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Il lavoro

Il tavolo dei relatori

Il tavolo dei relatori

 

 

L'uomo collaboratore del creato attraverso la nobile arte del lavoro

di Italo Allegri

 

 

 

 

Il tema del lavoro al centro della riflessione della seconda serata della XXX Settimana Agostiniana mercoledì 2 settembre. Dalla scuola al mondo del lavoro alla ricerca di una attività che consenta la realizzazione della persona. Lusinghiera la partecipazione del pubblico nel tempo del distanziamento.

 

Serata intensa e partecipata la seconda della XXX Settimana Agostiniana che si è svolta mercoledì 2 settembre nel Salone dell'Oratorio di Cassago Brianza sul tema: “Lavoro, dignità e bellezza: dal lavoro dell'Artigiano al Progetto industriale nella ricerca di un nuovo stile di vita dei giovani nella prospettiva e quotidianità di una vita bella, utile e sostenibile”. Tavola rotonda che ha coinvolto i rappresentanti del mondo del lavoro nelle sue diverse componenti: scuola, industria, artigianato, giovani alle loro prime esperienze lavorative; moderatore Massimo Didoni. Nel porgere il benvenuto ai numerosi presenti, il presidente dell'Associazione Storico Culturale Sant'Agostino di Cassago Brianza, prof. Luigi Beretta, riprendendo il filo conduttore della presente edizione del “lavoro” inteso come “bellezza”, ha portato come esempio l'esperienza di vita del Sig. Mario Villa di Cassago “che rappresenta il senso di quello che vogliamo trasmettere: ragioniere fino all'età di 33 anni, ha lasciato il posto fisso per avviare una azienda nella quale ha ritrovato la sua ragione di vita, l'espressione del vivere bene e del lavorare bene nel fare delle cose belle, nel trasmetterle agli altri per realizzare qualcosa di importante”.

Mario non ha avuto paura a intraprendere una attività bella che poi lo ha ricambiato con la soddisfazione: è un artigiano, ossia colui che con le proprie mani fa dell'arte. Il bello si incarna nelle persone e a Cassago ci sono tanti artigiani che hanno fatto questo lavoro e che sono soddisfatti della loro professione, come del resto è stato anche per tanti operai. L'importante è che ciascuno nello svolgere la propria attività sappia esprimere se stesso e trovare il bello che quel lavoro può consegnare. Beretta ringrazia quindi il Parroco per l'ospitalità, il Sindaco e Vicesindaco presenti alla serata. Relatori: Sig. Mario Villa della Falegnameria Villa di Cassago; il prof. Francesco Sala dell'Opera Sociale don Bosco di Sesto San Giovanni Istituto Salesiano, che si occupa della formazione dei ragazzi per la loro immissione poi nel mondo del lavoro; Artur Frimu alunno presso i Salesiani di Sesto e la prof. Pozzi del medesimo Istituto; Sig. Augusto Colombo della O.M.C. Tech, fabbrica di utensili e stampi per l'industria manifatturiera; Simone Brivio giovane di Cassago che sta studiano meccatronica. Il prof. Francesco Sala collabora da una decina d'anni con l'Opera Salesiana don Bosco, Scuola Salesiana di Sesto San Giovanni “con l'idea di andare a trovare lo spazio da riempire tra gli aspetti formativi scolastici e la vita, al di là del mondo del lavoro”.

Le scuole salesiane si chiamano “opere”, sono case con l'idea di ospitalità, di accoglienza e cordialità, però la definizione specifica è “opera”, quindi c'è anche l'idea di un prodotto di tanti percorsi: di ingegno, di creatività, di bellezza, che rendono una dimensione sociale; un'opera viva sempre in divenire. In questo momento l'opera di Sesto ospita 2800 allievi, quindi è un sistema molto complesso: medie, istituti tecnici, industriali e liceali fino alla formazione post diploma biennale. Gli alunni sono prevalentemente ragazzi impegnati nei settori della meccanica industriale, automotive, settore elettronico, informatico con tutte le sfaccettature della automazione industriale. Lo specifico del prof. Sala con Artur e Sara è quello di lavorare nell'ambito della formazione professionale, da dove ha iniziato don Bosco. Gestisce il rapporto nel mercato del lavoro tra domanda e offerta e tutti gli aspetti dell'alternanza scuola-lavoro, cercando di riempire di significato formativo i luoghi di lavoro, affinché lo siano nella piena dignità dei percorsi formativi che si offrono.

Artur Frimu è un ventenne moldavo giunto in Italia quattro anni fa. Ha preso contatto con i Salesiani iniziando così il suo percorso di studi nel settore termoidraulico: “Sono entrato in un ambiente speciale che non avevo mai trovato altrove”. Lo ha colpito in particolare il cartello che campeggia all'ingresso della scuola, dove è scritto che la finalità è quella di formare “onesti cittadini e dei buoni cristiani”. Educazione alla cittadinanza e religione prevalgono quindi sulle materie curriculari. Artur ha frequentato il triennio con alternanza scuola-lavoro in tre ditte diverse e, grazie alla scuola, si è poi inserito rapidamente nel mondo del lavoro nell'arco di un anno. Ringrazia quindi la scuola salesiana per tutto quello che ha ricevuto e si ritiene fortunato di avere incontrato i Salesiani. Di fronte alla difficoltà di sostenere la retta si è assunto la responsabilità di integrarla al termine degli studi con il primo lavoro e ciò gli è stato concesso, anzi gli è stata dimezzata. Augusto Colombo ha iniziato l'attività tanti anni fa e si è subito innamorato del suo lavoro. Oggi non ha più l'entusiasmo di una volta “perché c'è la burocrazia che ci ammazza e alla fine del mese dobbiamo tirare la riga e fare combaciare i conti”. Da quando ha iniziato ad oggi la tecnologia è molto cambiata, ha fatto dei passi da gigante, quindi progressivamente si è adeguato ai tempi.

Augusto è convinto che “è dura, però se uno ha entusiasmo e ama il proprio lavoro, credo che possa andare avanti e insegnare alla nuove generazioni, che oggi mancano un po' di quell'entusiasmo che ci ha caratterizzato quando siamo partiti”. Auspica quindi il ritorno al recupero di quella idealità che oggi un po' si è persa, perché il lavoro svolto con passione dà soddisfazione “e ti permette di andare avanti nella vita”. Colombo è un creativo impegnato nello sviluppo dei particolari di un assieme complesso, inventando ogni volta le modalità esecutive affinché il prodotto sia funzionale, affidabile e concorrenziale. Nel corso degli anni ha avuto ragazzi provenienti dai Salesiani nell'alternanza scuola-lavoro che si sono distinti per l'educazione e inseriti bene nel gruppo operativo. Mario Villa ha fatto molti lavori di minor precisione rispetto ai meccanici, perché gli piaceva il legno: “Quando facevo il ragioniere mi annoiavo, perché non c'era la possibilità di inventare nulla; all'inizio mi piaceva la preparazione di un piano contabile, ma il resto era noia e mi procurava un senso di frustrazione”. Poi la svolta una notte di agosto: “mi sono svegliato e ho deciso che avrei fabbricato un tornio; non sapevo nulla, ma con il motore di una lavatrice e altri pezzi uniti con viti ho realizzato un attrezzino, che faceva girare un pezzo di legno e con le lime vecchie del nonno, molate e affilate, mi sono messo a fare questi lavori, di cui ero entusiasta”. In realtà “dal punto di vista reale erano dei pastrugni”, perché Mario non avevo la possibilità di acquistare una macchina adeguata.

Migliorato il primo prototipo però, ha iniziato a fare delle colonnette per le scale: gli elementi verticali per fare i parapetti. In questi anni lavorava di notte nel suo garage. La richiesta del prodotto da parte di più persone e l'acquisto di altri oggetti tutti realizzati con il tornio, perché consente di ottenere un pezzo finito, è stato uno stimolo per proseguire. Quando faceva questi pezzi ha collezionato figuracce, perché andava a venderli a Como nei negozi di casalinghi e nessuno li acquistava, non perché fossero sgradevoli, ma perché venivano presentati male. Con il tempo però, considerato che la gente richiedeva e apprezzava il suo prodotto ha rischiato e avviato l'attività in proprio impegnando la liquidazione: “Mi sono reso conto dopo che in realtà non ero capace, perché ho imparato che ero già anziano: pestando il muso, rifacendo i manufatti, avendo sempre rispetto per i miei clienti, dai quali non ho mai preteso che accettassero qualcosa che non gli piaceva: se non erano contenti dove potevo aggiustavo, altrimenti rifacevo”. Nel frattempo, ha avuto anche la soddisfazione di assaporare una certa libertà: “non avevo più due padroni, ma ne avevo cento, perché tutti i miei clienti erano diventati miei padroni”. Pero con il tempo “ho imparato a evolvermi tecnicamente, accettando sempre con il mio cliente di fare la cosa che fosse la migliore, facendo magari anche più di una proposta e ho riscontrato un continuo aumento di richieste: la gente mi cercava, per ho dedotto che non ero una canaglia”. Nel corso del tempo Mario ha comperato tre serie di macchine: uste le prime, usate aggiornate le successive e, prima del 2000, acquistato una macchina a controllo numerico che ha chiamavo Camilla, la quale lavorava con Elisabetta (pompa del vuoto che tratteneva i pezzi e faceva sempre lo stesso rumore) e Serafino il ballerino (era il rinvio angolare a 360 gradi che faceva i fori inclinati e non ne sbagliava uno); vederle lavorare insieme era una cosa straordinaria, mi commuoveva. Mario è eclettico e nel coro della sua attività ha fatto anche altre cose: ritagliato le capre per i veterinari del lago di Como; inciso delle preghiere ad Allah per il suo operaio marocchino.

Villa ha sempre vissuto il lavoro come servizio: il cliente è mio fratello mi chiede qualcosa e mi dovrà pagare, perché altrimenti tra sei mesi non mi trova più. Simone Brivio frequenta l'indirizzo di meccanica-meccatronica ed è al quinto anno. Inizialmente si era iscritto il liceo, ma dopo aver capito che non era la sua strada ha cambiato orientamento optando per un istituto tecnico per entrare in maniera più diretta nell'ambito lavorativo. Le meccatronica pone come base la meccanica associata alla tecnologia elettronica e alla tecnologia informatica. Oltre il percorso scolastico ha fatto esperienze di stage. Quello di quest'anno lo ha svolta da Augusto per 80 ore, che ringrazia per la disponibilità e l'impegno “profuso nell'aiutarmi”. E conclude: “Ho compreso con questa esperienza cosa significa il mondo del lavoro, grazie anche agli operai che mi hanno aiutato molto a comprendere le dinamiche del lavoro, che sono completamente diverse dalle scolastiche”. Nel dialogo seguito sono emerse numerose tematiche: dall'importanza dell'alternanza scuola-lavoro, alla immissione nel mondo del lavoro dei giovani al termine del percorso di formazione, la tensione verso attività che diano soddisfazione nel contesto del libero mercato nell'ambito delle nostre realtà territoriali, l'esperienza fatta dagli studenti nelle unità produttive locali e il pensiero di quanti li hanno ospitati sostanzialmente positivo, la necessità di fornire ai giovani competenze non tanto in senso verticale quanto sul piano orizzontale, che li aiuti nell'adattarsi alle svariate situazioni che incontreranno nella attività intrapresa.

Il parroco don Giuseppe Cotugno ha ringraziato l'Associazione Sant'Agostino per l'iniziativa, i relatori intervenuti e sottolineato che “da credenti nel progetto di Dio il lavoro non è una maledizione, ma siamo noi uomini che lo rendiamo tale nella competizione, perché il lavoro è una attività che ci rende collaboratori di Dio nell'opera della creazione” e invitato i presenti a raccogliere la sfida “per aiutarci a riconoscere la bellezza dentro il lavoro”. La vicesindaca Monica Corti ha posto l'accento nel suo intervento sulla necessità di aiutare i ragazzi a far emergere le loro potenzialità, affinché siano in grado di fare una scelta nei confronti del mondo del lavoro con maggiore consapevolezza. Inoltre, ha additato come esempio di imprenditore Adriano Olivetti.

Conclude la sindaca Roberta Marabese ricordando il progetto dell'Amministrazione per l'elargizione delle borse lavoro che hanno lo scopo di inserire il giovane nel mondo del lavoro.