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giancarlo ceriotti: ATTUALITÀ DEL PENSIERO AGOSTINIANO NELLA CHIESA DI OGNI TEMPO

 Agostino consegna la sua regola ai monaci: miniatura medioevale

Agostino consegna la regola ai monaci

 

 

 

ATTUALITÀ DEL PENSIERO AGOSTINIANO NELLA CHIESA DI OGNI TEMPO

di p. Giancarlo Ceriotti O.S.A.

 

 

 

Premessa

Il titolo alquanto pretenzioso della relazione ha bisogno di spiegazione. Sebbene secoli ci separino, o forse meglio, come dice il Marrou, ci uniscano a lui (1), la presenza spirituale e l'influsso personale di Agostino nel campo della cultura e della civiltà si avvertono tuttora. Studiosi di ogni nazionalità, "pagani e cristiani, filosofi e teologi, senza distinzione di indirizzo e di confessione", si rivolgono a lui e continuano "a occuparsi dei suoi scritti e a misurarsi con la sua volontà e la sua personalità" (2) : l'immensa e straordinaria bibliografia, che lo riguarda, non tende affatto a diminuire ma anzi si accresce a dismisura rendendo difficile, se non addirittura impossibile, l'adeguato aggiornamento dei titoli. A detta dei competenti non passa giorno senza che nel mondo vengano pubblicati libri o articoli su di lui o vengano tradotte sue opere.

 

Senso dell'attualità

A pochi anni dalla morte, avvenuta ad Ippona il 28 agosto 430, Possidio ravvisa la perenne freschezza e attualità dell'opera, collegandola alla formazione del clero, all'istituzione monastica maschile e femminile, alla produzione letteraria, alla salvaguardia della cultura attraverso la preoccupazione costante e la cura assidua della biblioteca, "contenente libri e discorsi suoi e di altri santi, da cui si conosce quale sia stato per grazia di Dio il suo merito e la sua grandezza nella Chiesa e nei quali i fedeli sempre lo ritrovano vivo " (Vita 31, 8). Il giudizio del primo agiografo trova conferma nei contemporanei che vedono in lui un punto costante di riferimento culturale e di coesione spirituale: senza di lui molta parte di noi, della nostra civiltà e della nostra fede sarebbero indecifrabili e incomprensibili. J. Guitton unendo il vescovo d'Ippona all'Apostolo delle genti, afferma: "Se l'età dei Padri non avesse avuto Agostino e l'età delle origini non avesse avuto Paolo, il corso della storia occidentale sarebbe stato completamente diverso." (3)

Uno studioso protestante di letteratura cristiana antica, Hans von Campenhausen, scrive che Agostino è "l'unico Padre della Chiesa che sia rimasto sino ad oggi una potenza nel campo spirituale" e, a buon diritto, merita la qualifica di genio: è "l'unico Padre della Chiesa che possa senza timore aspirare a questo pretenzioso titolo della moderna valutazione della personalità." (4)

Parafrasando l'affermazione di Benedetto Croce - non possiamo non dirci cristiani - anche noi possiamo in un certo senso dirci agostiniani, tanto siamo pervasi dalla presenza di Agostino, della sua gloria, della sua influenza, per non parlare dei dibattiti originati dall'interpretazione delle sfumature delicate del suo pensiero. (5)

Molti si riallacciano a lui: alcuni per criticare qualche posizione, altri per confrontarsi con lui ma tutti ne subiscono il fascino e si appassionano alle sue prospettive: "Più o meno modificato e distorto, egli continua al tempo stesso a influire anche mediatamente, quale consapevole o inconsapevole tradizione, sulle chiese occidentali e attraverso di esse sulla coscienza culturale in generale." (6)

Ogni epoca, secondo interessi, gusti e mentalità del tempo, ci ha trasmesso una propria immagine di Agostino: egli continua a permeare e influenzare la nostra cultura grazie alle illuminanti intuizioni, alle tensioni ricorrenti, al perenne dinamismo. Autore con-tinuamente riproposto, è problema a se stesso, come rileva più volte nelle Confessioni (IV, 4, 9; X, 2, 2; 16, 25 ; 33, 50) e si fa problema anche a noi: ci pone continui interrogativi e ci impedisce di assopirci e di rimanere tranquilli, inerti, superficiali.

Julien Green, citato da Gianfranco Ravasi in un Mattutino di Avvenire (3.IV.1992) scrive: "Agostino non delude mai. E' così forte la sua potenza che sembra preservarlo dalla sventura di invecchiare. E' poco dire che sembra aver scritto per noi, egli è sempre in anticipo sui tempi in cui lo si legge."

Non bisogna tuttavia dimenticare - cosa di cui oggi siamo maggiormente consapevoli e obiettivi - che Agostino, per quanto grande e geniale, è e rimane uomo del suo secolo, con relativi pregi e difetti, vissuto in un'età di profondi, rapidi e sconvolgenti cambiamenti che ebbero chiare ed evidenti ripercussioni nella vicenda personale e si tradussero in forti esperienze di vita a motivo dell'intensità della partecipazione e del coinvolgimento e della vigile attenzione ai segni dei tempi.

In tempi di smarrimento, di crisi sociale e morale, politica e religiosa, di trapasso culturale, abbastanza simili ai nostri in cui speranze e illusioni cedono spesso il passo a delusioni angosciose e disperate, perché il peggio sembra sempre possibile e in agguato, Agostino si rivela uomo di solida e serena speranza, virtù dei tempi difficili.

Sul letto di morte, avverte Possidio, si preoccupa stranamente di conservare e salvaguardare gli strumenti del lavoro intellettuale (Vita 31, 6), rivelando il gusto della ricerca e l'amore della sapienza, intesi come efficaci mezzi di sostegno per la costituzione del nuovo edificio che intravvede all'orizzonte. Negli accadimenti umani, anche più sconcertanti, egli vede all'opera il supremo e provvido legislatore che tutto regge e governa e da "divino architetto costruisce, mediante impalcature provvisorie (per machinas transituras), la casa che rimane" (Serm. 362, 7).

Il cardinale Michele Pellegrino, interpellato da un giornalista nell'ultima conferenza stampa del Concilio Vaticano II (2.XII.1965), sull'attualità di S. Agostino, ha ripreso l'argomento partendo dal libro X delle Confessioni, dove l'Autore, dopo aver trattato del burrascoso passato sino al battesimo e alla morte di Monica, confessa chi è al presente, invitando lettori e ascoltatori a migliorare se stessi (X, 3, 3).

Agostino intende l'attualità dei propri scritti, o almeno delle Confessioni, nella scossa benefica che emanano a favorire il progresso spirituale di quanti vogliono rivivere, con lui, l'esperienza di grazia e di conversione.

"I tredici libri delle mie Confessioni lodano Dio giusto e buono per i miei mali e i miei beni e sollevano verso di lui l'intelligenza e il cuore degli uomini. Questo operarono in me quando li scrivevo e operano tuttora quando li leggo." (Retractationes 11, 6)

Se mantengono la capacità di suscitare intima gioia e profonda partecipazione, allora i suoi libri, ci dice Agostino, sono attuali. (7)

 

Nella Chiesa di ogni tempo

La seconda parte costituisce una rapida rivisitazione della lettera Augustinum Hipponensem (AH) di Giovanni Paolo II nel XVI centenario della conversione di S. Agostino (1986) pubblicata da Città Nuova col commento di padre Agostino Trapè. (8)

L'importanza della lettera "non nasce solo dall'alta autorità che l'ha promulgata, la quale, rivolgendosi a tutta la Chiesa, ha ridetto in nome della Chiesa, l'ammirazione e la stima verso questo grande Padre dell'antichità cristiana." (9)

Il documento, come la precedente enciclica Ad salutem humani generis di Pio XI nel XV centenario della morte (1930), interamente dedicato al grande convertito, fornisce molti spunti - basta scorrere i titoli dei capitoli e dei paragrafi - per focalizzare la dottrina agostiniana e avvertire l'attualità dei temi e problemi che hanno scandito il cammino della Chiesa. Le due lettere, con citazioni di Pontefici romani e Concili, mostrano e rinnovano la stima della Chiesa per il più grande dei suoi Padri. (10)

Nel commento padre Agostino Trapè, richiamando la perenne attualità del Dottore africano, esprime un parere altamente significativo: "La Chiesa cattolica lo riconosce per suo; non solo: trova nelle sue intuizioni e nelle sue tesi un'espressione spesso brillante della sua dottrina, e se ne serve. Tanto più che il vescovo d'Ippona fu molto attento nel cercare il pensiero della Chiesa nella Scrittura, nella Tradizione e nella Liturgia. Perciò la Chiesa, nei momenti più solenni della sua storia, che sono i Concili, si è rivolta spesso al suo pensiero ... perché ha trovato in quel pensiero, profondamente intuito e lucidamente espresso, l'insegnamento cattolico di sempre." (11)

A questo insegnamento, che non segue le mode e il mutare dei tempi, Agostino è giunto gradualmente, stimolato dalla conversione, dalla scoperta della realtà ecclesiale - il senso dell'appartenenza e il sentire cum Ecclesia fu una costante della sua vita - e, soprattutto, dall'ordinazione sacerdotale, che dà un nuovo indirizzo alla sua vita e missione: profondamente inserito nella Chiesa si mette pienamente al suo servizio, "col cuore, la voce e gli scritti " (Confess. IX, 13, 37). Il filosofo che disputa cede il passo al predicatore che annuncia (12), passando dall'interiorità platonica dei primi scritti all'amore cristiano che si dona e serve umilmente, dall'ascesa verso l'alto all'imitazione di Cristo che si abbassa e umilia al livello dei più piccoli (Confess. IX, 1, 1; X, 43, 70), discende dal cielo e si incarna. (13)

Il mistero della condiscendenza del Verbo incarnato non cambia solo l'atteggiamento spirituale di Agostino, che vuole arrivare a Dio mediante l'attività razionale (14), ma influenza anche la pietà personale e il linguaggio del pastore che al termine astratto di verità sostituisce la persona concreta di Cristo (15). Non bisogna dimenticare, per non svisare o falsare la riflessione agostiniana, che egli è e rimane sempre un pastore della

Chiesa cattolica e tutto filtra e discute attraverso il ministero a favore dei fedeli, che costituiscono la ragione della sua vita e operosità: "noi viviamo per voi " (In Jo. ev. tract. 18, 12; Serm. 17, 2, 7; 102, 1; 232, 8; 296, 5; 313/E, 7).

Squisitamente Agostino Clerici, in una recente pubblicazione, scrive che "non è la filosofia la chiave di lettura di Agostino ma l'opera episcopale" (16): a lui non interessano i problemi filosofici ma i misteri della fede cristiana che spiega diffusamente e lucidamente, divenendo maestro, catechista e dottore dei fedeli.

 

Pensiero teologico

La stessa teologia, informata e plasmata dall'attività pastorale, sgorga dal profondo sentimento religioso che ha assimilato il comandamento nuovo e scopre nell'amore e nel servizio del Cristo totale, espressione a lui abituale per designare il Capo e il corpo che è la Chiesa, la ragione di vita e la fonte della gioia. Il suo contributo è eccezionale. Agostino Trapè scrive che egli "divenne, quasi senza volerlo, il più universale dottore della Chiesa. Non c'è, si può dire, tema dogmatico su cui non abbia proiettato la sua luce, determinando un grande progresso d'intelligibilità." (17)

Di certo egli non ha affrontato tutti i temi, tanto meno quelli più vicini alla cultura e sensibilità contemporanea, ma dove è intervenuto, con lucidità e acume, ha portato luce e chiarezza tali da suscitare ammirazione e rispetto. Senza pretendere di esaurire tutto, basti richiamare la dottrina cristologica ed ecclesiologica, che egli unisce nel binomio Cristo e Chiesa, illustrato anche dal Papa (AH, 19-23); la riflessione trinitaria; l'antropologia coi temi straordinari e complessi della libertà e della grazia (AH, 24-27), del peccato, della redenzione e della salvezza; il rapporto fede e ragione (AH, 14-15), che ha influenzato la speculazione medioevale e posteriore, coinvolgendo teologia e filosofia.

Tralasciando la riflessione filosofica, che spesso anche oggi si volge ad Agostino, ritenuto dal Pontefice "un costruttore geniale della filosofia che per l'armonia con la fede si può ben chiamare cristiana" (AH, 3), soffermiamo la nostra attenzione sul convertito, che, "divenuto vescovo, fu un modello fulgido di pastore, un difensore intrepido della fede ortodossa o, com'egli diceva, della verginità della fede ... un promotore indefesso della perfezione spirituale e religiosa" (ibi). Sono questi titoli di merito che rendono vivo e attuale nel campo ecclesiale ciò che egli ha realizzato da vescovo, da teologo, da maestro di vita interiore e da guida spirituale a favore dei credenti.

Considerare globalmente le varie attività, senza separarle o privilegiarne una a scapito di altre, depauperando la ricchezza della riflessione e mal interpretando l'apostolato, significa cogliere il senso della totalità che caratterizza la personalità poliedrica e la molteplice operosità di Agostino: "in lui - afferma Michele Pellegrino - la filosofia è inseparabile dalla teologia e da tutta la visione religiosa della realtà. " (18)

La spiritualità agostiniana, oggi abbondantemente riproposta e studiata nei grandi temi della preghiera, della carità e dell'umiltà, dell'azione e contemplazione (19), traduce in esperienza di vita i contenuti filosofici e teologici.

Agostino intende la teologia come un servizio alla verità, approfondimento e chiarificazione della fede, orientamento della vita. Egli ha difeso strenuamente la "verginità" della fede (Serm. 93, 4; 213,7) contro eretici e avversari: furono molti, manichei, donatisti, pelagiani, ariani, pagani. Li affrontò non a livello personale ma in nome della Chiesa, per affermare la verità della fede cattolica e l'unità della Chiesa, trattandoli sempre rispettosamente e serenamente, riconoscendo gli aspetti positivi dell'errore, inteso come mezzo di approfondimento delle questioni dibattute e come occasione di maggiore comprensione della verità. Distinguere l'errore dall'errante (20) e affermare che l'errore e l'eresia, nelle mani della Provvidenza, sono utili alla verità (De vera religione 6, 10-11; 8, 15; 25, 47), è un'indicazione di metodo e uno stile di vita, di cui gli siamo lungamente debitori. Quanto scrive da laico nel De vera religione (390), lo ripete da pastore nelle omelie (En. in ps. 7, 15; Serm. 51, 7, 10) e in altre occasioni (Conf. VII, 18, 24-25; Ep. 137, 4, 16; De fide rerum quae non videntur 7, 10), in opere polemiche (Contra Faustum XII, 24), nel De civitate Dei: "Infatti molte verità attinenti alla fede cattolica vengono messe in discussione dagli eretici ma, per difenderle contro di loro, sono esaminate con maggior attenzione, sono interpretate con maggior evidenza ed esposte con maggior premura. Così una controversia suscitata dall'avversario diviene stimolo all'apprendimento" (XVI, 2, 1; cfr. anche XVIII, 51, 1-2).

Grazie agli eretici il vescovo africano, la cui notevole "predicazione tempera gli eccessi della sua polemica. Bisogna continuamente correggere il polemista - scrive A. Hamman - con il pastore per conoscere il vero Agostino" (21), ha illustrato la verità e i contenuti della fede, contribuendo al progresso teologico con precise puntualizzazioni e intelligenti spiegazioni che faranno testo nella riflessione successiva e nell'elaborazione ulteriore dell'insegnamento della Chiesa.

Anche oggi, com'è sempre stato nel corso dei secoli, il richiamo ad Agostino è costante, sia tra i credenti che tra gli erranti. Le sue concezioni sulla Chiesa, mistero di comunione e corpo di Cristo animato dallo Spirito Santo, nutrito dall'Eucarestia e compaginato dalla fede e carità (22), e sulla cultura hanno fornito abbondante materiale al Concilio Vaticano II che, nei documenti più significativi - Lumen gentium, Gaudium et Spes - lo riconosce come uno dei grandi ispiratori. (23)

Il riferimento ad Agostino, che il Papa definisce "padre comune dell'Europa cristiana" (AH, 13), è richiamo ad uno stile di vita e di pensiero, a una sintesi critica e ragionata della saggezza dei Padri e dell'antichità, che egli ci ha conservato e rilanciato in rinnovate correnti di pensiero. Più che un sistema chiuso e fossilizzato egli offre un modello di indagine, un servizio alla verità che attrae e trascina e prima o poi, si impone perché alla fine è sempre vincente (24), un atteggiamento ecumenico che aspira all'unità e ricerca l'accordo che si diffonde e irradia sempre più (25), una prospettiva di lavoro aperto, illuminato e progressivo. Del metodo teologico agostiniano basta richiamare i quattro principi espressi da Agostino Trapè:

 

1. Piena adesione all'autorità della fede;

2. Ardente desiderio di penetrare l'intelligenza della fede;

3. Profondo senso del mistero;

4. Ferma convinzione dell'originalità della dottrina cristiana. (26)

Principi tuttora validi, che garantiscono la sicurezza del cammino.

 

Conclusione

Il messaggio agostiniano supera grandemente l'ambiente africano in cui è vissuto: si dirige al credente e all'uomo di ogni tempo, che non vive ripiegato su se stesso ma si apre criticamente al mondo che lo circonda e si interroga sinceramente. All'uomo che cerca, e non si appaga facilmente, Agostino offre l'anelito e il richiamo dell'infinito, per aprirlo al divino e renderlo più antico e vero: "Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" (Conf. I, 1, 1). Egli desidera condividere l'esperienza cristiana, proclamando la gioia dell'incontro con Cristo, che dà senso alla vita e rinnova l'esistenza dell'uomo; egli vuole soltanto illuminare e soddisfare le ragioni del cuore, dove l'uomo è veramente se stesso.

Uomo in cammino segna una strada e addita una meta e, mentre avanza, medita e corregge se stesso per progredire spiritualmente, come confessa al termine della vita: "Infatti ora vengo componendo dei libri nei quali ho intrapreso a trattare di nuovo le mie opere proprio per dimostrare che io non sono stato coerente con me stesso; al contrario, penso, con la misericordia di Dio ho composto i miei scritti sempre progredendo, perché non ho certo cominciato dalla perfezione. Anche alla mia età parlerei fondandomi più sulla presunzione che sulla verità, se dicessi di essere ormai arrivato alla perfezione e di non commettere più nessun errore in ciò che scrivo" (De dono perseverantiae 21, 55).

Grazie alle doti di mente e di cuore, sorrette da sincera umiltà e intensa preghiera, ha indagato questioni difficili e complesse, senza deviare dal cammino della fede e della verità, come indica egli stesso nella invocazione conclusiva del De Trinitate: "Dirigendo la mia attenzione verso questa regola di fede, per quanto ho potuto, per quanto tu mi hai concesso di potere, ti ho cercato e ho desiderato di vedere con l'intelligenza ciò che ho creduto, ed ho molto disputato e molto faticato. Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore. Dammi tu la forza di cercare, tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta. Davanti a te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva l'una, guarisci l'altra. Davanti a te sta la mia scienza e la mia ignoranza: dove mi hai aperto ricevimi quando entro; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Aumenta in me questi doni, fino a quando tu mi abbia riformato interamente ... Signore, unico Dio, Dio-Trinità, sappiano essere riconoscenti anche i tuoi per tutto ciò che è tuo di quanto ho scritto in questi libri. Se in essi c'è del mio, siimi indulgente tu e lo siano i tuoi. Amen." (XV, 28, 51).

Al termine della lettera, a dimostrazione dell'attualità del messaggio agostiniano, il Pontefice si rivolge a varie categorie di persone - ricercatori della verità, teologi, pensatori, scienziati, governanti, giovani (AH, 33-36) e conclude: "Ho ricordato la conversione e ho delineato un rapido panorama del pensiero di un uomo incomparabile di cui un po' tutti nella Chiesa e in Occidente ci sentiamo discepoli e figli. Esprimo di nuovo il desiderio che la sua dottrina sia studiata e largamente conosciuta e il suo zelo pastorale imitato, affinché il magistero di tanto dottore e pastore continui nella Chiesa e nel mondo a favore della cultura e della fede" (AH, 37).

Un brillante studioso dei Padri, dopo aver definito Agostino "capo incontrastato dell'episcopato africano, consigliere dell'Occidente cristiano, coscienza teologica della Chiesa" e, al cospetto degli eretici, "coscienza dell'ortodossia", chiude il profilo con queste espressioni: "Egli orienta la teologia dell'Occidente, che difficilmente sarebbe esistita senza di lui. Del suo tempo egli è il maestro incontestato, sempre consultato da tutta la cristianità. Dopo la sua morte l'Occidente si è messo ad «agostinizzare». Egli è sempre là, letto, imitato, discusso mai uguagliato. I suoi discepoli ne prolungano l'eco. Le menti critiche accusano le sue esagerazioni, soprattutto a proposito di predestinazione ... Agostino è l'autorità dei dottori del medioevo. Tommaso lo integra nella sua Summa theologica; è il maestro incontestato dei dottori francescani. Agostino è ancora al centro dei dibattiti al tempo della Riforma e del Giansenismo, che si richiamano, ambedue a lui ... Il centenario della morte, poi della nascita, rispettivamente nel 1930 e nel 1954, hanno suscitato su Agostino studi più numerosi che per qualsiasi altro teologo. Egli è il maestro dell'Occidente." (27)

 

 

Note

(1) H. I. Marrou, S. Agostino, Milano 1960, pp. 5 1 e 151.

(2) H. Von Campenhausen, I padri della Chiesa latina, Firenze 1969, p. 191.

(3) J. Guitton, Attualità di S. Agostino, Roma 1963, p. 12.

(4) H. Von Campenhausen, op. cit., pp. 191 e 193.

(5) Cfr. H. I. Marrou, op. cit., p. 151.

(6) H. Von Campenhausen, op. cit., p. 191.

(7) Cfr. M. Pellegrino, Il messaggio di S. Agostino al mondo moderno, in Quaderni dell'Università di Padova, Verona 1968.

(8) Giovanni Paolo II, Agostino d'Ippona, Roma 1988.

(9) A. Trapè, in Giovanni Paolo II, op. cit., p. 7.

(10) Cfr. A. Trapè, op. cit., p. 9.

(11) Ibi, pp. 12-13.

(12) J. Ratzinger, Popolo e casa di Dio in S. Agostino, Milano 1978, p. 13.

(13) J. Ratzinger, Il nuovo popolo di Dio, Brescia 1971, p. 27.

(14) Cfr. De quantitate animae 33, 70-76.

(15) Cfr. il passaggio dal De vera religione 39, 72 (in interiore homine habitat veritas) a En. in ps. 4, 9 e in Jo. ev. tract. 18, 10 (in interiore homine habitat Christus).

(16) A. Clerici, Itinerario cristiano sulle orme di Agostino di Ippona, Milano 1995, p. 11.

(17) A. Trapè, op. cit., p. 31.

(18) M. Pellegrino, Il messaggio, cit., p. 15.

(19) Cfr. A. Trapè, op. cit., pp. 47-59.

(20) Cfr. De quantitate animae 34, 78; Serm. 4, 20; 13, 8-9; 49, 5-7; In ep. Jo. 7, 8, 11.

(21) Breve dizionario dei Padri della Chiesa, Brescia 1983, p. 161.

(22) Cfr. H. De Lubac, Meditazione sulla Chiesa, Milano 1979

(23) Cfr. J. Moran, La presenza di S. Agostino nel Concilio Vaticano II, in Augustinianum 6 (1966), pp. 460-488.

(24) Cfr. De Trinitate 1, 5, 8: rapimur amore indagandae veritatis; De civ. Dei 11, 29, 21: in quo victoria veritas.

(25) Cfr. C. Boyer, S. Agostino e i problemi dell'ecumenismo, Roma 1969; A. Trapè, S. Agostino, l'uomo, il pastore, il mistico, Fossano 1987 (5 ed.), p. 432 s. L'atteggiamento ecumenico, che ricerca la pace, traspare bellamente dal libro XIX del De Civitate Dei dove elogia la pace: pace che il Papa addita ai governanti (AH, 35), citando Ep. 229, 2: "è titolo più grande di gloria uccidere la guerra con la parola che gli uomini con la spada, e procurare o mantenere la pace con la pace, non con la guerra."

(26) In Giovanni Paolo II, op. cit., p. 86.

(27) A. Hamman, op. cit., pp. 154-163, in particolare pp. 158, 159, 163.