Contenuto
Percorso : HOME > Scriptorium > DupuchDupuch: Traslazione Reliquia di Agostino
Frontespizio del libello stampato in occasione della traslazione
RELAZIONE STORICA DOCUMENTATA DEL DONO FATTO DALLA CHIESA PAVESE DI UNA INSIGNE RELIQUIA DEL CORPO DI S. AGOSTINO A MONSIGNORE ANTONIO ADOLFO DUPUCH VESCOVO DI ALGERI
Pubblicato dalla Tipografìa Vescovile di V. Fusi e G. nel 1842
L'avvenimento che forma il soggetto di questa relazione non sarà dimenticato da quelli che ne furono testimoni; ma il tempo che tante cose distrugge e tante ne guasta, potrebbe esercitare anche su questo fatto o l'una o l'altra delle sue cieche potenze. Che se dall'un timore ci franca la speranza nella tradizione dei devoti, altrettanto non possiamo dire dell'altro ? poiché sempre si vede che i fatti allontanandosi dalle prime origini subiscono le più strane alterazioni. Prima ancora che questo avvenimento fosse compito, lo deturpò la Fama? e sebbene l'assurdo scoprisse il falso, la verità non guadagnava per questo. Non è intenzione nostra il combattere ciò che da altri fu detto o scritto; ma noi che abbiamo veduto consumarsi il fatto nella pompa augusta e semplice della Religione non vogliamo dal canto nostro che sia mandato ai posteri con un corredo dì ornamenti d'altra natura, che tramutino la cerimonia religiosa in uno spettacolo mondano. E però a servizio della verità, e sentendo la qualità del carattere pubblico onde Noi siamo rivestiti ci studieremo di narrare i fatti così come sono avvenuti, senz'altro ordine che quello del tempo, senz'altro ornamento che la semplicità ed il candore, senz'altra osservazione o postilla che gli autentici documenti. E per riassumere la cosa da' suoi principj, ricordiamo come la Chiesa dell'Africa, della quale per tanti secoli ha fatto strazio la barbarie, sia stata resa alla cattolica famiglia colla recente fondazione del Vescovato d'Algeri e d'Ippona. Pastore di questa nuova greggia è Monsignore Antonio Adolfo Dupuch, successore immediato di S. Agostino nella sedia episcopale d'Ippona, dopo 14 secoli dacché questo insigne Dottore e Vescovo incomparabile passò dai combattimenti al trionfo.
Visitando Monsignor Dupuch la vasta sua Diocesi nel 1859, si trovò il 25 di Marzo alle rovine d'Ippona. Ivi sotto un'arcata tra i pochi avanzi dello Spedale fondato da Santo Agostino eresse con informi pietre un altare. Ivi in mezzo all'armata, e quasi in un campo marziale offerse il santo Sacrificio, ed accrebbe con una sacra Ordinazione la giovane Milizia che deve combattere con lui le battaglie della Fede. Ivi concepì l'ardentissimo desiderio d'illustrare con un grandioso monumento a Sant'Agostino i ruderi di quella città che per Lui è divenuta sì celebre; e senza dipartirsi da quel luogo di sante inspirazioni, ne tracciò col bastone pastorale i contorni nella polvere, e scrisse ai Vescovi della Francia, invitandoli ad assisterlo colle loro oblazioni. L' invito fu tenuto da ogni parte con pronta gioja e con fraterna sollecitudine: in breve si mise mano all'opera, e sorse il religioso edificio.
L'inaugurazione del Monumento era stabilita pel 28 Ottobre 1842, anniversario della consacrazione di Monsignor Dupuch a Vescovo d'Algeri seguita nell'anno 1838. Ma questi prima che ciò avvenisse voleva pellegrinare a quei luoghi che ricordano la penitenza e la santità d'Agostino, voleva tesoreggiare in se stesso la venerazione pel suo incomparabile Antecessore, invocarne la protezione particolare sopra di se e sopra la rinascente sua Chiesa.
Nella primavera di quest'anno Egli andò a Roma; poi visitò Ostia dove morì Santa Monica beata della conversione del figliuolo; e di là scrisse al suo popolo (Docum. N. 1 pag. 5). Vide Milano dove nella bocca di Ambrogio la parola dell'umiltà e dell'abnegazione era stata più potente di quella del secolo e della carne. Il 23 marzo a notte inoltrata giunse inaspettato a Pavia meta della sua peregrinazione dove le ceneri di Agostino, compre con molto oro dalla pietà di Luitprando re dei Longobardi ? riposano in luogo d'onore.
Il giorno seguente S.E. Reverendissima Monsignor Vescovo di Pavia lo volle ospitare fraternamente nel proprio palazzo. Quel giorno (24 Marzo) era il giovedì santo. Monsignor Dupuch assistette nella Cappella Vescovile alla Messa Pontificale ed alla funzione degli Olii Santi: ed insieme al Clero ? ricevette la Santa Eucaristia dalle mani del nostro venerato ed amatissimo Vescovo. Compiuta la sacra funzione egli non poteva tener celata più oltre l'ardente sua brama lo scopo unico della sua venuta. Egli palesò apertamente ciò che i ben veggenti avevano già potuto desumere da tronche parole, e fin leggerlo negli atti e negli sguardi; disse che lo avea tratto a questa Città il desiderio di vedere e venerare l'urna benedetta che racchiude le spoglie di S. Agostino, e di ottenerne una insigne reliquia per la sua povera Chiesa, che fosse a Lei quasi pegno di futura prosperità.
Il primo di questi desiderj poteva esser senza difficoltà soddisfatto; ma si opponevano all'altro alcuni ostacoli , che la confidente pietà del Prelato Africano non poteva però riguardare come insormontabili.
E' noto a tutti di questa città che il sacro deposito è custodito e posseduto dal Vescovo di Pavia, dal Capitolo della Cattedrale, e dalla Congregazione Municipale. Era dunque necessario il consenso di questi tre Depositarj per appagare il desiderio del Vescovo d'Algeri.
Inoltre la sacra urna fu dai Decreti Pontificj ripetutamente suggellata a pena di scomunica, cioè prima da Benedetto XIII nel 1728, poi dalla Santità di Gregorio XVI nel 1833, quando per cura del nostro Vescovo, la cui pietà lascia una memoria non peritura, fu eretta la nuova Cappella del Santo, ricomposta e rialzata la celebre Arca, costruito il nuovo altare, e le sacre spoglie tramutate dall'antica Custodia d'argento in quella di Cristallo a bronzi dorati in cui ora si espongono alla pubblica venerazione.
Dicevamo che la confidente pietà del Prelato Africano non poteva credere insormontabili questi ostacoli; ma possiamo anche dire che uguale fu il pensiero di questi buoni Cittadini, quando la lieta notizia si fu divulgata. Nessuno avrebbe voluto dubitare della generosità del Nostro Santo Prelato; né credere che il Reverendissimo Capitolo della Cattedrale o l'Illustre Rappresentanza della Città volessero anteporre l'integrità del tesoro al bene spirituale che una parte di esso, fatta istromento della grazia divina, potrà recare ai nostri fratelli dell'Africa. Niuno poi voleva prevenire le intenzioni del Sommo Pontefice, che ciò sarebbe stato e indiscreto e superbo; ma nella condiscendenza amorosa del Padre comune chi non avrebbe confidato ?
Il Vescovo di Algeri passò gran parte del Giovedì Santo prostrato innanzi all'Arca di S. Agostino, dalla quale non sapeva staccarsi; ed inoltratasi la notte scrisse al suo popolo, comunicandogli con intera effusione di cuore la dolcezza della sua commozione, la sua gioja, le sue speranze. Questa lettera compresa fra i Documenti che corredano la presente Memoria fu spedita ai Diocesani d'Algeri soltanto in copia. L'originale, per desiderio dello stesso Monsignor Dupuch, dovrà rimanere presso i Vescovi di Pavia (Docum. IN. II pag. 9).
Il giorno dopo (25 marzo) Monsignor Vescovo di Pavia secondo una bellissima costumanza della Chiesa Cattolica pregò l'Apostolo dell'Africa ad assistere pontificalmente in sua vece alle funzioni del Venerdì Santo nella Chiesa Cattedrale. Che se l'illustre Pellegrino accettò con somma compiacenza l'invito, non ne fu men lieto il Venerando Capitolo dei Canonici e tutto il Clero. Ma in vedere la sedia episcopale occupata da questo Prelato fiorente d'una robusta virilità, si pensava tristamente ai tardi anni ed alle membra affrante del nostro Pastore. Compiuti i sacri riti, fu ammesso Monsignor Dupuch alla visita delle reliquie. Monsignor Vescovo, un Deputato Capitolare, ed il Podestà accompagnato da un Assessore Municipale erano presenti, recando le chiavi del sacro deposito (Docum. N. XVII pag. 85 ).
Mentre si apriva l'urna, il Vescovo d'Algeri stava prostrato, umiliandosi e pregando; quando le sacre spoglie furono scoperte, egli fu commosso fino alle lagrime, ne volle di là dipartirsi se non quando furono tolte alla sua vista, ed ancora mirava con intensità di spirito il luogo ove si erano rinchiuse. Laonde egli chiamò questa visita un colloquio col suo e nostro Agostino. Prima però che l'urna fosse riposta nella cassa d' argento, egli si trasse dal dito l'anello pastorale, e ne fece omaggio alla santa reliquia; presso la quale starà perennemente a memoria di questa peregrinazione, ed in segno dell'alleanza della Chiesa rinascente dell'Africa con l'antica di S. Siro.
Quali sentimenti ardessero nell' animo di Monsignor Dupuch in quegli istanti e dopo,noi non vorremo significarlo, poiché nei già ricordati documenti che seguono a questa relazione ve ne ha più d'uno che li rivela interi e genuini. Diceva fra l'altre cose, che l'abbondanza e l'integrità delle ossa venerate avevano superato la sua aspettazione, poiché prima di vederle egli aveva creduto colla maggior parte dei Vescovi Francesi che rimanessero di S. Agostino poche ceneri soltanto.
Nella rimanente parte del giorno egli rivisitò quell'arca, e cercò notizie ed illustrazioni sulla vita del Santo, e sulle vicende del nostro tesoro. Vegliò poi gran parte della notte a scrivere le tre formali domande al Vescovo, al Capitolo ed al Municipio, le quali nel fervore e nell'umiltà del linguaggio ben manifestano e quanto fosse grande il suo desiderio, e quanto apprezzasse l'oggetto della sua domanda (Docum. N.IV pag. 45 - N. IX pag. 67 - N. XIII pag. 75).
Nella mattina del sabato Monsignor Dupuch si accomiatò dal nostro Vescovo per ritornare con celerità alla sua Chiesa, e da lui ricevette in dono alcuni frammenti delle sacre spoglie di Agostino, che furono descritti come segue:
1.° un pezzetto di parietale;
2.° un'apofisi spinosa d'una vertebra;
3.° un'apofisi trasversa d'una vertebra;
4.° un frammento di costa;
5.° e 6.° due pezzetti di ossa del tarso;
7.° uno di osso del carpo;
8.° un frammento d'articolazione.
Questi frammenti erano stati tolti dall'urna dietro pontificia concessione all'epoca sopraindicata dell'ultima traslazione. Furono disposti in bell'ordine in una teca d'argento di forma ovale, con cristallo dalla parte anteriore che li rende visibili. S. E. Monsignor Vescovo nostro munì la teca col suo suggello episcopale, e vi unì la lettera di autenticità firmata dalla Sacra sua mano il 25 marzo 1842.
Lieto di questo dono parti Monsignor Dupuch la mattina del 26 poco prima del mezzogiorno, e già pensa ognuno senza che per noi si dica, che non si tolse da Pavia senza avere nuovamente visitato l'Arca di S. Agostino. Vi stette prostrato per ben tre ore. A Milano dove egli si diresse, e dove passò le Feste Pasquali, visitò subito la Basilica Ambrosiana, ed adorò la misericordia del Signore ai piedi di quella Cattedra, dove si è spiegata così luminosamente. Da Milano scrisse una terza lettera ai suoi Diocesani; ed impaziente di rivederli cominciò nel 29 il suo viaggio di ritorno (Docum. N. III pag. 48).
Poiché il Vescovo d'Algeri fu partito da Pavia, S. E. Reverendissima Monsignor Vescovo, il Reverendissimo Capitolo e l'Illustrissimo Municipio cui era diretta la domanda della reliquia se ne occuparono immediatamente.
La lettera al Municipio fu letta il 4 di aprile al Consiglio Comunale, che votò per acclamatone fosse assecondata. Del pari i Signori Canonici concordemente dichiararono essere giusto, ragionevole e santo il desiderio del Vescovo d'Algeri, e ben fondata la speranza che un'insigne reliquia di S. Agostino debba essere seme di Fede e di Carità in quell'Africa desolata. Monsignor Vescovo nostro, che per lasciar più liberi i voti altrui aveva celato il proprio, allora lo scoperse; e non solo consentì al dono, ma accettò l'invito fattogli dal Reverendissimo Capitolo e dalla Congregazione Municipale di scegliere Egli stesso quale fra le sacre ossa dovesse assegnarsi a far pago il desiderio del Prelato Africano.
La sera del 4 2 aprile fu destinata all'ispezione esterna dell'urna di cristallo; e questa operazione fu eseguita alla presenza dei Concedenti, e con quella solennità di forme che in questi casi si richiedono. La parte scelta da Monsignor Vescovo per la Chiesa d'Ippona fu dalle persone perite nell'arte anatomica nominata così L'ulna, ossia l'osso del cubito del braccio destro della lunghezza di circa un piede parigino (Docum. N. XVIII pag. 88 - N. XX pag. 98 ).
Tale risposta ebbe Monsignor Dupuch da ciascuna delle Autorità concedenti, che scrissero in tre lingue diverse, cioè in latino Monsignor Vescovo, in italiano il Venerando Capitolo, ed il Municipio in francese (Docum. N. V pag. 4S - N. X pag. 64 - N. XIV pag. 76). Queste tre lettere furono spedite in un solo piego il 2 di Maggio, e rimasero giacenti buona pezza nell'Episcopio d'Algeri, poiché Colui a cui erano dirette, ed al quale dovevano recare tanta letizia, era allora lontano dalla sua sede per gravi e faticose cure del suo Apostolato. Ma quando le vide, Monsignor Dupuch umiliò le sue suppliche al Santo Padre pel Breve di concessione. Avendoloricevuto il giorno 8 Agosto, ne mandò copia a S. E. Reverendissima, dando avviso anche al Capitolo ed al Municipio che egli stesso sarebbe venuto fra poco pel solenne trasporto del sacro tesoro (Docum. N. VI pag. 49 - N. XI pag. 66 - N. XV pag. 79). Nuove lettere poi giunte a Pavia agli 8 di Ottobre scritte dal Vascello il 4 di quel mese presso le Baleari annunciavano che Monsignore sarebbe qui arrivato il 10, che il 12 avrebbe fatta l'estrazione della reliquia, e sarebbe partito il 13. In queste egli esprimeva il desiderio che alcuno dei nostri sigg. Canonici e del Municipio lo accompagnasse sino ad Ippona, quasi a rappresentare con un modo sensibile l'alleanza delle due Chiese (Docum. N. VII pag. 52 - N. XII pag. 69 - N. XVI pag. 84 - N. VIII pag. 84).
Però Monsignore, tardato nel viaggio da ostacoli non preveduti, arrivò a Pavia soltanto il 12 poco dopo il mezzogiorno. Appena giunto egli desiderò che fosse eseguita la sacra funzione, per la quale era ogni cosa disposta. I due Vescovi entrarono processionalmente nella Cattedrale, seguiti dal Reverendissimo Capitolo e dal Municipio, nonché dai signori Medici che dovevano riconoscere la reliquia.
A queste Persone 9 che secondo il prescritto del Breve Pontificio erano necessarie, si univa il Consigliere di Governo I. R. Delegato Provinciale, la cui presenza manifestava l'omaggio che presta la Civile Autorità alle auguste cerimonie della Religione. Molto Clero faceva seguito ai due Prelati, ed infinito era il popolo accorso. I Vescovi s'inginocchiarono innanzi all'Altare, e fecero breve segreta orazione. Indi Monsignor Dupuch si levò e presentò al Vescovo nostro il Breve Pontificio, che subito dopo fu letto al popolo ad alta voce (Docum. N. XXI pag. 100). Si presentarono allora le chiavi del sacro Deposito, ed apertolo si tolse la cassa d'argento che fu riposta sopra una mensa decorosamente preparata di fronte all'Altare. Da questa poi si estrasse l'urna di cristallo, e riconosciutine intatti i suggelli appostivi nell'ultima traslazione del 1835, furono questi tagliati ed aperta l'urna. Allora si additò l'osso del cubito del braccio destro; e S. E. Reverendissima il Vescovo di Pavia lo estrasse dall'urna, e sopra un bacile d'argento lo mostrò ai signori Medici, i quali dopo averlo esaminato lo nominarono ad alta voce. E l'urna fu subito chius, suggellata e riposta.
Ma la reliquia devotamente baciata dai due Vescovi, fu da quello d'Algeri ricevuta nelle sue mani, e con essa benedetto il popolo affollato. Intanto il Clero intonava un inno dei Santi Dottori; e gli astanti stavano in venerazione. Poi Monsignor d'Algeri recando in mano il suo tesoro involto in un ricco velo, si avviò, e seguendolo Monsignor nostro, la pia comitiva lo accompagnò fino al palazzo episcopale (Docum. N. XIX pag. 93). Monsignor Dupuch, giusta il suo primo divisamento, doveva partire da Pavia il 13; ma ciò non avvenne. Quel giorno e i due seguenti egli celebrò la S. Messa all'Altare di S. Agostino, assistito dal Clero del suo seguito, e da due Canonici di questa Cattedrale.
Lo stesso giorno 13 fu collocato appiedi dell'altare il musaico da lui diretto al nostro Venerabile Vescovo per la Cappella dell'Arca con queste parole: "Dei due Mosaici che possedeva ho scelto quello che vi mando, perchè nel mezzo vi sono intrecciati due anelli, figura dei nostri cuori, delle nostre anime, e delle dilettissime nostre Chiese" e che rammenta i giorni dell'episcopato di Agostino, poiché fu trovato nelle rovine d'Ippona, ed apparisce fattura di quei tempi.
Questo musaico di forma ettagona, del diametro di 20 once milanesi (circa un metro), è incassato in una tavola di marmo, e porta all'ingiro la seguente iscrizione: = HIPP. REG. CCCCXXVIII = ANT. ADULPH. EP. = ECC. HIPP. RENASC. = GRATI DABANT = TICINUM MDCCCXLII = ALOYS. EPISC. = CAPIT. VENER. = CIVIBUS PAPP. =
Il giorno 14 Monsignor Dupuch visitò la Certosa, questa raccolta di meraviglie, che è superiore ad ogni immaginazione.
Il 15 si recò a visitare il Reverendissimo Capitolo. Ed entrato nella Sala Capitolare, cominciò dall'esprimere la sua commozione nel trovarsi colà donde era stata datata la lettera apportatrice a lui d'una consolante notizia; protestò la sua perenne riconoscenza, promise di conservare a perpetua memoria la preziosa lettera, pregò i signori Canonici a volerlo quindi innanzi riguardare come uno di loro, ed a pregare per lui acciocché si rivedessero ancora nel cielo. A questa affettuosa allocuzione pronunciata in lingua francese, uno dei signori Canonici a nome di tutti brevemente rispose nello stesso idioma.
Poi Monsignore si recò al Palazzo Civico per rendere lo stesso ufficio di gentile riconoscenza ai Signori del Municipio, ai quali più volte ripeteva ciò che aveva scritto alcuni mesi prima, ch'egli riguarderà sempre come una seconda sua patria questa buona ed ospitale città.
Volle nello stesso giorno vedere l'antica Chiesa di S. Pietro in Cielo d'oro , ove riposarono lungamente le sacre spoglie di Agostino, gelosamente custodite. Egli ne tolse un pezzo di marmo, per farne ad Ippona la pietra sacra dell'altare nella Cappella del Santo, e tolse dal cenobio alcuni arbusti che, trapiantati sotto i soli dell'Africa, proteggeranno colle amiche ombre i nuovi discepoli del Santo Dottore. Così passarono queste giornate, troppo lente per l'impazienza del Vescovo d'Algeri di ritornare fra i suoi, troppo brevi pel dolore di doversi allontanare per sempre da questa città; e l'aurora del 16 ottobre annunciava ai cittadini una solenne giornata colla pompa del sole più dell'usato brillante, e col suono dei sacri bronzi che invitavano il popolo alla Messa Pontificale.
Il Vescovo d'Algeri che doveva celebrare il sacro rito, partiva subito dopo, senza più ritornare al Palazzo Vescovile. Quali parole, Dio buono! sarebbero atte a descrivere l'ultimo abbracciamento dei Venerabili Prelati ! la commozione profonda di Chi voleva esprimere la riconoscenza e l'amore, e non sapeva sciogliere la parola ! La serenità di spirito di Chi narrando la sua gioja per l'atto Compito, parlava del prossimo riposo della sua carne presso l'altare d'Agostino ! Di queste cose meglio è tacere affatto piuttostochè esprimerle imperfettamente. Poco prima del Pontificale si collocò sull'altar maggiore appiedi della Croce l'urna di bronzo dorato, entro la quale era riposta la teca d'argento munita di cristalli che racchiudeva la reliquia ipponese.
Alle 10 ore prima di mezzogiorno, il Capitolo ed il Clero della Cattedrale si avviarono processionalmente al Palazzo Vescovile, e fattosi loro incontro Monsignor Dupuch accompagnato dai Canonici e Sacerdoti del suo seguito, mosse con loro alla Cattedrale già piena di popolo. Nel santuario assistevano col Municipio il Consigliere di Governo I. R. Delegato Provinciale coi primi Magistrati della città ed i più distinti e ragguardevoli cittadini. Terminata la messa pontificale s'intuonò l'inno che la Chiesa consacra a celebrare le glorie dei Santi Vescovi; e poi Monsignor Dupuch benedisse il popolo colla sacra reliquia, la quale fu subito dopo consegnata a due Canonici della Chiesa d'Algeri, incaricati di recarla processionalmente fuori del tempio, precedendoli il Clero ed i Canonici di questa Cattedrale, e seguendoli Monsignor Dupuch vestito pontificalmente.
Giunto alla porta del tempio il Prelato africano si arresta , depone il Pastorale e la Mitra, si spoglia degli abiti episcopali, e rivoltosi ai Canonici che lo circondavano, accenna di voler parlare. Quest'ultima allocuzione che fu pronunciata in latino, esprimeva nuovamente la consolazione, la gratitudine ed il dolore della partenza; e fu chiusa con un addio tenerissimo, espresso colle patetiche parole di S. Paolo = Amplius non videbitis faciem meam vos omnes per quos tramivi = .
Appena si tacque Monsignor Dupuch, il Reverendissimo sig. Proposto del Capitolo, Vicario Generale di S. E. gli fece breve ed affettuosa risposta, egli pure in latino. Poscia il Vescovo abbracciò ad uno ad uno i sigg. Canonici, e dato loro il bacio di congedo, alla vista del popolo intenerito, salì nella sua carrozza, e partì per Milano, dove giunto, andò processionalmente a collocare la reliquia d'Agostino sulla tomba d'Ambrogio.
Ciò che riguarda il rimanente del viaggio della nostra reliquia, ed il trionfale ricevimento che Ella ebbe a Milano, a Novara, a Vercelli, a Torino, in Francia e nell'Africa non è cosa nostra il narrarlo, tanto più che niuno dei nostri concittadini vi fu presente.
Né fu già, che niuno fosse disposto a sopportare la fatica di questa peregrinazione; ma degni riguardi, che qui sarebbe superfluo l'esporre, distolsero uno de' signori Canonici ed altri tre Sacerdoti, che già si erano apparecchiati alla partenza. Del resto un'esatta descrizione delle feste religiose solennizzate nelle chiese africane si può leggere in una Relazione poc'anzi stampata a Bona, e che noi abbiamo riprodotta in italiana favella dopo la nostra.
Noi terminiamo a questo; ma non senza aggiungere, che la venuta del Vescovo d'Algeri a Pavia fu per tutti un avvenimento pieno di commozione e di gioja. Al nostro venerato ed amatissimo Vescovo, a questo Pastore esemplare che ha consumata nelle sante fatiche una lunga vita, fu consolata la vecchiezza nella carissima speranza, che quella Chiesa transmarina, la quale sino dalla sua prima origine ha con maravigliosa fecondità partorito tanti e sì illustri uomini, sia rallegrata ora da nuova prole. Il Reverendissimo Capitolo e l'Illustre Rappresentanza Municipale sono gloriosi d'aver diviso il loro tesoro con quel paese finora desolato, ora rinascente, e d'avere tributato gli onori episcopali a Colui che a quella terra deserta, solitaria, ed assetata deve gridare di rendere i suoi morti, e profetare alle aride ossa di sorgere e di rivivere.
Tutti i cittadini hanno preso parte ai pii sentimenti dei Ministri del Santuario, ed hanno compreso l'importanza del dono fatto in loro nome dal Municipio a quel popolo, da cui ora per volere di Dio misericordioso sembra che si tolga il segno di maledizione e di servitù, e sia per godere la libertà e le consolazioni dei seguaci di Cristo.
Così la nostra Chiesa è per sempre unita col più stretto nodo a quella dell'Africa. D'ora innanzi noi non udremo parlare di quei paesi, delle vittorie che vi riporterà il Cristianesimo, delle fatiche e dei pericoli di Chi vi predica la parola di Dio, dell'armato contrasto fra la inveterata barbarie, e la trapiantata civiltà, senza sentirci tocchi nel cuore come si parlasse di cosa nostra. Ma mentre il secolo ricorderà le battaglie, e le migliaia de' morti, e i nomi dei comandanti, noi ricorderemo la sentenza del Re Profeta = Che se Iddio non custodisce la città, vegliano invano coloro che la custodiscono; e che se Iddio non edifica, nulla si edifica. =
Canonico Giovanni Bosisio Penitenziere Maggiore.
Dottore Amilcare Carlotti Segretario Municipale.