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Manca: S. AGOSTINO E MONS. LUIGI BIRAGHI

Celebrazioni della Beatificazione di mons. Luigi Briraghi

Celebrazioni della Beatificazione di mons. Luigi Briraghi

 

 

S. AGOSTINO E MONS. LUIGI BIRAGHI

del Prof. Don Luigi Manca

docente di Patrologia - Facoltà Teologica Pugliese

 

 

 

Premessa

Un cordiale saluto a tutti, un sentito grazie alla madre superiora Suor Marimena e a tutte le suore Marcelline di Lecce per avermi coinvolto nelle celebrazioni della beatificazione del loro fondatore, Mons. Luigi Biraghi. Il mio intervento, che segue a quello magistrale di Mons. Buzzi, dell'Accademia Ambrosiana, avrà per oggetto il rapporto fra Mons. Biraghi e S. Agostino. Due figure molto distanti l'una dall'altra cronologicamente: 14 secoli, ma anche molto vicine. Le unisce la Chiesa di Milano, dove mons. Biraghi si è formato ed ha esercitato il suo fecondo ministero sacerdotale.

Nella stessa Chiesa di Milano il giovane Agostino, da professore con una brillante carriera davanti a sé, ma con l'animo inquieto e in ansiosa ricerca di Dio, grazie alla parola e alla testimonianza del grande vescovo Ambrogio, approda alla fede cristiana e scopre il fascino dell'appartenenza totale a Cristo. L'immagine della Chiesa di Milano come una Chiesa viva accompagnò sempre Agostino, non solo nei primi passi della fede ma anche da vescovo di Ippona in Africa. Le grandi linee della ecclesiologia agostiniana sull'autorità, l'unità e l'universalità della Chiesa che egli difenderà strenuamente contro i manichei, i donatisti e i pelagiani, le aveva apprese a Milano, con l’esempio concreto. Ai Donatisti che avevano insinuato il sospetto del suo battesimo, da Cartagine, egli risponde così: Non siamo stati battezzati qui, ma dove siamo stati battezzati c'è una Chiesa famosa nel mondo intero (ubi baptizati sumus Ecclesia est, nota universo orbi terrarum) (En. in ps. 36,3,19).

Il rapporto di Agostino con la Chiesa di Milano continuerà con il successore di Ambrogio, Simpliciano. Mons. Biraghi, attraverso l'interesse rivolto al vescovo d'Ippona, ha contribuito a prolungare questo rapporto tra il più grande Padre della Chiesa latina e la Chiesa di Milano.

 

Mons. Biraghi e i Padri della Chiesa

Mons. Biraghi manifestò una conoscenza dei Padri della Chiesa di gran lunga superiore a quella che una normale formazione teologica assicurava ai sacerdoti. Fra le sue preferenze spiccano S. Ambrogio e S. Agostino. Questa sua attenzione particolare ai Padri della Chiesa va letta in un contesto più ampio di quello che può essere un semplice interesse personale. La prima metà del secolo XIX, il tempo in cui visse Mons. Biraghi, è particolarmente feconda per la rifioritura degli studi patristici. Sono gli anni in cui ci si accosta ai Padri con una nuova sensibilità per trovare in essi i motivi ispiratori di un rinnovamento della Teologia e della vita cristiana. In Francia il dotto sacerdote Jacques Paul Migne (1800-1875) pubblica la grande collana di testi patristici nella serie greca (221 volumi) e nella serie latina (161 volumi), dando, così, un notevole impulso alla conoscenza e allo studio dei Padri.

Tale gigantesca impresa contribuisce non poco all'opera di avvicinamento tra la Chiesa latina e quella orientale. In Germania, la Scuola cattolica di Tubinga sviluppa una sensibilità romantica post illuministica e reagisce contro un uso strumentale dei Padri. Un esponente di spicco è il giovane Jonann Adam Mohler (1796-1838) con il suo famoso saggio, L'unità della Chiesa, cioè il principio del cattolicesimo nello spirito dei Padri della Chiesa dei primi tre secoli (tr. it. Città Nuova Editrice, Roma 1969).

In Inghilterra vi è il "movimento di Oxford", il cui progetto è il rinnovamento della Chiesa anglicana attraverso la riscoperta dei Padri e la Chiesa dei primi secoli. Fra i suoi più qualificati esponenti vi è John Henry Newman (1801-1890). Il ruolo svolto dai Padri della Chiesa nella vita di Newman è davvero decisivo; li legge con simpatia e li utilizza per esporre le sue idee; trova in essi l'alimento per la sua interiorità e l'ispirazione per la riforma della Chiesa anglicana, e, infine, nel 1845, tramite i Padri, accede alla Chiesa cattolica.

Egli stesso dirà: "Sono i Padri che mi hanno fatto cattolico". Considerato da molti un "Agostino redivivo", ricerca nei Padri non solo la dottrina ma anche modelli di vita cristiana, ne traduce le opere e penetra profondamente nel loro pensiero e il loro atteggiamento spirituale. In Italia abbiamo Antonio Rosmini (1797-1855) che studia e legge i Padri con interesse teologico e filosofico. I Padri ispirano Rosmini su Dio e sull'uomo per le idee e per il linguaggio, per la ecclesiologia, per la riforma della Chiesa e per la pedagogia cristiana. Come non ricordare il suo famoso libro Delle cinque piaghe della Chiesa, scritto nel 1832 e pubblicato a Milano nel 1848. Per le teorie pedagogiche scrisse Dell'educazione cristiana libri tre, scritto nel 1820, edito nel 1832. Nel 1819 aveva tradotto il De catechizandis rudibus di Agostino: Del modo di catechizzare gli idioti, libro di Santo Aurelio Agostino, vescovo d'Ippona, volgarizzato, pubblicato a Venezia nel 1821 e a Milano nel 1839.

Aveva anche progettato la traduzione del De civitate Dei, trovandovi ispirazione per le idee politiche. In questo contesto occorre inserire anche l'approccio ai Padri di Mons. Luigi Biraghi. Ricordo solo alcune sue pubblicazioni a carattere patristico. Negli anni in cui egli è educatore in Seminario traduce per i giovani chierici le Confessioni di S. Agostino, più precisamente con il titolo: Le Confessioni, di S. Agostino, vescovo d'Ippona, volgarizzate e ridotte a facile intelligenza per uso specialmente della Gioventù colta, A. Dozio, Milano 1832 (prima edizione).

Una seconda edizione uscirà nel 1842, e una quinta edizione del 1889, di cui una copia si conserva in questo Collegio delle Marcelline di Lecce: Le Confessioni, di S. Agostino, vescovo d'Ippona, volgarizzate e ridotte a facile intelligenza per uso specialmente della Gioventù colta, da Monsignor Luigi Biraghi, prelato domestico di S. S. Quinta edizione PC Milano, P. Clerc, editore, via Disciplini,7 1889.

Scrisse la Vita della vergine romano milanese S. Marcellina, sorella di S. Ambrogio, 1868 (prima edizione), 1936 (quinta edizione). Traduzioni: francese 1867; tedesca 1880; brasiliana 1966. Pubblicò, inoltre studi di archeologia cristiana, di iscrizioni paleocristiane, vite di antichi martiri milanesi. Grazie ai suoi studi di storia e di archeologia cristiana antica fu possibile individuare il luogo della tomba dei famosi martiri Gervasio e Protasio. Pubblicò anche uno studio sull'identificazione di Cassiciaco, luogo dove aveva abitato Agostino nel periodo milanese: Sant'Agostino a Cassago di Brianza sul milanese in ritiro per sette mesi, in "L'amico cattolico, 11 (1854) pp. 361-377; 385-397; 409-418; 491 (postilla).

 

Mons. Biraghi e S. Agostino

Per quanto concerne il rapporto con S. Agostino dobbiamo fare anzitutto riferimento alla volgarizzazione delle Confessioni. Nella Prefazione troviamo esposti con grande chiarezza e precisione i motivi che hanno spinto l'autore, mons. Braghi, a mettere mano a una volgarizzazione e semplificazione delle Confessioni di S. Agostino:

- Agostino appartiene a una delle due categorie principali di santi: i santi che si sono distinti per la loro innocenza e perfezione di vita sin dall'infanzia e i santi che, prima peccatori, hanno lottato strenuamente contro le inclinazioni peccaminose e, con l'aiuto di Dio, sono pervenuti alle altezze della perfezione.

Questo secondo genere di Santi, a cui appartiene Agostino, ci è più vicino e ci può essere maggiormente d'aiuto. Anche noi, come loro, possiamo cambiare la nostra vita. Biraghi fa esplicita menzione di alcune figure di santi della Chiesa antica che non hanno esitato a far conoscere le loro debolezze e la loro conversione (S. Giustino, S. Cipriano, S. Gerolamo, S. Afra martire, S. Maria Egiziaca). Fra questi eccelle S. Agostino con le sue Confessioni. Biraghi si occupa dei primi dieci libri, tralasciando gli ultimi tre libri e facendo riferimento alla parte biografica dell'opera.

 

a. Il valore delle Confessioni per Biraghi

Biraghi mette in evidenza l'eccellenza del capolavoro agostiniano attingendo alle stesse parole del vescovo d'Ippona scritte al conte Dario (Ep. 231): lo scopo dell'opera è la lode di Dio, il grazie a Dio, la preghiera a Dio per tutto ciò che ha fatto in un povero peccatore. E con lo stesso Agostino (Retractationes 11,6) ricorda come le Confessioni subito piacquero a tanti contemporanei del Santo. Nelle Confessioni, osserva Biraghi, attraverso il racconto coraggioso dei suoi errori e della sua conversione con l'aiuto della grazia divina, Agostino espone i due oggetti principali da cui dipende quasi del tutto "la pietà cristiana": Dio e l'uomo.

Agostino espone come l'uomo può arrivare a Dio uscendo fuori dalle proprie miserie. Non vi è pagina dell'opera dove non si senta battere il cuore stesso di Agostino, si senta l'espansione della sua anima santa. Citando l'abate Butler (Vita di Sant'Agostino), afferma che dopo quelli di Davide (i Salmi), le Confessioni di Agostino sono i più "bei cantici penitenziali" che la Chiesa possiede. - Ma qual è il motivo che ha indotto il Biraghi alla volgarizzazione e allo sfoltimento dell'opera agostiniana.

La lettura delle Confessioni non sempre è agevole per lo stile letterario a volte "duro" e per il pensiero a volte "oscuro". A ciò si aggiungono le tante digressioni prolisse sul manicheismo e sulla filosofia che possono stancare e infastidire il lettore, specialmente se è giovane, anche quando ha per le mani delle traduzioni. Per evitare tali inconvenienti e rendere più fruttuosa la lettura, mons. Biraghi ha pensato bene a sfrondare l'opera di quelle parti più pesanti, rispettando sempre il senso dell'autore. Biraghi esorta i giovani che tanto gli stanno a cuore con le stesse parole delle Confessioni (libro VIII, 9): prendete e leggete.

La lettura delle Confessioni aiuterà i giovani a non rimanere intrappolati nelle seduzioni della cultura corrente che considera la devozione religiosa come bigottismo ed esalta le passioni più vili.

I giovani imparino dal giovane Agostino a conoscere il mondo e Dio, ad apprezzare la fede cristiana, a tornare indietro da una vita disordinata.

 

b. Qualche considerazione:

Già dalla prefazione a questo suo lavoro di adattamento delle Confessioni, si evince con estrema chiarezza quanto profondo fosse il rapporto del Biraghi nei confronti di Agostino. In particolare emergono due elementi: uno a carattere squisitamente spirituale e l'altro a carattere culturale. Ciò che attira l'attenzione del Biraghi nei confronti del vescovo d'Ippona è anzitutto la particolare connotazione della sua santità: una santità che non oscura i tratti della umanità con tutte le sue fragilità e contraddizioni. Biraghi sembra più interessato alla santità che affiora dai limiti umani che da una santità che si è sempre misurata con la perfezione delle virtù. Per questo motivo sceglie Agostino come modello da proporre ai giovani. L'altro elemento che emerge è quello più tipicamente culturale. Biraghi sa quale posto occupa Agostino nella cultura antica e nella cultura cristiana in genere. Nelle Confessioni i giovani troveranno un modello di santità vicino alle loro sensibilità e un solido modello culturale.

La recente critica, la cui mole è impossibile quantificare, ha per molti aspetti ripreso e semmai ampliato e ulteriormente approfondito i motivi esposti da Mons. Biraghi nella sua Prefazione. Proviamo a evidenziarne qualcuno.

Le Confessioni di Agostino d'Ippona rientrano fra quei capolavori che non appartengono mai al passato. Ogni epoca li fa suoi perché, in un modo o nell'altro, in essi, vi si riconosce e con essi si confronta. Nelle Confessioni il Biraghi ha trovato le grandi linee per una solida formazione cristiana dei giovani del suo tempo e la genialità di un fondamento antropologico per tanti versi invocato dall'800, epoca traboccante di fermenti innovativi. Le Confessioni sono un'opera destinata ad esercitare un enorme influsso nel corso dei secoli e a diventare un caposaldo della letteratura e della spiritualità dell'intero Occidente (e non solo!). Lo stesso Agostino non nasconde che le sue Confessioni sono piaciute "a molti fratelli" e che rappresentano, fra le sue opere, quella più diffusa e è più letta.

Al conte Dario, che aveva fatto richiesta di averne una copia, Agostino, nell'inviargliela, aggiunge queste raccomandazioni (riportate dal Biraghi nella Prefazione): "Ricevi figlio mio, signore mio illustre e cristiano, non già nell'apparenza esteriore, ma per la carità cristiana, ricevi -dico- i libri delle mie Confessioni che hai desiderato. Osservami in essi e non lodarmi più di quel ch'io sono; in essi credi a me e non ad altri sul mio conto. In essi considerami e osserva che cosa sono stato in me stesso, per me stesso e se vi troverai qualcosa che ti piacerà di me, lodane con me non me stesso, ma Colui che ha voluto venga lodato nei miei riguardi" (Ep. 231,6).

Insieme ad attestazioni di approvazione non sono mancate le critiche malevole, come fa notare Trapè nella sua introduzione delle Confessioni, con cui si dava inizio alla prestigiosa collana dell'opera omnia della Città Nuova. Le principali critiche sono arrivate puntualmente, com'era prevedibile, da alcuni retori pagani, dai manichei, dai donatisti e dai pelagiani. Pelagio non aveva potuto digerire l'espressione: "da quod iubes et iube quod vis" (Conf. 10, 29). Agostino scrive le Confessioni fra il 397 e il 400 (o forse il 401). Il titolo Confessiones non deve trarci in inganno. Altri autori prima di Agostino avevano lasciato scritti autobiografici: Cicerone, Seneca, Epitteto, Marco Aurelio; fra i cristiani Giustino, Tertulliano, Cipriano.

Non vi è, però, in questi scritti diaristici quella introspezione, esplorazione interiore con cui Agostino crea un nuovo genere letterario. A lui si sono, in un certo senso, ispirati autori come Petrarca e Rousseau. Anch'essi hanno scritto le loro Confessioni. Anche in questi autori la descrizione autobiografica è condotta con una penetrante analisi introspettiva, ma è accompagnata anche da una forte dose di autonarcisismo. L'io scandaglia se stesso con morbosa auto compiacenza. Nelle Confessioni di Agostino nulla di tutto ciò. La "confessio" dal piano personale viene dilatata all'umanità intera, peccatrice e redenta.

"Da itinerario di ricerca che si innesta nel travaglio di un uomo che ha sete di conoscenza e di verità a testimonianza dell'epifania di Dio che viene incontro ad ogni uomo con la sua misericordia. Da esperienza viva della fede a esposizione della parola con cui Dio svela il mistero del creato e dell'intera storia umana" (Vigini).

"L'atto dello scrivere, per Agostino scrittore nato, non è qualcosa di aggiunto alla vita, è la vita stessa, la condizione del suo vivere ... Egli è pienamente se stesso solo quando la parola si fa vita e la vita parola". Forse questo è il motivo recondito delle Confessioni. Rodolfo Doni, autore di una recente biografia su Agostino, si chiede se è possibile immaginare Agostino senza le Confessioni. La risposta è: impossibile.

Le Confessioni si identificano con lui, uomo in perenne ricerca (Ti ho cercato per trovarti e ti ho trovato per cercarti ancora); ricerca di Dio e dell'uomo; di quell'uomo che è un grande abisso che solo il Signore conosce; di quell'uomo di cui è più facile contare i capelli che i moti del cuore. Le Confessioni sono strutturate in tredici libri. I primi nove libri costituiscono la parte autobiografica, che giunge sino alla morte della madre, Monica. Negli ultimi quattro libri Agostino descrive non più la sua vita passata, ma ciò che lo occupa e lo preoccupa come vescovo e commentatore della sacra Scrittura. Gli ultimi quattro libri sono, infatti, un'analisi acutissima sulla memoria, sul tempo e sulla creazione. Il Biraghi esclude dalla sua traduzione gli ultimi tre libri che costituiscono una serrata riflessione sulla nozione del tempo e un'ampia esegesi con riferimenti allegorici del testo della Genesi sul racconto della creazione.

Il lettore può rimanere sorpreso nel constatare come Agostino, dopo ben nove libri prevalentemente autobiografici e dopo la commovente descrizione della morte della madre, passi a disquisire di memoria, di tempo e di creazione. In realtà vi è una sorprendente unità tra i primi nove libri autobiografici e gli ultimi quattro più speculativo-dottrinali. La storia personale di Agostino non è altro che una replica, in piccolo, una esemplificazione della storia dell'intera umanità e della creazione, del vagabondaggio dell'anima, della sua caduta nell'abisso, della lancinante nostalgia del bene sommo, della sua risalita grazie all'amore di Dio e alla mediazione di Cristo. Il titolo Confessiones, dunque, non pub essere limitato alla sola dimensione individuale, non può essere ricondotto soltanto al racconto di un'esperienza personale, anche se presentata con un'analisi introspettiva che raggiunge il culmine della genialità e riesce ad esplorare ogni piega del cuore umano. La "confessio peccatorum" diventa un'occasione per ampliare la "confessio" in "confessio laudis" e "confessio fidei" di tutta la Chiesa.

Cosi lo stesso Agostino presenta le sue Confessioni, tanti anni dopo, nelle Retractationes: "I tredici libri delle mie Confessioni lodano Dio giusto e buono per le azioni buone e cattive che ho compiuto, e volgono a Dio la mente e il cuore dell'uomo. Per quanto mi riguarda hanno esercitato questa azione su di me mentre li scrivevo e continuano ad esercitarla quando li leggo"

 

Conclusione

E con il medesimo intento mons. Luigi Biraghi esortava i giovani a leggere il capolavoro agostiniano, da lui tradotto e sapientemente adattato. Con questo stesso intento, mi permetto, incoraggiato dal beato Luigi Biraghi, a proporre a ciascuno di voi, qualunque sia il vostro stato di vita, di sacerdote, di consacrato, consacrata, di laici cristiani, ad attingere alla spiritualità inesauribile e sempre attuale dei Padri della Chiesa, una spiritualità spiccatamente cristocentrica, una spiritualità che attinge agli elementi essenziali della fede cristiana, che respira e si nutre continuamente della Parola di Dio, una spiritualità che rimane saldamente ancorata ai sacramenti della Chiesa e spinge incessantemente al dono della propria vita per i fratelli.

La continua e appassionata frequentazione dei Padri della Chiesa, in particolare di S. Agostino, da parte di Luigi Biraghi ha certamente contribuito al suo carisma pedagogico, al suo spiccato senso della comunione ecclesiale, alla sua santità, tutta fatta di cose ordinarie vissute con straordinario amore. e per questo motivo, da proporre a ogni genere di cristiano, come ha detto il Card. Tettamanzi nella omelia della beatificazione: "Per tutti e per ciascuno di noi, sempre e in ogni momento, anche nelle condizioni più fragili ci è comunque dato di poter essere grandi nell'amore".