Contenuto
Percorso : HOME > Archivio News > 2022 > CagliariArchivio news: Cagliari
Ricordo di Agostino nella omonima cripta a Cagliari
SANT'AGOSTINO A CAGLIARI
sabato 19 febbraio 2022
ore 9.30
Aula Magna Seminario Arcivescovile di Cagliari
Gli Amici di Sant'Agostino della Sardegna organizzano il Convegno "Sant'Agostino a Cagliari: La storia, la tradizione e le prospettive per l'oggi."
La manifestazione avrà luogo Sabato 19 Febbraio 2022 dalle ore 9,30 alle ore 13 nell'Aula Magna del Seminario Arcivescovile di Cagliari in Via Monsignor Giuseppe Cogoni 9.
Approfondimento
Le spoglie di sant'Agostino arrivarono a Cagliari dopo la caduta dell'impero romano. Alcuni studiosi indicano la data 507-508 con la diaspora dei vescovi del nord-Africa, causata dalla conquista vandala. Altri storici, con migliore approccio indicano il VII secolo con l'arrivo delle invasioni arabe nelle regioni occupate dai Vandali. La presenza di una siffatta reliquia determinò la costruzione di un luogo di culto composto di un santuario e una cripta, dove furono custodite le spoglie fino all'ottavo secolo. Dopo l'espansione saracena e la missione longobarda che, al dire di Paolo Diacono acquistò il corpo per trasferirlo a Pavia, rimasero a Cagliari tre vesti: una casula, una dalmatica e una tunicella, che con ogni probabilità ricoprivano il corpo o un simulacro-reliquiario.
A Cagliari, si conserva ancora la cripta che costituiva l'antico santuario, sotto il palazzo Accardo, in largo Carlo Felice. Il tesoro della Cattedrale, oggi nel museo diocesano, conserva le tre straordinarie vesti liturgiche, memoria tradizionale della presenza del santo in città. Sono manufatti realizzati in lino e seta, ornati da ricami serici di origine cinese, ascrivibili all'epoca Tang.
Sopra la cripta di sant'Agostino, dove, secondo la tradizione, si conservarono le sue spoglie dopo il loro trasferimento dall'Africa invasa dai Vandali, sorgeva la chiesa di Sant'Agostino extra muros. Nelle sue vicinanze sorgeva un antico convento, che si dice fu fondato dallo stesso Agostino durante una predicazione nell'isola. Il convento fu demolito sotto Filippo II per fare spazio alla cinta fortificata, e trasferito poco lontano, nel quartiere della Marina, all'interno delle mura. Intorno alla metà del 1600 si completò la demolizione dell'antico convento, ma si lasciò in piedi solo una piccola cappella che sovrastava il santuario sotterraneo, e che a metà dell'Ottocento era ancora esistente: fu infatti vista e descritta dallo Spano e dal Martini. Poi, con la sistemazione del Largo Carlo Felice, per riallineare la facciata col tracciato del Largo, la cappella fu in parte demolita (1884), e su di essa si inserì il palazzo progettato da Dionigi Scano.
L'intervento non riguardò la cripta, che si conservò integra. Il vano, un rettangolo piuttosto irregolare di circa cinque metri per tre, con un'altezza media di quattro, è interamente intonacato, ma sembra riutilizzare una piccola grotta naturale o un preesistente ambiente ipogeo, probabilmente di epoca romana. All'interno una serie di piastrelle colorate del seicento, note come azulejos, vivacizza e decora le pareti lunghe nella parte bassa. Sulla parete di fondo è l'edicola dell'altare, che include una piccola nicchia scavata nella parete, che ospita la statua del santo in gesto benedicente. Dietro l'altare vi è un vuoto, bene illuminato da una lampada, che è un luogo di particolare venerazione poiché, secondo la tradizione, era il sito dove era posata la cassa del Santo. Attualmente vi si nota una fossa concava, lunga poco più di un metro e larga una quarantina di centimetri, profonda altri trenta o quaranta centimetri, contenente un'acqua di falda limpida e trasparente.
La tradizione popolare considerava miracolosa quest'acqua, a cui venivano attribuite prodigiose qualità terapeutiche. Essa veniva portata nelle case per la guarigione degli infermi, e ciò viene confermato da una lapide nella facciata esterna della cappella superiore, probabilmente seicentesca, che il canonico Giovanni Spano fece in tempo a leggere, e che trascrisse interamente nella sua Guida della città e dintorni di Cagliari. Redatta in latino, l'iscrizione ricordava al viandante che in quel sacro luogo avevano riposato per 221 anni le spoglie di Sant'Agostino, e lo invitava a fermarsi e venerare quel "loculum". Anche se, continuava l'iscrizione, il corpo del santo non riposava più in quella grotta a causa delle scorrerie saracene (defecit corpus Saracenorum tirrannide) restava quell'acqua miracolosa come vero e proprio dono del Santo a guarire gli infermi (mansit tamen mirifica aqua ad infirmorum levamen).
L'epigrafe fu purtroppo rimossa trent'anni dopo quando nel 1864 fu arretrata la facciata della cappella e gli ambienti furono inglobati nel costruendo palazzo Accardo. Da documenti del tempo sembrerebbe che sia stata trasferita nella chiesa di San Lucifero, ma attualmente se ne sono perse le tracce.