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p. Giancarlo ceriotti: l'esperienza del monaco, una prospettiva di vita

 Sant'Agostino: la più antica immagine del santo alla Biblioteca Lateranense

Sant'Agostino: Scala Santa in Laterano

 

 

 

L'ESPERIENZA DEL MONACO: UNA PROSPETTIVA DI VITA

p. Giancarlo Ceriotti O.S.A.

 

 

Introduzione

Data la penuria del tempo a disposizione attingo copiosamente al mio precedente lavoro, La pastorale delle vocazioni in S. Agostino, Palermo 1991. Il titolo, troppo generico e vasto, richiede una specificazione per delimitare l'indagine all'esperienza agostiniana. L'attenzione è tutta rivolta ad Agostino e all'ordine Agostiniano, costituito nel 1256 per intervento della Santa sede, attraverso la Grande Unione di alcuni gruppi eremitici: Guglielmiti (S. Guglielmo di Malavalle); eremiti toscani di regola agostiniana; eremiti di fra Giovanni Bono di mantova, diffusi in Romagna, Emilia, Lombardia e Marca Trevigiana; eremiti di Bruttino nei pressi di Fano; eremiti di Monte Favale nel Pescarese, non di regola agostiniana, e altri minori.

Dagli scritti di Agostino, densi di riferimenti personali, dalla Regula ad servos Dei, abbracciata e professata nel corso dei secoli da numerosi Istituti Religiosi, e dalla testimonianza coeva del discepolo e biografo Possidio, emerge chiaramente lo stile di vita delle comunità di fratelli, chiamati compagni di povertà e servi di Dio (Serm. 355 e 356; Augustini vita 3,1-2; 5,1; 22-26).

Ripercorere il cammino spirituale del Santo vescovo, nato 1650 anni fa, il 13 novembre 354, vederlo all'opera con i fratelli di Tagaste e di Ippona, è il modo migliore per cogliere la dimensione monastica, illustrare le prospettive e l'apostolato, costatare l'influenza, tra luci e ombre, esercitata dalle sue fondazioni nella Chiesa e nella società.

 

Agostino monaco

La scena famosa del giardino milanese, descritta nelle Confessioni, (1) è il culmine di un dramma protrattosi a lungo: il dissidio, non ... più tra bene e male, tra verità ed errore, poiché alcune certezze sono ormai acquisite ed assodate, (2) è tra vita matrimoniale e pratica dei consigli evangelici: «Vedevo la Chiesa popolata di fedeli che avanzavano, l'uno in un modo, l'altro in un altro; invece mi disgustava la mia vita nel mondo [...] Ma ero stretto ancora da un legame tenace, la donna. L'Apostolo non mi proibiva il matrimonio, sebbene invitasse a uno stato più alto, desiderando, se possibile, che tutti gli uomini fossero come lui; ma io, più debole, cercavo una posizione più comoda». (3)

In Agostino è contemporanea la decisione di presentarsi al battesimo e di essere monaco, deponendo ogni speranza mondana per amore della sapienza, nella ricerca sincera di Dio e di se stesso, desideroso di appartenere a Dio, amato, cercato e seguito, come recita la preghiera iniziale dei Soliloqui. (4)

La vita Antonii di Atanasio, cui si ricollega l'episodio dei due funzionari palatini di Treviri, narrato e testimoniato da Ponticiano, (5) gli offre la spinta iniziale; conosciuta in Occidente verso la metà del IV secolo, si afferma subito come un best-seller. Influisce positivamente nelle decisioni di molti e serve con rara efficacia la causa del monachesimo, svelando un mondò sconosciuto ai più. La gioia di Monica, superiore ad ogni attesa, deriva dalla costatazione della scelta radicale operata dal figlio e dalla convinzione che il Signore ci ascolta oltre ogni umana aspettativa:

«Vedeva che le avevi concesso a mio riguardo molto più di quanto ti aveva chiesto con tutti i suoi gemiti e le sue lacrime pietose. Infatti mi rivolgesti a te così appieno, che non cercavo più né moglie né avanzamenti in questo secolo, stando ritto ormai su quel regolo della fede, ove mi avevi mostrato a lei tanti anni prima nel corso di una rivelazione; e mutasti il suo duolo in gaudio molto più abbondante dei suoi desideri, molto più prezioso e puro di quello atteso dai nipoti della mia came». (6)

Dell'ascetismo cristiano, pur apprezzando e ammirando l'excellens fastigium sanctitatis degli eremiti, superiore alle sue forze (7) Agostino, socievole per natura e portato ai legami duraturi dell'amicizia, accoglie la dimensione cenobitica che favorisce la libera e feconda circolazione delle idee, l'arricchimento reciproco, la condivisione delle responsabilità e la comunicazione di ciò che si ha e di ciò che si è.

Sua costante aspirazione è infatti comunicare e comunicarsi!

Agostino cercherà in tutti i modi di diffondere con la parola, gli scritti e l'esempio, l'ideale monastico, sognato invanamente a Milano (8) e utilmente sperimentato a Cassiciaco, ubi ab aestu saeculi requievimus in te, (9) elaborato a contatto con i monasteri milanesi e romani, (10) attuato per un triennio a Tagaste (388-391) (11) e sviluppato compiutamente a Ippona, perché «fiorisca anche in Africa, come in tutte le altri parti della terra».(12)

 

Sacerdote e vescovo

Agostino, che ha progettato di progredire nella via della sapienza nella forma alquanto pretenziosa di deificari in otio (13)e ha sempre declinato i pressanti inviti di Nebridio, il dulcis amicus (14) a trasferirsi nei dintorni di Cartagine in cerca della sospirata tranquillità, divenuta impossibile a causa dei troppo insistenti e possessivi concittadini che lo assillano e importunano (15) - a motivo del rifiuto accampa la malferma salute, la pesantezza dei viaggi è le necessità dei fratelli, ancora bisognosi di essere guidati alle superiori ebbrezze dello spirito (16) -, nell'inverno del 390-391, lascia le alture di Tagaste scende ad Ippona, l'antica capitale della Numidia, seconda città dopo Cartagine dell'Africa proconsolare, appartenente alla provincia ecclesiastica di Numidia. (17)

Nella meditazione assidua della parola di Dio e nell'accoglienza docile delle sue ispirazioni, nel dialogo fraterno con gli amici (18) che aumentano di numero anche per la presenza saltuaria di familiari e vecchi conoscenti, desiderosi di trascorrere momenti di serenità e di condivisione, di contatto umano e di riposo in una reale comunione di spirito (19) ha scoperto che nulla è pesante a chi ama, se non la lentezza e il ritardo. (20)

Sa per esperienza che la vita di ognuno e le relazioni apostoliche sono spesso segnate da incontri più o meno casuali che, rinnovati nel tempo, determinano le svolte decisive dell'esistenza. (21)

Lascia dunque Tagaste, centro di pietà e di scienza, polo di attrazione e di irradiazione spirituale, in cerca di candidati e di luoghi adatti a nuove fondazioni. (22)

I tentativi infruttuosi di guadagnare a Dio - lucrari Deo, Deo quaerebam, colligere fratres sono tipiche espressioni per descrivere l'attività vocazionale (23) - un amico riluttante e indeciso, se prolungano il soggiorno, permettono ai cittadini di Ippona di conoscere di persona colui che già conoscono di fama e di proporlo come prete al vescovo Valerio. (24)

L'ordinazione sacerdotale, sorprendente e inattesa nei primi mesi del 391, costituisce un eccezionale evento di grazia, denso di significato e carico di conseguenze. Influisce positivamente e profondamente sulla vita e sulla concezione monastica, teologica e pastorale di Agostino, che si evolvono e sviluppano secondo gli ampi spazi della carità (25) e una più intima adesione al piano di Dio, che sprona ad uscire dai progetti personali e a conformarsi alla sua volontà, deciso ormai a «non volere più ciò che volevo io e volere invece ciò che volevi tu», sostenuto e confortato dall'esempio di Cristo morto per tutti. (26) Il cambiamento di rotta e di volontà, descritto nelle Confessioni, trova espressione nella docilità dell'animo e sfocia nella preghiera:

«Tu, la Verità, siedi alto sopra tutti coloro che ti consultano e rispondi contemporaneamente a tutti coloro che ti consultano anche su cose diverse. Le tue risposte sono chiare, ma non tutti le odono chiaramente. Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre ode la risposta che vuole. Servo tuo più fedele è quello che non mira a udire da te ciò Ghe vuole, ma a volere piuttosto ciò che da te ode». (27)

La dedizione apostolica del servo di Dio - espressione usuale per indicare i monaci - si accentua e la dimensione ecclesiale si evidenzia sempre più chiaramente nell'assiduo e costante servizio al Cristo totale, «prestato col cuore, la voce e gli scritti», (28) nel dono incessante di sé ai fratelli per i quali vive. (29)

La fondazione della prima comunità ipponense, il monasterium virorum o dell'orto, dove Agostino è sacerdote e gli altri laici, e, dopo l'ordinazione episcopale e la successione a Valerio nella cattedra, la susseguente trasformazione dell'episcopio in monastero, il monasterium clericorum, (30) determinano un nuovo indirizzo. Lo stile di vita, cui si uniformerà anche il monasterium feminarum o sanctimonialium, retto dapprima dalla sorella, (31) rimane sostanzialmente identico, ritmato dalla vita comune in povertà e continenza con relativi tempi di preghiera, studio e lavoro:

«Invoco Cristo a testimone delle mie parole: per quanto mi riguarda personalmente, preferirei maggiormente dedicarmi ogni giorno ad ore determinate, come avviene nei monasteri ben ordinati, ad un po' di lavoro manuale e poi aver libere le altre ore per leggere, pregare e studiare la Sacra Scrittura». (32)

Le fondazioni ipponensi attuano perfettamente l'ideale monastico agostiniano scandito dalle sobrie indicazioni della Regula. K. Baus sintetizza chiaramente le caratteristiche fondamentali:

«1) la vita communis viene intesa come una delle più alte possibilità di realizzare l'amore di Dio e del prossimo sulla base di una amicitia intesa nel più profondo senso cristiano, la quale unisce tutti;

2) la vita della cot:nunità si regge sull'atmosfera di una grande apertura nei rapporti reciproci e con il superiore, che è determinata dalla libertà donata dalla grazia;

3) alla lectio, lo studio spirituale nel senso più ampio, viene conferito un valore che dà al monastero agostiniano una vivacità spirituale tutta sua ed una attenzione caratteristica verso tutti i problemi importanti dal punto di vista religioso;

4) il monasterium clericorum è destinato al servizio della cura d'anime, cosl che il monachesimo agostiniano è orientato decisamente in senso apostolico e legato assai efficacemente alla ecclesia». (33)

A questo ideale Agostino, prete e vescovo coerente e coscienzioso per un quarantennio dal 391 al 430, sarà sempre fedele: ispirerà la vita, guarderà con nostalgia e non senza rimpianto quanto più le varie e pressanti occupazioni ministeriali lo assorbiranno totalmente:

«La fatica di questo incarico - in mezzo alla baraonda e alle angustie delle altrui contese o da risolvere con una sentenza o far cessare con un intervento autoritario - ce la siamo accollata, non senza consolazioni divine del resto, in vista della vita eterna che speriamo e per produrre qualche frutto di bene con 1'esercizio della pazienza. Siamo infatti al servizio della Chiesa del Signore e segnatamente delle sue membra più fragili, quale che sia il nostro valore di membro rispetto all'intero corpo. Né voglio parlarvi delle altre innumerevoli preoccupazioni per la Chiesa che gravano su di noi. Solo chi ne ha fatto l'esperienza potrebbe prestar fede alle mie parole. Comunque, non è vero che noi imbastiamo some pesanti e le carichiamo sulle vostre spalle, mentre noi rifuggiamo dal toccarle col dito. Se ci fosse consentito, salve sempre le esigenze del nostro ufficio, noi preferiremmo senz'altro dedicarci ai lavori che vi esortiamo a compiere (lo sa colui che scruta il nostro cuore!), anziché a tutti gli altri che siamo obbligati a intraprendere». (34)

Personalmente, e per intima convinzione, egli continua a rimanere monaco: lo ripeterà spesso e volentieri a tutti, cercando di realizzare l'ideale espresso dalla massima riferita a S. Oscar, l'apostolo del Nord del secolo IX: intus monachus, foris apostolus. Dal pulpito, avendo assaporato la dolcezza dell'intimità con Dio da cui si è lasciato fare e guidare per donarsi agli altri, cercherà di portare gli uomini carnali che, per mancanza di tempo (35) difficilmente ascoltano e faticosamente scoprono le vie di Dio, sia per sordità che per cecità spirituale (36) a gustare la sapienza divina, a seguire la propria vocazione e a mettersi a servizio degli altri, secondo le esigenze del vangelo e le necessità della Chiesa. Il breve commento 57 al vangelo di Giovanni compendia le dolci e salutari occupazioni del raccoglimento interiore, proprie dei servi di Dio «che umilmente e volentieri amano ascoltare la Verità che parla dentro», e le doverose incombenze, difficili e faticose, di coloro che abbracciano ed esercitano il ministero di Cristo, che bussa al cuore, per continuare la missione degli apostoli e degli antichi predicatori della verità. Agli uomini carnali, che non vogliono ascoltare e non possono intendere quanto la misericordia di Dio dona e dispensa largamente, poiché ogni vocazione è grazia (31) Agostino chiede solo di smettere d'insegnare cose perverse (38) e di non ostacolare quanti desiderano accogliere la parola di Dio che, tagliente come una spada, incide salutarmente e separa i fedeli dagli ostili infedeli:

«Questa divisione con quale spada è stata fatta, se non con quella che Cristo ha portato? E di nuovo, fratelli, vediamo tutto questo anche nella vita di ogni giorno. A un giovane piace servire Dio, ma a suo padre non piace; sono divisi tra loro; uno promette l'eredità terrena, l'altro ama quella celeste una cosa questo promette, un'altra cosa quello sceglie. Non creda il padre che gli sia fatta ingiuria: Dio solo è a lui preferito; e tuttavia litiga con il figlio che vuole servire Dio. Ma quella spada che separa è più forte della natura carnale che unisce».

Agostino si addolora per le critiche e gli scherni dei mormoratori di professione, refrattari alle esigenze dell'amore che chiama, i quali in nome del buon senso cercano di sviare gli altri. (40)

La sua parola diventa più vibrante e vigorosa: invita i chiamati a progredire spiritualmente, superando ostacoli e difficoltà, che non mancheranno mai a coloro che si incamminano nelle vie del Signore (41) li sprona a perseverare (42) e a suscitare, con la parola e l'esempio, nuove vocazioni, senza eccessivamente preoccuparsi delle critiche dei maldicenti:

«Per quanto ci si sforzi di rendere tutti consacrati alla continenza, pochi lo saranno di fatto. Non tutti, infatti, comprendono questa parola. Siccome sta anche scritto: Capisca chi può, io concludo che le persone capaci capiranno se l'ideale non viene taciuto nemmeno a quelle che non capiscono [...] Insistete dunque con ogni tranquillità presso tutti quelli che vi è consentito, al fine di renderli come siete voi». (45)

Agostino, nel tentativo di istillare nel cuore il desiderio della perfezione evangelica, esorta ad abbracciare l'ideale religioso, come rivela ad Ilario di Siracusa, senza ergersi a giudici stolti e arroganti di quanti vivono castamente nel matrimonio e amministrano cristianamente e saggiamente case e proprietà:

«Io, che ti scrivo queste cose, ho amato ardentemente la perfezione, di cui parla il Signore, quando disse al giovane ricco: Va, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi; e l'ho fatto non con le mie forze, ma con l'aiuto della sua grazia […] Quali progressi inoltre abbia io fatti nella via di questa perfezione lo so io meglio di qualsiasi altro, ma meglio di me lo sa Iddio. Con tutte le forze possibili esorto gli altri ad abbracciare lo stesso ideale religioso: grazie al Signore ho anche dei confratelli i quali l'hanno abbracciato dopo che io li ho persuasi, grazie al mio ministero, ma facendo in modo che sopra ogni altra cosa venga osservata la retta dottrina senza giudicare con stolta arroganza coloro che non fanno come noi...». (44) 

Diversi fratelli li conosciamo per nome: al gruppo iniziale di Tagaste - Alipio, Evodio, Severo poi vescovi rispettivamente di Tagaste, Uzali e Milevi - si aggiungono altri: Possidio di Calama, il primo biografo, Profuturo e Fortunato di Cirta, Urbaso di Sicca, Novato di Sitifi, Paolo e Bonifacio di Cataqua, Antonino di Fussala, ricordati tutti, assieme ad altri meno noti, nel vasto epistolario agostiniano. Sbocciati dal monastero di Ippona e ordinati chierici della stessa città, vengono richiesti da altre chiese come sacerdoti e vescovi delle città sopra ricordate; a loro volta diventano zelanti diffusori dell'ideale agostiniano, animando uomini e donne e fondando monasteri di monaci, vergini e chierici, come narra Possidio:

«Io stesso ho conosciuto una decina di santi e venerandi uomini, continenti e dottissimi, che il beato Agostino acconsentì a dare a diverse chiese, talune anche di molta importanza. Quelli, a loro volta, ispirati agli ideali di quei santi uomini, spargendosi nelle chiese del Signore istituirono dei monasteri; e crescendo lo zelo per l'incremento della parola di Dio, prepararono a ricevere il sacerdozio dei fratelli che poi furono promossi ad altre chiese.» (45)

Il forte proselitismo di Agostino traspare negli opuscoli ascetico-morali (De bono coniugali, De bono viduitatis, Da sancta verginitate, De continentia, De opere monachorum, Regula): mettono in risalto la dignità matrimoniale e vedovile, esaltano la verginità consacrata e la continenza, delineano la vita monastica scandita dalla preghiera e dal lavoro e regolata da sobrie norme sagge e prudenti. In questa linea, dettata dalla carità, desidera coinvolgere molti, rivolgendosi ai più aperti e disponibili all'azione divina, che continuamente chiama per mettere la vita a servizio del Vangelo e della Chiesa (ep. 243).

Ai monaci di Capraia, in una lettera bella e ... profonda sulla comunione dei beni spirituali tra i membri del corpo di Cristo e giusto equilibrio tra azione e contemplazione, scrive:

«Vi esortiamo quindi nel Signore, o fratelli, che pratichiate l'ideale religioso abbracciato e perseveriate sino alla fine; se la Chiesa richiederà i vostri servigi, non assumeteli per brama di salire in alto né rifiutateli spinti dal dolce far nulla, ma ubbidite con mitezza di cuore a Dio sottomettendovi con mansuetudine a colui che vi dirige, che guida i miti nella giustizia e ammaestra i docili nelle sue vie. Non vogliate neppure anteporre la vostra pace alle necessità della Chiesa; se nessuno tra i buoni volesse prestarle l'opera nel generare nuovi figli, nemmeno voi avreste trovato il modo di nascere alla vita spirituale». (46)

È chiaro comunque che l'ordinazione sacerdotale e il ministero pastorale devono essere motivati da profondo amore a Cristo, alla Chiesa e alle anime che, scrive al pagano Nettario di Calama, «anche a prezzo del nostro sangue bramiamo di guadagnare a Dio». (47) La grande carica di amore ci aiuta a capire perché «l'ufficio vescovile ha dato ad Agostino molto più di quanto non gli abbia tolto; solo al servizio della Chiesa e attraverso di essa egli è diventato quel che è stato.»  (48) L'edificazione spirituale della Chiesa, della Chiesa concreta che tanto gli sta a cuore, diventa sempre più, col trascorrere degli anni, lasua ragione di vita. In essa s'incontra l'amore di Cristo (49) si sperimenta l'aiuto fraterno, si partecipano le ricchezze spirituali nella comunione mistica dei beni posseduti da ognuno. (50) A lui «interessa che la santità e la forza meravigliosa della Cristianità non rimangano solo un'idea, ma appaiano ben visibili, operanti e convincenti. Ora che l'età dei martiri appartiene al passato, egli si rallegra che il monachesimo fornisca sempre nuovi santi».!  (51)

 

Ministero di accoglienza

Nelle sue case s'incontrano svariate categorie sociali: nobili e ricchi, ufficiali e funzionari, gente di umile condizione, contadini e artigiani, liberi e schiavi. I poveri, che costituiscono la stragrande maggioranza del genere umano, sono logicamente i più numerosi. (52)

Accanto agli anziani si trovano giovani: l'impulsività e l'intraprendenza degli uni è temperata dalla prudenza e dalla riflessione assennata degli altri. Vi sono novizi, come Leto, (53) adolescenti e ragazzi, come Antonino di Fussala (54) e il nipote Patrizio, (55) cui viene impartita un'accurata educazione.! (56) È prima di tutto ed essenzialmente una scuola di vita e di formazione, come ricorda egli stesso a proposito del discepolo Possidio: «è stato educato per mio mezzo non con le discipline letterarie, chiamate liberali dagli schiavi di molteplici passioni, ma allevato col pane del Signore, quanto gliene ho potuto somministrare nella mia pochezza». (57)

Nel senso originale del termine potrebbe definirsi un seminario, un vivaio di preti e vescovi, come lo chiama Possidio, dove Agostino «è il maestro di un nuovo clero, l'episcopato di domani», (58) culturalmente preparato e moralmente qualificato: «Frattanto, di giorno in giorno venendo in più chiara luce la verità della predicazione della Chiesa cattolica, come pure l'ideale di vita dei santi servi di Dio, la loro continenza, la loro austera povertà, si cominciò con gran desiderio a richiedere e a ricevere dei vescovi e dei chierici dal monastero che a quel memorabile uomo doveva la sua esistenza e i suoi progressi; in tal modo ebbe inizio e poi si stabilì la pace e l'unità della Chiesa». (59)

Alla testimonianza coeva di Possidio possiamo accostare uno studioso contemporaneo, esperto e brillante espositore della dottrina dei Padri:

«La vitalità della Chiesa d'Africa si manifesta con una nuova generazione di vescovi che prendono il posto di prelati ambiziosi, compromessi, intriganti e dalla scarsa teologia, compensata con l'intrigo e il cavillo. Attorno ad Agostino noi, d'ora innanzi, troviamo vescovi di qualità, dalla teologia sicura e dalla dedizione disinteressata al servizio della Chiesa e del popolo cristiano». (60)

In breve vengono accolti tutti quelli di buona volontà, sinceramente desiderosi di perfezionarsi senza la presunzione di ritenersi perfetti, come fa il vecchio vescovo che, al termine della vita, non cessa di correggersi (61) e si augura che in questo aspro cammino, scandito dalla carità (62) non ci si fermi ai suoi primi passi ma si progredisca insieme a lui secondo le rinnovate esigenze della vita, che è pur sempre un cammino:

«Il cammino che abbiamo intrapreso è il cammino della fede: perseveriamo fermamente in essa e ci introdurrà nei segreti del Re, dove sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza [...] Dobbiamo camminare, progredire, crescere, affinché i nostri cuori diventino capaci di contenere quelle cose che adesso non siamo in grado di accogliere. E se l'ultimo giorno ci troverà in cammino, conosceremo lassù ciò che qui non siamo riusciti a conoscere» (63)

«Qui in terra dobbiamo cercare sempre [...] camminiamo sempre su questa via, finché non perverremo là dove questa via conduce; non fermiamoci mai su tale via finché non ci avrà fatti arrivare là dove resteremo. E così, cercando, avanziamo; trovando, raggiungiamo una tappa, cercando e trovando perverremo alla meta, e là finalmente avrà termine la ricerca, dove la perfezione non avrà più bisogno di progredire.» (64)

Un congruo e doveroso periodo di prova verifica la sincerità della vocazione; il distacco effettivo e radicale, come appare da alcuni testi, sancisce la decisione e conferma la conversione alla vita comune:

«Poiché quando uno abbandona il mondo per entrare in monastero, se lo fa con retta intenzione, non si preoccupa del denaro, soprattutto se avvertito di quanto ciò sarebbe male. Se invece è finto e cerca il proprio interesse e non quello di Cristo, non possiede certo la carità, e allora a che gli gioverebbe, anche se distribuisse tutti i suoi beni ai poveri e desse il suo corpo alle fiamme? A ciò si aggiunga il fatto, già considerato nel nostro colloquio, che tale inconveniente potrà in seguito essere evitato trattando la cosa con chi si ritira alla vita monastica, se si stabilisce che non venga ammesso alla comunità dei fratelli prima che si sia liberato da tutti quei legami e si differisca, l'ammissione al momento in cui il suo patrimomo sara allenato». (65)

«Dunque ci sono alcuni esseri spirituali che fanno il loro nido sui cedri del Libano, cioè vi sono alcuni servi di Dio che ascoltano la parola contenuta nel vangelo: Abbandona tutte le tue cose [...] Questo non l'hanno solo ascoltato i grandi, ma l'hanno ascoltato anche i piccoli per essere spirituali: non si uniscono nel vincolo del matrimonio, non assumono la sfibrante cura dei figli, non hanno sedi proprie alle quali siano stabilmente legati, ma scelgono una forma di vita in comune. Ed allora che cosa hanno abbandonato questi passeri, se essi non sono che gli esseri più piccoli di questo mondo? Che cosa hanno abbandonato? Forse qualcosa di grande? Uno si è convertito, ha abbandonato l'umile dimora di suo padre, appena un letto e una cassapanca. Eppure si è convertito, si è fatto passero, si è messo a ricercare le cose spio rituali. Bene, molto bene! [...] Molto ha abbandonato, fratelli miei, davvero molto, chi ha abbandonato non solo tutto ciò che aveva, ma anche tutto ciò che desiderava di avere.»  (66)

 

 

Diffusione del monachesimo agostiniano

 

Il movimento religioso agostiniano grazie anche al particolarissimo rapporto di fiducia e simpatia che lega vescovo e fedeli in vincoli d'amore (67) ci è testimoniato da Agostino in una lettera ai fedeli di Ippona. Si congratula con loro perché hanno compreso il significato del servizio divino nella vita monastica:

«Hanno amato in me ciò che hanno udito: di essermi, dopo aver rinunciato ad alcuni campicelli di mio padre, consacrato a servire liberamente il Signore»." (68)

Gioisce e si rallegra dei risultati ottenuti, grazie anche alla sua parola e al suo esempio incomparabili. Parlando di Pietro, che ha lasciato una piccola barca e una sola rete, e degli altri apostoli, dice: «Lasciarono perciò tutto e, in realtà, lasciarono tutto il mondo, poiché esclusero ogni speranza in questo mondo e seguirono colui che creò il mondo, credettero alle sue promesse; anzi, dopo di loro, lo fecero molti [...] Agirono così quelli che misero a morte il Signore; molti in seguito si regolarono in tal modo; anche al presente sono in molti. Ne siamo a conoscenza, ne abbiamo sotto gli occhi gli esempi, in molti troviamo conforto, in molti è la nostra compiacenza, perché la parola di Dio non resta senza frutto in coloro che ascoltano con fede». (69)

Anche le accuse degli avversari sono una indiretta, seppure malcelata, dimostrazione della capacità persuasiva e feconda della sua attività. Mentre il manicheo Fausto gli rinfaccia di essere un diabolico propagatore della verginità, (70) il donatista Petiliano, qualunque sia il valore del testo in questione (71) lo rimprovera di aver introdotto in Africa, contro ogni antica tradizione, novità inusitate:

«maledicendo e insultando monasteri e monaci, rimproverandomi di essere stato il fondatore di questo genere di vita, o meglio, fingendo d'ignorare una realtà ormai nota al mondo intero». (72)

La straordinaria diffusione delle fondazioni agostiniane in Africa - alla sua morte se ne contavano una cinquantina, alcune assai numerose come le due di Tagaste erette da Santa Melania (73) -, testimoniata da Possidio, sono l'ulteriore conferma dello zelo apostolico di un uomo mosso unicamente dalla amorosa sollecitudine per la Chiesa, che abbraccia singoli e comunità, sempre «spinto, come scrive al diacono Deogratias, da quella carità che debbo non solo a te, in particolare, ma alla nostra madre Chiesa in generale». (74)

Proprio Possidio, il cui elogio suggella la biografia di Agostino, asserisce che l'autentica e vivente eredità del vescovo d'Ippona è legata soprattutto agli scritti, ai chierici e ai monasteri:

«Lasciò alla Chiesa un clero molto numeroso, come pure monasteri d'uomini e di donne pieni di persone votate alla continenza sotto l'obbedienza dei loro superiori, insieme con le biblioteche contenenti libri e discorsi suoi e di altri santi, da cui si conosce quale sia stato per grazia di Dio il suo merito e la sua grandezza nella Chiesa, e nei quali i fedeli sempre lo ritrovano vivo». (75)

Alla sua morte il monachesimo di matrice e derivazione agostiniana era dunque ben radicato e diffuso. All'epoca della persecuzione vandalica (76), come avvenne a Gerusalemme dopo il martirio di Stefano (At 8, 19) vescovi, chierici e monaci si dispersero e diffusero il monachesimo agostiniano nell'Italia meridionale - l'oltremare di cui parla Possidio (Aug. Vita 7, 3) - in Sardegna, con S. Fulgenzio, e anche nelle isole minori, in Gallia e nella penisola iberica in epoca bizantina (anni 535-575).

Sebbene la continuità tra i monasteri africani, largamente diffusi sino all'invasione islamica, e l'Ordine agostiniano non sia dimostrabile - non bisogna trascurare che in epoca carolingia furono abolite tutte le regole monastiche ad eccezione della benedettina – gli antichi storici agostiniani  hanno cercato in tutti i modi di affermare l'unità e continuità tra i due movimenti. E' certo che l'Ordine medioevale, riunito dalal Sede Apostolica, prima nel 1244 e poi nel 1256, si riteneva il vero erede e l'autentico continuatore dell'antico monachesimo africano e custode della dottrina religiosa, sia monastica che clericale, di S. Agostino, i cui meriti e indicazioni nella storia del monachesimo venivano continuamente riproposti e valorizzati.

La regola riprese vigore e diffusione negli Istituti canonicati del secolo XII, che vedevano Agostino come legislatore: Tu de vita clericorum sanctam scribis regulam, e nei movimenti eremitici del secolo XIII. Nel 1244 gli eremiti della Tuscia (Toscana, Umbria e alto Lazio), convocati a Roma da Innocenzo IV, diedero inizio al nuovo Ordine (Piccola Unione), sotto la regola di S. Agostino: Tu de vita monachorum sanctam scribis regulam !

Altri Ordini - i Domenicani nel 1216, i mercenari, i Servi di Maria, gli Ordini Ospedalieri e militari nella prima metà del 1200 e molti altri nei secoli successivi – presero la regola agostiniana a norma di vita e di condotta.

Sicuramente la professavano tre delle cinque congregazioni della Grande Unione del 1256, mentre seguivano la benedettina i Guglielmiti e gli eremiti di Monte Favale. I rapidi accenni, desunti dall'opera del confratello David Gutierrez (77), attestano la diffusione non solo europea della Regola, punto fondamentale di riferimento spirituale, culturale e unificante di varie realtà e famiglie religiose.

L'Ordine agostiniano dall'Italia si diffuse rapidamente in Europa. La mancanza di documentazione non ci permette di determinare il numero dei religiosi e di localizzare le presenze. Poco dopo il Capitolo romano della Grande Unione e prima della fine del secolo, in Italia esistevano una decina di Province: Pisana (1259), Senese (12699, Marche (12629, Romagna (1267), regno di Napoli o terra di Lavoro (12709, Romana (1276), Lombardia (1275), Spoletina (1281), Veneto o Marco trevigiana (1282), Sicilia (verso il 1290). All'estero c'erano 6 Province transalpine: Germania, Francia, Provenza, Spagna, Catalano-Aragonese, Inghilterra, cui si aggiunse negli anni '90 l'Ungheria.

Sin dalla Grande Unione, o poco dopo, furono inviati come visitatori in Germania fra cui Guido da Staggia (Siena), che partecipò da provinciale in Germania al Capitolo generale di Perugia (1265), in cui fu eletto Priore Generale a succedere a Lanfranco di Milano, mentre fra Giovanni da Gubbio fu inviato in Francia, Inghilterra e Scozia e nelle diocesi di Losanna, Verdun e Cambrai: chiara dimostrazione della diffusione europea dell'ordine sin dagli inizi.

Nel capitolo generale di Parigi del 1329 le Province dell'ordine erano 24. L'accresciuto numero dei religiosi e dei conventi comportava nuove realtà e suddivisioni. In Germania nel 1299 ne erano sorte quattro: Baviera, Sassonia e Turingia, Reno-Sveva, Colonia con conventi nei Paesi Bassi. Anche in Francia ne sorgono quattro: Tolosa, Aquitania, Barbona e Borgogna. Si formano inoltre la Provincia di Puglia e di terra Santa, dove però non ci furono mai nostri conventi, se non di Canonici Regolari o di Cipro.

Degna di affermazione è l'approvazione di D. Gutierrez, che ha anche studiato le antiche biblioteche dell'Ordine (78), “si può accettare come certo che nel 1356 i nostri conventi fossero più di 500 e che erano in quasi tutte le principali città d'Europa e in molte cittadine minori della Polonia e Ungheria fino al Portogallo e Irlanda." (79)

La costituzione, la conservazione e lo sviluppo delle biblioteche conventuali, soprattutto nelle case di studio, oltre a favorire la regolare disciplina e l'aggiornamento dei frati, attraverso lo studio serio e costante, contribuiscono anche al progresso civile. Sin dal secolo XIV le biblioteche agostiniane erano accessibili a chierici  e laici, nel secolo XVII vengono fondate da agostiniani le prime biblioteche pubbliche, ad publicam utilitatem: a Roma il P. Angelo Rocca, nei primi anni del 1600 apre l'Angelica; a Ventimiglia il P. Angelico Aprusio nel 1654 fonda l'Aprosiana; a Pavia il P. Filippo La chini nel 1663 apre al pubblico la Biblioteca di Ciel d'Oro.

E così, accanto ad altri testi, le opere di Agostino, a disposizione del grande pubblico, ne diffondono le idee e le dottrine, stimolano dibattiti, allargano prospettive, arricchiscono il processo culturale, suscitano comuni interessi grazie a un patrimonio maggiormente condiviso. Tramite Agostino e l'opera di dotti religiosi in dialogo con gli studiosi del tempo si attua un comune sentire e si avviano processi che danno unità alle nuove nazioni europee, senza trascurare le grandi realtà sovrazionali come la Chiesa e l'Impero.

Il processo, favorito e stimolato dalla nascita e sviluppo delle Università nelle principali città europee, vede in prima linea i religiosi: accanto ai Domenicani e ai Francescani hanno un posto di rilievo anche gli Agostiniani, che forniscono numerosi professori, sia nel promuovere gli studi, in quibus fundamentum Ordinis consistit (Costituzioni di Ratisbona 40, 433), che nel diffondere la cultura a vantaggio di tutti.

 

 

 

Note

 

1 Conf.  VIII, 12, 28-30.

2 Ibidem, V, 14, 24-25; VII, 5, 7;  7, 11.

3 Ibidem, VIII, 1, 2.

4  I l, 5; 2, 7; Conf. VI, 11, 19.

5 Conf.  VIII, 6, 14-15.

6 Ibidem, VIII, 12, 30; IX, lO, 26; Possidio, Augustini vita, 2, 1-4.

7 De mor. eccl. cath., I, 31, 66-67.

8 Conf. VI, 14, 24.

9 Ibidem, IX, 3, 5.

10 De mor. eccl. cath. 1, 33, 70-73; sulla vita monastica milanese cf. anche Conf.  VIII, 6, 15.

11 Aug. vita 3, 1-3.

12 De op. monach. 28, 36.

13 Ep. 10, 2; cf. G. FOLLIET, Deificari in otio. Augustin, Ep. lO, 2, in Recherches Augustiniennes, Paris

1962, pp. 225-236.

14 Conf. IX, 3, 6, I~ Ep, 5.

15 Ep. 10, 1. Sui rapporti tra Agostino e Nebridio cf. a cura di R. PICCOLOMINI, S. Agostino. Verso la verità.

Corrispondenza tra Agostino e Nebridio, Roma (Città Nuova) 1990.

17 Cf. O. PERLER, Les voyages de S. Augustin, Paris (Études Augustiniennes) 1969, pp. 152-156. Su Ippona Regia cf. F. VAN DER MEER, S. Agostino pastore d'anime, Roma (EP) 1971, pp. 59-86.

18 Aug. vita 3, 1-3; Retract. I, 26 parla di un'opera complessa intitolata Le ottantatre diverse questioni, nata dal dialogo in risposta alle interrogazioni dei fratelli, nei primi tempi della conversione, dopo il ritorno in Africa.

19 Alla testimonianza coeva di Nebridio possiamo accostare 1'affermazione dello stesso Agostino, posteriore di una decina d'anni (399-401), De op. monach. 1,2: «attendiamo alla lettura in compagnia dei fratelli che affaticati vengono a noi dalle burrasche del mondo per trovare, fra noi, la quiete nello studio della di Dio, nella preghiera, nei salmi, negli inni e nei cantici spirituali. Dialoghiamo con loro, li consoliamo, li esortiamo al bene costruendo in essi, cioè nella loro condotta, quanto a nostro avviso ancora vi manca, avuta considerazione dello stato in cui si trovano. Se non ci dedicassimo a tali attività, sarebbe pericoloso il nostro ricorrere a Dio in cerca degli alimenti d'ordine spirituale che egli dispensa».

20 Agostino rivela ai fedeli di amarli in rapporto alle loro esigenze e richieste, cf. In ep. Io. 9, 1: «Non amiamo i prigri, poiché per i tiepidi nutriamo apprensione». Più avanti (8), parlando all'anima santa e ardente, che desidera il regno di Dio, mette sulla bocca di Cristo queste parole: «Tu vuoi che io già venga a te ed io lo so bene: so che sei tale da poter aspettare con serenità la mia venuta. So della tua pena, ma attendi ancora un po', sopporta: ecco vengo, vengo presto. Questa venuta sembra un ritardo all'anima che ama». Cf. anche En. in ps: 26, I, 14; 69, 9; 121, 1; 141, 18.

21 Cf De cat. rud  13, 19: un contado si allontana dalla catechesi di Agostino, probabilmente per stanchezza; Aug. vita 15: il manicheo Fermo si converte durante una digressione omiletica di Agostino; Conf. V, 13, 23-14, 24: le parole di Ambrogio cambiamo l'animo di Agostino; VI, 7, 12: durante la lezione scolastica libera Alipio dalla passione del circo.

22  Cf. P. MONCEAUX, Saint Augustin et Saint Antoine. Contribution à l'histoire du monachisme,

Miscellanea Agostiniana II, Studi Agostiniani, Roma (Tip. poliglotta Vaticana) 1931, pp. 61-89: «Tagaste segna la penultima tappa della lunga strada che ha portato Agostino, partito dal cenobitismo filosofico, sino al cenobitismo monastico vero e proprio. Si trattava di una piccola comunità di monaci, che erano tutti amici e che intendevano salvarsi senza rinunziare alle lettere, senza nulla sacrificare delle loro abitudini intellettuali [...] Tagaste segna il passaggio tra la villa di studio di Cassiciacum e i monasteri propriamente detti di Ippona» (pp. 73 e 75). Sulla stessa linea si muove U. DOMINGUEZ-DEL VAL, Cultura y formaci6n intelectual en los monasterios agustinianos de Tagaste, Cartago e Hipona, La Ciudad de Dios 169 (1956), 425-455.

23 Serm. 355, 2-3.

24 Ibidem, 2; Aug. vita 3, 3-5.

25 Cf. Serm. 69, 1: «Ma se si trovano nelle angustie i recipienti di carne, si dilatino gli spazi della carità».

26 Conf.  IX, 1, 1; X, 43, 70. Cf. S. AGOSTINO, Sul sacerdozio, Roma (Città Nuova) 1985, a cura del sottoscritto. 

27 Ibidem, X, 26, 37.

28 Ibidem, IX, 13,37.

In lo. Ev. 18, 12: «Noi siamo vostri debitori, non soltanto adesso ma sempre finché avremo vita, dato che è per voi che viviamo»; Serm. 17, 2.7; 102, 1; 137, 14; 232, 8.

Serm. 355, 2.

31 Ep. 211, 4; Aug. vita 26, 1.

32 De op. monach. 29,37; Senno 339, 4. Sulla concezione monastica agostiniana cf. U. Moricca, Spunti polemici di S. Agostino contro i nemici e i falsi interpreti del suo ideale monastico, Miscell. Ag.na II, pp. 933-975; La Ciudad de Dios 169 (1956) ha dedicato una serie di articoli al monachesimo: J. M. DEL ESTAL, Un cenobitismo preagustiniano en Africa? (pp.

375-408); A. TRAPÈ, San Agustin y el monacato occidental (409-424); L. CILLERUELO, Los monies de Cartago y S. Agustin (456-463); R. FLOREZ, Sobre la mentalidad de S. Agustin en los primeros anos de su monacato; U. DOMINGUEZ DEL VAL, oltre l'art. precedente in n. 23, San Agustin fundador. Antologia de textos en tomo a su monacato (478-501); L. CILLERUELO, El monacato de S. Agustin, Valladolid (Archivo teologico agustiniano) 1966; J. MORAN, Sellados para la santidad, Valladolid (Archivo teol. agustiniano) 1967. In italiano si possono consultare: S. AGOSTINO, Clero e vita in comune, a cura di G. SCANAVINO, Roma (Città Nuova) 1985; La Regola, a cura di A. TRAPÈ, Roma (C. Nuova) 1986; A. MANRIQUE, Teologia agostiniana della vita religiosa, Milano (Ancora) 1971.

33 H. JEDIN, Storia della Chiesa, II, op. cit., p. 426. De op. monach. 29, 37.

35 En. in ps. 66, l0: «Non esser sordo alla parola di Dio, per le attrattive della vita passata! Non lasciarti prendere e tener prigioniero dalle cose presenti, tanto da dire: Non ho tempo di leggere, non Ho tempo di ascoltare».

36 Ibidem., 146, 17: «Pur senza parlare Cristo esige da voi; e sebbene taccia, la sua voce è molto forte, dal momento che nel vangelo non tace»; Serm. 85, 1: «Ciò che sentì quel giovane, l'abbiamo sentito anche noi. La bocca di Cristo è il vangelo. Egli siede in cielo, ma non cessa di parlare sulla terra. Cerchiamo di non essere sordi: poiché egli parla con voce potente. Cerchiamo di non essere come dei morti, poiché la sua voce è un tuono».

37 Cf. De coniu. adulto II, 18, 19.

38 Cf. De op. monach. 33, 41.

39 En. in ps. 44, 11; 96, 7; 127, 12; 149, 12; Serm. 72/A, 3-4.

40 Cf. In lo. eli. 26, 4; En. inps. 44, 11; 69, 5; 90, 1, 4; 93, 21; 122, 8; 119, 3-5; 132, 7; 149, 12; Serm. 88, 13; 161, 11-12; 306/B, 6.

41 Sir 2, 1; 2 Tm 3, 12; cf. En. inps. 54, 8; 55, 4; 69, 5; 96, 16.20; Serm. 5, 8; 96, 188.; 354, 1

42 De sancta virg. 27, 27.

34 De bono vid. 23, 28; De gratia et lib. arb. I, 4, 7: «Le parole del Signore sono esplicite. Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro cui è stato concesso, perché coloro a cui non è stato concesso, o non sanno volere, oppure non adempiono quello che vogliono; invece coloro a cui è stato, hanno tanta forza di volontà da adempiere quello che vogliono. Dunque la comprensione da parte di alcuni di questa parola, dura per gli altri, è un dono di Dio ed è frutto del libero arbitrio».

44 Ep.157, 4, 39

45 Aug. Vita 11, 3-4, n. 45; PELLEGRINO, ibi, n. 2, p. 208, ai monaci di cui sopra con citazioni delle epp., aggiunge Privato, Servilio e il diacono Peregrino.

46 Ep. 48, 2. Sul rapporto Azione e contemplazione in S. Agostino cf. il nostro art. in A. BALDONI-G.CERIOTTI, Frammenti Agostiniani, Palermo (Augustinus) 1988, pp. 9.3-114.

47 Ep. 91, 10; 231, 5; En. in ps. 96, 10.

48 H. VON CAMPENHAUSEN, I padri della Chiesa latina, Firenze (Sansoni) 1969, p. 225.

49 Serm. 138, 10: «amate questa Chiesa, restate in questa Chiesa, siate questa Chiesa. Amate il buon pastore, il bellissimo sposo, che non inganna nessuno e non vuole che alcuno perisca»; En. in ps. 41, 9: «La sua tenda in terra è la Chiesa, ma ancora pellegrina. Nondimeno è qui che dobbiamo cercare; perché nella tenda si trova la via, grazie alla quale si giunge alla dimora».

50 Ep. 48, 1: «Quando noi pensiamo alla pace che voi godete in Cristo, la gustiamo anche noi nella vostra carità, benché viviamo in mezzo a varie e dure fatiche. Noi infatti formiamo un solo corpo sotto un solo capo, per modo che voi siete attivi in noi e noi siamo in voi contemplativi: vos in nobis negotiosi et nos in vobis otiosi»; In lo. evo 67, 2: «E cosi Dio sarà tutto in tutti, perché, essendo carità, per effetto di questa carità ciò che ognuno possiede diventa comune a tutti. In questo modo, infatti, quando uno ama, possiede nell' altro ciò che egli non ha. La diversità dello splendore non susciterà invidia perché regnerà in tutti l'unità della carità»; Serm. 96, 10:  "i coniugati mettano al di sopra di loro le persone non sposate; ammettano che sono migliori; nelle loro persone amino ciò ch' essi non hanno in sé e in loro amino Cristo" En. in ps. 121, 10; De sancta virg. 29, 29.

51 H. VON CAMPENHAUSEN, 0p. cit. p. 271.

52 De op. monach. 22,25; 25, 33; Regula 1, 7; 3, 17; ep. 211, 6.9.

53  Ep. 243.

54 Ep. 209, 3. Su Antonino cf. anche ep. 20*, tra quelle recentemente scoperte e pubblicate da I. DIVJAK, Oeuvres de saint Augustin 46 B della Biblioth. Aug., Paris (DDB) 1987, pp. 292-342.

55 Serm.356, 3.

56 Ep. 78; 85; 209, 3; Serm. 355, 3; 356, 3.

57 Ep. 101, 1.

58 A.G. HAMMAN, La vie quotidienne en Afrique du Nord au temps de S. Augustin, Paris (Hachette) 1979, p. 32 e pp. 266-267.

59 Aug. vita Il, 2.

60 A.G. HAMMAN, op. cit., p. 32.

61 De dono persev. 21, 55: «Infatti ora vengo componendo dei libri nei quali ho intrapreso a ritrattare le mie opere proprio per dimostrare che io non sono stato coerente in tutte neppure con me stesso; al contrario, penso, con la misericordia di Dio ho composto i miei scritti sempre progredendo, perché non ho certo cominciato dalla perfezione. Anche alla mia età attuale parlerei fondandomi più sulla presunzione che sulla verità, se dicessi di essere ormai arrivato alla perfezione e di non commettere più nessun errore in ciò che scrivo»; Serm. 169, 15, 18: «Avanza sempre, cammina sempre, progredisci sempre: non fermarti, non tornare indietro, non smarrirti»; En. in ps. 102, 17: «e pur quando ti sarai convertito per operare il bene, non potrai fare a meno di soffrire sulla terra, e non finirà questa fatica se non quando finirà il tuo cammino nella vita»; 38, 14; 99, 9; In lo. Ev.o 53, 7; ep. 143, 2 (di. Valentino tra le agostiniane); 216, 6. Sulla conversione permanente cf. il mio art. Agostino, fatica e pace di una conversione, Presbyteri 1 (1987), 10-24.

62 En. In ps. 39, 11.

63 Inlo ev. 57, 3.

64 Ibidem, 63,1; In ep. lo 3, 3; En. in ps. 69, 8; De Trin. XV, 1.

65 Ep. 83, 3.

66 En. in ps. 103, 3, 16; cf. 131, 5.

67 In lo. ev. 6, 1: «Vedo che vi siete qui riuniti più numerosi del solito, spinti dal desiderio di ascoltare e animati da sincera devozione. Voglia Iddio soddisfare, per bocca nostra, la vostra aspettativa. Certo, voi non sareste venuti, se non fosse stato l'amore a spingervi: ma quale amore? Se è amore per noi, va bene anche questo. Noi desideriamo essere amati da voi; solo che non vogliamo essere amati per noi. Noi vi amiamo in Cristo; ed è in Cristo che voi, a vostra volta, dovete amarci. E il nostro amore vicendevole gema verso Dio»; En. in ps. 58,2,3; 72, 34; 93,30; 147, 15.21; Serm. 269, 1; 313/E, 7.

68 Ep. 126,7.

69 Serm. 301/A, 4.

70 Contra Faust. XXX, 4.

71 B. QUINOT, Contra litt. Petil. 3, 40, 48 et le monachisme en Afrique, Revue des études august. 13 (1967), 15-24.

72 Contra litt. Petil. III, 40, 48.

73 Vita S. Melaniae, Roma (ed. Cardo Rampolla) 1905, p. 55: il monastero maschile contava 80 monaci, quello femminile 130 vergini. Lo stesso Agostinoparla della numerosa comunità femminile di Ippona (ep. 211, 2); cf. GAVIGAN, De vita monastica in Africa Septentrionali inde a temporibus S. Augustini usque ad invasiones Arabum, Torino (Marietti) 1962; J. M. DEL ESTAL, lnstituciòn monàstica de san Augustìn desde sus origines hasta la muerte del Fundador, La Ciudad de Dios 178 (1965), 256-269.

74 De catech. Rud. 1, 2, op. cit. pp. 4-5

75 Aug. Vita 3, 8 op. cit. p. 913

76 VITTORE DI VITA, Storia della persecuzione vandalica in Africa, a cura di S. COSTANZA, Roma, 1981, Ps. FERRANDO di Cartagine, Vita di S. Fulgenzio, a cura di A. ISOLA, Roma 1987.

77 D. GUTIERREZ, Gli Agostiniani nel medioevo (1256-1356), I/1, Roma 1986.

78 De Antiquitatis Ordinis Eremitarum S. Augustini bibliothecis, Analecta Augustiniana 23 (1954), pp. 164-372.

79  Gli Agostiniani, cit., p. 93