dovuti all'abbassamento della volta durante i lavori di ristrutturazione della chiesa curati da Biagio Rosseti sul finire del XV secolo. Al centro l'apertura di una porta distrusse le figure dipinte nella fascia inferiore. A partire dal 1876 l'affresco subì una serie di interventi di restauro e di distacco che ne compromisero lo stato di conservazione, determinando la perdita quasi totale delle figure della fascia inferiore e delle finiture a secco. Il definitivo distacco e la trasposizione su tela fu avviato nel 1906.
Serafino de' Serafini
Serafino de' Serafini nasce in una famiglia modenese produttori di mattoni di terracotta. Anche se associato al fratello dell'artista Tommaso da Modena pare abbia lavorato alla produzione di terracotte fino al 1350, acquisendo buone capacità nella scultura. La sua attività a Modena è documentata dal 1349 al 1354. Nel 1361 si trasferisce a Ferrara, dove sarà attivo fino al 1393. Questa città, come Modena, era sotto l'influsso politico ed economico della famiglia estense. Nel 1375 stava lavorando alla loro corte di Ferrara, quando fu chiamato a lavorare per la famiglia Gonzaga a Mantova. Per i nobili Gonzaga ha dipinto la maggior parte degli affreschi della Vita di San Luigi di Tolosa e della Passione (chiesa di S. Francesco a Mantova), anche se probabilmente sono state progettate dal fratello Tommaso.
L'espressività che caratterizza i volti e la plasticità delle figure mostrano chiaramente l'ispirazione di Tommaso e l'influenza ance di Niccolò di Giacomo da Bologna che ne detta i ritmi. Di Serafino de' Serafini è noto un trittico ligneo dipinto nel Duomo di Piacenza che raffigura episodi della vita di Cristo. Nell'ambito della ripresa neogiottesca dell'ultimo quarto del secolo si colloca l'attività ferrarese di Serafino de' Serafini, che lavora decorazione alla trecentesca dell'oratorio dei Battuti bianchi di Ferrara, confraternita fondata secondo le fonti nel 1343. La vicenda della sua decorazione pittorica è strettamente legata alla commissione a Vitale da Bologna dello stendardo processionale con la Vergine e il Bambino e i confratelli. Dalle pareti laterali interne dell'Oratorio proviene l'Assunzione della Vergine firmata da Serafino dei Serafini (ora al Museo di Casa Romei di Ferrara).
Tra le altre opere a lui attribuite ricordiamo il Trionfo di sant'Agostino (Ferrara, pinacoteca; affresco staccato dalla chiesa S. Andrea); il trittico con Storie di Cristo (Piacenza, Museo Arcivescovile). Suo figlio Paolo, nato verso il 1350, si fece frate domenicano e firmò una tavola con la Madonna con il Bambino (conservata nella cattedrale di Barletta), vicina all'arte di Vitale da Bologna.