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LA BIBLIOGRAFIA CAROLINA

Immagine di san Carlo Borromeo

san Carlo Borromeo

 

 

 

LA BIBLIOGRAFIA CAROLINA

di Elena Rigamonti

 

 

 

PREMESSA

I personaggi di cui ci occupiamo in queste"settimane agostiniane" sono sempre dei giganti, come gigante è la grande statua del San Carlone ad Arona fatta erigere dal cugino - il cardinale Federico - in onore delle grandi virtù del suo predecessore. Quello che colpisce di questa grande statua (alta pensate 23,5 m su un piedistallo di 11,5 con un occhio grande mezzo metro e una mano lunga 1,45) proprio nel luogo di nascita di San Carlo è il contrasto tra l'imponenza del monumento (si può visitare all'interno come la statua della Libertà di New York e sembra proprio che i costruttori di quest'ultima vi si ispirarono) e l'iconografia che ci è rimasta del santo, oggetto peraltro di una prossima serata: la figura di San Carlo che ci è stata tramandata è quella di un asceta, alto, magrissimo, quasi curvo, emaciato, sguardo sempre severo e autorevole, di persona seria, saggia, posata, affidabile, ma che rifugge il mettersi in mostra. Sappiamo di lui che conosceva il silicio, spesso digiunava a pane e acqua per penitenza, dormiva pochissimo per scrivere e studiare; la sua vista si indebolì tantissimo: ma le sue qualità morali e di leader ecclesiastico prorompono nel San Carlone. Sappiamo anche che le immagini di Carlo partono dal periodo "romano", dopo la decisione di diventare sacerdote, dopo la frequentazione del gesuita G. Battista Ribera (considerato un po' l'erede di S. Ignazio di Lodola) avvenuta in occasione della morte del fratello maggiore Federico. Ribera lo sollecita a cercare "nell'affanno di tanti negozi, la salute dell'anima sua".

Fino a quel momento non ci sono immagini di Carlo tranne un medaglione inserito negli arredi del Palazzo di Arona, un bezzo busto. Le biografie, le lettere, le varie cronache del tempo lo descrivono invece come un giovane nobile robusto, molto alto (1,80 m quando l'altezza media degli uomini del tempo era di 1,60), elegante pur nella sobrietà, atletico (girava a cavallo, è andato su e giù da Roma innumerevoli volte, alpinista, cacciatore appassionato (il più grande omaggio che accettava erano inviti a partecipare a battute di caccia nelle varie tenute delle grandi famiglie nobili d'Italia), occhi cilestrini seppur miope, deciso e determinato. Non si faceva lavare né vestire da altri (né tagliare le unghie); l'iconografia lo rappresenta sempre sbarbato in segno di penitenza quando invece portò la barba a lungo, fino alla peste di Milano. Un personaggio che ci immaginiamo più verosimile alla statua che non all'iconografia, dunque.

 

La Bibliografia

Presentare una bibliografia su San Carlo è un progetto ambizioso, non minore dell'incarico di un'altra edizione della settimana agostiniana (l'influenza dei temi agostiniani nella letteratura e scrittura moderna!) e anche un po' noioso. All'inizio del lavoro, qualche mese fa, mi annoiavo persino io, che di bibliografie ne mastico parecchie a livello professionale, ma su San Carlo non conoscevo molto, forse presa un po' nei vortici dello stereotipo che lo vedono come il"rigido applicatore della controriforma avallata dal Concilio di Trento".

Come sempre il giudizio non è mai sereno fin quando non si approfondiscono le cose, e forse, questo, è lo spirito e l'intento di queste settimane agostiniane: quello cioè di impegnarsi a conoscere, ad approfondire perché, per dirla con un altro motto - guarda caso ancora agostiniano, a noi caro, "SI AMA SOLO CIO' CHE SI CONOSCE". Come rendere dunque meno tediosa la trattazione di una bibliografia? Una bibliografia serve per orientarsi nel cammino della conoscenza, è uno strumento già pronto che ci consente di scegliere, di escludere, di trattenere, soprattutto quando non si ha la possibilità di conoscere direttamente il personaggio o i fatti in questione. Su San Carlo, ve ne è una sterminata. Intanto ha la fortuna di nascere nel secolo in cui si espande la stampa anche in Italia: lui stesso ne fa molto uso, scrive molto, raccoglie tanti materiali, redige i documenti in duplice copia che ordina di catalogare e inventariare, non lascia quasi nulla "sine lege"; nelle sue dimore c'era più carta di arredi! E questo suo stile lo espande a Roma e a Milano nelle biblioteche e negli archivi.

 

I SUOI TESTI

Ci sono poi i biografi suoi discepoli e contemporanei che hanno tenuto diari dei suoi viaggi, delle visite pastorali, delle dispute, delle omelie, dei discorsi, della vita privata.

 

LE BIOGRAFIE

Ci sono le cronache dell'epoca -già ricche- della vita sociale, politica e religiosa: basti pensare ai documenti del Concilio di Trento, della dominazione spagnola a Milano e della storia delle città di Milano e Roma, della peste, della traslazione dei corpi dei santi martiri, delle grandi manifestazioni di preghiere pubbliche, del giubileo ottenuto dal Vaticano, delle opere da lui compiute nelle due città come costruzioni, fondazioni, regolamenti, visite pastorali in tutta la Lombardia fino in Svizzera, le congregazioni, i seminari, la Biblioteca Ambrosiana.

 

LA STORIA INTORNO

Ci sono le testimonianze e le curatele della famiglia Borromeo e tutte le pubblicazioni uscite in ogni occasione di anniversario: della nascita, della morte, della canonizzazione (come quella che ricordiamo quest'anno), della professione sacerdotale, dell'entrata in Milano, della ricorrenza di tale inaugurazione, dell'uscita di una sua opera, ecc.

 

L'EREDITA' FINO AI NOSTRI GIORNI

Infine l'iconografia e le opere che ci sono rimasti di lui (SAN CARLO NEL TEMPO E NELLO SPAZIO). Intanto non dimentichiamoci che in diocesi di Milano si sente sempre ripetere con orgoglio e rispetto:

"qui venne San Carlo";

"questa tradizione viene da San Carlo";

"questo l'ha voluto San Carlo";

"questo l'ha fondato San Carlo".

 

Ma chi era San Carlo?

Nasce ad Arona nel 1538 da Gilberto II Borromeo e Margherita Medici (nessuna parentela con i Medici toscani, perché la famiglia Medici milanese è ben più antica; si trovano tracce di Medici già dall'undicesimo secolo) e muore a Milano il 3 novembre 1584 a neppure 47 anni. La sua biografia per sintetizzarla velocemente, si divide in 3 periodi:

 

ARONA-MILANO-PAVIA 1538 - 1559

ROMA 1560 - 1565

MILANO 1565 - 1584

 

Nasce in una stanza del palazzo ad angolo da cui si poteva ammirare il lago dalle due angolazioni di oriente ed occidente, simboli della vita e della morte: qualche biografo ha letto già in questa modalità di nascita, un presagio della sua futura eccezionalità. A 7 anni riceve la tonsura (come nella più nobile tradizione di figlio cadetto; il fratello primogenito Federico, non il cugino più famoso, era destinato ad ereditare il nome e le ricchezze della famiglia); studia a Milano e a Pavia dove si laurea in diritto (una curiosità: tra tutti i documenti che ci lascia, non abbiamo la sua tesi dei laurea!),

Grazie all'influenza degli zii e, soprattutto, di Gian Angelo Medici, poi Papa IV, verrà chiamato giovanissimo a fargli da segretario a Roma. Nella sua veste, in quella sede, si occuperà veramente di qualsiasi cosa: dall'arte alla musica, dall'architettura alla musica (conoscerà Michelangelo e Palestrina), dalla morte dei tanti componenti della sua famiglia al grande progetto del Concilio di Trento. E' contemporaneo dei grandi Santi del Cinquecento: Teresa d'Avila (1515-1582), Giovanni della Croce (1542-1591), Luigi Gonzaga (1568-1591 cui amministra la Santa Comunione, appena dodicenne, durane una delle sue visite pastorali a Mantova) Francesco Saverio (1506-1552), Filippo Neri (1515-1595: vivente in Roma nel periodo di Carlo in quella città). La sua spiritualità, benché sintesi delle varie eredità del suo tempo, non si distingue però per autonomia e originalità.

Dà grande risalto ai Padri della Chiesa come Ambrogio e Agostino, S. Ignazio di Loyola e Tommaso d'Aquino. Ha lasciato quasi 70.000 lettere e 200 volumi di documenti all'Ambrosiana di Milano, eppure non è annoverato fra i Dottori della Chiesa (come Francesco d'Assisi) perché fu la sua azione di vescovo a rimanere incomparabile e immensa quasi a far prevalere l'azione sul pensiero, quel benedetto fare che ben incarna le sue origini lombarde. Il terzo periodo è proprio a Milano come vescovo della città. Aveva iniziato a governare Milano da Roma come purtroppo si usava in quei tempi, di essere cioè vescovo senza risiedere in città, e, ancora peggio, di essere titolare della città senza essere sacerdote.

Carlo aveva però scelto l'ordinazione proprio a Roma; dopo la morte del fratello (lo ricordo ancora perché è una data importante per la svolta nelle scelte di vita di Carlo), lo zio Papa avrebbe voluto esentarlo dal destino cui lo aveva chiamato fino a quel momento, per rafforzare la casata. Il 15 agosto 1563 invece si fece ordinare sacerdote con una Prima Messa quasi segreta sulla tomba di San Pietro e poi nella stanzetta privata di Sant'Ignazio di Loyola. Il mese che intervalla le due messe dà il tono delle due vite di Carlo, una sorte di conversione. Carlo ha trovato la sua strada, niente lo fermerà nell'azione che lo vedrà protagonista fin da subito. Il 7 dicembre dello stesso anno, giorno di Sant'Ambrogio, finito il Concilio di Trento, si fa ordinare Vescovo e il 12 maggio 1564 entra in Milano. E' il 120° vescovo della città; prima di lui ben altri 33 vescovi assurgono alla dignità santa (per esempio San Gandino); dopo di lui Andrea Ferrari e Ildefonso Schuster. Poi due papi Achille Ratti e Montini poi Paolo VI (monsignor Scola sarà il 145° vescovo di Milano!).

Lo stesso zio papa Medici, fu il suo predecessore in Milano. Fa inserire nello stemma la sola parola "humilitas", umiltà. Nei vent'anni della sua cattedra milanese, la diocesi conta (come indicato negli ACTA, la grande opera omnia che raccoglie tanti suoi scritti, del 1582): 800 parrocchie 560.000 fedeli di cui 180.000 in Milano 2.000 luoghi di culto 3.000 preti e 4.000 religiose 100 monasteri maschili 60 conventi femminili. La diocesi fu divisa in 12 circoscrizioni: 6 poste a Milano e 6 fuori. Diminuisce le Pievi; inaugura circa 100 nuove chiese e tutte quelle milanesi furono "maneggiate". Eleva il Santuario di Rho, di Caravaggio, costruisce il seminario di corso Venezia (uno dei più belli al mondo), la Collegiata di Pavia per gli studenti poveri, in onore della città dove aveva studiato. Si dice che assorbì il "genio del mattone" dallo zio papa che fece la stessa cosa per Roma. Spese più di 3 milioni di scudi per servire la sua Milano. In occasione della peste vendette argenteria e suppellettili varie per sostenere gli ammalati. Famoso è l'episodio che lo vide trasformare i tendaggi e i rivestimenti degli arredi della casa arcivescovile per vestire i sopravvissuti alla malattia a cui venivano bruciati gli abiti per impedire il contagio (così negli anni a seguire, le cronache descrivono il passaggio di poveri mendicanti vestiti di broccati porpora e oro, perla luminosa di quel gesto di Carlo!).

Promuove i concili provinciali (il primo è del 1565, poi si faranno ogni 3 anni), riduce il numero delle parrocchie e dei vicariati mal funzionanti che trova durante le sue innumerevoli visite pastorali come auspicato nelle direttive del concilio. Fonda seminari, centri di rifondazione spirituale (l'ha fondato San Carlo). Gli oblati di Sant'Ambrogio saranno detti poi anche oblati di San Carlo, gli attuali diocesani, una cerchia di sacerdoti preparati e fedeli che saranno di esempio per tante diocesi nel mondo. La carriera di Carlo, iniziata senz'altro per la potenza della famiglia Medici e per il nepotismo dello zio papa, si trasforma in cammino di carità e santità proprio nei quasi 20 anni di episcopato milanese. Gli zii avevano iniziato la loro ascesa all'inizio del Cinquecento contribuendo alla cattura di Ludovico il Moro da parte dei Francesi di Luigi XII. Seguono 30 anni di guerre fra francesi e spagnoli, fino al 1535, definitivo insediamento degli spagnoli nel ducato di Milano. Carlo fu l'unico vescovo di Milano a proporsi come difensore anche dei diritti civili dei lombardi contro l'oppressore fino al moti dell'800!

Per esempio, a Milano impedì l'applicazione dell'art. 13 che Pio V impose con l'Inquisizione Spagnola "se vuol cavare costrutto in questa città de gli ordini che egli manda". Ancora, contro l'uso della delazione attuato dal governatore spagnolo, Carlo anticipa di 2 secoli il paragrafo del Cesare Beccaria nei Dei delitti e delle pene. Ne danno testimonianza fittissimi carteggi appositamente redatti. Nel 1582 pubblica il Calendario Ambrosiano in vigore ancora oggi. Inaugura la benedizione delle case in occasione del Natale dopo i fatti della peste nel 1577. Chiede che il suono delle campane dia l'annuncio dell'inizio e della fine delle celebrazioni eucaristiche. Fonda l'università delle arti di Brera; promuove i Monti di Pietà, gli Istituti per le ragazze povere (fu una sua passione quella di aiutare le ragazze povere: quando lasciò Roma, come gesto di omaggio alla città, per esempio, pagò 100 doti di 40 scudi a 100 ragazze che aveva scelto e seguito e lo fece non solo dando l'incarico a qualche segretario, ma occupandosene personalmente scegliendo per loro una veste nuziale abbinata al colore dei capelli e alla carnagione). Questi gesti di rispetto e tenerezza nei confronti delle donne smentiscono l'idea che Carlo abbia una fobia per le donne (cito un paragrafo di Wikipedia!).

Certo, i biografi raccontano che quasi licenziò un servitore per avergli fatto trovare una prostituta nel letto pensando di fargli cosa gradita, come si usava a quei tempi (preti con perpetue incinte sull'uscio, vescovi e papi con prole, promiscuità accettate a lungo). Quando incontrava donne sia di rango che non, lo faceva sempre al cospetto di testimoni, per non incorrere in dicerie e per salvaguardare la loro dignità. Non certo perché avesse paura di loro. Tanto che sulla sua lapide in Duomo a Milano si legge: il cardinale di Santa Prassede implora dai fedeli preghiere per la sua anima, specialmente del devoto femmineo sesso". Muore il 3 novembre 1984, dopo il tramonto, pertanto secondo l'uso del tempo viene considerata la data del 4 novembre, di ritorno da un pellegrinaggio alla Sacra Sindone di Torino e dopo una sosta al Sacro Monte di Varallo per gli esercizi spirituali.

Viene proclamato beato del 1602 e canonizzato il 1° novembre 1610 (dal 1° novembre 2010 infatti stiamo celebrando il 4° centenario della canonizzazione come desiderato da S. E. Tettamanzi). Viene implorato dai seminaristi, dai direttori spirituali; si invoca contro le malattie intestinali e dello stomaco; è patrono della Lombardia e del Canton Ticino. Nel 1910, 3° centenario della canonizzazione, Pio X ne celebrò la memoria e lo zelo apostolico nell'enciclica Editae Saepe. Nel IV centenario della nascita 1938, Schuster indice l'anno giubilare dedicato a San Carlo. Papa Giovanni celebra una messa con rito ambrosiano in San Pietro con i 3.000 vescovi del Concilio Vaticano II in onore della figura di Carlo vescovo. Giovanni Paolo II si dichiara figlio di San Carlo portandone il nome Karol per desiderio dei genitori (in Polonia era conosciuto e preso ad esempio fin dai suoi contemporanei).

Nel 1963, Montini crea a Milano l'Accademia di San Carlo. In occasione del Convegno Internazionale dal 21 al 26/5/1984, si radunarono a Milano studiosi di tutto il mondo col contributo di ben 40 relazioni scientifiche. Per tornare ai suoi scritti, abbiamo già detto che non lascia nessuna disputa senza documenti, sine lege. Ve n'è per tutti: per i preti, le parrocchie, i collaboratori, le associazioni, i colleghi vescovi, le famiglie nobili, i musicisti, gli architetti, gli artisti. Gli ACTA ECCLESIE MEDIOLANENSIS che fa stampare nel 1582 vengono considerate l'opera omnia di Carlo: riscuotono grande successo nelle diocesi di tutta Europa: in esse viene ribadito lo scheletro base su cui si deve basare la vita ecclesiale della diocesi:

La recitazione delle preghiere: ROSARIO;

momenti forti come le QUARANTORE

La predicazione della PAROLA DI DIO

L'educazione dei fanciulli con il catechismo, la scuola di dottrina e gli oratori Gli esercizi spirituali sulle tracce di S.Ignazio di Loyola.

 

Immagine di san Carlo Borromeo

san Carlo Borromeo

Uno dei suoi biografi, Baldassarre Quattrocchi, prefetto dell'Ambrosiana, scrive che Carlo vive nel "secolo dell'autorità al plurale: Sua Maestà Cattolica, Conti-Duchi-Viceré-Governatori, Infanta, Senato, Giunti, Decurioni. Poi i titoli: Eccellentissimo, Magnifico, Reverendissimo, e, poi, per le Accademie: Dottissimo, Chiarissimo. E' il secolo del superlativo e dello sfarzo. Che non è però vera ricchezza ma paludamento che copre povertà endemiche, incapacità di produrre, povertà che ha vergogna di comparire. Le Autorità cancerose, proliferanti, prendono il posto dell'Autorità della Legge. Le leggi non mancano, crescono a dismisura, anzi non si capisce bene per chi e perché siano fatte ... stupiscono per la loro puntigliosità".

Sembra di ascoltare un qualsiasi commento in Tv di queste sere! Pensiamo alla figura dell'Azzeccagarbugli di manzoniana memoria, ed è detto tutto. Si può violare tutto in quel secolo: la morale, la vita, la morte, ma non la forma! Per questa ragione Carlo si circonda di collaboratori fidati, distinti; devono avere dottrina, volontà di riformare partendo da se stessi, devono desiderare la perfezione, devono essere disponibili alla rinuncia e non ultimo avere una buona salute per sostenere i ritmi a loro imposti dal vescovo. Nell'ambiente si assiste ad una vera e propria fuga di cervelli. Carlo Bascapé, pluri-laureato, dottissimo, è uno di questi fidati che Carlo trasforma in ecclesiastico invitandolo a "diventare uomo nuovo". Rimarrà con lui fino a chiudergli gli occhi "e là rimanga sepolto anche il mio cuore".

Pubblicherà otto anni dopo la prima biografia e sarà il più autorevole e instancabile promotore della sua canonizzazione. Il Barnabita Giorgio Asinari, semplice, bizzarro, umano, è invece il simbolo della simpatia di Carlo verso quell'ordine (i barnabiti conservano di Carlo il letto, una poltrona e una maschera funebre). Così come le Angeliche (sorelle spirituali dei barnabiti) conservano un volumetto su cui Madre Agata Sfondrato stenografò le conversazioni di lui tenute alla Comunità. Sono i contributi più belli e sensibili del pensiero pedagogico di Carlo: fermo, per prevenire; autorevole, per indirizzare; sollecito, per far sentire la scelta della Croce. L'uomo nuovo, non solo in senso paolino, ma inserito nelle intemperie della storia. E il metodo lo si giudica dai risultati. Chiamerà i Gesuiti e non la Compagnia di Gesù per gestire i seminari. Con ogni ordine si comportò con cautela e fermezza (basti ricordare la questione con gli Umiliati), fino a maturare il desiderio di fondare gli oblati. "Delle cose che si hanno da insegnare, il maestro habbia cura di insegnare ai suoi scolari non solamente la lettione corrente nel libretto, ma molto di più l'istruirà nelle virtù et buon costume, acciò s'impari un vero vivere cristiano, che consiste in alcune cose principali".

Così Agostino nel suo "De catechizandis rudibus" (per i contadini e peccatori africani) sottolineava che tra tutti i mirabili Dei della storia della salvezza, ve ne sono di mirabiliora; sono alcune "cose principali" il molto più della concezione pedagogica carolina: il rapporto prassi/teoria.

Tra i primi biografi si segnalano: Valier, vescovo di Verona che scrive di Carlo già nel 1587 - Vita Caroli Borromei; Bonomi, collaboratore intimo di Carlo che scrive nel 1587; Agostino Possevino, umanista e segretario di Carlo che scrive nel 1591 Discorsi della vita et attioni di Carlo Borromeo; il già citato Carlo Bascapé con Vita e opere di Carlo arcivescovo di Milano cardinale di Santa Prassede, disponibile nella ristampa del 1983 con testo originale a fronte in latino, traduzione, numerose e preziose note, e accurata bibliografia (pp 1043-1072), oltre a un indice di persone e luoghi (pp 1077-1093); Giussani G.P. Istoria della vita, virtù, morte e miracoli di Carlo Borromeo, nel 1610, annotato da Oltrocchi - Angelo Paredi e Sala; M.A. Grattarola, Successi meravigliosi della venerazione di San Carlo Borromeo - Milano, 1614 e aggiungerei, tra le tante successive, quella di Carlo Marcora, (ben conosciuto dagli agostiniani cassaghesi) Il processo diocesano informativo sulla vita di san Carlo Borromeo, riproduzione integrale e annotata del manoscritto G30 inf. Della Biblioteca Ambrosiana in Memorie storiche della diocesi di Milano, volume IX, 1962.

Poi le altre fonti, quelle proprie dell'epoca e del secolo: storia di Roma; storia di Milano di Pietro Verri (1783-1789): "Iddio volle donare questo gran Santo alla sua Chiesa, perché fosse una luminosa guida ai vescovi, ed a tutti i pastori nella molteplicità ... avendo lo spirito e il genio del suo magnanimo antecessore Ambrogio"; Angelo.Majo, Storia della Chiesa Ambrosiana - Milano, 1983; F. Chabod.

Per la storia religiosa dello stato di Milano durante il dominio di Carlo V - Torino, 1977;

M. Formentini, La dominazione spagnola in Lombardia - Milano, 1881;

R. Canosa, La vita quotidiana a Milano in età spagnola - Milano, 1984;

C.E.V., Diario di un popolano milanese durante la peste del 1576 in Archivio storico lombardo, Milano, 1887;

Nella Storia di Bergamo Papa Giovanni XXIII raccolse tutti i materiali delle visite pastorali di Carlo nei territori bergamaschi in 3 volumi in Gli atti della visita apostolica di san Carlo Borromeo a Bergamo, 1936-38; storia della Svizzera in Atti di san Carlo riguardanti la Svizzera ed i suoi territori. Documenti raccolti dalle visite pastorali, dalla corrispondenza, dalle testimonianze nei processi di canonizzazione - Locarno, 1909 di D'Alessandri P.;

storia della Chiesa, Pastori von L. Storia dei papi - Roma, 1921-25

Bendiscioli M. L'età della Riforma cattolica volume 1559-1630 tomo X -Milano, 1937

 

I DOCUMENTI CAROLINI

Le lettere di S. Carlo: circa 70.000 di cui 30.000 raccolte in 20 volumi nella Biblioteca Ambrosiana e catalogo a cura della biblioteca di San Carlo Borromeo, ordinate dal Sala, presto disponibili in Internet;

Verbali processi di canonizzazione; Acta Ecclesiae Mediolanensis, 1582, che raccoglie i testi dei Sinodi, dei Concili, i Decreti, le Omelie, Avvertenze, Istruzioni, Avvisi, Ricorsi, Regole, Editti, Memoriali);

Atti di famiglia (fratelli, zio Papa, archivio famiglia Borromeo in Arona)

Atti e documenti del Concilio di Trento

Atti, memorie e testimonianze delle varie congregazioni

Atti delle visite pastorali.

 

Ancora importanti sono i LUOGHI di San Carlo:

Isola Bella - Famiglia Borromeo

Biblioteca Ambrosiana con 70.000 pezzi,

Archivio della Curia Arcivescovile di Milano,

Archivio di Stato di Milano,

Archivio del Vaticano (compreso l'archivio segreto),

Biblioteca viscontea

Archivi e biblioteche d'Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, Polonia, Svizzera),

Sedi confraternite e ordini religiosi,

Archivi privati famiglie nobili (Mantova, Bologna, Firenze, Siena, Pesaro, Assisi, Torino),

Archivi delle parrocchie da lui visitate, Pavia.

 

Al termine di questo percorso, ne ho tratto un San Carlo diverso e di struggente malinconia fin da giovane perché non si confà ai costumi dei suoi contemporanei: "Soltanto i diversi possono riformare la società e farla progredire. Chi per il quieto vivere si omologa al pensiero debole ma diffuso non è destinato a guidare la Storia ma a subirla". Il pittore Hendrik von Loon lo disegna in un quadro che si intitola Il Progresso: in una sinuosa e difficile valle stretta fra due dirupi scoscesi cammina l'umanità; in coda una massa informe avanza affaticata; nel mezzo un gruppo di uomini che si volta indietro; davanti, a fare da avanscoperta, pochi solitari lontani e, tra di loro, v'è San Carlo. La santità prevale talmente sull'umanità di Carlo fin quasi a schiacciarla. I biografi ancora non hanno sviscerato l'argomento, epigono di un certo ascetismo medievale, ma ebbe compassione di se stesso.

Difese però l'autorità episcopale superando la propria tendenza all'umiltà, fino ad apparire "sostenitore della ierocrazia" (governo dei prelati). Ma la santità vale in quanto santità, non importa il cammino che si percorre per arrivarci. Può destare meraviglia che la spiritualità di San Carlo non sia legata a nessuna scuola particolare pur essendone entrato in contatto con tante; nessuna divenne normativa per la sua pietà personale. Prendeva il bene dappertutto, come faceva con le persone. Ma il suo fu un vero radicalismo evangelico, cristocentrico, basato su Eucarestia e Crocefisso ("si era fatto costruire una cella sopra le stanze del suo palazzo, come un pertugio verso il cielo; in quell'angolo si ritirava spesso anche di notte in preghiera e a meditare.")

Come possiamo imitare e ricopiare le virtù e i costumi di Cristo se non osserviamo la di lui vita e la di lui morte?"

San Carlo saltò ogni mediazione umana per riferirsi direttamente a Gesù Cristo: ne ascoltò la voce e restò al suo cospetto, si immerse nei suoi sentimenti e ne imitò le azioni: la carità pastorale divenne a Milano l'essenza della sua santità e la cifra del suo talento. Si definì "parroco della diocesi": bruciato nell'intimo da uno zelo monumentale, percorse le sue terre per ascoltare, istruire, consolare, per "ridestare l'assopita pietà" perché "ciò che sempre dovrebbero avere a cuore non ruminano, non considerano".

Alla fine della terribile peste, nel 1579, Carlo scrive I Ricordi per i milanesi: 10 raccomandazioni per superare le difficoltà: Nelle avversità non ti perdere d'animo, né ti contristare; anzi ti devi rallegrare perché questa è la diritta strada del paradiso et uno dei buoni segni che può haver l'huomo della sua salute e del suo progredire spirituale".

La nobiltà dei suoi natali furono un dono e una grazia e anche le sue virtù brillarono con maggior splendore rassomigliando ad una pietra preziosa perché mi è lecito chiudere ammirando non solo la sua nobiltà bensì la sua aristocrazia spirituale. Il suo fare si diramò nel mondo come le foglie e i rami dei suoi amati arbori, gli innumerevoli appunti che preparava per i discorsi e le omelie dove su un'idea dominante (il tronco) sviluppava le ramificazioni del suo pensiero, folto e ricco e consolante che è un piacere ascoltarlo e non certo noioso. E, ricordando le parole di Testori, San Carlo ci dà una lezione di cattolicità forte e potente, dura e intrepida, compagna e maestra perché testimonianza di pietà e carità, di fede e sapienza, per accettare e rivelare la cenere e il nulla che siamo, per costruire una storia che sia una storia di uomini di fede, una società che sia una società di valore, e, soprattutto, un uomo che, guidato dalla gran mano del Padre, ben più grande di quanto non sia la mano del san Carlone, quella che, da secoli, benedice il lago della sua nascita, tenti persistentemente di essere uomo, cioè figlio e fratello per quel "Fate questo in memoria di me".

 

 

TESTI PRINCIPALI CONSULTATI

San Carlo Borromeo LA CASA COSTRUITA SULLA ROCCIA Edizioni di pagina, 2011 (Mostra Meeting su San Carlo agosto 2011 con prefazione di S. E Cardinal Dionigi Tettamanzi)

Armando Guidetti SAN CARLO BORROMEO: LA VITA NELL'ICONOGRAFIA E NEI DOCUMENTI Rusconi, 1984

Luigi Crivelli (Parroco di S. Simpliciano a Milano) SAN CARLO SANTO PER GLI ALTRI Ed. Ancora, 1984 con prefazione di Ferruccio Perazzoli

Federico A. Rossi di Marignano CARLO BORROMEO UN UOMO, UNA VITA, UN SECOLO Mondadori, 2010

Fernando Vittorino Joannes VITA E TEMPI DI CARLO BORROMEO Camunia, 1985

Ass. Cult. Famiglia Meneghina IL GIUIBILEO DI SAN CARLO BORROMEO Di Baio, 1999

Provincia di Milano ITINERARI DI SAN CARLO BORROMEO NELLA CARTOGRAFIA DELLE VISITE P. Unicopli, 1983 (a cura di Carlo Marcora e prefazione di Giovanni Testori)

Pietro Verri STORIA DI MILANO Tomo II Marelli, 1798

Danilo Zanin SAN CARLO Jaca Book, 1984

Carlo Bascapé VITA E OPERE DI CARLO ARCIVESCOVO DI MILANO CARDINALE DI S. PRASSEDE nella ristampa del 1983