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I sacerdoti di Cassago Brianza raccontano la loro vocazione

La serata in cui alcuni sacerdoti di Cassago Brianza hanno raccontato la loro vocazione

La serata in cui alcuni sacerdoti di Cassago Brianza hanno raccontato la loro vocazione

 

 

 

SACERDOTI DI CASSAGO RACCONTANO LA LORO VOCAZIONE

commento di Italo Allegri

 

 

C'è sempre un po' di "pudore", di riservatezza a svelare i propri sentimenti più profondi e intimi di una "avventura", intesa come desidero "a riscoprire la tensione che porta alla pienezza verso il futuro", della propria storia sacerdotale. Don Adriano Valagussa - parroco di Cassago - ricorda di avere manifestato il suo desiderio di diventare prete ancora alle elementari, svolgendo il classico tema: "Cosa vuoi fare da grande" e la conseguenza fu la derisione da parte dei compagni.

Questa l'introduzione alla serata del coordinatore della "Tavola della testimonianza" la possiamo definire, mercoledì sera 3 settembre nell'Aula consiliare di Cassago Brianza, proposta nell'ambito della Settimana Agostiniana che quest'anno ha soffermato la propria riflessione proprio su "L'uomo di Dio consacrato al Cristo totale", vale a dire il sacerdote.

Attorno al tavolo cinque preti cassaghesi e un seminarista, hanno raccontato "Una vita consacrata a Dio: l'avventura cristiana del sacerdote", svelando che cosa li ha mossi nel dare la vita al Signore.

Ha esordito don Giuseppe Riva, nato a Renate nel 1938, ma trasferitosi in tenera età a Cassago, dove ha frequentato le elementari. La sua vocazione "è nata da un cammino naturale condotto tra le mura dell'oratorio, che era diventato la seconda casa". In questo contesto è maturata la decisione di entrare in seminario. Lo ha accompagnato il parroco di allora, don Giovanni Motta, con la mitica Seicento. Sul sedile posteriore c'era il materasso dove avrebbe dormito in seminario. Don Giuseppe ricorda quegli anni come molto fecondi per la sua preparazione al sacerdozio e con tanto affetto i superiori che lo hanno accompagnato per tutto il corso del ministero sacerdotale: "Il seminario mi ha dato tanto, spiritualmente e umanamente" dice don Giuseppe.

Erano gli anni duri della contestazione, vissuti, come lui si è definito, da "filogovernativo". Poi l'ordinazione presbiterale il 28 giugno 1969 e il primo incarico a Vanzago, quindi Ponte Nuovo di Magenta nel 1977, poi a Usmate-Velate dal 1984 e infine a Vedano al Lambro, prima di giungere a Castello Brianza nel 2010. Quarantacinque anni di ministero sacerdotale molto spesi nella formazione delle coscienze e nella costruzione e riqualificazione delle opere parrocchiali. Ovunque sia stato la gente si è dimostrata sempre particolarmente generosa nell'elargire offerte a favore della parrocchia. In tutto questo tempo ha avuto la gioia di accompagnare alla celebrazione della prima S. Messa dodici sacerdoti, tra diocesani e non. Ora che risiede a Castello Brianza, dove coadiuva il parroco della comunità pastorale, due giorni la settimana si mette a disposizione per le confessioni presso il Santuario della Madonna del Bosco. Nell'esercizio del sacramento della confessione ha capito che c'è tanta gente buona che prega e spesso sono proprio gli uomini ad essere promotori della preghiera mariana. Don Giuseppe ha concluso la sua testimonianza esprimendo la gioia di essere prete e di confidare sempre nella misericordia del Signore.

Padre Francesco Sposato non è nativo di Cassago, ma da circa un anno dirige l'Istituto don Guanella dei Campi Asciutti. Calabrese, figlio di migranti in Svizzera, conserva un forte legame con Cassago per avere emesso i voti di vita consacrata nella cappella dell'Istituto ventiquattro anni fa. Il suo racconto è partito da una provocazione raccolta qualche giorno prima dell'ordinazione sacerdote, avvenuta sedici anni or sono, dove chi lo intervistava gli chiedeva perché non gli bastava fare il frate, ma ha voluto diventare sacerdote. La scelta di diventare sacerdote "inizialmente non è partita da me, anche se io ho detto di sì ad un progetto, ma guardando indietro nella mia vita notavo questo disegno provvidenziale di Dio, che mi chiedeva di fare una scelta anche più impegnativa, di dedicare completamente la mia esistenza a Lui e in modo particolare ai poveri nella famiglia religiosa dell'opera don Guanella".

Il sacerdozio e la vita consacrata "sono un binomio che riconosco molto accattivante, ma anche molto impegnativo; se guardo alla mia vita di consacrato la vedo come una continua meraviglia". Ma cosa rende ancor più accattivante e meraviglioso questo binomio? Innanzitutto che tutto è dono di Dio. In secondo luogo la vita diventa una continua purificazione. Terzo aspetto per il religioso è la vita comunitaria: essere comunità non è facile, fare la comunità non è tuttavia semplice, perché vivere la comunione è impegnativo. L'ultimo aspetto della vita sacerdotale padre Francesco lo ha colto da S. Luigi Guanella che nel giorno della sua ordinazione sacerdotale disse "di voler essere una spada di fuoco nell'esercizio del ministero sacro".

Il quarto intervento è stato quello di padre Marco Panzeri, Passionista. Anche per lui il cammino è iniziato all'interno dell'oratorio con l'invito rivoltogli da parte del coadiutore don Giancarlo Maggioni a partecipare ad una vacanza, quando era in prima media, con i padri Passionisti. L'esperienza è stata positiva e quindi la decisione di iniziare il cammino di discernimento che lo ha portato al sacerdozio. Ha quindi svolto il suo ministero nelle diverse case della congregazione come formatore e ha partecipato alle missioni nelle parrocchie, fino a quando la malattia non glielo ha impedito. Le condizioni del cuore non gli permettevano più di essere operativo, trovandosi dinnanzi a tre possibilità: la morte, il miracolo, il trapianto. Alla fine "il Signore ha messo insieme le ultime due" e con il trapianto padre Marco è tornato a vivere e ad esercitare il ministero sacerdotale nella Casa di Preghiera di Caravate. Durante la malattia ha riscontrato una grande solidarietà nelle numerose persone che sono state a trovarlo pur non avendo, a differenza dei sacerdoti diocesani, il legame con la comunità parrocchiale, segno che il lavoro compiuto in campo missionario ha lascito buoni frutti.

L'ultimo sacerdote diocesano cassaghese presente è don Mario Morstabilini che, intervenuto come uditore, è stato coinvolto nella testimonianza. Don Mario ha ricordato soprattutto un prete che ha segnato la sua formazione: don Luigi Serenthà, rettore del semiario durante il suo cammino di preparazione al sacerdozio. Il richiamo continuo a lasciarsi provocare dagli eventi della storia, lo hanno portato ad essere in prima fila nelle situazioni di disagio con l'accoglienza dei profughi albanesi quando era a Seregno nella parrocchia di S. Valeria, quindi come sacerdote Fidei Donum in campo missionario nel Camerum, dove ha trascorso undici anni.

Infine la testimonianza dell'ing. Alberto Miggiano, che di fronte ad una invidiabile prospettiva di una carriera professionale di buon livello anche universitario, lo scorso anno ha lasciato ogni attività lavorativa per entrare a ventisette anni in seminario. In fondo "aveva tutto" quel che il mondo cerca, ma in questo "tutto" gli mancava qualcosa ed ora frequenta il primo anno di teologia. Le forme della chiamata sono le più diverse e personali e passano anche attraverso i volti delle persone con le quali condividi un tratto di vita. Puoi far finta di non sentirla chiaramente, ma alla fine ritorna sempre e non gli si può dire di no, per una realizzazione piena e totale.