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Percorso : HOME > Scriptorium > Luigi GandiniLuigi Gandini: A DIFESA DI UNA TRADIZIONE: SANT'AGOSTINO IN BRIANZA
Montesque per altos di Licenzio
Luigi Gandini
A DIFESA DI UNA TRADIZIONE: SANT'AGOSTINO IN BRIANZA
L'intenzione di queste mie poche righe non è quella di portare argomenti a favore del «Cassiciacum» brianteo piuttosto di quello varesino. A questo riguardo, Luigi Biraghi nel suo saggio, sa argomentare con molta forza persuasiva. L 'intenzione è piuttosto quella - sempre sulla falsariga dello studio di Biraghi - di sottolineare con alcune osservazioni, il contenuto delle riflessioni agostiniane maturate nei sette mesi di ritiro passati a «Cassiciacum», in attesa del battesimo ricevuto dal Vescovo di Milano S. Ambrogio la notte tra il 24 e il 25 aprile del 387.
Non è soltanto la preoccupazione di dimostrare che il ritiro di S. Agostino dal 23 agosto 386 al 23 marzo 387 nella villa di Verecondo, avvenne a Cassago Brianza e non a Casciago nel varesotto, che anima L. Biraghi nel presente studio. L'interesse si rivolge anche a ricostruire il contenuto dei 7 mesi di ritiro passati in Brianza in attesa del Battesimo, ricevuto dalle mani del Vescovo S. Ambrogio a Milano nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 387. A Cassago, S. Agostino era accompagnato dalla mamma, Monica. dal fratello Navigio, dall'amico Alipio, dai concittadini e discepoli Trigezio e Licenzio, dai cugini Lastidiano e Rustico, dal figlio Adeodato (la donna era stata allontanata e abbandonato ogni progetto di matrimoni).
Le giornate, che iniziavano e si chiudevano con la preghiera, erano occupate nelle discussioni filosofiche, nelle cure domestiche e nell'istruzione impartita ai discepoli Trigezio e Licenzio. Nacquero in quelle giornate quattro opere: «Contro gli Accademici» - «La Felicità» - «L'Ordine» - «I Soliloqui». Di ognuna Biraghi fa la presentazione e accenna al contenuto. L'esposizione facile del nostro invoglia a una conoscenza più ampia delle opere agostiniane e suggerisce insieme alcune considerazioni. Un dipinto sulla parete di sinistra della cappella di S. Agostino nella parrocchiale di Cassago Brianza, lo raffigura solitario, seduto al tavolo del suo scrittoio, illuminato dal raggio di una luce misteriosa. Questa raffigurata solitudine non rispecchia la vera situazione storica nella quale nacquero le suddette opere. Non l'isolamento dagli uomini, ma la comunione con essi ha stimolato la ricerca e la riflessione contenute nel Contra Academicos, nel De Ordine, nel De Beata Vita Il dialogo non è solo una forma letteraria, ma anche il documento storico della genesi di queste opere. Nacquero dalla reale comunione di persone amiche e sinceramente bramose di verità. La madre Monica «femmina all'abito, maschio alla fede, vecchia alla sicurezza, madre alla carità. Cristiana alla pietà. ... a merito della quale io reputo quanto mi trovo di essere» (cfr. il n. 11 del presente saggio). Il figlio Adeodato «di ingegno portentoso e di innocenza e pietà singolari» (loc. cit. n. 12). Alipio che Agostino chiamava «Alypium fratrem cordis mei (I, c. n. 13 ).
Una comunità ricca dei valori umani fondamentali, che, quando esistono, non possono non produrre i loro frutti. La povertà culturale d'oggi si genera proprio da una comunità continuamente conclamata, ma poverissima dei valori umani fondamentali, come appunto quelli dell'amicizia, della pietà figliale, della sincerità nella ricerca della verità. È più reale e comune le tensione alla ricerca del tornaconto di quella alla ricerca del vero! E' facile perciò capire come in un clima siffatto il dialogo non è possibile, mentre riesce ad avere spazio l'opinione del più coraggioso o del più furbo, Una esperienza analoga Agostino l'aveva fatta quando ancora apparteneva alla setta manichea ed era rimasto profondamente deluso nel colloquio con il vescovo manicheo Fausto di Milevi. Il grande oracolo della verità manichea invece di risolvere tutti i suoi dubbi, l'aveva piuttosto persuaso della vanità del sapere, quando è interessato, Una seconda osservazione, che lo studio di Biraghi suggerisce, è quella riguardante il modo di vivere di Agostino con la sua comunità a Cassago. Il catecumeno si preparava al Battesimo non solo dialogando con i suoi compagni, ma soprattutto «vivendo» e vivendo con un austero tenore di vita che lo condusse a raggiungere un alto grado di perfezione, La verità germoglia dal bene così che chi ne è più ricco, più ne risplende; perciò «il santo» è «vero»! L'ascesi di Agostino, come la si può vedere tracciata in questo studio, è austera, impegnata in un severo tenore di vita e tesa al raggiungimento delle vette della contemplazione. Scrive al riguardo A. Trapé nella sua biografia: «La sua giornata si apriva e si chiudeva con la preghiera.
Metà della notte la passava nella meditazione, bagnandola spesso di lacrime. A tavola si intratteneva poco: mangiava quanto era strettamente necessario per sedare la fame, al punto da poter dire scherzosamente che l'inizio del pasto coincideva con la fine» pag. 150-151). Ma a questo punto non si può non chiedersi su quali certezze Agostino giocava così radicalmente la sua vita. Ne aveva innanzitutto? Ogni problema esistenziale infatti si risolve nella forza delle certezze possedute. E' possibile dunque possedere certezze sulle quali giocare la propria esistenza? E queste certezze sono vere o presunte? Agostino incominciò il suo ritiro a Cassago impegnandosi a rispondere proprio a queste domande. Il modo con il quale risolve questo problema nel Contro gli Accademici, può sembrare a prima vista un giuoco di parole. E' in realtà definitivo per la sapienza umana. Egli interiorizza il problema, riscattandolo così dalle altre forze esterne che lo relativizzano; gli dà poi un contenuto oggettivo a garanzia della immutabilità sulla quale costruire l'esistenza: Dio. Risponde infatti così alla ragione umana, con accoramento, nei Soliloqui (1, 14, 26): «Taci, ti prego, taci. Perchè scavi e scendi tanto a fondo? Non posso più trattenermi dal piangere, ormai non faccio più affidamento sulle mie promesse, non presumo Più (dei miei propositi).
Desisti dall'esaminarmi su tali argomenti. Se tu dici che quegli che desidero vedere sa quando diverrò sano, faccia ciò che è il suo beneplacito, si manifesti secondo il suo volere: ormai mi affido completamente alla sua benevolenza e al suo aiuto. Di lui ho creduto definitiva mente che non cessa di soccorrere coloro che hanno fiducia in lui. «Io non posso affermare qualche cosa sulla mia sanità se non dopo aver veduto quella Bellezza». Sei anni dopo, da Roma, Licenzio scolaro è ospite a Cassago scriveva al maestro in Africa «otia tentantes et candida jura bonorum duximus ltaliae medio montesque per altos».
Fissava il ricordo di quei sette mesi di «ritiro operoso nella visione degli alti monti che da Cassago si possono ben scorgere lontani, nella catena delle Alpi, ma molto più vicini, nel gruppo delle Prealpi con le due Grigne e il Resegone. Il Resegone, il cui nome geografico è Monte Serada. «Le cime ineguali» della sua corona terminale infatti signoreggiano fra tutti gli altri monti a chiudere l'orizzonte della ridente collinosa Brianza e della brumosa pianura lombarda, impedendo sì allo sguardo di andare oltre, ma obbligandolo ad innalzarsi, a «elevarsi al cielo». (A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. VIII).