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Percorso : HOME > Associazione > Settimana agostiniana > Settimana 1997 > Chiese cristiane a Milano nel IV secoloFabio Ratti: CHIESE CRISTIANE NELLA MILANO DEL IV SECOLO
Milano: sant'Ambrogio
bassorilievo nella Basilica ambrosiana
CHIESE CRISTIANE NELLA MILANO DEL IV SECOLO
di Fabio Ratti
Qualche premessa storica
Tutto il IV secolo vide un rigoglioso rifiorire di edifici sacri cristiani. Anche nei secoli precedenti edifici di culto erano sorti nelle città più importanti dell'impero romano, specialmente nelle regioni orientali, ma è certamente nel IV secolo che l'architettura cristiana conosce una vera e propria crescita qualitativa e quantitativa tale da farne un elemento ormai integrato nella società e nella civiltà romana. Finite le persecuzioni, i cristiani in questo secolo godettero di una crescente importanza nell'ordinamento politico e civile dell'impero romano, tanto che generali dell'esercito e gli imperatori stessi non disdegnarono di avere simpatie o di riconoscersi cristiani.
I prodromi di questo nuovo orientamento dello Stato romano si avvertirono già durante l'ultima persecuzione di Diocleziano, poiché in questa occasione, già buona parte dell'impero, specialmente nelle aree occidentali, le autorità mostrarono un atteggiamento conciliante o permissivo verso i cristiani. Paladino di questa posizione fu Costanzo Cloro, padre del più famoso Costantino il Grande.
A lui Eusebio nella sua Vita di Costantino (I, 13) attribuisce il merito di non essersi mai macchiato di sangue cristiano e di aver abbandonato il politeismo. Lattanzio invece nella sua opera La morte dei persecutori (XV, 7) sostiene che, pur mostrando un atteggiamento molto conciliante verso i cristiani, tuttavia distrusse alcune chiese in Gallia. Lo stesso Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica (VIII, 13) però mitiga quest'ultima affermazione: "Unico tra i nostri contemporanei - scrive - Costanzo trascorse l'intero periodo del suo governo in modo degno per l'impero e si mostrò assolutamente propizio e benevolo verso tutti, e non prese in alcun modo parte alla guerra contro i cristiani, ma anzi preservò da ogni danno e da ogni vessazione i sudditi cristiani, non abbattendo gli edifici sacri nè escogitando nulla di nuovo contro."
Costanzo morì a Eburacum, oggi York in Inghilterra nel 306, e la sua politica di tolleranza fu fatta propria dal figlio Costantino, che a Milano, nella città cara all'imperatore Massimiano suo suocero, decretò nel 313, d'accordo con Licinio, il famoso editto nel quale fu sancito il principio della tolleranza verso qualsiasi forma di culto religioso. L'atto sanava un vuoto nella situazione legislativa preesistente in vigore nell'impero, che se da un lato già riconosceva la tolleranza religiosa verso tutti, cristiani compresi, dall'altro però impediva alle sette o ad alcuni di loro di godere di questa libertà.
L'editto di Milano si configura pertanto come uno strumento legislativo che consolida una prassi già esistente e nello stesso tempo elimina tutte le residue restrizioni. Gli edifici di culto cristiano, che pur già non mancavano nel panorama dell'impero, alla lunga, grazie ai benefici effetti di questo editto, diventeranno l'oggetto privilegiato delle attenzioni degli architetti, che avranno modo di esprimere in base alle nuove concezioni cristiane, volumi e strutture originali. Al periodo delle catacombe, nel IV secolo segue l'epoca, che per la sua complessità, possiamo definire dell'architettura paleocristiana e che ha la sua massima espressione nella Basilica, l'antesignana di quello che nei secoli è diventato l'edificio che noi oggi chiamiamo chiesa.
L'architettura cristiana del IV secolo
La Basilica è dunque sostanzialmente l'edificio, dove, dopo secoli di persecuzioni e di nascondimenti, i cristiani possono riunirsi pubblicamente per celebrare i riti legati al culto. Il termine basilica era preso a prestito da quegli edifici della Roma pagana che servivano di solito come tribunali. E di fatto in origine avevano sostanzialmente la stessa forma e la stessa struttura, cioè una navata centrale con altre due o tre disposte per ciascun lato, divise da file di colonne, formanti così tre o cinque navate, chiuse al fondo da un'abside semicircolare sormontata da una volta a quarto di sfera detta catino.
Giova ricordare che in epoca pagana, le basiliche non erano luogo di culto, ma di riunioni di vario genere: i sacrifici agli dei si svolgevano all'aperto, davanti ai templi e non dentro di essi. Il cristianesimo trasferì le celebrazioni al chiuso e le nuove basiliche onorarono Dio. Così Ambrogio volle "contrapporre all'aula imperiale del diritto l'aula cristiana della preghiera."
La maggior parte delle basiliche di questo secolo sono oggi visitabili a Roma, per quanto non manchino alcuni esempi significativi anche nella Milano di Ambrogio, come avremo meglio occasione di specificare più avanti. Tra le costanti architettoniche riconducibili a quest'epoca vi sono vari elementi che godettero di larga fortuna. Al fondo della navata centrale, sempre più alta di quelle laterali e in genere fornita di finestre, stava il cosiddetto arco trionfale. Le navate laterali erano invece a due piani, di cui il superiore era il cosiddetto matroneo ad uso delle donne.
Solo in seguito la basilica fu disegnata con una navata trasversale, il cosiddetto transetto, ricco di significato teologico, secondo cui la basilica riproduceva la tipica forma della croce, lo strumento del martirio di Cristo. Ai lati del transetto, in testa alla navata centrale, venivano posti due pulpiti, uno per la lettura delle Lettere degli Apostoli e l'altro per i Vangeli. Addossata all'abside stava la cattedra del vescovo, leggermente rialzata per esprimere anche visivamente la nuova importanza assunta dal vescovo non solo in campo religioso, ma anche civile e amministrativo.
Con Costantino i vescovi erano stati integrati nel sistema imperiale e svolgevano importanti funzioni civili. Tra i loro incarichi vi era quello di distribuire i sussidi che lo Stato assegnava ai poveri e quello di amministrare la giustizia.
I loro arbitrati nelle controversie private avevano cioè un riconoscimento giuridico. Nelle mani dei vescovi si concentravano dunque enormi poteri in grado di dare indicazioni precise ai vari strati della popolazione. La cattedra del vescovo era il simbolo di questi suoi poteri e stava elevata su alcuni scalini fiancheggiati da recinti marmorei detti transenne.
La struttura della Basilica prevedeva quindi al centro del transetto l'altare, che ricorda l'episodio dell'ultima cena e del sacrificio di Cristo e, sotto l'altare, la cripta, dove si conservavano le spoglie dei martiri che avevano confessato la loro fede fino alla morte. All'esterno la basilica era sempre preceduta da un atrio scoperto, il cosiddetto quadriportico con al centro una vasca, il cantahrus, per le abluzioni.
Sia il quadriportico che il nartece, cioè la parte di portico più aderente alla chiesa, di cui abbiamo un bell'esempio in sant'Ambrogio a Milano, servivano per i catecumeni, mentre la basilica vera e propria era utilizzata solo dai fedeli. Spesso queste basiliche cristiane sorgevano sopra preesistenti edifici romani, di cui sovente reimpiegavano i materiali costruttivi.
Al pari delle basiliche, anche l'architettura degli impianti termali, che furono usati nei battesimi cristiani, venne imitata da analoghe strutture romane: nasce quello che si chiamerà battistero. In questo edificio abitualmente poco discosto dalla chiesa principale, veniva amministrato solennemente il battesimo per immersione nell'acqua lustrale.
L'incremento delle basiliche che si osserva nel corso del IV secolo ha dunque come motivazione principale il diffondersi del cristianesimo a sempre più larghi strati della popolazione. Il fenomeno in questa tarda età imperiale è sostanzialmente limitato alle grandi aree urbane e tocca solo marginalmente le campagne. Tuttavia l'incremento del numero di fedeli è considerevole e con essi aumenta il bisogno di edifici di culto.
Milano cristiana
Anche la città di Milano conobbe una rapida espansione nell'edilizia religiosa, da un lato perché stava conoscendo un rapido sviluppo, economico e demografico legato al suo ruolo di sede imperiale, dall'altro perché stavano proliferando sette religiose, ciascuna alla ricerca di un proprio luogo di culto. Famoso a questo proposito è l'episodio che coinvolse proprio Ambrogio contro la setta ariana che pretendeva dai cattolici una chiesa dove pregare.
In questo contesto l'opera ambrosiana assume una doppia importanza poiché il vescovo non solo diede nuovo vigore alle attività di culto ma pure contribuì ad incrementare in Milano il numero delle basiliche. Nell'età ambrosiana si stima che in questa città fossero abitualmente utilizzate come luogo di culto una decina di chiese, di cui due, le basiliche vetus e nova, sorgevano appena dentro le mura, mentre le altre si trovavano nelle cosiddette zone cimiteriali fuori delle mura.
Alcune di queste erano state fatte costruire dai vescovi Mirocle, Eustorgio, Dionigi predecessori di Ambrogio, altre furono completate da Ambrogio, come è il caso della basilica Nova con l'annesso battistero a pianta ottagonale, dove nella notte tra il 25 e il 25 aprile 387 venne probabilmente battezzato Agostino.
Qualche chiesa infine era sorta nelle zone cimiteriali proprio per iniziativa di Ambrogio: esse erano adibite sia al culto funebre che a quello per uso pastorale. La loro edificazione va quasi sicuramente connessa all'azione pastorale di Ambrogio, che dopo il 385 diede grande importanza al culto dei martiri e alla esaltazione della loro fede cristiana, facendone un simbolo e un baluardo contro l'invadenza delle eresie e di quella ariana in particolare. Grazie a questo piano edilizio ambrosiano sorsero due basiliche e precisamente la basilica Apostolorum, presso porta Romana, dove nel 385 Ambrogio fece traslare le reliquie del martire Nazaro, e la basilica Martyrum, dove il 19 giugno 386 Ambrogio depose i corpi dei martiri Protaso e Gervaso predisponendo allo stesso tempo il sepolcro per sè. In onore del suo fondatore ancora oggi viene ricordata come basilica ambrosiana o di Sant'Ambrogio. Di probabile fondazione ambrosiana potrebbe essere anche la basilica di san Simpliciano e, secondo alcuni autori, la basilica di San Dionigi.
Se queste ultime due basiliche fossero veramente di concezione ambrosiana, si verrebbe a delineare un piano architettonico-religioso di grande respiro, capace di coinvolgere l'intera città di Milano, poiché sulle principali vie di accesso alla città il viaggiatore avrebbe trovato comunque una basilica cristiana: la basilica Apostolorum o di San Nazaro andando o venendo da Roma, la basilica Martyrum o di Sant'Ambrogio nella direzione di Vercelli, la basilica Virginum o di San Simpliciano sulla strada per Como e infine la basilica Sanctorum Veteris Testamenti o di San Dionigi sulla direttrice di Aquileia. Le stesse dediche delle nuove basiliche, rispettivamente agli apostoli, ai martiri, alle vergini e ai santi dell'Antico Testamento, completavano questo disegno poiché esprimevano anche nella pietra i grandi modelli della Chiesa di Ambrogio e i temi più pressanti della sua azione pastorale.
La situazione preesistente ad Ambrogio non è completamente nota, tuttavia gli scavi archeologici hanno fornito interessanti indicazioni sullo stato degli edifici di culto, delle chiese e dei battisteri milanesi. Sotto l'attuale sacrestia delle messe del Duomo sarebbero stati scoperti alcuni resti dell'antico battistero annesso alla prima cattedrale di Milano, la cosiddetta basilica vetus, che si presume sia stata eretta in età costantiniana.
Si tratterebbe dello stesso battistero dove sarebbe stato battezzato Ambrogio il 30 novembre 374. Divenuta Milano sede imperiale questa basilica vetus divenne ben presto insufficiente, per cui fu necessario costruire una nuova e più ampia basilica a 5 navate.
I lavori per la sua edificazione debbono essersi protratti per un buon numero di anni e secondo i dati archeologici, che la attribuiscono alla metà del IV secolo, devono avere interessato almeno i tre episcopati di Protaso, Eustorgio e Dionigi. L'edificio realizzato doveva apparire piuttosto imponente e degno di una capitale imperiale con oltre 82 m. di lunghezza e m. 45 di larghezza.
Ambrogio ricordando le due cattedrali chiama la prima basilica vetus e la seconda basilica nova o maior. E' verosimile che si sia continuato a battezzare nell'antico battistero annesso alla basilica vetus fino a quando Ambrogio riuscì a costruirne uno nuovo dietro l'abside della basilica nova, i cui resti, posti sotto l'attuale sagrato del Duomo, sono visibili ancora oggi. L'area cimiteriale di Milano si sviluppò soprattutto attorno a porta Vercellina, in un'area che attualmente si snoda tra san Vittore, la basilica di sant'Ambrogio e l'Università Cattolica. Dopo la persecuzione di Diocleziano proprio in questa zona erano sorte le cellae memoriae dei santi martiri Nabore e Felice e del martire Vittore, che costituirono il primitivo nucleo cimiteriale.
Ben presto infatti furono sepolti altri cristiani, presso le tombe dei martiri, nella convinzione di poter trarre vantaggi spirituali dalla vicinanza dei corpi dei martiri. Pur senza avere la pretesa di esaurire l'argomento, daremo di seguito alcune notizie sulle principali chiese milanesi dell'età ambrosiana.
San Giovanni in Fonte
Dietro la chiesa di santa Tecla sorgeva il battistero di san Giovanni in Fonte, a forma ottagonale, vivacizzato architettonicamente all'interno da absidi alternativamente rettangolari e semicircolari. Venne costruito tra il 386 e il 397, anno in cui sicuramente era già finito. Il battistero è visitabile scendendo da una scaletta al livello del piano di calpestio del IV secolo. L'intero battistero era rivestito da un paramento laterizio, alto fino a tre metri. Vi è riprodotta la serie di otto distici di Ambrogio, che erano posti, uno per lato, sugli otto lati dell'edificio. Il componimento ci è stato tramandato dal Cod. Vat. Pal. Lat. 8339. A sinistra esiste ancora un tratto di strada romana, con un acciottolato ben conservato. Superato lo scarico dell'acqua del Fonte si può entrare nel battistero.
Quanto resta lascia intuire l'originaria planimetria. Esistono ancora due porte, il pavimento in opus sectile a losanghe e il giro di otto colonne interno di cui restano le indicazioni delle basi sul pavimento. Centralmente era arricchito con decorazioni marmoree, le pareti in basso erano rivestite da crustae marmoree, in alto erano dipinte. Qui venne battezzato Agostino nel 387.
Basilica Vetus o Minor
Conosciamo poco di questa antica basilica. E' certo che fu una delle primissime chiese di Milano. Sulla sua area sorse nell'alto medioevo la basilica di santa Maria Maggiore in una zona che corrisponde all'incirca al centro dell'attuale Duomo. Quest'ultimo edificio venne completato nell'836 e fu demolito poco per volta, mentre procedeva la costruzione del Duomo. Dietro la basilica si ergeva il battistero di santo Stefano alle Fonti, a forma quadrata, con fronte ottagonale che esiste ancora sotto il transetto nord del Duomo.
Ecclesia Nova o Maior
Sino alla prima età viscontea nell'area oggi occupata dal Duomo e dalla piazza antistante sorgevano, ciascuna con il suo battistero, due chiese poste una dietro l'altra, praticamente sul medesimo asse. Si trattava di santa Tecla e della più piccola santa Maria Maggiore. La prima era la chiesa estiva, dove il vescovo officiava dal giorno di Pasqua alla terza domenica di ottobre mentre la seconda era la chiesa hyemalis, più calda durante l'inverno. Santa Tecla che portava in origine il titolo più antico di san Salvatore, corrispondeva all'Ecclesia Maior o Nova, di cui parla Ambrogio. Era questa una basilica grandiosa di 45 m x 82 m. a cinque navate, pavimentate in opus sectile, delle quali la più ampia terminava con una ampia abside.
Mediante un setto murario tutto il settore orientale era separato dalle navate minori, generando così una specie di transetto. Le cronache milanesi affermano che questo edificio venne incendiato e devastato dagli Unni nel 452.
Di questa basilica sono oggi visitabili alcuni resti sotto il piano del Duomo, proprio a ridosso del battistero di san Giovanni alle Fonti, che ne era una dipendenza. Di fatto si conservano le cinte absidali concentriche, di cui solo la più interna è di età ambrosiana. Quella media risale a dopo la metà del V secolo ed è conservata sino a tre metri d'altezza, con due imponenti contrafforti e due fasi una addossata all'altra. La terza fase, la più esterna, risale ai rifacimenti romanici dell'XI secolo. Nella struttura di destra della prima abside si trova reimpiegata un'ara romana con dedica a Giove mentre al livello più basso, tra le absidi tardo ramane si è scoperta una traccia di strutture romane del I sec. d. C. con murature e rivestimenti in malta idraulica. Queste presenze testimonierebbero che prima della costruzione della basilica il luogo era già occupato da costruzioni la cui presenza è rilevabile anche nella navata centrale della chiesa. Oltre l'abside è stato riportato alla luce un vano che è stato interpretato come cathecumeneum e che risalirebbe al IV secolo.
Basilica di sant'Ambrogio
La predilezione di Ambrogio per questa basilica che lui stesso fece costruire presso l'area cimiteriale cristiana dove desiderò essere sepolto è ampiamente intuibile da un passo della lettera che indirizzò alla sorella Marcellina dove afferma che era sua abitudine recarsi quotidianamente al cimitero dei martiri passando accanto al Palazzo Imperiale. Il cimitero si trovava fuori le mura della città, vicino all'attuale via san Vittore.
Nei primi secoli questo cimitero era di uso pagano, ma dal IV secolo, dopo l'editto di Costantino, la situazione mutò e fu possibile anche ai cristiani seppellire i loro morti con riti pubblici. Era un luogo frequentato abitualmente tanto che ben presto si arricchì di edicole e di piccoli edifici. Anche Monica, stabilitasi a Milano con il figlio Agostino nel 385, pur non avendovi defunti lo frequentava spesso per celebrare le memorie dei martiri. Proprio in un sacello, dedicato al martire san Vittore, Ambrogio aveva fatto seppellire nel 378 il fratello Satiro. Questo edificio un secolo dopo sarà abbellito con mosaici così splendidi e ammirevoli da venir chiamato San Vittore in Ciel d'Oro.
Più tardi sarà incorporato nella basilica, dedicata a tutti i martiri, che Ambrogio fece erigere proprio nell'area cimiteriale dove erano stati rinvenuti i corpi di Protaso e Gervaso. La nuova basilica ambrosiana aveva tre navate, con archi e colonne e forse tre absidi. Del tempio primitivo poco è rimasto a causa dei continui rifacimenti medioevali e moderni. La comune consuetudine la identificò con Ambrogio che vi era sepolto e, per questo, fu chiamata ambrosiana.
L'origine di questa basilica è dunque legata ad Ambrogio e a Milano. La sua costruzione cade in un periodo storico travagliato per la chiesa milanese, che stava sanando le ferite dell'arianesimo. I lavori per la costruzione di quella che sarà la basilica Martyrum che è poi il nucleo primitivo dell'odierna basilica ambrosiana ebbero inizio attorno al 380. Il titolo Basilica martyrum fu dettato dal fatto che ospitava le reliquie dei santi martiri Protaso e Gervaso. Fu consacrata nel 386 ed aveva un corpo a tre navate, di cui la maggiore larga il doppio delle laterali, con un abside, percorso da due file di tredici colonne ciascuna che separavano le navate. Le dimensioni del corpo e del perimetro della chiesa paleocristiana saranno medesime della futura chiesa romanica e cioè 54 m x 26 circa. Qui Ambrogio nella Pasqua del 397 dopo una solenne cerimonia funebre, trovò la sua sepoltura. Dove è ora l'altare fu ritrovata la sua tomba nel 1864 da mons. Biraghi e mons. Rossi assieme ai corpi dei santi Gervasio e Protasio.
San Vittore
Gli scavi archeologici condotti nell'età odierna hanno riportato alla luce tracce di un recinto fortificato tardo-romano e del mausoleo al suo interno. La cinta di mura è a pianta ottagonale schiacciata, con torri semicircolari su ogni vertice. Il mausoleo anch'esso ottagonale coincideva con uno dei fuochi dell'ellisse del recinto. Tutta l'area è risultata interessata da una necropoli, frequentata sia dai pagani che dai cristiani. La tecnica costruttiva data il complesso attorno al 300 e pare coincida con il mausoleo imperiale fortificato da Massimiano Erculeo. Non sembra però che sia mai stato utilizzato per questo scopo. Esso sorgeva nella stessa area della odierna, proseguendo si giunge quindi alla chiesa di S. Vittore al Corpo, che alcuni studiosi identificano con la basilica Porziana. (1)
Il culto di san Vittore ebbe subito una larga diffusione. A lui furono dedicate in Milano, oltre a san Vittore al Corpo, le chiese di san Vittore in Ciel d'Oro del V secolo poi incorporata nella basilica ambrosiana, di san Vittore all'Olmo, di san Vittore al Carcere, di san Vittore al Teatro e di san Vittore al Pozzo. La popolarità del santo è attestata anche dal fatto che parecchie delle più antiche chiese plebane della diocesi sono dedicate a lui.
Basilica delle Vergini
Anche la basilica di san Simpliciano fu fatta costruire probabilmente da Ambrogio, che però non potè vederla compiuta. Sorse nel sito di una necropoli romana pagana usata anche dai cristiani lungo la via che da Milano portava a Como e di là verso la Rezia. Fu ultimata durante l'episcopato del mite teologo Simpliciano, per lunghi anni stretto collaboratore e consigliere di Ambrogio e poi, per quanto più anziano di una decina di anni, suo successore. (2)
I suoi pur pochi anni di episcopato gli bastarono per finire la basilica, che il suo predecessore aveva dedicato alle sante vergini ed in particolare alla Vergine Maria. Il progetto iniziale prevedeva una grande aula a croce latina con addossati due transetti, che riprendeva la forma della basilica di Treviri. L'edificio del IV secolo esiste ancora, conservato e reso leggibile dai restauri in molte sue parti. Aveva una pianta centrale, come un martyrium, con uno spazio centrale sul quale si aprivano dei colonnati. Ad est troviamo una profonda abside semicircolare, a nord e a sud due vani quadrati, leggermente più piccoli di quello centrale, che in età moderna fungono da braccia del transetto e, ad ovest, oltre un probabile doppio diaframma, uno spazio quadrato delle medesime dimensioni di quello centrale. La copertura era tutta a capriate, ad eccezione del catino absidale che aveva una volta sottile in tubi fittili, secondo una tecnica ben conosciuta nelle chiese ravennati ed altre costruzioni milanesi come santa Tecla e san Vittore in Ciel d'Oro. Intorno al corpo occidentale della chiesa si sviluppava un corridoio circolare o un nartece anulare. Alte più di venti metri, le pareti erano rotte da grandi arcate cieche nelle quali si aprivano fasce di grandi finestre che garantivano una ottima illuminazione dell'interno. La chiesa, specialmente nel suo transetto nord, è uno dei migliori esempi che ricorda l'uso dello spazio architettonico nella tarda antichità, al pari di alcuni edifici e di Roma. La basilica delle vergini fu presto dedicata a san Simpliciano, che vi era stato sepolto. Simpliciano vi aveva inoltre deposito solennemente le reliquie di Martirio, Sisinio ed Alessandro provenienti dall'Anaunia, l'odierna Val di Non. (3)
Sant'Eustorgio
Questa basilica porta il nome di un vescovo milanese, Eustorgio I, successore di Protaso, che ebbe un breve episcopato, che durò dal 344 al 349 circa. Eustorgio è ricordato con ammirazione da Atanasio come un vescovo di sicura fede nicena. Ambrogio nel suo discorso sulla consegna delle basiliche milanesi, che tenne nella primavera del 386, lo chiama confessore della vera fede e lo accomuna a quei suoi predecessori dei quali non volle tradire l'eredità spirituale. Quasi certamente durante il suo episcopato furono tenuti a Milano due concili, nel 345 e nel 347, in cui vennero affrontati problemi riguardanti l'arianesimo. Una leggenda medioevale gli attribuisce il merito di avere portato a Milano i corpi dei Re Magi, da lui collocati nella basilica che porta il suo nome, in un'arca marmorea che vi è ancora conservata e che risale al IV secolo. Si tratta di un sarcofago romano che, dal tempo del fondatore, contenne le supposte reliquie dei tre santi re fino al 1164, quando Federico Barbarossa, per volontà del suo cancelliere Reinhardt Dassel arcivescovo di Colonia, le fece portare nel Duomo di quella città. (4)
La basilica tardo-romana, che potrebbe coincidere la Basilica Porziana ricordata da Ambrogio, che la definì eredità di Eustorgio (absit ut tradam ... hereditatem Eustorgii confessoris, Ambrosius, Ep. LXXV a, Contra Auxentium de basilicis tradendis) sorse in un'area cimiteriale, prima pagana e poi cristiana, che custodiva forse una cella memoriae. Ciò potrebbe aver giustificato la sua erezione da parte del vescovo Eustorgio, che venne sepolto in ecclesia sua. Nella cappella che contiene l'arca dei Re Magi, un colossale sarcofago ad acroteri tardo-romano, affiorano murature chiaramente del IV secolo sui pilastri, reimpiegate nella struttura romanica. Esse appaiono collegate all'abside semicircolare che è affiorato dietro l'altare. Da una scala in fondo alla navata sinistra, dopo aver superato in rottura il muro perimetrale della chiesa, è possibile accedere al cimitero pagano e cristiano che occupava tutta l'area interna alla chiesa. (5)
Si tratta probabilmente del più antico cimitero di Milano, che doveva estendersi fuori le mura, come era prescritto dalle leggi romane. Oggi ai dati incerti della tradizione, si possono affiancare gli esiti delle esplorazioni avviate nel 1959 dalla Soprintendenza alle Antichità della Lombardia sotto la navata centrale di S. Eustorgio. In quest'area è venuta alla luce, a vari livelli, un insieme di tombe che sviluppano un ciclo di tre secoli e attestano quindi il perdurare di una sede cemeteriale a lato della strada che portava a Ticinum a mezzo miglio dalla porta romana che era al Carrobbio. Gli scavi del 1959-62 hanno permesso di individuare in quest'area funeraria più fasi d'uso, il che ha consentito di definire una sequenza tipologica delle sepolture a inumazione nella città di Milano fra età tardo antica e Alto Medioevo.
Le tombe più antiche del tipo a cappuccina e a cassa hanno il livello di posa a m. 2,20 dal pavimento della chiesa e segnano con ogni probabilità il primitivo piano dell'area cimiteriale. Risalirebbero al secolo III: sono tutte orientate e senza corredo, tranne due dove furono trovati un paio di orecchini in filo d'oro e frammenti di olpi in ceramica grigia assai fine. A una quota superiore sono state rinvenute altre tombe a cassa con pareti e copertura in lastroni di sarizzo riferibili al IV secolo avanzato, quando la necropoli si ampliò verso ovest. Lo testimonia la scoperta in queste tombe di piccoli bronzi di Costanzo II (337-361) e di Giuliano l'Apostata (361-363). Al V secolo risalirebbero invece altre tombe a cassa con muri di mattone e copertura in lastre di sarizzo. E' a una di queste che va riferita l'epigrafe frammentata di un certo [Heliod]or[us] finora forse male interpretata come quella di un presunto vescovo. Il prof. Mirabella Roberti ha prestato particolare attenzione a un sacello in mattoni a U (m 2,70x2,45) con un loculo per il sepolcro, dove ha creduto di poter riconoscere una cappella funeraria, o memoria, fuori terra, che avrebbe segnato il livello del cimitero in età antica. La critica recente ha tuttavia contestato questa interpretazione e propende piuttosto per una struttura forse riferibile a un ossario di età basso medioevale.
Nei sotterranei di Sant'Eustorgio, le cosiddette catacombe, sopravvive dunque forse l'unico cimitero paleocristiano conservatosi a Milano, dove sono ancora ben visibili le tracce della necropoli pagana che precedette e poi per qualche tempo si affiancò a quella cristiana. Purtroppo sinora nessuna traccia è mai emersa della sepoltura del vescovo Eustorgio I, che secondo la tradizione medioevale fu sepolto in basilica sua.
L'interesse archeologico e storico di quest'area è straordinario poiché gli scavi hanno riportato alla luce varie iscrizioni cristiane, che presentano talora graffiti figurati prima quasi del tutto ignoti a Milano. Molto bello è il frammento in quattro pezzi combacianti che presenta una figura di giovane ufficiale in atteggiamento orante, con tunica manicata e sagum fermato da una fibula sulla spalla destra. In un altro probabilmente è stata riprodotta una scena di confirmatio molto simile a un graffito di Aquileia con scena di battesimo.
Le lapidi aprono qualche squarcio sulla vita religiosa di quel secolo ambrosiano, come la seguente che riguarda un certo Victurinus:
d(e)positio Victurini
exsorciste die
III non(as) nob(embres) Gra
tiano Aug(usto) IIII et
Merobaude cons(ulibus)
E' questa la più antica lapide rinvenuta in san Eustorgio, che testimonia l'esercizio del ministero di esorcista da parte di un tal Victurinus, sepolto il 3 novembre 377 durante l'episcopato di Ambrogio. Essa richiama il medesimo ufficio ricoperto da Saturus, marito di Nonnita, che fu sepolto nel cimitero ad martyres (CIL V 6252). Il consolato di Graziano e Merobaude data con certezza la lapide al 377. Ancora vicino all'Università esiste la grande chiesa di san Nazaro, l'antica basilica Apostolorum, costruita da sant'Ambrogio fra il 382 e il 386, quando fu consacrata. Ambrogio la definì anche Basilica Romana, poiché era ubicata nell'area del Coemeterium Romanum, lungo la via colonnata che si dirigeva, fuori dalle mura, a Laus Pompeia e a Roma. Nel 395-396 Ambrogio vi seppellì il corpo di san Nazaro martire, il che diede origine al titolo odierno. Nonostante sia stata ricostruita in stile romanico dopo un incendio che la sconvolse nel 1075, la sua struttura è rimasta fondamentalmente quella tardo-romana, sia nella planimetria quanto nell'alzato. La pianta è di tipo cruciforme che nel quadro della simbologia ambrosiana rappresenta la vittoria di Cristo.
Non se ne conosce la lunghezza originaria, tuttavia è probabile che il muro attuale di facciata insista sul muro antico. La chiesa terminava in origine con un muro piano, che per accogliere il corpo di san Nazaro, fu forse modificato dallo stesso Ambrogio e sostituito da un'abside semicircolare, sulla quale insiste l'attuale abside romanica.
Su questo spazio centrale, che forse non era continuo, ma diaframmato, giustificando così meglio la logica cruciforme della progettazione, si aprivano lateralmente due grandi aule rettangolari, alle cui basi erano poste, simmetricamente, due absidi o emicicli contrapposti. Le aule erano diaframmate nei confronti del corpo centrale da un triplice arco su colonne. Le pareti, completamente intonacate mantengono solo qualche finestra della muratura originaria paleocristiana. Al centro si notano le basi delle colonne dei diaframmi delle aule laterali mentre sopra gira ancora il grande arcone del IV secolo. L'originaria pavimentazione in opus sectile è ancora parzialmente conservata nell'aula di destra. Vi si conserva la copertura di una tomba con cinque distici in greco e l'inizio, per tre righe, della traduzione in latino, che si riferisce a un medico egiziano, Dionigi, forse citato in una lettera di sant'Agostino nel 428. Da una scaletta si può scendere nei sotterranei dove si può osservare la fondazione dell'abside est. Nel vano interno è conservato il piccolo sarcofago di san Matroniano, di età tardo-romana con acroteri angolari.
L'altare era al centro dell'intersezione tra asse longitudinale e trasversale e custodiva la capsella argentea, che ora è conservata al Museo del Duomo e che fu usata forse da Ambrogio per le reliquie degli Apostoli. Questa collocazione rafforza l'ipotesi che vi fossero diaframmi anche sull'asse longitudinale in modo da dare un'impostazione centripeta a tutta la planimetria, con una serie di vani periferici coordinati su di un vano centrale con reliquie e altare.
San Lorenzo
Il nostro viaggio nella Milano del IV secolo si conclude con uno dei monumenti più emblematici che ancora oggi conserva questa città e cioè la chiesa di san Lorenzo. Non si sa esattamente quando sia stata costruita. In ogni caso non è sorta su edifici preesistenti. Le ipotesi più accreditate la datano dal IV secolo alla metà del VI secolo. Potrebbe anche essere preambrosiana, dato che sorgendo vicino al palazzo imperiale poteva esserne stata la cappella palatina. L'uso imperiale in un certo modo spiegherebbe il silenzio delle fonti per tanto tempo. La chiesa di san Lorenzo subì dal 1071 in poi numerosi e terribili in-cendi che resero necessario un rifacimento in stile romanico. Le strutture essenziali della basilica non vennero però mai radicalmente modificate. Il complesso consiste essen-zialmente in una serie di corpi distinti. Il primo è costituito da un nucleo centrale a forma quadrata, con un emiciclo sporgente su ogni lato ed una torre su ogni angolo chiuso a est da un vano cruciforme, detto cappella di sant'Ippolito, che all'esterno appare ottagonale.
Questo nucleo dovrebbe essere stato quello originario. Il secondo corpo è costituito da una costruzione ottagonale, sant'Aquilino, saldata alla chiesa da un atrio a forcipe. Sull'altro lato a nord, si sviluppa il sacello ottagonale di san Sisto, saldato alla chiesa da un piccolo atrio rettangolare, costruito dal vescovo Lorenzo (489-511). Tutto il complesso era preceduto da un atrio quadriportico diverso dall'attuale colonnato.
Note
(1) Fino al XVI secolo su questa piazza si affacciava un mausoleo ottagonale, con caratteristiche planimetriche e di alzato che ricordano da vicino sant'Aquilino. Dalla cantina del parroco si può accedere a un vasto locale con parte di due lati e l'interno di una delle absidi semicircolari che animavano la pianta, alternate ad absidi rettangolari. La tecnica costruttiva è di eccezionale regolarità con il muro costruito interamente in laterizi. All'interno dell'antica struttura sono evidenziabili tracce di crustae marmoree e di opus sectile, deposte su una preparazione in coccio pesto molto ben conservata. Tra i materiali recuperati nello scavo, sono stati rinvenuti anche alcuni frammenti di anfora annegati nella malta. Evidentemente la copertura degli estradossi delle volte era attuata con anfore, come è visibile nel sacello di san Simpliciano.
(2) Prima di morire nel 397 il vescovo lo aveva indicato come il solo degno di raccogliere la sua non lieve eredità, dicendo di lui testualmente: "anziano ma buono". Per quanto breve, tre o forse quattro anni, il suo episcopato fu contraddistinto dalla sapienza e dalla mitezza. Assistette tra l'altro Marcellina, sorella di Ambrogio, sul letto di morte e suo è probabil-mente l'epitaffio che la ricorda.
(3) La grande costruzione alla quale venne aggiunto più tardi un sacello a tre braccia (una abside semicircolare e due spazi rettangolari laterali intorno ad un vano quadrato coperto a botte), che potrebbe essere del V secolo, giunse a noi con notevoli trasformazioni, tanto da impedirne il riconoscimento come ambrosiana sino a tempi recentissimi. Probabilmente in età alto medioevale (si parla del VII secolo) l'asse longitudinale della chiesa venne tra-sformato in una triplice navata, per ridurre la luce delle capriate.
(4) Nella piazza omonima, al n. 8, in un sotterraneo, si conserva un bacino di pietra serizzo, di due metri di lato, che la tradizione indica come il primo fonte battesimale di Milano, costruito da S. Barnaba. La chiesa romanica attuale sorge su un edificio più antico. Qualche autore la data all'episcopato di Eustorgio II (nel 515), al contrario di altri, che grazie alle scoperte archeologiche, la ritengono edificata da Eustorgio I verso la metà del IV secolo.
(5) P. Puccinelli, Zodiaco della chiesa milanese, Milano 1650, 19, J. Allegranza, De sepulcris christianis in aedibus sacris, Mediolani 1773, VIII-IX, M. A. Boldetti, Osservazioni sopra i cimiteri de' santi martiri ed antichi cristiani di Roma, Roma 1720, 615, A. Fumagalli, Delle antichità longobardico-milanesi, I, Milano 1792, 217.