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Giuseppe Corti

Giuseppe Corti presenta la sua relazione

Giuseppe Corti presenta la sua relazione

 

 

Blaise Pascal: grandezza e limiti della conoscenza in un filosofo del XVII secolo

Relazione del dott. Giuseppe Corti

 

 

 

Nella serata odierna saremo accompagnati a conoscere un altro aspetto del rapporto fra scienza, fede e conoscenza.

Una serie di relazioni per molti versi drammatica e impersonificata da un uomo Blaise Pascal. Nato a Clermont-Ferrand nel 1623, ha avuto una vita breve, dato che è morto a nel Parigi nel 1662 a soli 39 anni.

Cionondimeno è stato un matematico, fisico, filosofo e teologo di primaria importanza. Le sue ricerche in ambito scientifico sono geniali per la sua epoca, soprattutto nell'ambito matematico statistico. Nel 1654, abbandonò matematica e fisica per dedicarsi alle riflessioni religiose e filosofiche, la cui tensione spirituale sarà l'oggetto della relazione di domani sera, a cui tutti siete invitati.

Pascal fu un bambino prodigio. Istruito dal padre si dedicò allo studio delle scienze naturali e applicate. Contribuì in modo significativo alla costruzione di calcolatori meccanici e allo studio dei fluidi. Ha chiarito i concetti di pressione e di vuoto ampliando il lavoro di Torricelli. A sedici anni scrisse un trattato di geometria proiettiva e dal 1654 lavorò con Pierre de Fermat sulla teoria delle probabilità che ha fortemente influenzato le moderne teorie economiche e le scienze sociali. Un altro suo importante apporto alla matematica è il Teorema di Pascal, che è uno dei teoremi-base della teoria delle coniche Dopo un incidente in cui aveva rischiato la vita, nel 1654, abbandonò per lo più matematica e fisica per dedicarsi alle riflessioni religiose e filosofiche.

La filosofia di Pascal ha come centro la profonda analisi della condizione umana, in rapporto alla verità divina rivelata dal Cristo.

Egli scrive: «[...] Noi navighiamo in un vasto mare, sempre incerti e instabili, sballottati da un capo all'altro. Qualunque scoglio, a cui pensiamo di attaccarci e restar saldi, vien meno e ci abbandona e, se l'inseguiamo, sguscia alla nostra presa, ci scivola di mano e fugge in una fuga eterna. Per noi nulla si ferma. [...]» (Blaise Pascal, Pensieri, 72)

Dunque, per Pascal la condizione umana è nient'altro che estrema precarietà. L'uomo è una pura contraddizione in sé, posto tra i due abissi dell'infinito e del nulla. In sostanza: «[...] che cos'è l'uomo nella natura? Un nulla in confronto all'infinito, un tutto in confronto al nulla, un qualcosa di mezzo fra nulla e tutto. [...]» (Blaise Pascal, Pensieri, 72)

Nel pensiero pascaliano ritroviamo maestri come Epitteto e Michel de Montaigne: il primo evidenzia la grandezza e la dignità dell'uomo. Montaigne, invece, sottolinea la debolezza, tracciando un limite al suo conoscere e al suo vivere. Ammira Pico della Mirandola che ha argomentato della dignità dell'uomo, che, unico fra le creature, può scegliere che creatura essere. Pascal attribuendo all'uomo l'autentica misura della sua condizione, lo definisce un intreccio di "angelo" e di "bestia" e il divertimento diventa la sua più grande miseria poiché lo distoglie dalla sua unica dignità e ricchezza, cioè il pensiero. «L'unica cosa che ci consola dalle nostre miserie è il divertimento, e intanto questa è la maggiore tra le nostre miserie.» (Blaise Pascal, Pensieri, 171)

Pascal si oppone alla "casistica", ovvero un metodo etico usato dai pensatori cattolici (specialmente i Gesuiti);, dove le debolezze umane erano ricondotte ad una casistica che li classificava e li valutava in modo tale da ridurre la colpa) del peccatore. Le dimostrazioni razionali dell'esistenza di Dio, per Pascal, sono insensate, poiché: «[...] Il Dio dei Cristiani non è un Dio semplicemente autore delle verità geometriche e dell'ordine degli elementi, come la pensavano i pagani e gli Epicurei. [...] il Dio dei Cristiani è un Dio di amore e di consolazione, è un Dio che riempie l'anima e il cuore di cui Egli s'è impossessato, è un Dio che fa internamente sentire a ognuno la propria miseria e la Sua misericordia infinita, che si unisce con l'intimo della loro anima, che la inonda di umiltà, di gioia, di confidenza, di amore, che li rende incapaci d'avere altro fine che Lui stesso. [...]» (Blaise Pascal, Pensieri, 556)

Per cui scrive: «Non posso perdonarla a Cartesio, il quale in tutta la sua filosofia avrebbe voluto poter fare a meno di Dio, ma non ha potuto evitare di fargli dare un colpetto al mondo per metterlo in moto; dopo di che non sa più che farne di Dio.» (Blaise Pascal, Pensieri, 77)

Pascal afferma pure che bisogna "scommettere" sull'esistenza di Dio. Bisogna, cioè, decidere di vivere come se Dio ci fosse o come se Dio non ci fosse: «[...] Valutiamo questi due casi: se vincete, vincete tutto, se perdete non perdete nulla. Scommettete, dunque, che Dio esiste, senza esitare.» (Blaise Pascal, Pensieri, 233)