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stefania arosio: la bellezza

 Viso di angelo: affresco dal battistero di Agliate

Battistero di Agliate: viso di angelo

 

 

 

LA BELLEZZA

suor Stefania Arosio della Congregazione delle Suore del Preziosissimo Sangue

 

 

 

In occasione di questo incontro non sapevo se fosse più opportuno parlare in generale del carisma educativo della Congregazione a cui appartengo, o raccontare la mia esperienza di insegnante di Storia dell'arte nel Liceo Artistico di Monza. Allora ho pensato di "dire il mio nome", come si fa quando ci si presenta - e ogni volta è come ricordarlo a se stessi - spiegando prima qual è il mio "nome" di educatrice in quanto "suora del Preziosissimo Sangue", per poi specificare come vivo questa esperienza in un contesto preciso. Del resto è anche un po' come presentare il proprio "volto", la propria identità educativa tanto auspicata dalla legge sull'Autonomia, di cui si può parlare semmai nel dibattito sull'oggi della scuola.

Ho pensato di orientarmi così anche dopo aver letto un articolo apparso su Panorama a commento dei film della prossima stagione. Il giornalista scriveva che nella nostra società, dimentica di ogni decalogo sui doveri dell'uomo, in cui trionfa il laicismo e la desacralizzazione dell'esistenza, in cui accanto alla corsa al successo e al denaro le uniche spinte rimangono il godimento di beni e di natura, non esiste nessun aldilà e nessuna vindice rivoluzione cui rendere conto. Ho pensato appunto che in una cultura, che ormai si identifica con la società dei consumi e dei prodotti e che non è più capace di leggere il simbolico, il rischio anche oggi potrebbe essere di limitarci a dire quello che facciamo come religiose a servizio della Chiesa.

Per questo, riprendendo brevemente l'intervento di suor Santina, che ha presentato la storia e il carisma dell'Istituto, comincerei dal "nome", il sangue di Cristo, che caratterizza ciò che noi siamo, che ci costituisce dal di dentro in quanto educatori, e che si manifesta all'esterno come stile comunicativo.

Il "nome" di Suore del Preziosissimo Sangue significa anzitutto che il mistero pasquale, al centro del carisma dell'Istituto, è l'anima della pastorale giovanile, ed oltre ad indicare una forte passione per la vita, per la dignità di ogni uomo, insieme a una grande speranza che la "via della vita" trionferà su quella della morte, indica la cifra preziosa di questa età che segna mutamenti nell'essere e nell'agire, dinamismo questo che è proprio di chi si mette in educazione. Ancora oggi infatti l'impegno educativo è lo scopo della Congregazione ed è vissuto, oltre che tra i malati e gli anziani, nelle parrocchie, nella scuola, dalla materna alle superiori, in Italia e in terra di missione, ponendosi come servizio alla promozione dell'uomo, offrendo spazi e occasioni per la formazione, l'iniziazione cristiana della vita.

Il sangue è anche principio di unità. Pertanto lo stile comunicativo con cui cerchiamo di compiere la missione esprime quello spirito di famiglia che significa "stare con" i ragazzi, essere lì accanto a loro, essere lì per loro, facendo attenzione ad impastare i rapporti personali con la fiducia, credendo nelle persone nelle quali è nascosta quella bellezza che è frutto della redenzione. L'impegno educativo fin dai tempi della Fondatrice, infatti, che voleva essere "largo di compassione verso le ragazze più ingrate, più difficili a dirigere", era carico di fede nella bellezza di tutte le creature, quella fede che fece scrivere all'autore della Genesi che Dio al termine della creazione vide che "ogni cosa era molto bella." A questo aspetto collego la tensione in noi a scegliere le persone che fanno fatica, quelle che evidentemente danno meno gratificazione, che richiedono più tempo, più attenzione, un amore più autentico, perchè più puro, tinto di sangue.

Un altro significato nascosto nel "nome" riguarda il dono di sè, della propria vita e suppone quindi di lavorare e di far lavorare con intensità (fare e patire tutto quanto è conveniente per procurare agli altri il maggior bene), fatica e sacrificio che sono espressioni di una passione e di un amore profondo per quello che ci è stato affidato.

Il sangue infine, ma solo per ragioni di brevità, è memoria della morte e risurrezione, è anche una continua opportunità per richiamare negli ambiti educativi in cui operiamo l'attualità, leggendone la traccia nella concretezza della vita e stimolando all'intercessione per tutte quelle situazioni in cui la dignità dell'uomo è calpestata o è sparso il sangue innocente.

E certo che oggi un "nome" come quello di Suora del Preziosissimo sangue, pur essendo datato, rivela come il carisma educativo attento ai bisogni della gioventù e delle famiglie di allora, si riattualizza nel presente come servizio ai bambini, agli adolescenti, ai giovani, a quelli malati di AIDS, ai bambini abbandonati (penso alla casa di Vercelli), ai sordomuti, ai tossicodipendenti, ai bambini della strada, con un particolare privilegio per il mondo femminile, forse per i ruoli etici esercitati dalla donna in quanto madre ed educatrice, ma anche perchè la donna può essere considerata trasversale a tutti i soggetti discriminati e resi inferiori (sarebbe interessante aprire un dialogo proprio sulla "differenza femminile").

Proprio questa particolare sensibilità per il mondo giovanile femminile ha suscitato il desiderio di aprire una scuola a carattere artistico che poteva nascere proprio a Monza dalla trasformazione di una Scuola di pittura già attiva in Congregazione, e come alternativa all'unico luogo di formazione del tempo: l'Accademia di Brera. Sorse così il Liceo artistico, che verrà approvato nel 1947, con l'intento di creare un ambiente dal forte impianto educativo cristiano come poteva riscontrarsi nell'intenzione della Fondatrice e nel carisma della Congregazione che trova anche nella ricerca dell'Uomo Sfigurato - l'Uomo dei dolori e l'Uomo che soffre - il volto della Bellezza.

Proprio qui ho ricevuto il secondo nome, visto che gli studi che avevo volto prima di entrare in Congregazione mi avevano formato in un'altra direzione. in questo liceo ho avuto e ho l'opportunità di educare i giovani alla lettura dell'opera d'arte, mentre altre mie compagne sono impegnate ad insegnare il disegno, la pittura, la scultura e l'architettura.

L'esperienza che faccio è che al principio del cammino i ragazzi credono che l'incontro con l'arte sia una piacevole esperienza, un prolungamento del carattere ludico del bambino che si trova in ciascuno di noi, e questo in parte risponde a verità; ma l'opera d'arte appartiene all'ordine delle cose più alte e impone un ordine severo, una disciplina rigorosa e dolorosa sia nella sua realizzazione sia nella sua comprensione. Ogni vera opera d'arte è escatologica, icono-logica, rimanda cioè ad un oltre che ha da venire ma che in essa è già atteso.

In ogni opera vera c'è sempre un'attesa e una promessa che richiede di raccogliersi, imparare, ed esercitarsi in tempi lunghi che non sono certo quelli della società tecnologica.

Nei giovani che incontriamo - e adesso parlo al plurale perchè mi riferisco all'azione più globale della scuola in cui insegno - noi

* cerchiamo di sostenere anzitutto lo sforzo e la sofferenza di plasmare la materia per tradurvi un'idea, perchè la materia resiste, e quindi chi si confronta con essa, mentre esprime la creatività, l'unicità dell'esecuzione, la ricchezza della fantasia, il fare qualcosa con e per gli altri pur esprimendo sè, si deve disporre fin da subito ad assumere un atteggiamento umile e paziente. Ogni volta che l'uomo crea rappresenta sè, esce allo scoperto, in ogni creazione infatti è iscritta l'effigie del suo creatore, ma ogni volta creare è come generare con tutto il dolore che comporta.

* cerchiamo di suscitare nei ragazzi la consapevolezza della propria originalità e del proprio genio attraverso percorsi creativi necessariamente individualizzati.

* cerchiamo di suscitare la consapevolezza di avere un ruolo critico di fronte alla cultura della morte. L'arte, che da un secolo non vuole più riposare in se stessa o appagarsi di se stessa, oggi vuole dare luce per influenzare la scena, per avere degli effetti sul mondo. Quanto l'arte può dire per creare un metabolismo dei desideri, delle pulsioni (e anche di questo è fatto l'uomo) ma anche per aprire all'invisibile, perchè ciò che si vede non ha un senso comunicabile se non a chi è capace di collegarsi anzitutto con la propria soggettività percettiva e di riconoscere i codici presenti nei linguaggi altrui.

Ecco perchè l'educazione al vedere e al creare aiuta i giovani a riconciliarsi a poco a poco con sè, con gli altri e spesso inconsapevolmente con Dio, perchè evoca quel paradiso perduto che ogni uomo si porta dentro come anelito e bisogno del presente, rivaluta tutti i sensi e i sentimenti, in un contesto culturale in cui il consumismo ci ha impedito di coltivarli ed assumerli.

I ragazzi, quando arrivano al liceo, sono quasi privi della capacità di osservazione, di memoria visiva (la visualità è per frammenti, è intermittenza fra apparizione e sparizione, è un precipitato visivo), privi di capacità di interpretazione del mondo dell'immagine soprattutto televisiva (bellissime sono le telenovelas che dal punto di vista artistico sono un insulto), della riproduzione attraverso la parola, perchè gli adolescenti, lo sappiamo, sono quelli che hanno perso l'uso della parola del bambino e non conoscono ancora la nuova parola dell'adulto.

Quindi lo sforzo fin da subito è quello di formare delle persone capaci di custodire (pensiamo tutto il problema del rispetto dei monumenti, della natura ... ) e di trasformare la terra nel segno del bello (pensiamo a quanto si possa rendere più umano no spazio attraverso scelte che favoriscano la vivibilità, il respiro ... e che dietro un ordine composito rivelino un'armonia e un equilibrio più profondo), dando un vero e proprio contributo alla trasformazione del mondo.

Questo è sempre un mio cavallo di battaglia quando dico ai ragazzi che il motivo più profondo che li deve spingere a fare l'artista da grandi è quello di partecipare al sogno di avere un mondo migliore nel senso della bellezza (con piacere ho saputo che la lettera del Cardinale quest'anno avrà come titolo Quale Bellezza ? ).

Gli allievi che incontro, infatti, sono destinati per la maggior parte ad intervenire esteticamente nel mondo (anche chi si orienta verso altri ambiti professionali si porta dentro questa inclinazione creativa). E siccome sappiamo che l'artista, anche l'apprendista, fa un'opera per impossessarsi sempre più della propria autenticità, il rapporto con loro, pur disponendosi al consiglio e all'offerta della propria esperienza pratica e tecnica, deve essere molto rispettoso delle intuizioni creative e del mistero che spesso affiora inaspettato e ha necessità di esprimersi nel segno e nel gesto.

Il mondo come quello contemporaneo, che ha innalzato monumenti di tecnologia, alle macchine, all'utile, ha bisogno per salvarsi di gente che si dedichi a quanto di più inutile e gratuito esista.

La bellezza, che Agostino dice di aver conosciuto ed amato troppo tardi, perchè l'unica condizione perchè la bellezza si riveli è l'amore che la trasfigura, è davvero una grazia risanatrice, è l'oro che impreziosisce e salva la vita dell'uomo. Per questo cerco di rimanere fedele a questa grazia ricevuta nella vocazione per amore di Dio e dell'uomo.

 

 

IL MONASTERO DI MONZA DELLE ADORATRICI PERPETUE DEL SS. SACRAMENTO

 

In Monza la fondazione del Monastero delle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento ebbe inizio in modo autonomo. Infatti il 3 novembre 1849 la Serva di Dio madre Serafina della Croce, al secolo Ancilla Ghezzi, senza sapere dell'esistenza di una congregazione già dedita all'Adorazione perpetua del SS. Sacramento, in seguito a ripetuti inviti ricevuti in mistiche visioni, fondò un'Opera analoga a quella della Madre Maria Maddalena dell'Incarnazione.

Anche la fondazione del Monastero di Monza fu molto provata da contrasti e calunnie. Nessun appoggio umano sosteneva la Serva di Dio: solo mons. Zanzi, arciprete della città e Padre Curti, barnabita, appoggiavano la sua causa.

Più tardi, confortata anche da ulteriori rivelazioni divine, Madre Serafina conobbe l'esistenza di una Congregazione di Adoratrici Perpetue a Roma. Ivi allora si recò, con le prime Sorelle, per aggregarvisi. Dopo un periodo di noviziato, il 29 settembre 1857 emise la professione solenne, abbracciando la Regola già esistente, e ritornò a Monza, dove finalmente, nel 1862, ottenne l'erezione del Monastero. Fedeli al carisma originale e in risposta alle attuali esigenze della Chiesa, il Cenacolo Eucaristico delle Adoratrici Perpetue di Monza, particolarmente dall'ottobre 1982 è fatto centro di numerose iniziative prese nell'ambito della preparazione del XX Congresso Eucaristico Nazionale.

Esso è diventato sede perciò di incontri di preghiera e di adorazione a livello, oltre che personale, di gruppi e parrocchie. E' significativo sottolineare l'adorazione a carattere cittadino del primo giovedì di ogni mese, guidata di volta in volta dalle varie parrocchie; nonchè quello di ogni giovedì pomeriggio, guidata dalle Monache stesse. E, sempre a livello cittadino, è da segnalare la Giornata Eucaristica di Riparazione che ogni giovedì grasso si tiene nella chiesa del Monastero di Monza, dalla fondazione ad oggi.