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Domenico Prisco O.S.A.: Il Convertito di Milano

sant'Agostino (porta Battistero a Firenze)

sant'Agostino (porta Battistero a Firenze)

 

IL CONVERTITO DI MILANO

DRAMMA PSICOLOGICO in TRE ATTI

di Domenico Maria Prisco Agostiniano

 

 

PERSONAGGI

AGOSTINO Il Convertito, Professore di eloquenza a Milano

MONICA, madre di Agostino, sulla cinquantina di anni

ADEODATO, Figlio di Agostino, giovinetto sui 12 anni

ALIPIO, magistrato romano, amico di Agostino e di Alipio

NEBRIDIO, filosofo, amico di Agostino e di Alipio

PONTICIANO, Ufficiale cortigiano dell'Imperatore

SIMMACO, Senatore romano, Prefetto degli studi nell'Impero

PUBLIO, segretario di Simmaco

SERVIO, servo di Agostino

CUOCO di casa Agostino

ACCATTONE, ubriaco

VIGILE CELSO, paggio del console Bautone

EVODIO, ufficiale della Corte

VOCE di fanciullo

 

Come si può vedere nello svolgimento del Dramma, alcune parti possono essere fatte da uno stesso personaggio, camuffando voce e vestito, qualora mancassero i soggetti. La parte di Monica può benissimo essere svolta da un giovine che sappia imitare voce e gesti di donna matura, come è stato fatto egregiamente in vari luoghi, meritando applausi in piena scena. I costumi sono romani della seconda metà del secolo IV d.C. Non sono difficili sia a congegnarsi con vestiti di donne e drappeggi per le toghe, sia per le spade degli ufficiali che non sono difficili a farsi. Il Senatore Simmaco porta il laticlavio, di porpora rossa, avanti al petto. E' bene che Agostino abbia la sua toga magistrale e Alipio la toga da magistrato.

Lo scenario:

I° atto - Strada romana, qualche colonna, uno sfondo di tempio romano o qualche abside di basilica cristiana.

II° atto - Triclinio di casa romana. Una cassa, qualche panca, anfora, statuetta ecc.

III° atto - Giardino, alberelli, vasi, panca, albero di fico, libro ...

 

 

ATTO I°

SCENA PRIMA

 

Simmaco e Publio

(Entrano in scena, passeggiando, attraversando la strada, si fermano a discutere)

Simmaco - Finalmente ci sono riuscito! Vedremo, caro Publio, se questa volta Ambrogio me la farà!

Publio - Che cosa vuoi dire, Simmaco?

Simmaco - Non hai udito tu il discorso fatto dal nuovo Professore?

Publio - A proposito si dicono tante cose sul conto del nuovo Professore. E' di un ingegno fenomenale, ha una cultura così vasta che sbalordisce ... Un giovine elegante ... gentilissimo quanto mai, eloquente, affascinante ...

Simmaco - Senti, Publio, questo Professore serve molto bene ai miei fini. Sono venuto appositamente da Roma a Milano per presenziare al discorso e ti dico che mi va assai.

Publio - Ma che pensa il tuo divino cervello?

Simmaco - Ti dico che ho da vincere nella lotta che ho ingaggiata contro Ambrogio e il Cristianesimo.

Publio - Veramente questa superstizione io non so come abbia potuto conquistare quasi tutto l'Impero.

Simmaco - E' stata l'imbecillità umana. Ora tocca a noi uomini dabbene rimediare.

Publio - Ma Ambrogio, tu lo sai, non è un uomo che si lascia facilmente sopraffare.

Simmaco - Purtroppo è un dialettico profondo. Ha molta dottrina, però s'inganna assai. Il nuovo Professore penserà ridurlo all'impotenza. Io l'ho inviato appunto per neutralizzare l'opera di cristianizzazione di Ambrogio. Il Professore mi sembra abbastanza capace di dare l'ultimo colpo al cristianesimo e far rifiorire il nostro paganesimo.

Publio - Tu credi che riuscirà?

Simmaco - Certamente. Non hai udito il suo discorso? Egli ha elogiato l'Imperatore e l'ha posto sotto la Divinità dell'Impero.

Publio - Sì, ma in un certo punto mi è parso che egli volesse dire che non esiste divinità alcuna o che almeno è impossibile conoscerla, per cui l'uomo deve da sé pensare al suo avvenire e all'avvenire dell'Impero.

Simmaco - Tanto meglio ! Ciò contraddice in pieno la falsa opinione di Ambrogio che pretende farci adorare per Dio un uomo morto sulla croce ... Lascia fare al Professore. In pochi anni qui a Milano non si crederà più alla divinità, cristiana ...Vuoi che i giovani studenti non seguano le direttive del Professore ? Poi diventeranno uomini, entreranno nella Corte, conquisteranno i posti più elevati qua e là nell'Impero. Io farò sì che le cariche più importanti si affidino ai più increduli ...

Publio - Ma il popolo rimarrà dalla parte di Ambrogio.

Simmaco - Il popolo appartiene al più forte, al più audace. E poi (sprezzante ) si sa che il cristianesimo è religione del volgo ...

 

 

SCENA SECONDA

Celso, Publio 

 

(a Simmaco dopo inchino)

Celso - Nobile Prefetto, il console Bautone ti attende nel palazzo imperiale. Egli è rimasto soddisfatissimo del magnifico elogio pronunziato dal nuovo Professore.

Publio - Che ha detto dunque il Console ?

Celso - Ha detto che Simmaco va scovando i migliori uomini dell'Impero.

Simmaco - Sempre gentile il nostro Celso.

Publio - E' la verità ! ..

Simmaco -  Bene ! Andiamo !.

 

(Partono tutti e tre)

 

 

SCENA TERZA

Accattone ubriaco  

 

(Viene dal fondo, barcollando con mosse buffe, da vero ubriaco).

Accattone - Per Giove ! Finalmente me l'ho fatta una grossa bevuta ! Eh ! Viva l'abbondanza, crepi l'avarizia, a Plutone la miseria! .. E' che non ce ne andava più ... Ma quasi quasi tornerei indietro ... (si tasta nelle tasche) E la moneta? Che brutto guaio questo maledetto denaro ... Chiederemo la limosina e ce lo faremo ...

(Passano due studenti o due individui qualsiasi, discutono tra loro del Professore)

Accattone - Ehi! Signori, fate del bene al poverello. Se no Giove Pluvio vi atterra tutti e Vulcano vi fulmina ...

(Riceve qualcosa da un passante)

Accattone - Che Giove ti protegga ! Viva la faccia dell'abbondanza!

(Vicino a un coccio)

Accattone - Perché ti sei rotto? Vedi se mi rompo io !

(va per alzare il suo bastone, inciampa e cade; tenta rialzarsi, ma che vuol rialzarsi ... Rimane in terra)

Accattone - Quel coccione ! Viva la botte che dà il vino ! Abbasso il coccio !!! EEEh !

(col bastone in aria si diverte a girarlo in segno di pazza gioia)

 

 

SCENA QUARTA

Agostino, Alipio, Nebridio e accattone

 

Nebridio - Vedi là, Agostino, quel brutto arnese?

Alipio - Ma quegli è l'accattone che ci chiede sempre l'elemosina.

Accattone - Signori, un po' di bene al poverello (e gira la mazza sghignazzando)

Agostino - Ma è ubriaco ?!

Nebridio - Miserabile !

Agostino - Amici, non siamo noi peggiori di quell'ubriaco ? Cosa noi andiamo cercando. Noi cerchiamo la gloria, il trionfo e ci affatichiamo tanto e quanto l'abbiamo raggiunta, ci ubriachiamo come quel misero, pazzi di gioia !

Nebridio - Purtroppo è vero, Agostino mio.

Agostino - Quell'uomo, secondo lui, ha raggiunta la sua felicità nel vino, riducendosi in uno stato così pietoso, e vergognoso ...

Alipio - Ma non mi pare che quel tapino possa credersi felice.

Agostino - Domanda, Alipio carissimo

Alipio (accostandosi) - Ehi ! Buon uomo !

Accattone - Signore, fate bene al poverello ...

Alipio - Ma perché sei cotanto allegro e te ne stai buttato per terra?

Accattone - Quel coccio, quel coccione è venuto a farmi guerra. Ma viva la botte che dà vino, abbasso il coccio (cantando)

Nebridio - Ti piace il vino; eh?

Accattone - E' la mia felicità! ... Ma quel cocciaccio !

Agostino - Hai sentito, Alipio ?

Alipio - E' un miserabile !

Agostino - E trova felicità nel vino ! E guarda come si riduce.

Alipio - Ancor più miserabile !

Agostino - In quanto a me pare che pur noi siamo degli ubriachi. Questi crede di trovare felicità nel vino e se ne inebria e diventa così spregevole; noi crediamo trovar felicità nei piaceri di questo mondo, bramiamo la gloria, ci ubriachiamo senza essere mai soddisfatti. Credetemi, quei battimani che ebbi quando feci il discorso e quegli Evviva e quel trionfo mi lasciarono l'animo vuoto.

Nebridio - Possibile?? ! Eppure tu eri contento e mi sembravi pienamente felice.

Agostino - Nebridio mio, era tutta apparenza. Io sapevo che dicevo inutili anzi false lodi, chiacchiere. In fondo ho degradata la mia dignità non solo professionale, ma anche umana.

Alipio - In verità a che servono questi discorsi?

Agostino - A ubriacarci e ubriacare.

Nebridio - Pure. il tuo discorso è stato sublime.

Agostino - Significa che io e te eravamo ubriachi.

Nebridio - Io sì, tu no.

Agostino - Ma ditemi, amici, avete ascoltato, mai i discorsi che tiene Ambrogio, ai suoi fedeli ?

Alipio - Io ebbi la voglia di andarlo a sentire una volta.

Nebridio - Veramente non l'ho mai udito, ma dicono che parla benino.

Agostino - Benino? Devi dire: è insuperabile. Usa una, purezza di stile e un fraseggiare così eletto che innamora; poi ha un fascino nel porgere e una soavità nella pronunzia che vi confesso io non mi stanco mai di udirlo.

Alipio - Sicché tu sei assiduo alle prediche del Vescovo? (un po' maliziosetto) Che? forse vorresti ascriverti alla setta dei cattolici ?

Agostino - Manco per sogno! Però non nascondo che mi ha raddrizzato parecchie idee storte. In molte cose vado cambiando parere.

Nebridio - Alipio (con interesse) Veramente ? E in che cosa ?

Agostino - Vedete, quell'ubriaco mi fa capire che Ambrogio ha ragione. Il grande uomo tiene a provare che la vita nostra sulla terra non può raggiungere la felicità nel senso che le cose non andranno mai per il nostro verso.

Alipio - Ma chi si contenta gode !

Agostino - Aspetta voglio spiegarti il pensiero e come quell'ubriaco me l'ha fatto intendere ...

Alipio - Tu mi sei sempre maestro, grandissimo Agostino.

Agostino - Grazie ! Voglio dirti che sono solito fare osservazioni su cose su cui meno si pensa ...

Nebridio - E' inutile, sei sempre tu, il grande filosofo Agostino.

Agostino - Ma lasciatemi parlare. Mi vorresti ubriacare come quel poveretto?

Accattone - (Come svegliandosi da.un sonno), Ehi ! signori, pare che anche a voi piace il vino ...

(tutti ridono)

 

 

SCENA  QUINTA

Adeodato e detti

 

Agostino - (sorpreso) Oh ! chi è là? ... Parmi vedere mio figlio Adeodato !

Nebridio - Sì; è proprio lui !

Adeodato - (si getta tra le braccia del padre) Babbo, ti vado cercando da tanto tempo.

Alipio - Adeodato, chi ti ha condotto qui ?

(Agostino bacia in fronte il figlio)

Adeodato - Sono venuto con la nonna sai ? la mia cara nonna!

Agostino - (commosso) Mia madre !

Nebridio - Come? è venuta fin quì la buona Monica?

Agostino - Tu non puoi immaginare come mia madre s'interessa di farmi diventare cristiano, quasi che io nasca a nuova vita.

Adeodato - Ha ragione la nonna, tu hai torto, papà? La nonna è così buona che non può dire una bugia e se dice che per essere felici bisogna diventare buon cristiano, significa che così è.

Nebridio - Questo ragazzo mi piace, diverrà un gran filosofo.

Agostino - Non puoi credere quanto mi dà a pensare questo frugoletto.

Alipio - E' una perla di figlio !

Agostino - Ora andiamo, ho desiderio .immenso di rivedere mia madre.

Adeodato - (con premura ) Sì, sì

(si avviano)

Accattone - Ehi ! signori, per Giove pluvio, ci sono qua io ... una piccola elemosina al poverello.

Alipio - Vorresti sborniarti un altro poco?

Accattone - Un po' di vino non fa mai male. Ora mi sono fatto un bel pisolino.

Agostino - Ecco, tieni (gli dà una moneta) Sappi che te la dà il Professore Agostino per la lezione che tu gli hai dato oggi.

Accattone - Giove Pluvio ti protegga dai fulmini di Vulcano !

Nebridio - E dai fumi del vino!

Adeodato - (commiserando) poveretto.

(se ne vanno)

 

 

SCENA VI

Accattone solo

 

Accattone - (palpando la moneta) E' magnifica ! Ma che mi ha detto quel ...? Chi era quel signore? ... Boh ! lo sa lui, chi lo conosce? Quando i fumi del vino arrivano fino agli occhi non si guarda in faccia a nessuno ... E tu, coccionaccio che fai? Eh ! Eh ! volevi vincermi eh !? Aspetta, aspetta ...

(adirato fa per alzarsi, ma non ci riesce)

Cocciaccio infame ! per Giove Pluvio, ti faccio fulminare dal dio Vulcano ...

(si volge intorno)

Ma non passa più nessuno qua. Bisogna vedere altrove. La giornata me la devo buscare! ... stasera un altro fiasco di quel vino rosso rosso e poi sotto il pagliericcio; no, sotto il letto ... non sotto ... dove sotto ?... sotto ... sotto ... sotto la botte che dà il buon vino. Oh! che felicità !

(sghignazza e tenta rialzarsi)

Avanti ! forza !

(cade)

Un'altra volta ! ... E' inutile ! quando uno deve camminare sopra una ... strada che gira ! e quel cocciaccio infame pare che ti ridà addosso ! Se ti afferro !

(ritenta con sforzo, tentenna, finalmente è in piedi, soddisfatto)

Eh ! ce l'ho fatta, ho vinto io ! Tutto si può fare quando si beve un po' di vino forte. Guarda qua ! tutto gira: la terra gira, le colonne girano, le case girano .. io solo sto fermo.

(intanto barcolla e appena si regge).

Che abilità ! L'abilità del vino ! Andiamo !

 

 

SCENA VII

Vigile e Accattone

 

Accattone - Chi è quel brutto figuro ? mi pare un diavolo; gira pure lui !

Vigile - Che fai qua?

Accattone - Sto fermo e vedo che tu giri, giri, giri ...

Vigile - Vai via ! Non ti vergogni? Ubriaco fradicio !

(comincia a pigliarlo a calci e a spintoni)

Accattone - (cadendo ) Piano, coccione di un coccione ! Tu giri troppo ! Per Giove Pluvio !

Vigile - (seguita a cacciarlo) che Giove e non Giove !

 

 

ATTO SECONDO

Stanza o atrio della casa di Agostino a Milano.

Una cassa, qualche panca, delle anfore, vasi di fiori, statuette ...

 

SCENA  I

Servio solo

 

Servio - (fa delle pulizie, mette a posto, ordina, rassetta ...) Il padrone s'incomincia a stranire. Da che à venuta sua madre, il Professore non è più quello di prima. Va spesso in chiesa, sta delle ore in casa del Vescovo ... poi lo vedo spesso afflitto. Ma perché affliggersi tanto? Ora bisogna mangiare, bere e godere ... dopo morte quel che succede succede; almeno così dicono gli uomini che ci sanno fare; ed egli pure lo dice da quel grande Professore che è. E allora perché è così triste? Non gli venisse in capo di voltar bandiera? E come faccio io? ... Io quando faccio un guaio, e mi succede di farne parecchi ... io subito mi difendo: Padrone, è tutto apparente, il guaio non esiste ... L'altro ieri, per cacciare un topo che s'era ficcato sotto una scancia, bududuncole ! cade scansia, piatti, bicchieri e bicchierini ... e che successe ! Fu una rottura generale ! Corre padrone, padrona vecchia e padroncino e figuratevi ! Povero me ! Ma io subito gridai: Padrone, è niente: tutto è apparente, non esiste niente ... Il Professore non crede nemmeno al pancotto. Dice che non esiste niente, a momenti dice che nemmeno lui esiste ... Per me la cosa è buona, anche se gli do' una legnata dirò che non è vero che gliel'ho data: E' apparente, è apparente. Se però non mi paga, ah ! no, il denaro quello sì che esiste e non è apparente ...

 

 

SCENA  II 

Alipio e Servio

 

Alipio - Cosa stai dicendo, brontolone?

Servio - Niente, niente !

Alipio - Senti Servio, il Professore à tornato ?

Servio - No. So che è andato dal Vescovo per una commissione che gli ha affidata la signora madre.

Alipio - Sicché la Matrona Monica lo manda spesso del Vescovo?

Servio - Ormai il Professore si metterà a fare il Vescovo di Milano !

Alipio - Taci, brontolone, hai preparata la tavola nell'orto?

Servio - Ora andavo, signor magistrato.

Alipio - Bene ! Vai pure.

Servio fa un inchino e parte.  

 

 

SCENA III

Alipio - (si siede pensoso o passeggia) Agostino non è più lui. Questi suoi frequenti convegni col Vescovo Ambrogio cominciano a interessarmi. Io voglio un gran bene al mio antico maestro ed egli si compiace chiamarmi il Fratello del suo cuore. E' così amabile, gentile: non fa mai sentire la sua superiorità, sempre affabile, umile con tutti. A vederlo non pare quel grande Uomo che è.

Evodio - (entrando) Alipio, dov'è Agostino?

Alipio - Oh! salve! Evodio. Vai in cerca di Agostino? Servio mi ha detto che è andato dal Vescovo.

Evodio - (meravigliato) Dal Vescovo?

Alipio - Sì, per l'appunto.

Evodio - Ma cosa va a fare dal Vescovo?

Alipio - Mamma Monica, non sai? o con una scusa o con un' altra lo manda sovente dal Vescovo.

Evodio - Ma è curiosa questa madre, lo vuole cattolico a tutti i costi.

Alipio - Dice che è venuta appositamente a Milano per assistere alla conversione del figlio

Evodio - Strano !

Alipio - Strano?! Dovresti sentire il racconto del suo viaggio da Tagaste a Milano ! Tragico, commovente !

Evodio - Oh ! lo voglio sentire. Mi piace tanto conoscere l'intimo di questa donna che amo come fosse mia madre.

Alipio - Ebbene ascolta.

(si pongono a sedere)

Quando Agostino venne a Milano l'anno scorso, come sai, ne scrisse a sua madre che era rimasta in Africa nel nostro paesello di Tagaste con Navigio e Perpetua. Appena Monica seppe che il figlio era venuto qui, subito si dispose per il viaggio. Alcune amiche la distoglievano: "Dove vai? s'ha da passare il mare - il viaggio è lungo, pericoloso - per carità! " Essa invece rispondeva: "Debbo andare a Milano. Là devo convertire il figlio mio." Non ci fu verso. Volle partire.

Evodio - Che madre eroica! .

Alipio - Ma senti ancora. Navigio volle accompagnarla. Non stava bene farla partire sola. Con lei partirono anche Rustico e Lastidiano i quali poi mi raccontarono ciò che ti sto dicendo. Lungo il viaggio di mare da Cartagine a Ostia si scatenò una tempesta furiosissima. Lo spavento fu generale. Il vento spezzò l'albero maestro, le vele non ammainate a tempo furono squarciate, i remi spezzati, il timone non ubbidiva più al pilota e la nave, squassata dalle onde rabbiose, rullava spaventosamente. Il comandante si vedeva perduto ... Gli stessi marinai piangevano di rabbia e imploravano pietà ... Tutta la gente terrorizzata emetteva urli strazianti ...

Evodio - E Monica?

Alipio - Monica stava sulla coperta, in mezzo alla turba e pregava in ginocchio con le mani alzate e guardava il cielo. Quand'ecco si alza (si alza anche lui) e grida: "Figlioli, non temete !". La sua voce fu come un'eco divina ... Tutti si accalcarono presso di lei, come se fosse una dea scesa dal cielo ... "Non temete, figlioli, - ripeteva - io debbo giungere a Milano: là mi aspetta il figlio mio. State sicuri ! Fatevi coraggio ! Gesù Cristo mi ha assicurata che la tempesta finirà presto e giungeremo al porto ..." Tutti piangevano commossi ...

Evodio - -Veramente piango anch'io ! E' commovente la sicurezza di una madre di fronte a tanto pericolo. E come finì la cosa ?

Alipio - Come finì ? -

(si ripone a sedere)

Finì che si avverò quel che Monica aveva detto. Pian piano si calmò il vento, si rasserenò il tempo, il mare divenne sempre meno minaccioso. Certo è che alla meglio e alla peggio, dopo vari giorni di navigazione, tutti approdarono a Ostia, sani e salvi. E Monica sta qui ...

Evodio - Dunque sarà vero che il figlio si convertirà al cattolicesimo ?

Alipio - Che vuoi che ti dica ? Io, caro Evodio mi pento di non essere cattolico.

Evodio -Anch'io, Alipio mio, sono ufficiale dell'Imperatore, ma ne vedo e ne sento tante in Corte, che più mi vado convincendo che la gloria di questo mondo è una commedia ... è un fumo che svanisce.

Alipio - Anch'egli Agostino tentenna abbastanza verso il Cattolicesimo. Parla spesso di Ambrogio e ne è entusiasta.

 

 

SCENA IV

Servio, Evodio, Alipio

 

Servio - (dopo inchino ) V'è nell'orto Ponticiano che va in cerca del nobile Evodio.

Evodio - Vengo subito

Alipio - Vengo anch'io. Desidero salutare il bravo Ponticiano.

(Vanno)

 

 

SCENA V

Servio poi Publio

 

Servio - Finalmente se ne sono andati. Sono brava gente, ma io non mi fido di loro ... Qua si stanno impazzendo tutti; cominciando dal padrone ... E tutto il torto ce l'ha la nuova padrona. Da che è venuta lei, è venuta la rivoluzione in casa ... E ora non si sa come la cosa andrà a finire ... Intanto Publio pretende che io faccia di tutto perché il Professore non si converta al cattolicesimo. Non credo che il Professore pensi di fare questa pagliacciata. Ha del giudizio in testa. Ma quella è la madre ! ... Bisognerebbe allontanare la madre. Ohi chi viene? È proprio lui Publio.

Publio - Servio, che c'è, di nuovo?

Servio - C'è che io lavoro come un diavolo a quattro per riuscire nell'intento.

Publio - Bada ! che Simmaco, se il Professore si converte al Cattolicesimo te la fa pagare abbastanza cara !

Servio - Ma Simmaco sta a Roma, che ne sa di quel che succede qui a Milano ?

Publio - Sa tutto. Questo andare sovente dal vescovo per udire le prediche non può piacere agli intellettuali. Servio Ma che devo fare se quello s'impazzisce col vescovo? La colpa è della madre. Costei è così furba che per ogni commissione non manda me dal vescovo, ma si serve del figlio ... e il figlio va ... Che devo fare?

Publio - Impedisci

Servio - E' una parola ! Quella è così dura ! quella padrona! Fa quel che vuole del figlio. Sappi sig. Publio, che essa è stata così tremenda da far cacciare di casa la stessa amante del Professore ...

Publio - incuriosito) Possibile? Che dici?

Servio - Sì, lo volle lei, la madre. Tu non la conosci. Ha una abilità tale quella padrona che è padrona di tutti qua dentro. Comanda al figlio come vuole, e deve ubbidire.

Publio - Ed egli ha lasciato partire la sua amante?

Servio - L'ha dovuto fare ! Che con la madre non si scherza ... Piangeva, si disperava, gridava: "Madre mia, abbi pietà del mio cuore ! Lasciamela qui ..." Niente ! essa dura come un macigno ripeteva: "Se vuoi bene a tua madre, la devi lasciare."

Publio - In vita mia non ho mai sentita una cosa simile. E quella poveretta?

Servio - Uhuhuh ! quella poverina gemeva, però a dirvi la verità, era tutta rassegnata .. Chi sa la padrona che cosa le aveva contato prima e come l'aveva stregata ...

Publio - E dove è andata?

Servio - So che si è ritirata in Africa e ho inteso dire che nientemeno si sia fatta monaca.

Publio - Per Giove ! La cosa è stranissima ! Bisogna riferirla a Simmaco.

Servio - Io non mi lascio sfuggire nessuna occasione, anzi fingo con la padrona di essere più cristiano di lei stessa. Al Professore però gliele canto sul muso. Certo egli non è uomo da far pagliacciate !

Publio - Sta all'erta e riferisci tutto a me. Prendi ! (gli dà una moneta)

Servio - (cerimonioso) Grazie, nobile Publio !

Publio - (confidenziale, sotto voce) Ti dico che vi sono in aria cose oscure contro Ambrogio. L'Imperatrice Giustina è sommamente adirata contro di lui. Credo che riusciremo a farlo balzare da Milano ... Cosi toglieremo un grande ostacolo. Capisci?

Servio - Viva gli dei immortali ! Sicché ci sono cose gravi contro Ambrogio? (meravigliato e curioso)

Publio - Taci ora ! .... La cosa è segretissima. Puoi star sicuro che io sono un muto più di un pesce.

Publio - Beeh ! arrivederci ! (si avvia)

Servio - Salve ! (con inchino o saluto romano) Che Giove ti accompagni (rimasto solo). Bella e lampante è la moneta ! (se la conserva) Io non so che tornaconto hanno loro se il mio Padrone rimane scettico o no. Non vogliono che si faccia cristiano, cattolico, e che so io ! Ma che importa a loro? E quel povero Ambrogio! E' finito ! L'Imperatrice è una diavola in carne ! Guai a chi ci capita sotto ... Mamma mia ! ...  

 

 

SCENA VI

Cuoco e Servio 

 

Cuoco - (da di dentro) Servio !

Servio - Che vuoi, o culinario di Giove !?

Cuoco - (apparisce grasso, goffo, come un anfitrione, cappello bianco, tunica bianca, con qualche cucchiaia di legno in mano ...) Io non posso aprire la dispensa ! Quella chiave non funziona.

Servio - Trovatene un'altra !

Cuoco - Che? (sorpreso) Ti veggo abbastanza allegro ... !!

Servio - Statti zitto ! succedono cose grosse a Milano!

Cuoco - Già!

Servio - Lo dico proprio a te. Vai al mercato e spifferi tutto.

Cuoco - (offeso) Ohè! Che dici? Io? Proprio io! Se c'è uno che no sa parlare di certe cose sono proprio io. Devi sapere, io sono sordo e muto (mettendo la mano sulla bocca). Da qui non esce niente.

Servio - Ma è un segreto. Non te lo posso dire.

Cuoco - A me puoi confidare tutto, collega, perché stai sicuro, quello che entra di qui (indica le orecchie) qua rimane (indica la bocca).

Servio - Non dire niente, veh! Povero Ambrogio! Ora lo fanno partire da Milano.

Cuoco - (interessato) Tu che ne dici? Ma è vero?

Servio - Altre se è vero! Me l'ha detto uno che le cose le sa bene. E' un pezzo grosso! Ma mi raccomando eh! Silenzio!

Cuoco - (serio) Silenzio! Per Giunone! Ma come faccio a non dirlo a mia moglie Tranquillina?

Servio - Per Giove! Ora lo sa tutta Milano!

Agostino - (di dentro) Servio!

Cuoco (scappa).

 

 

SCENA VII

Agostino e Servio

 

Agostino - Servio! (entrando)

Servio - (andando incontro) Padrone! (distratto va addosso al padrone)

Agostino - Piano! Ma che hai ?

Servio - Padrone, sei atteso da vario tempo.

Agostino - Chi è venuto?

Servio - Alipio, Evodio e poi Publio che se n'è andato.

Agostino - Alipio dov'è?

Servio - Credo che stia giù nell'orto.

Agostino - Vai a chiamarlo

Servio - Subito! Ma, padrone, permetti che io te lo dica. A me pare che stai impazzendo.

Agostino - Che dici?

Servio - Dico che qua non si sa chi comanda ... Se tu, nobile Agostino, o la Matrona Monica, tua madre.

Agostino - Perché?

Servio - Io rispetto la matrona Monica, ma ella non deve inviare il signor professore girando per Milano e poi ... dal vescovo ...

Agostino - (risentito) Taci! Mia madre è mia madre e per essa vado in fondo al mare.

Servio - Sta bene, ma non bisogna perdere la testa. Da che è venuta essa, tu non capisci più. A me tocca sentire le lamentele... Sai che si dice per Milano ?

Agostino - Che si dice?

Servio - (malizioso) Si dice che il Professore Agostino cerca di diventare vescovo addirittura!

Agostino - Non dire menzogne. Tutta Milano sa come la pensa il Professore. Solo un pazzo come te può pensare queste scempiaggini.

Servio - Scusami, padrone, se mi prendo tanta libertà. E' per il bene che ti porto. Certo non è bene far pagliacciate che a un Professore non convengono.

Agostino - Va, va a chiamarmi Alipio.

Servio - Vado!

(s'inchina).

 

 

SCENA VIII

Agostino solo

 

Agostino - (passeggia, si siede, si alza, come meglio crede). Io non so come andrà a finire. Certo è che non ho pace: il mio cuore è turbato. Sono venuto a Milano per combattere Ambrogio, invece vedo che Ambrogio mi vince. Sempre più mi vado convincendo che la religione cattolica, la religione di mia madre, non è la regione delle anime piccole, ma delle anime grandi. Finora io ho sentito parlarne sempre male di questa religione e mi ero persuaso che fosse la religione delle donnicciuole, del volgo e disprezzavo mia madre. Ora invece, dopo le magnifiche prediche di Ambrogio, uomo colto e profondo, mi accorgo che l'insipiente sono io che non ho studiato bene la faccenda. Quell'ubriaco! Io l'ho sempre davanti ai miei occhi. Quello è il mio ritratto. Egli ubriaco di vino e io ubriaco di gloria mondana ... Come posso ammettere che niente esiste? Ma che razza di filosofi siamo noi Accademici che andiamo affermando che non esiste niente? Quel fatto della birba di Servio, giorni fa, quando mi ruppe tutto il vasellame ...? Non mi dice niente? Egli si capisce si difendeva col dire: Niente padrone, tutto è apparente. Non esiste niente ... Altro che apparente! I cocci erano lì a terra ... E se non era per mia madre, l'acconciavo io, come meritava. Intanto io accademicamente vado dicendo: Niente esiste. Tutto è apparente. Io non credo a niente e poi, ogni momento sono costretto a credere a tutto. Altrimenti, come si vive? Oh! Forse anch'io non esisto? E ora non penso? Forse non penso a niente? M'inganno forse? Ma anche se m'inganno, sono io che m'inganno. Dunque esisto? Io esisto! Io? E chi sono io? Un uomo che pensa. Ma e chi mi ha fatto? Mi sono forse fatto da me stesso? Mi ha fatto mia madre? Ma essa dice che non sapeva niente di me prima di mettermi al mondo. Chi mi ha ideato dunque ?

(rimane pensoso) 

 

 

SCENA IX

Alipio e Agostino 

Alipio - (entra festoso) Salve, Agostino! A che pensi?

Agostino - Alipio,carissimo, vieni qua, aiutami, Sai che io sono solo anche quando ci sei tu. Mi domandavo: Chi mi ha ideato? E poi creato? Certo che io esisto, perché penso e mi sbaglio anche tante volte, checché ne pensino i signori Accademici. E' anche certo che i miei genitori che mi hanno messo al mondo non sapevano niente di me prima di darmi questa luce. E allora chi mi ha creato? Prima di crearmi ha dovuto certamente idearmi.

Alipio - La domanda è da profondo filosofo. Un Essere ha dovuto ideare e poi creare cielo e terra e noi che ci moviamo, pensiamo e siamo.

Agostino - Ambrogio parla sempre di un solo Dio, Primo e Sommo Essere il Quale ha creato il mondo. Egli dice che noi siamo creature di Dio.

Alipio - Ma come spiega questo strano contrasto che è in noi? Tu sai che Orazio poeticamente lo descrive con quei magistrali versi: "veggo il bene, l'approvo, ma seguo il peggio."

Agostino - Hai ragione! E' cosa strana che si verifica in tutti noi: Vogliamo il bene e facciamo il male. Secondo i manichei, noi avremmo due anime: una buona e una cattiva, provenienti da due Dei, uno buono e l'altro cattivo. Ma questa è ormai per me la più insipiente trovata dei filosofi. Io sono uno e non due. Se mangio, o bevo, o parlo, o penso, sono io che mangio, bevo, parlo, penso ...

Alipio - Certo, ognuno di noi è responsabile di ciò che dice e fa. Io, come magistrato su queste cose non transigo. Intanto perché uno vuole fare il bene e non lo fa? E perché esiste il male?

Agostino - Secondo me il bene solo esiste, perché ciò che esiste è cosa buona. Ciò che non esiste è semplicemente niente. Siccome il male non è cosa buona, dunque il male non esiste. Esso è semplicemente un bel niente.

Alipio - Ma che stai dicendo, Agostino? Se uno ti dà uno schiaffo, non senti male? Dunque il male c'è, esiste.

Agostino - Piano! E qual è questo male?

Alipio - Il male è che tu senti dolore.

Agostino - Ma il dolore che io sento non proviene dal male, come fosse un essere che mi percuote. Esso proviene da perché io ho un corpo il quale contuso da un altro corpo si risente e io avverto questo risentimento e mi addoloro. Prova tu a dare uno schiaffo a un cadavere. Avverte qualche dolore il morto?

Alipio - No certamente.

Agostino - Ma se lo schiaffo è male, è un male per i vivi e per i morti. Tu dici che il morto non sente il male, allora lo schiaffo che mi dai non è un male.

Alipio - Ma è curiosa questa!

Agostino - E' curiosa, ma è così. Il male non esiste. Il male in fondo è una privazione del bene. Fai conto che tu hai cento perle preziosissime. Ecco, viene un ladro e te le ruba. Tu dici che ti ha fatto male. Ma dimmi, ti ha dato forse qualche cosa in più di quello che avevi? Niente affatto! Ti ha tolto invece quello che avevi, cioè le perle. Quindi ti ha privato di un bene. Così se tu mi dai una percossa in testa, mi dai forse qualche cosa?

Alipio - Come! Ti do una legnata ...

Agostino - Ma tu mi togli e non mi dai. Mi togli la salute; mi ammacchi la testa, mi fai uscire il sangue e magari le lacrime dagli occhi. Vedi dunque che io non acquisto, io perdo ...

Alipio - Eppure, Agostino, sei convincente. Il male è una privazione di un bene. Perciò esso non esiste c ome un essere in concreto.

 

 

SCENA X

Servio poi Evodio, Agostino, Alipio

 

Servio - (dalla porta interna) Padrone, tutto è pronto per il pranzo (se ne va)

Agostino - Adesso veniamo subito (si dispongono a seguire Servio)

Evodio -(entra frettoloso dalla porta d'ingresso) Agostino, salute!

Agostino - Evodio, cos'è? Così di fretta?

Evodio - Ti reco una notizia che darà molto dolore a tua madre.

Agostino e Alipio - Cos'è? Di che si tratta?

Evodio - Proprio ora ho avuto ordine di recarmi dal Vescovo per dichiararlo in arresto.

Agostino - (pieno di stupore) Il vescovo in arresto?

Alipio - (stupefatto) ma che dici?

Evodio - Sì, egli è stato dichiarato ribelle. L'Imperatrice Giustina è ad iratissima, perché avendo chiesta una chiesa per darla agli ariani, i quali, dicono che siano dei cristiani dissidenti, Egli, il vescovo, ha risposto: Non permetterò giammai che una chiesa cattolica sia profanata da eretici ariani.

Alipio - Fiera risposta!

Agostino - Ha ragione!

Evodio - Intanto bisogna arrestarlo. A me non piace compiere un così odioso ufficio. Benché io non sono cattolico, pure Ambrogio non mi pare uomo da mettere in catene. Ho voluto annunziarlo a te per tua madre. So che tua madre ne proverà immenso dolore.

Agostino - Hai fatto bene. Ma sappi che anch'io non so rassegnarmi a perdere il mio maestro e padre. Da che conosco Ambrogio, sto diventando più uomo.

Alipio - (con decisione) Ma non si può salvarlo? Il diritto romano vieta arrestare un cittadino senza un processo pubblico ... Questa è prepotenza.

 

 

SCENA XI

 Adeodato poi Monica e gli altri 

 

Adeodato - (entra dalla porta interna. Si ferma guardando il padre) Padre mio, che hai? Ti veggo tutto turbato. Ora viene la nonna a chiamarvi. Il pranzo è pronto ..

Evodio - rimarrà con noi, si chiacchiererà a tavola ...

Monica - (dalla porta da dove è venuto Adeodato) Non avete appetito voi altri oggi? (entra vedendo il figlio turbato) Agostino, che hai? Perché sei così mesto?

Agostino - Mamma è niente. Te lo dirò poi.

Monica - No, figlio mio, dimmelo subito. Non posso vederti così afflitto.

Agostino - Mamma è una notizia che ti fa male. Non puoi saperla ora.

Monica - Dilla pure. Io sono rassegnata a tutto. Ho imparato a soffrire tutto per Cristo, morto in croce per me.

Agostino - Ebbene, madre, Evodio qui presente ha ricevuto un incarico troppo odioso da parte dell'imperatrice Giustina.

Monica - (con ansia) E quale incarico?

Agostino - Contro il nostro bravo Ambrogio

Monica- (con intensa commozione) Contro Ambrogio? Dì, che cos'è?

Agostino - Dovrebbe condurlo via ...

Monica - (congiungendo le palme delle mani) Come? Condur via Ambrogio? Il mio vescovo! Il padre della mia anima, l'unico conforto che ho qui sulla terra, l'unica speranza mia. Cielo che sento ...! Dio mio (pregando) è impossibile. Tu mi ascolti. No, non permettere che si possa torcere un solo capello al tuo santo Ministro.

Evodio - Sono comandato ...

Monica - (con fermezza) Sì, ma lascia che vada io prima. Difenderò io il mio Vescovo ... Sul mio cadavere dovrai passare ... (si slancia verso la porta d'uscita...)

Agostino - Madre mia!

Adeodato - Nonna! (le corre dietro)

Evodio e Alipio - (rimangono meravigliati, sorpresi)

 

 

ATTO TERZO

Orto della casa di Agostino, albero di fico, panca, vasi, libro, qualche pianta di fiori ...

 

SCENA I

Monica e Adeodato

 

Adeodato - (raccogliendo fiori) Nonna, oggi ti vedo molto allegra. Perché?

Monica - (siede e lavora) Ho un dolce presentimento, Adeodato mio.

Adeodato - (accarezzando la nonna, con i fiori in mano) Sì? E quale? Che si converte papà?

Monica - E tu hai pregato sempre come ti ho insegnato io?

Adeodato - Tu lo sai, nonna mia, con che affetto io prego. Io voglio battezzarmi insieme a mio padre ...

Monica - Ebbene, inginocchiati e fa la preghiera a Gesù.

Adeodato - (in ginocchio, con le mani giunte e tra le mani i fiori) Gesù mio, io ti amo tanto tanto, Tu lo sai.Deh! Converti il mi caro padre. Io voglio battezzarmi insieme con lui e poi ... non fa nulla che io muoia ... Io sacrifico la mia giovine vita, purchè tu mi dai la gioia di vedere mio padre tutto Tuo.

Monica - (commossa si alza a baciare il nipote) Adeodato mio! Possa questo giorno segnare il trionfo delle tue preghiere (guarda il cielo) Gesù mio, sento che Tu hai ascolte le mie suppliche. Adeodato, io vado a pregare. Ho bisogno di pregare assai oggi. Tu rimani e fai compagnia a tuo padre. (parte)

Adeodato - Nonna, raccoglierò fiori da recare a Gesù ...

 

 

SCENA II

Adeodato, Agostino e poi Alipio

 

Agostino - (scende pensoso con il libro di S. Paolo tra le mani)

Adeodato - (nel vederlo) Salve! Papà! (gli va incontro)

Agostino - (lo bacia in fronte e si pone a sedere; apre il libro per leggere, poi rimane col libro aperto sulle ginocchia e pensa, crollando il capo ...)

Alipio - (entra, gli va vicino, lo tocca sulla spalla) Salve Agostino!

Agostino - Alipio mio, se tu sapessi cosa si verifica in me! Sto pensando a tutti gli avvenimenti di questi ultimi mesi. Ricordi quando mia madre ci lasciò per correre in difesa del Vescovo Ambrogio?

Alipio - Altro che, se mi ricordo.

Agostino - Intanto chi ha vinto la dura battaglia? Un uomo inerme è riuscito a mettere a dovere una Imperatrice di quella fatta!

Alipio - Ma era da prevedersi. Ambrogio non era uomo da arrendersi a una femminetta incoronata, sia pur temibile quanto l'imperatrice Giustina. Io mi ricordo pure quando egli fieramente resistette al grande Teodosio e gli impedì di entrare in chiesa.

Agostino - Sicuro! Quel fatto impressionò tutto l'Impero.

Alipio - L'Imperatrice pensava che la vecchiaia avesse reso fiacco il fiero Ambrogio. Pare invece che gli anni diano maggior vigore a quest'uomo

Agostino - Per me io l'amo per mille motivi. Mia madre lo venera quasi fosse un semidio.

Alipio - Tua madre poi, non so dove trovò tanta energia nel difendere per sei mesi continui il vescovo. E come si centuplicava essa, sempre a spronare i deboli e a incoraggiare gli stanchi. Io l'ho ammirata grandemente. Nel foro, tra noi avvocati, abbiamo elogiato la fermezza e costanza di tua madre.

Agostino - Grazie! Anch'io sono rimasto commosso nel vedere una città intera come Milano insorgere per proteggere il proprio vescovo.

Alipio - E l'orgogliosa Imperatrice ha fatto la figura che si meritava!

Agostino - E il fatto del cieco?!

Alipio - Quale? Quello dei martiri Gervasio e Protasio? Ma è vero quel fatto?

Agostino - Verissimo! Era cieco da più anni. Si chiama Severo. Faceva il macellaio. In seguito a un incidente si ammalò e perdette la vista, rimase cieco, cieco perfetto. Un uomo conosciutissimo in città. Da che toccò la bara dei santi Martiri ci vede bene. Un vero miracolo! Dopo questo fatto io dissi se ti ricordi: "Non è possibile restare indifferenti. Bisogna rivedere le nostre cognizioni religiose e se la verità sta nella religione cattolica bisogna avere la forza e il coraggio di abbracciarla."

Adeodato - (che è stato ad ascoltare accovacciato accanto al padre, interrompendo con grazia) Papà, io mi ricordo che lo dicesti, ma quando ti decidi per davvero?

Agostino - Figlio mio, speriamo presto. Ora io sono tutto sconvolto, Alipio mio, per un colloquio che ho avuto con Simpliciano.

Alipio - E chi è Simpliciano?

Agostino - E' un degnissimo sacerdote, dotto e pio. Dicono che sia stato maestro di Ambrogio. Il fatto è che ha una dote speciale per convincere le genti quell'uomo!

Alipio - E che ti ha detto?

Agostino - Io sono stato da lui perché da vario tempo sto pensando di farmi cristiano, come anche tu, Alipio carissimo.

Adeodato - (di nuovo interrompendo) Papà lo dici sempre e non lo fai mai. Sappi che io voglio battezzarmi insieme con te a Pasqua.

Agostino - Figlio diletto, prega pel povero babbo tuo. Il cor mi dice che un giorno un altro Padre ci stringerà entrambi al suo petto santo.

Alipio - Agostino, maestro mio, io ti seguirò sempre.

Agostino - Sentite intanto come andò la visita a Simpliciano. Mia madre è stata che mi ha mandato. Questa santa donna non credo che abbia sofferto tanto nel partorirmi, quanto si sta affannando ora per farmi cristiano.

Alipio - Veramente è una donna singolare. Non si preoccupa dei tuoi onori, delle tue rinomanze. Molte volte ho inteso dalla sua bocca: "Che serve al mio Agostino essere colmo di onori, se è lontano da Dio, mia somma gioia?"

Adeodato - Padre mio, quante volte la buona nonna mi ha chiamato a sé e mi ha detto: "Adeodatuccio mio, vuoi bene per davvero al padre tuo?" E io rispondevo: Sì. Ed ella a me: Ebbene dì così: "Gesù mio, io voglio battezzarmi insieme col padre mio."

Agostino - (commosso, si asciuga le lacrime) Lascia stare figlio mio! ... Sentite quel che mi ha raccontato Simpliciano. Io sono stato da lui per chiedergli spiegazione su certi miei dubbi circa la divinità di Gesù Cristo e la costituzione del mondo e altre cose. Gli ho confessato la mia vita, le mie miserie spirituali e come, volendomi convertire, non trovo il modo di farlo per davvero. Simpliciano dopo avermi fatto parlare, per tutta risposta, mi ha raccontato la conversione di Vittorino.

Alipio - Vittorino!? Quel celebre Professore di eloquenza che è quasi paesano nostro, di Madaura?

Agostino - Per l'appunto. Il celebre Vittorino, di cui hai visto la statua nel Foro Romano. Cosa non facile a ottenere.

Alipio - Vittorino si è fatto cristiano?

Agostino - E senti come ...

Adeodato - Papà, racconta, racconta ...

Agostino - Simpliciano era amico di questo Vittorino ed è stato testimonio e potrei dire artefice della sua conversione. Vittorino che insegnava a Roma con la reputazione mondiale che tutti sanno, traduttore di Platone e Plotino, era pagano e non ne voleva sapere di cristianesimo. Simpliciano qualche pizzicotto ogni tanto non glielo risparmiava sul paganesimo, sulla futilità di questa terra, sulle ubriacature degli onori mondani ... Vittorino ci teneva a dire che in fondo egli era cristiano di fatto, perché onestissimo e non era attaccato a questo mondo, poiché lo scorgeva corrotto e corrompitore, come scrive Tacito. Ma Simpliciano a lui: "E' inutile se non ti veggo in chiesa a far l'abiura del tuo paganesimo e battezzarti, non potrò mai ritenerti per cristiano." Vittorino gli rispondeva: "E che? Sono forse le pareti della chiesa che fanno il cristiano?"

Alipio - Ha ragione.

Agostino - Ma Simpliciano più risoluto: "Pareti o non pareti, tu sei pagano, tu non sei manco battezzato ..." Sapete che successe? Passò alcun tempo e Vittorino va dall'amico Simpliciano e gli dice: "Ebbene, andiamo in chiesa, io voglio battezzarmi." Simpliciano cascò dalle nuvole: " Ma dici sul serio o scherzi?" "No, no." Rispondeva Vittorino. "No, no, dico per davvero. A che vale dirsi cristiano e poi non praticare anche esternamente il proprio cristianesimo?" Simpliciano piangeva di gioia. Vittorino si portò in chiesa e avanti a tutto il popolo pronunziò l'abiura contro il paganesimo e ripetette commosso: "Io credo in Dio Padre, in Dio Figlio, in Dio Spirito Santo."

Alipio - Possibile !?

Agostino - Poi scese, andò alla piscina e come un bambino piegò la testa bianca, quel sapiente, e si fece battezzare!

(Agostino è commosso)

Adeodato - Che bellezza! Papà, e tu quando farai lo stesso? Andiamo alla chiesa (tenta di trascinare il padre con tenerezza e grazia)

Agostino - Figlio, questo fatto di Vittorino mi ha commosso assai e pensa, Alipio, che dopo il battesimo si è scatenata una bufera addosso a lui. Era proprio il tempo di Giuliano che proibì ai cattolici di insegnare lettere e filosofia. Vittorino lasciò la cattedra pur di rimanere cristiano.

Alipio - E' ammirabile! Agostino, e noi che facciamo?

Agostino - Io sono roso dalla vergogna! Come! Vittorino ha avuto il coraggio di farsi cristiano, egli così rinomato, paesano nostro, famoso scrittore, elegante parlatore, impareggiabile professore! E io? Io mi debbo ubriacare nel vendere ciance e nel cercare onori, allontanando il mio spirito dal vero pascolo? ... Alipio mio, bisogna afferrare il coraggio con tutte e due le mani, bisogna afferrare il coraggio con tutte e due le mani, bisogna imitare Vittorino (con gagliardia).

Adeodato - E quando? Perché non andiamo subito in chiesa? Vuoi? Vado a chiamare la nonna! ...

(sta per andare)

Agostino - Aspetta (lo trattiene) vieni qua. Queste cose non vanno fatte senza ben ponderarle. Se ci dobbiamo convertire, la nostra conversione deve essere totale, integrale, altrimenti è meglio lasciar le cose come stanno. Piuttosto che essere mezzo cristiano preferisco rimanere scettico.

Adeodato - Papà, tu dici sempre così, ma quando ti deciderai a convertirti totalmente come pensi tu?

Alipio - Caro Adeodato, tu hai ragione. Tu hai l'anima gentile e delicata e la verità a te arride bella, evidente, perché sei puro. Tu ardi del battesimo, perché non avverti in te la resistenza rabbiosa della cattiva abitudine. Ma noi dobbiamo lottare contro le malvagie passioni che si sono fatte troppo baldanzose e prepotenti. Tu che sei così buono faresti bene a pregare per noi. Prega per il babbo tuo, prega per me, perché il Signore ci dia la grazia di una piena conversione.

Adeodato - Sì. Ora vado dalla nonna e le dirò che dobbiamo pregare Gesù perché ci faccia battezzare tutti e tre insieme, a te, a papà e a me.

(bacia il padre, saluta romanamente Alipio e corre)

Alipio - Che bravo ragazzo! Che perla di figlio!

Agostino - E la mia gioia nell'amarezza del mio peccato! Anche questo lo devo a mia madre.

Alipio - Ho fiducia che la preghiera di questo innocente toccherà finalmente il cuore di Dio.

 

 

SCENA III

Ponticiano, Agostino e Alipio

 

Ponticiano (scende allegro nell'orto ...)

Alipio - Oh! Ponticiano! Che c'è di nuovo?

Ponticiano - Salute, carissimi. Vengo per ossequiarvi. Mi onoro far visita al nobile professore Agostino, vanto della nostra terra natale, e a te, leggiadrissimo Alipio, decoro della magistratura imperiale.

Agostino - (celiando) Si vede che sei cortigiano dell'Imperatore!

Ponticiano - (mentre pone il mantello sulla panca, vede il libro, lo prende, lo sfoglia, meravigliato dice) Cos'è questo libro? Mi pare che siano le Lettere di S. Paolo!

Agostino - Appunto sono loro.

Ponticiano - (serio) Come?! Io so e tutta Milano sa che tu, Agostino, di cristianesimo non ne vuoi sentire. Or come è che tu leggi questo libro?

Agostino - Prima non volevo sentirne, ma ora desidero abbracciarlo e purtroppo non ci riesco.

Alipio - Anch'io voglio farmi cristiano come te, bravo Ponticiano, ma ...

Ponticiano - Possibile? Questa notizia mi dà molta gioia. Ma sapete che è grandemente dolce gustare la soavità di Cristo?

Agostino - E qui sta il difficile!

Ponticiano - Non è vero Agostino, basta un po' di buona volontà (si pongono a sedere). Se non vi dispiace, vi racconto quel che successe a S. Antonio l'Abate, morto or non sono molti anni, dopo di aver riempito il mondo della fama dei suoi miracoli.

Agostino - E chi è Antonio Abate? Non l'ho mai sentito nominare.

Alipio - Anche a me è sconosciuto.

Agostino - Raccontaci qualcosa di quest'uomo. Mi piace sentire di simili cose.

Ponticiano -Dunque, Antonio, da giovinetto entrò in chiesa. Il sacerdote, predicando, spiegava il passo evangelico: "Se vuoi essere perfetto, va, vendi tutto ciò che hai, il ricavato dallo ai poveri, poi vieni e seguimi. Parole che il divino Maestro rivolgeva a un giovine ricco, che non volle eseguirle. Antonio fu colpito da queste parole e credette che fossero rivolte a lui, giovine di nobile casato e molto ricco. Tornato a casa, volle vendere tutto il suo, distribuì il ricavato ai poveri, scappò di notte tempo e si andò a rifugiare in un deserto dell'Egitto, senza un centesimo.

Agostino - Alipio, senti?

Alipio - Per me questa o è pazzia o è grandezza di animo.

Ponticiano - Sentite ancora. Il suo esempio fu seguito da molti e molti altri, stanchi del mondo. Ben presto, sotto la direzione di Antonio, si formò un esercito di monaci, circa 10.000!

Agostino - Ma che dici? 10.000 monaci?

Alipio - (fa segni di gran stupore)

Ponticiano - Che dico? E i miracoli operati? Ciechi, zoppi, muti, sordi, lebbrosi, infermi d'ogni specie, ai quali con una parola ha donato la dolcezza della sanità? Più che tutto il grande amico di Dio era il terrore dei demoni. Gli spiriti dell'inferno al sentire il nome di Antonio fuggivano con spavento dai corpi degli ossessi.

Agostino - Ma che racconti? Mai ho udito cose di questo genere.

Alipio - Sono cose incredibili!

Ponticiano - E che direste, se vi dico che qui a Milano vi sono monaci e monache che vivono in comune, lasciando tutto per darsi al servizio della chiesa? E li dirige lo stesso vescovo Ambrogio?

Agostino - Qui? A Milano? Ne sai niente tu, Alipio?

Alipio - Non ne so nulla!

Ponticiano - Ma voi altri pensate solo alle strambalerie del mondo.

Agostino - Purtroppo, caro Alipio, dobbiamo confessare che siamo ignoranti in molte cose.

Alipio - Anche questo è vero!

Ponticiano - E che dire ancora di un fatto successo a me, proprio a me!

Agostino - Sentiamo. Quel che stai narrando m'interessa assai. Se sapeste cosa succede qui nel mio cuore!

Ponticiano - Io stavo con altri tre cortigiani dell'Imperatore a Treviri e usciamo per una passeggiatina. In un punto ci dividemmo: due da una parte e due dall'altra. E ci dovevamo trovare, dopo alcun tempo, allo stesso luogo di partenza per ritornare insieme a corte. Giunto il momento io e il mio compagno ci trovammo al luogo convenuto, ma gli altri due non c'erano. Aspettammo; non venivano. Ci demmo allora a cercarli. E che volete trovare? Finalmente, indovinate dove li rintracciamo?

Alipio - Dove?

Ponticiano - Dentro un convento, in una cella di un monaco!

Agostino - Di un monaco? E che c'erano monaci anche in quelle parti?

Ponticiano - E altro!

Alipio - Ma, e che facevano?

Ponticiano - Noi a dire; "Su via! E' tempo di ritornare a Corte!" e quelli sapete che risposero? "Andateci voi, noi rimaniamo qui." Voi rimanete qui? E a che fare? "Noi vogliamo farci monaci!"

Agostino - Monaci?! Ma non è possibile!

Ponticiano - La cosa era assurda. Io credevo che scherzassero.

Alipio - Certo! Da cortigiani diventare monaci così in un batter d'occhi!

Ponticiano - E noi a dire: "E l'Imperatore che dirà?" E loro: "Dica quel che vuole! Cosa potrà dare a noi l'Imperatore? Una felicità che può esserci rapita in ogni istante e tra mille pericoli ..." E io ripigliai: "E le vostre fidanzate?"

Agostino - Erano fidanzati?

Ponticiano - Sicuro!

Agostino - (con interesse) Ebbene?

Ponticiano - Ebbene, non ne vollero sapere. Risposero: "Ora abbiamo deciso. Abbiamo letta la vita di S. Antonio Abate e ci siamo commossi tanto che non vogliamo più saperne del mondo. Vogliamo servire il Cristo, non fa niente che soffriamo una vita intera, ma abbiamo il piacere di servire un Padrone che non si fa vincere in generosità. Le fidanzate non hanno da dispiacersi. Facciano come meglio credono. E voi, se volete imitarci, bene, se no, lasciateci in pace."

Agostino - (commosso, a stento trattiene le lacrime)

Alipio - (è muto ... pensoso)

Ponticiano - (si accorge che il racconto ha impressionato assai gli amici e non vuole aggiungere altro). Noi li lasciammo, pregandoli che si ricordassero di noi nelle loro orazioni. Essi rimasero e noi ce ne andammo. Beh! Mi si è fatto tardi. Devo tornare a Corte. Ci rivedremo a presto.

Agostino - Carissimo, io non so come ringraziarti.

Alipio - La tua visita mi è stata sommamente cara.

Ponticiano - Ci rivedremo fra giorni!

Agostino - Auguriamocelo! (lo accompagna) 

 

 

SCENA IV

Agostino e Alipio

 

Agostino - (di scatto, appena partito Ponticiano) Hai sentito, Alipio. Cos'è questo? Sorgono ignoranti e rapiscono il cielo e noi con tutta la nostra scienza ci ravvoltoliamo nel fango ?!

Alipio - Purtroppo è vergognoso!

Agostino - Sì, ma io voglio farla finita una buona volta.

Alipio - Io pure, Agostino mio!

Agostino - Non c'è da perdere tempo!

(afferra il libro di S. Paolo, passeggia lentamente su e giù per la scena, fermandosi a strappi e riprendendo il passo, parla tra se e se, forte. Anche Alipio lo segue con attenzione; si fermano, si poggia a qualche punto e lo guarda meravigliato)

Agostino - Questa è una vita vergognosa la mia, miserabile che sono! Ov'è la gioia che mi danno gli onori della scuola, i piaceri della carne, le crapule del mondo? Ma quando la finisco? Dico sempre: domani, domani. E perché non adesso? Si sono convertiti gli altri! L'hanno potuto tanti e tanti e non lo posso anch'io? Vittorino non era un celebre professore? E non si è convertito? Antonio non mi ha lasciato mondo e tutto? E quei cortigiani? E tutti questi monaci e monache, uomini e donne che lasciano ogni cosa per darsi al servizio di Cristo?... Lo possono gli altri e non lo posso io? Niente affatto! Anch'io voglio convertirmi ... Lo voglio con tutte le forze del mio essere ... Lo voglio senza discussione ... (si getta su di una panca a sedere. Alipio da un canto della scena, in piedi, segue l'amico) Sì, lo voglio assolutamente ... Ahi! Corpo vigliacco! (si dà pugni alle tempie, si tira i capelli, si picchia il petto) devi essere così attaccato al peccato? Come!? Gli altri sanno crocifiggere il proprio corpo ed io lo debbo accarezzare? (si dà schiaffi in faccia) Ah! Dio mio, aiutami Tu, sciogli Tu le catene del mio peccato. Vedi la mia miseria, le passioni che mi trascinano al male. Io non ho la forza di districarmi da questi legami e convertirmi a Te. Spezza tu le catene dei miei peccati.

(piange forte, singhiozzando si alza, lascia il libro presso Alipio che rimane accanto la panca e corre verso l'albero e si getta a terra a sedere, poggiando il tergo al tronco. Nell'avvicinarsi esclama:)

Agostino - Oh! Che desolazione!

Alipio - (sempre meravigliato, anche lui volge di quando in quando gli occhi al cielo, si picchia il petto, prega, piange. Mentre l'amico si allontana, dice:) Questa è una cosa tremenda ... Dio mio, Dio mio, aiutaci Tu!

Agostino - Oh! Che stato abominevole è il mio! Sento tutto l'obbrobrio del mio peccato. Dio mio, sono stato lontano da Te e cosa ci ho guadagnato? Quanto sono orribili quei piaceri che pur tanto mi dilettavano! (come in estasi) Oh! Santa castità, parmi vederti, dolcissima Matrona, corteggiata da leggiadrissime fanciulle, candide, dall'aspetto virgineo, bellissimo ... e io? Non ti ho conosciuta ... e io? Ti ho disprezzata, ti ho calpestata per correre dietro, dove? ... dietro questa carne f etida ... Me misero! Fino a quando rimarrò legato a questo fango? Fino a quando seguiterò quale immondo animale a ravvoltolarmi in così putrido immondezzaio? O Dio, abbi pietà di me! Per il Tuo Cristo te lo chiedo (più forte, agitando le mani verso il cielo) Dio mio, ascoltami ... convertimi ... (piange col volto tra le mani, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia)

Fanciullo - (una voce di fanciullo dietro le quinte canterella, sillabando) Tol ... le, le ... ge! Tol ... le, le .. ge! (Tolle, lege, significano: prendi, leggi)

Agostino - (al primo sentir la voce si scuote, alza la testa, si pone a sentire, rimane estasiato .. si ripiglia) Che cos'è? Parmi aver sentito una voce di fanciullo: Tol-le, le-ge. Tolle significa Prendi! Che debbo prendere? ... Ma che non sia qualche fanciullo che si diverte di me? ... (si guarda intorno, verso il muro ...) Non v'è alcuno. E poi i fanciulli in nessun gioco usano simile gergo. Dunque? Ma come era dolce e soave quella voce! Che non sia un avviso del cielo? Così credette Antonio nel sentire la voce del sacerdote. Voglio ubbidire: Tolle, lege vuol dire: Prendi il libro e leggi. Prendiamo il libro di S. Paolo e leggiamo. (si alza e va verso Alipio) Per favore, Alipio, dammi cotesto libro?

Alipio - (che nel frattempo si è seduto sulla panca, a gemere per conto suo e implorare l'aiuto del Signore) Agostino, che hai?

Agostino - Aspetta, voglio leggere (Prende il libro datogli da Alipio, apre a caso, e legge sotto voce quel che gli capita, distintamente, da farsi capire) "Non vivete nelle crapule, nei festini, nei banchetti, nelle invidie, nelle gelosie, dispetti, nelle liti, discordie e vendette, ma rivestitevi di Gesù Cristo; non date ascolto alle concupiscenze della carne." (chiude il libro, soddisfatto, mettendo il dito, come segno) Alipio mio, che gioia mi ha inondato il cuore! Sono cattolico, sì, mi sento cattolico, tutto di Cristo Gesù.

Alipio - (piangendo) Agostino che dici?

Agostino - Ho udito una voce che mi diceva dolcemente: Tolle, lege. Ecco ho preso il libro e ho letto e ho capito tutto: bisogna essere di Cristo, rivestirsi di cristo per essere veri uomini ...

Alipi o- Fa' che legga io pure.

Agostino - (porge il libro e indica il passo) Ecco, leggi.

Alipio - (Legge, martellando le sillabe) "Non vivete nelle crapule, nei festini, nei banchetti, nelle invidie, nelle gelosie, dispetti, nelle liti, discordie e vendette, ma rivestitevi di Gesù Cristo; non date ascolto alle concupiscenze della carne."

Agostino - Fin qui, basta.

Alipio - No, lascia che io seguiti: "E ricevete il debole nella fede." Agostino, io sono il debole nella fede, tu mi devi ricevere come tuo compagno ...

Agostino - Sì, caro il mio Alipio, diamoci tutti e due a Cristo. Tu abbandoni il Foro e io abbandono la Scuola. D'oggi in poi penseremo solo a servire il Cristo Gesù. Oh! Come è bello per me questo Nome dolcissimo.

Alipio- Agostino, io sarò tuo compagno fedele.

Agostino - Alipio andiamo da mia madre.

Alipio - Sì. Ha ragione Monica di gioire con noi

(si avviano)

 

 

ULTIMA SCENA

Monica, Adeodato, Agostino, Alipio

 

Monica - (entra festosa con Adeodato) So tutto, figlio mio, so tutto! Ah! Gesù, ti ringrazio.

Agostino - (si getta tra le braccia della madre) Madre mia, sono di Gesù!

Adeodato - (si inginocchia, guarda il cielo e prega)

Alipio - (in piedi si asciuga le lacrime)

 

(si può fare un quadro plastico)

 

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