Contenuto
Percorso : HOME > Archivio News > 2015 > Pavia: Domeniche d'OrganoArchivio news: Domeniche d'Organo
La locandina che annuncia il Concerto
DOMENICHE D'ORGANO
Pavia in S. Pietro in Ciel d'Oro
Domenica 8 novembre 2015
ore 11.45
Appuntamento domenica 8 novembre alle 11.45, in occasione dell'anniversario della nascita di Sant'Agostino, il 13 novembre 354 a Tagaste
Programma di sala
DOMENICHE D'ORGANO
con J. S. Bach e S. Agostino
Organista Maria Cecilia Farina
Organo Lingiardi op. 266 (1913)
Johann Pachelbel
Ciacona in re 1653-1706
Dieterich Buxtehude
Von Gott will ich nicht lassen BuxWV 220 1637-1707
Johann Sebastian Bach
Pièce d'orgue BWV 572 1685-1750
Très vitement - Gravement - Lentement
Fuga su un tema di Legrenzi BWV 574
Von Gott will ich nicht lassen BWV 658
Toccata e fuga in d (re) BWV 538 (Dorica)
Come nella precedente Domenica d'organo, il programma si apre con due brani di autori prebachiani, a sottolineare la linfa dell'imponente tradizione organistica che precede J. S. Bach. Johann Pachelbel (1653-1706), nato e morto a Norimberga dove fu organista nella Sebalduskirche, si configura in tal senso come una delle figure più significative e la sua produzione, molto vasta sia nel genere vocale che in quello strumentale, è in larga parte musica d'uso per la liturgia.
Incisiva e possente è la Ciacona in d (re) basata su un basso ostinato di cinque note ascendenti : RE_MI_FA_SOL_LA.. Come tema "teologico" di questa Domenica di tempo ordinario abbiamo scelto il Corale Von Gott will ich nicht lassen.
Von Gott will ich nicht lassen Da Dio non voglio allontanarmi
denn er lässt nicht von mir, perché egli non si allontana da me,
führt mich durch alle Strassen guida tutti i miei passi
sonst ging ich in der Irr. altrimenti io mi smarrisco.
Er reicht mir seine Hand, Egli mi porge la sua mano,
den Abend und den Morgen di sera e di mattina
tut er mich wohl versorgen, si prende cura di me
wo ich auch sei im Land. ovunque io sia.(L.Helmbold, 1572)
La bella melodia di questo corale, che sembra derivi dalla canzone profana cinquecentesca Ich ging einmal spazieren, viene presentata in due elaborazioni organistiche di Dieterich Buxtehude e di J. S. Bach. Dell'importanza di Buxtehude, responsabile di un'impronta indelebile sulla personalità del ventenne Johann Sebastian, abbiamo già fatto cenno in occasione del concerto precedente. La sua versione di questo corale è una pagina dolce e meditativa, con la melodia del corale affidata alla mano destra. La versione di Bach BWV 658 è tratta dai 18 Corali dell'autografo di Lipsia, silloge che costituisce un caposaldo teologico-contrappuntistico del Kantor: il cantus firmus, cioè la melodia del corale, è qui affidato al Pedale, mentre il Manuale lo contrappunta con grande espressività. La tonalità d'impianto di fa minore secondo i teorici dell'epoca connotava retoricamente gli stati di tristezza e di angoscia.
Pièce d'orgue BWV 572 è una splendida fantasia in tre movimenti senza soluzione di continuità, composta negli anni giovanili, forse ad Arnstadt. Purtroppo l'autografo è perduto, ma "Pièce d'orgue" è il titolo attestato da quasi tutti i manoscritti e anche le indicazioni di movimento delle singole sezioni sono in francese. Secondo Alberto Basso ( Frau Musika) l'opera si presenta in "uno stile composito, largamente eclettico": le sezioni iniziale e finale sono toccatistiche, mentre il lungo e vigoroso episodio centrale, in una polifonia a 5 voci ricca di aspre dissonanze, ricorda il plein-jeu alla francese.
La Fuga su un tema di Legrenzi BWV 574 in un manoscritto reca la dicitura Thema Legrenzianum, elaboratum cum subiecto pedaliter per J. S. Bach. L'opera ci parla ancora una volta dello stretto rapporto tra Bach e la musica italiana: Giovanni Legrenzi, maestro di cappella a S. Marco in Venezia, dove morì nel 1690, è uno dei musicisti che - da Corelli a Vivaldi e Marcello- furono oggetto degli "omaggi" musicali di Johann Sebastian (ricordo che in una precedente Domenica d'organo è stata eseguita la Fuga su un tema di Corelli BWV 579). Non è oggi chiaro da quale composizione legrenziana Bach abbia tratto lo spunto per il tema di questa fuga: un brano molto ampio ed elaborato, basato su due soggetti, dall' allure arcaica ( Alberto Basso), che si conclude con una sezione toccatistica in stylus fantasticus alla Buxtehude.
A conclusione di questa Domenica d'organo riproponiamo uno dei brani più grandiosi della produzione organistica bachiana: la Toccata e Fuga in re (d) BWV 538. Da M. G. Fischer, allievo di un allievo del Kantor, sappiamo che l'opera era stata eseguita dallo stesso Bach a Kassel., in occasione della "prova" del grande organo ricostruito nella chiesa di S. Martino: bey der Probe der grossen Orgel in Cassel von Bach gespielt.
L'opera è detta "Dorica" - ma non si tratta di un titolo originale, dal momento che l'autografo di quest'opera è andato perduto- con allusione all'impianto tonale in re senza la moderna armatura in chiave di si bemolle. In realtà sono moltissimi i brani di Bach, e degli autori barocchi in genere, scritti con questo impianto: si trattava infatti di un residuo della teoria degli otto modi gregoriani, di cui il modo di re era il primo, detto protus oppure dorico (quest'ultimo termine mutuato dalla teoria musicale greca). Ben sappiamo come a tutti gli effetti Bach fosse ancora un uomo del Quadrivium e facesse tesoro di tutta la scienza medievale della musica. Un elemento rilevante della Toccata Dorica è il fatto che i manoscritti recano indicazioni precise sui continui cambi di tastiera: questo non è un orpello ma un elemento strutturale fondante del brano.
Le due tastiere dialogano fra loro e con la pedaliera come se si trattasse di tre entità, con un valore retorico pregnante. La Fuga, di struttura monumentale (una delle più ampie di tutta la produzione bachiana) tratta il materiale tematico con un continuo impiego della tecnica canonica: ne deriva un contrappunto estremamente complesso, ricco di dissonanze di settima e nona che, come rileva anche Peter Williams nei suoi fondamentali volumi sull'opera organistica di Bach, sono ardue per l'ascoltatore. E' un contrappunto speculativo, che ricorda molti tratti dell'Arte della fuga, l'ultima monumentale fatica del Kantor.