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"L'estasi di Sant'Agostino" di Antonio Carneo (Concordia Sagittaria 1637 - Portogruaro 1692) Olio su tela
Ritorna ad Udine la pala "scomparsa" del Carneo
di Gilberto Ganzer
Dopo più di un secolo si può ammirare uno dei capolavori della pittura del Seicento in Friuli: la celebre "Estasi di S. Agostino" a suo tempo segnalata dallo studioso Benno Geiger, quando era in possesso di un privato che l'aveva trovata in Udine. Lo studioso la diceva "arrotolata presso un antiquario e trasmigrata a quel che sembra, in Ungheria". La composizione veniva definita "larga e sontuosa, dai colori soavi con figure al primo piano che ricordano l'opera migliore dell'arte veneziana, lontana eco degli Apostoli esterrefatti dell'Assunta di Tiziano".
La tela veniva poi annotata nel corpus del Carneo da Aldo Rizzi che ne citava una probabile presenza in Ungheria. La Furlan rilevava come l'opera fosse ispirata ad una versione incisoria del "S. Agostino di Anversa" di Van Dyck e come la "Madonna con bambino" si ritrovasse nelle opere giovanili a lui ascritte. Di recente si possono anche annoverare le pale di S. Vito al Tagliamento (vedi F. Mez) e in collezione privata (vedi G. Ganzer) dove gli assetti cromatici rimandano a quest'opera ben più tarda con anche S. Nicola da Tolentino ed il padre agostiniano probabile committente.
Un'analisi più puntuale e precisa si può ora condurre grazie al ritrovamento e meritorio intervento dell'antiquario Copetti che l'ha restituita al patrimonio cittadino. Anche perché proprio dalla città di Udine era "trasmigrata" quest'opera fondamentale per il percorso artistico del Carneo e precisamente dalla struttura conventuale delle Mantellate ora Caserma di Prampero.
Il "Collegio" e la stessa Chiesa erano infatti dedicate a S. Agostino ed aveva avuto principio alla metà del XV secolo grazie alla Beata Elena Valentinis che con la sorella Perfetta lo aveva fondato. La Chiesa era stata rifabbricata nel 1664 in Borgo Pracchiuso ed il Collegio godeva della protezione della città che destinava al suo governo tre nobili per sindaco e provveditori. Rilevante è poi il richiamo alla figura femminile orante dal bianco velo vedovile, la Beata Elena Valentinis, accompagnata da un Santo di recente canonizzazione: S. Giovanni Nepomuceno, che era vissuto poco prima della Beata e il culto del quale si diffonderà presto anche nella regione friulana (nella vicina Chiesa Parrocchiale di S. Valentino il Santo veniva dipinto in una pala pochi anni dopo). La figura della Beata non è da confondersi con quella di Santa Monica, madre di S. Agostino e con lui spesso ritratta, in quanto anche per l'aspetto giovanile della Beata contrasterebbe con l'iconografia ben nota al pittore o al committente della Santa. Le vicende delle dispersioni delle opere d'arte delle Chiese friulane durante le soppressioni napoleoniche sono abbastanza note ed anche questa struttura conventuale ne subì le conseguenze. Venne soppresso nel 1810 ed il 30 maggio 1811 alienato a privati.
La Chiesa annessa nel 1823 venne parzialmente demolita e ristrutturata per altri usi. Nel 1836 il complesso venne acquistato dal Comune di Udine ed adibito prima a ospedale nell'epidemia di colera e poi a caserma. Nel 1880 veniva ceduto alla autorità militari come rileva la Cargnelutti che ne fornisce anche una puntuale planimetria. Delle opere ivi conservate se ne ricordano tre del Grassi: "la pala dell'altare maggiore con i due quadri laterali", quella del Ruggieri con il "Santo agostiniano Nicola da Tolentino e la Vergine" e una del Faci rappresentante la "Beata Chiara da Montefeltro", anch'essa dell'Ordine agostiniano. Gerolamo Asquini nelle sue "Notizie dei pittori del Friuli", manoscritto reso noto da Paolo Pastres, annota che nella Chiesa di S. Agostino c'erano quattro quadri con "Istorie del Vecchio Testamento" appesi alla Tribuna della Chiesa e ricordava ovviamente "la bellissima tavola di S. Tommaso di Villanova", che si vede nella Chiesa delle Monache di S. Lucia, già Chiesa agostiniana come il Santo raffigurato, che godeva della devozione della Beata Valentinis. L'importante opera restituisce alla città di Udine un significativo apporto alla sua storia devozionale, urbana ed artistica.
Bibliografia
- C. Furlan, "Antonio Carneo nella pittura friulana del Seicento", Milano, 1995
- A. Rizzi, "Antonio Carneo", Udine, 1960
- B. Geiger, "Antonio Carneo", Udine, 1940
- "Chiese di Udine", a cura di G. Bergamini, P. Pastres, F. Tamburlini, Udine 2007
- L. Cargnelutti, "Monasteri, conventi, case religiose nella vita e nello sviluppo della città di Udine", Udine, 2001
- F. Mez, "S. Vito al Tagliamento: un intaglio, una tela, un pittore", estr. da "Sot la Nape" n. 3/1997
- G. Ganzer, "San Vit", a cura di P.C. Begotti e P.G. Sclippa, Udine, 2010