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Percorso : HOME > Associazione > Settimana agostiniana > Settimana 1999 > SpinelliStefania Spinelli: LA RINASCITA SPIRITUALE FEMMINILE NEL 1200 - 1300
Bevagna: la Vergine e il Bambino
chiesa di sant'Agostino
LA RINASCITA SPIRITUALE FEMMINILE NEL 1200 - 1300
di Stefania Spinelli
Il grande ed unico protagonista dell'animo medioevale è Dio e la religiosità in questo periodo è pervasa da un certo timore, tuttavia già ai tempi di Dante qualcosa incominciava a cambiare nell'animo della gente, anche se non nella dottrina ufficiale. Infatti il Dio del Duecento restava ancora un Giudice terribile ed implacabile, molto più somigliante al Jeovah del Vecchio Testamento che al Padre misericordioso del Nuovo. Ma un barlume di indulgenza cominciava a balenare anche in Lui e si manifestò nella dottrina del Purgatorio, cioè nel castigo temporaneo addolcito dalla speranza della redenzione.Non bisogna comunque dimenticare che anche nei secoli precedenti, la Chiesa aveva sempre implicitamente ammesso che le preghiere e le messe in suffragio dei defunti potessero abbreviarne e lenirne i tormenti. Il primo a porre il problema sul piano teologico era stato addirittura Sant'Agostino che aveva discusso la possibilità di una condanna a titolo provvisorio per peccati rimessi, ma non completamente espiati prima della morte. Già circa un secolo più tardi papa Gregorio I aveva approvato l'idea, ma essa divenne popolare solo quando Pietro Damiano cominciò a bandirla dai pulpiti con la sua infiammata eloquenza. Pian piano le pratiche di culto si adeguarono a questi nuovi sentimenti di speranza e anche il modo di pregare si modificò. Fino al XII secolo le preghiere cristiane recitate dal popolo erano state due sole: il Pater Noster e il Credo, ma in questo periodo si comincia a mormorarne un'altra: l'Ave Maria, che divenne nel giro di poco tempo la più popolare.
Infatti i fedeli medioevali si rivolgevano piuttosto malvolentieri al Dio implacabile che era stato loro descritto e stentavano anche a mettersi a tu per tu con Gesù, nonostante fosse più umano del padre. Maria era invece una mamma e tutti videro subito in Lei la mediatrice tra il peccatore e il suo Giudice, Maria rappresentava quindi la garanzia della carità e della misericordia. Ma come mai la devozione per Maria nasce nel nostro culto religioso in età così avanzata ? Va notato che la devozione per la madre di Gesù non nacque in Europa, bensì in Oriente dove già nel V secolo Cirillo, Arcivescovo di Alessandria, condensò in Maria le virtù che il popolino aveva sempre attribuito alle sue preferite dee pagane. Quasi sicuramente furono i Crociati di ritorno dalla Palestina ad importare in Europa il culto di Maria.La Chiesa, per tradizione antifemminista poiché vedeva in ogni donna Eva, strumento del diavolo per la perdizione dell'uomo, cercò di opporsi all'introduzione di tale culto, ma Maria ebbe subito con sé le masse e le resistenze della Chiesa furono travolte. Le conseguenze furono grandi non solo sul piano religioso, ma anche su quello della cultura e del costume.
Gli splendori dell'arte cattolica prendono l'avvio dal culto di Maria che vi introdusse le note della gentilezza e della grazia muliebre. Riqualificata da Lei la donna cessò di essere lo strumento del diavolo e da una condizione sociale d'inferiorità passò ad una di preminenza e fu per lei che il feudalesimo si addolcì nella cavalleria. Bisogna tuttavia tener presente che le fonti da cui proviene l'opinione del Medioevo sulle donne sono socialmente limitate, perciò il giudizio che esse riflettono è abbastanza ristretto ed uniforme, dunque da prendere con una certa riserva. L'uniformità non è però così solida come potrebbe apparire ad una prima analisi: dietro di essa si nascondono punti di vista diversi ed è soggetta a conflitti ed oscillazioni. Chiesa e nobiltà sono così, spesso in disaccordo tra loro, e capita pure che l'una sia addirittura in contraddizione con se stessa, altalenando tra i due estremi del trono e dell'inferno in cui pongono la donna. Da una parte c'è la sua immagine come la concepisce un Giacomo da Vitry: "Tra Adamo e Dio nel paradiso terrestre c'è solo una donna che si affanna a bandire il suo sposo dal giardino di delizie e a condannare Cristo ai tormenti della croce."
Dall'altra ci sono le donne rappresentate dal famoso manoscritto della Cambridge University Library: "La donna è stata sempre preferita all'uomo. Quanto al materiale: Adamo è tratto dal fango, ed Eva dalla costola di un vivente. Quanto al luogo: Adamo è fatto fuori dal paradiso, ed Eva al suo interno. Nella concezione: una donna ha concepito e dato alla luce il figlio di Dio. Nella apparizione: Cristo è apparso ad una donna, Maria Maddalena. Nell'esaltazione: una donna, Maria, è stata esaltata sopra i cori degli angeli." Entrambe queste visioni sono entrate nella mentalità del periodo che stiamo prendendo in considerazione e hanno svolto l'una accanto all'altra la loro influenza sul pensiero medioevale dando origine a due diversi atteggiamenti con il prevalere a volte dell'uno e a volte dell'altro. Resta indubbio il fatto che in questo momento l'espressione più tipica della mentalità è quella dell'amor cortese che introduceva una reverenza generalizzata nei confronti delle donne.
Questa teoria, che considerava l'omaggio alla donna assai simile a quello dovuto a Dio, e la riteneva la principale ispiratrice di ogni azione gloriosa, non poteva che provocare, lo si volesse o no, effetti in netta contrapposizione alla prevalente dottrina teorica dell'inferiorità femminile. Cominciava così un processo che poneva la donna su un piedistallo e certo era meglio che sprofondarla nell'inferno come aveva fatto qualche teologo.La società uscì profondamente trasformata da questa nuova ottica.
Qualcuno potrà stupirsi del fatto che problemi come questo, di natura essenzialmente teologica, avessero riflessi così profondi nella vita quotidiana, ma non bisogna dimenticare che il Medioevo è un'epoca intrisa di sentimento religioso. La Chiesa aveva il suo daffare a tenere sotto controllo questa "rivoluzione" culturale. Infatti a ruota del culto di Maria si era sviluppato quello dei Santi, che nasceva dalla stessa reazione popolare al severo e solitario Dio dei secoli precedenti.
Contemporaneamente si era pure andata sviluppando la mania delle immagini e delle reliquie ma la Chiesa nel Duecento era abbastanza sana e severa per riuscire a combattere lo spirito feticistico e commerciale che più tardi l'avrebbe travolta, costandole la Riforma. Quindi questo grande movimento di idee che fin qui abbiamo preso in considerazione, ha una duplice caratteristica: è al tempo stesso religioso e laico. Nasce dal popolo e ha come scopo, forse inconsapevolmente, di strappare ciò che è sacro dalle mani del clero. Così questo periodo diventa per eccellenza dei santi ma anche degli eretici e questi due aspetti non sono poi così in contraddizione come potrebbe apparire: infatti mai come nel XIII e XIV sec. la Chiesa è stata così potente e mai così minacciata.
In questo quadro si assiste ad una rinascita religiosa femminile testimoniata da un gran numero di donne laiche e non che si sono adoperate per soccorrere i più deboli dedicando gran parte della loro esistenza ad alleviare le sofferenze dei meno fortunati. Sono donne forti di spirito, coraggiose, a volte anche particolarmente intraprendenti, anche se non necessariamente colte, e molte di loro, proprio grazie alla scelta di vita che hanno compiuto, usufruiscono di un'esperienza dei fenomeni sociali, economici, politici e teologici che non era certo comune alla maggioranza delle donne contemporanee. Nonostante le sante di questo periodo siano numerose e originarie di terre molto lontane fra loro come Elisabetta d'Ungheria, Iolanda di Polonia, Elisabetta di Portogallo, Matilde di Hackeborn e Bianca di Castiglia, il maggior numero di esse ha i natali in Umbria e Toscana. Queste terre furono infatti particolarmente feconde se si fa il confronto tra il numero di donne "europee", se così le vogliamo definire, che verranno beatificate e quelle umbre e toscane. Per quale motivo l'Umbria sia una terra "prediletta" è difficile dire. Probabilmente la ripresa di vitalità economica, conseguente al rinnovamento dell'agricoltura e l'incremento demografico, che iniziò a partire dall'XI secolo, animarono l'Umbria di numerosi insediamenti di carattere civile e religioso. Fiere, mercati e manifatture fecero della regione il crocevia di grandi spostamenti di uomini e culture.
In modo particolare nelle città libere come Perugia, Assisi, Orvieto, solo per citarne alcune, si assiste ad un'intensa vita culturale e religiosa.Inoltre non bisogna dimenticare che dal XIII secolo il Ducato di Spoleto, ossia gran parte dell'odierna Umbria, era sotto il potere dello Stato Pontificio. L'Umbria tra la fine del XII e l'inizio del XIV secolo diventa così uno straordinario cronotopo che sembra davvero essere il centro della Chiesa e il centro del mondo: da Francesco d'Assisi ad Angela da Foligno un gran numero di personaggi eccezionali la popolano. Per ciò che concerne in modo specifico la rinascita femminile bisogna sottolineare che il fenomeno più rappresentativo di questo periodo è il misticismo, tramite il quale si ricerca una perfetta comunione con Dio. Questa scelta può essere interpretata come un atteggiamento polemico contro l'autoritarismo ecclesiastico e come bisogno di liberazione e di emancipazione. In questo periodo la vita religiosa delle future sante si fonda soprattutto sul matrimonio mistico con Dio e tale unione è alimentata da visioni che trovano il loro culmine nell'estasi.Esistono diverse tipologie di misticismo: ci sono le mistiche vergini, come santa Chiara d'Assisi o santa Chiara da Montefalco che hanno deciso di consacrare il loro corpo a Dio. Questa scelta permetteva anche di sottrarsi ai ruoli di moglie e di madre che la società del tempo imponeva alle donne. Esistono poi le mistiche vedove, come sant'Angela o santa Brigida, che hanno maturato la loro decisione all'interno del nucleo familiare e si sono ritirate in convento solo dopo aver realizzato cristianamente il ruolo di mogli. In alcune mistiche la comunione con Dio si manifesta attraverso le stigmate e in questo caso il corpo femminile diventa strumento della rivelazione divina e viene pertanto riabilitato. Ci sono le mistiche combattenti, come Caterina da Siena, la cui fede le guida a realizzare la volontà del Signore a contatto con il mondo, che sembra voler sfuggire da tale volontà, e ci sono sante che realizzano la loro vocazione nella carità, alleviando le pene dei poveri e dei malati. Infine ci sono state donne che, come Bianca di Castiglia, hanno deciso di essere devote a Dio scegliendo comunque di essere mogli e madri e questa è, forse, la scelta più difficile.
Nel periodo che stiamo prendendo in considerazione Chiara d'Assisi è senz'altro la santa che merita il primo posto per aver aperto un varco, se così si può dire, alle donne nell'istituzione ecclesiastica. Chiara come dice la Bolla delle sue virtù "Era l'ornamento della valle di Spoleto, principessa dei poveri, duchessa degli umili, maestra delle vergini, badessa delle penitenti ... La sua vita era luce, il suo esempio dottrina, i suoi piedi poggiavano sulla terra, ma con l'anima conversava nel cielo."
Siamo alla fine del XII secolo Assisi è una piccola città aggrappata alle falde del monte Subasio, con le case attaccate l'una all'alta e le strade strette e tortuose. Qui, nel 1193, nasce la primogenita di una ricca famiglia: Chiara. Fin dalla prima gioventù la ragazza mostra insofferenza nei riguardi delle regole e dello stile di vita che la sua classe sociale le impone così, la domenica delle Palme del 1212 scappa di casa e raggiunge Francesco, già da tempo suo compagno spirituale, nella piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli. Il futuro santo le fa pronunciare i voti di castità, obbedienza e povertà, quindi Chiara si ritira nel convento di San Damiano. Inizialmente la famiglia si mostra contraria alla sua decisione; in seguito, considerata la fermezza della ragazza, la accetta e addirittura la madre e le sorelle la condividono. Chiara, seguendo l'esempio di Francesco, vive nella povertà più assoluta e ben presto la fama di questa donna che ha rinunciato ad un'ingente ricchezza per una vita di privazioni, si diffonde con rapidità anche al di fuori di Assisi e molte donne decidono di seguire la sua scelta.
Nasce così il primo convento femminile ufficialmente riconosciuto anche dalle autorità ecclesiastiche di cui Chiara viene nominata badessa. Ma lei, mettendo in pratica il principio di uguaglianza insegnato dal Vangelo, vive accanto alle sorelle come una loro pari e condividendo la vita quotidiana e l'esperienza religiosa. La Chiesa si era sentita in dovere di esercitare un controllo sulle aggregazioni monacali, perché quella di Chiara non era stata un'esperienza isolata. Servivano perciò regole e indicazioni precise per controllare lo sviluppo di tali conventi che vennero elaborate dal cardinale, futuro papa Ugolino.
La Chiesa ci teneva a disciplinare la vita di clausura, perché poteva rappresentare un nuovo ordinamento ascetico e monastico di particolare importanza in un periodo storico ricco di fermenti ereticali. Chiara accetta e rispetta queste direttive ma in cuor suo è convinta che ogni persona deve trovare da sola il suo percorso verso il Signore. Originaria non dell'Umbria, ma della Toscana, è invece Caterina da Siena nata il 25 marzo 1347 da donna Lapa e Jacopo di Benincasa, tintore di panni. E' uso comune attribuire a Caterina il cognome Benincasa, ma ciò non corrisponde a verità perché la sua famiglia non aveva un cognome. Infatti a quei tempi poche erano le famiglie che avevano un nome da trasmettere ai figli ed erano per lo più nobili, potenti e ricchi.
Dei primi cinque anni della vita di Caterina non si hanno notizie certe. E' lecito immaginarla intenta nei giochi come ogni altra coetanea, ma già a sei anni la sua esistenza subisce una svolta che la differenzia moltissimo dalle bambine della sua età . Infatti un giorno, ritornando da una visita dalla casa della sorella, Caterina ha la sua prima visione. E' il 1353 e da questo momento Caterina non è più la stessa. A soli sette anni si consacra al Signore ed incomincia una vita di preghiera e penitenza in seguito aiutata anche da Tommaso della Fonte, un parente accolto in casa poiché rimasto orfano, diventato poi domenicano e confessore di Caterina.Fattasi giovinetta i genitori pensano di procurarle un marito. Ma lei si oppone categoricamente alla decisione e comunica la sua scelta di farsi monaca.
Così, a sedici anni, al terzo ordine di San Domenico e diventa famosa per la vita contemplativa e la dedizione verso i poveri e gli ammalati. Caterina però è anche una donna di grande intelligenza e, benché illetterata, ha intuizioni teologiche e filosofiche che la rendono ricercata consigliera di mistici, teologi, letterati e prìncipi. Dal 1368 si forma intorno a lei un cenacolo di ammiratori che si fanno consigliare, guidare, sgridare e difendere e tra il 1370 e il 1380 detta ad amanuensi 381 lettere indirizzate a papi, prìncipi, condottieri, umili e potenti percorse da un'impetuosa volontà di persuasione. Questo epistolario rimane la sua opera più significativa, ma non l'unica. Caterina, forse per la polemica contro l'esilio avignonese, viene anche sospettata di tendenze anticuriali ma nel 1374 viene giudicata a Firenze dal capitolo generale dei domenicani e assolta.
L'anno successivo papa Gregorio XI le affida la propaganda della crociata e, proprio in questo periodo la donna riceve le stimmate. Scoppiato il conflitto tra Firenze e il papa, Caterina si reca ad Avignone (1376) per implorare la pace, ma senza successo. Da questo momento si assume direttamente la missione di riportare il papa a Roma e il 17 gennaio 1377 Gregorio XI rientra nella città ma alla sua morte si apre un agitato conclave che finisce in un agitato conclave che finisce per spaccare in due la cristianità.
Dopo lo scisma d'occidente (1378) Caterina si dedica intensamente alla riunificazione della Chiesa e questo impegno la logora notevolmente. Muore a Roma nel 1380 e qui viene seppellita.Concluderei l'argomento con una donna d'oltralpe che si è realizzata nel sociale e che, pur vivendo nell'agio e nella ricchezza si è data da fare per i poveri e i sofferenti: Elisabetta d'Ungheria (1207-1231). Figlia del re Andrea II, cugino dell'imperatore di Germania, a quattro anni è già stata promessa in sposa a Ludovico IV di Turingia. Nel 1221 il matrimonio viene celebrato, ma Elisabetta vive già da tempo nella residenza familiare dello sposo a Wartburg. A soli vent'anni rimane vedova con due figli e una terza in arrivo. La morte del marito la lascia libera di poter comportarsi come meglio crede e, dal momento che ha sempre avuto una propensione verso gli umili i malati, decide di dedicarsi personalmente alla loro cura dividendosi tra loro e i figli.
I familiari del marito, ed in particolare la suocera, cercano di osteggiare questo suo comportamento ma lei continua imperterrita sulla sua strada tanto da essere cacciata dalla residenza quando decide di rinunciare alla sua dote per la costruzione di un ospedale a Marburgo. La sua decisione è sorprendente se si pensa che è una donna sempre vissuta tra gli agi e la ricchezza e alla modernità del progetto. Fino a questo momento, infatti, gli ospizi servivano per accogliere i poveri e i pellegrini e non per curare gli infermi. Nella povertà più assoluta, ma sostenuta da una fortissima vocazione, Elisabetta svolge i lavori più umili e arriva perfino a mendicare per poter mantenere il suo ospedale.
Il suo atteggiamento è indicativo di come si sia spinto anche oltre i nostri confini il modello di santità incarnato da Chiara e Francesco e, non si tratta certo di un caso se l'ospedale di Marburgo viene dedicato proprio a Francesco.Elisabetta muore nella città dove ha costruito il "suo" ospedale a soli 24 anni e qui viene sepolta.