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Percorso : HOME > Associazione > Settimana agostiniana > Settimana 2021 > Ivano GobbatoIvano Gobbato
I relatori al tavolo della conferenza: da sinistra Ettore Fiorina, Ivano Gobbato e a destra Renato Ornaghi
Dante 700: A colloquio con il divin poeta
di Italo Allegri
Dante e Agostino nella riflessione del saggista Ivano Gobbato con brani letti dall'attore Ettore Fiorina e in dialetto lombardo da Renato Ornaghi, nella seconda serata della XXXI Settimana Agostiniana a Cassago Brianza giovedì 2 settembre. Tanti uditori in sala.
È il saggista Ivano Gobbato a trattare il secondo tema in calendario nella XXXI Settimana Agostiniana dal titolo: "Dante 700: a colloquio con il divin Poeta", giovedì 2 settembre nella sala conferenze dell'Oratorio di Cassago Brianza con posti a sedere quasi tutti occupati, nel rispetto della attuali disposizioni anti-pandemiche e presentazione della carta verde all'ingresso.
Lo fa con una esposizione accattivante e competente in materia, frutto di interessi personali, soprattutto nei confronti della lettura, rifuggendo la banalità, offrendo ai numerosi uditori una rilettura personale del personaggio Dante e dell'opera più celebre da lui composta: Divina Commedia, non senza indagare nel testo la presenza del pensiero agostiniano o riferimenti specifici al noto vescovo di Ippona. Dante non ha dedicato a Sant'Agostino un luogo privilegiato come per San Francesco, San Domenico, San Benedetto e tanti altri. Non gli ha riservato un ruolo di rilievo nel suo viaggio in Paradiso, non ha avuto modo di discorrere con lui o di descriverlo, non lo ha fatto diventare un personaggio parlante del suo viaggio, ma lo nomina una sola volta nel quarto Cielo del Sole (canto XI) in riferimento a Paolo Orosio. Tuttavia, sono diversi i riferimenti al pensiero e alla teologia di Agostino sparsi nel testo della Commedia e, tra questi – per citarne uno –, il colloquio tra Gesù e Ponzio Pilato, personaggio collocato da Dante tra gli ignavi, dove emerge il concetto di verità.
APPROFONDIMENTO
Il relatore svolge la sua riflessione con riferimento a un profondo conoscitore di Dante: il poeta, drammaturgo e critico letterario del Novecento Mario Luzi; che accosta alla figura di Dante quella di Leopardi, entrambi accomunati dal tratto del dolore: sensazione soggettiva di sofferenza generata da un male fisico. Leopardi lo vive fisicamente ed è il tutto, Dante invece sa che è una scenografia che sta alle spalle. Dante rispetto a Leopardi ha il privilegio della sapienza, che esiste un oltre al di là del quale tutto si farà chiaro. Dante non dubita dell'esistenza di Dio.
Per conoscere la Commedia di Dante è indispensabile tentare di cogliere l'ambiente vitale in cui il testo nasce. Ma sia di Dante che del contesto sappiamo assai poco. Del divin Poeta conosciamo solo quattro date certe, mentre il testo a noi pervenuto non è l'originale, perché Dante scriveva su carta, quindi facilmente deteriorabile. I codici tramandati sono delle trascrizioni – circa 800 apocrifi, ossia copie diretta di una produzione intorno a 1500 copie –, pertanto facilmente soggetti a errori o variazioni introdotte dai compilatori.
Quindi non disponiamo di una copia univoca della Commedia, non ce l'abbiamo e quella dell'antica Vulgata è frutto di un grande lavoro di carattere filologico. Effettuata questa articolata e approfondita premessa, il relatore entra nel testo della Commedia attraverso la lettura di alcuni canti presi tra i più noti, attingendo all'Inferno, Purgatorio e Paradiso, per sottolineare gli elementi caratterizzanti: personaggi, situazioni, messaggi che intende trasmettere Dante, declamati con intonazione solenne, intensa e partecipata dall'attore Ettore Fiorina, molto apprezzati e gustati dal numeroso pubblico presente in sala.
Tra le interessanti sottolineature quella della definizione teologica del Purgatorio, sancita nel Concilio di Lione del 1274, quando Dante aveva solo 9 anni, che attraverso la sua opera si materializza agli occhi del lettore. È una teologia un po' strana anche per la posizione assunta nelle Commedia, ponendosi tra due condizioni definitive dell'eternità: Inferno e Paradiso.
Conclude Gobbato: "L'opera di Dante è attuale perché ha posto dei semi che poi sono germogliati e che portano frutto ancora. Ed è per questo che la letteratura è qualcosa di vivo, perché come ogni creatura cambia, muta nella percezione che ne abbiamo. E non si tratta di far dire cose che non dice alla Commedia, ma di trovare nella Commedia costantemente delle nuove ragioni di bellezza, di insegnamento, di gioia. Prova concreta: pensiamo che i versi di Ulisse siano stati scritti proprio nell'anno 1304. Ebbene 640 anni più tardi, in un altro inferno molto più concreto di quello immaginato da Dante c'è un'altra coppia che cammina. Questi, però, portano una marmitta da un punto a un altro dello stesso girone. Qui l'inferno ha un nome tedesco, si chiama Auschwitz! E nella marmitta galleggia una brodaglia quasi priva di nutrimento. Della coppia che trasporta la marmitta uno si chiama Jean, ed è francese, e l'atro è italiano e si chiama Primo. E Primo in quel momento riesce a ritrovare la forza in sé di recuperare l'uomo che i guardiani di quel nuovo inferno non sono riusciti a sopprimere, e rievoca alla propria memoria, per tornare a essere uomo, proprio il canto di Ulisse e cerca di raccontarlo al suo compagno francese. Questo è proprio il seme che germoglia, come dicevo prima!".
I sinceri applausi finali hanno sottolineato l'apprezzamento del pubblico in sala nei confronti di Ivano Gobbato; quindi, il presidente della Sant'Agostino, Prof. Luigi Beretta, ha chiesto all'attore Ettore Fiorina di raccontare la sua esperienza.
Ettore ha dedicato la sua vita al teatro, prima a tempo pieno, poi come compendio, nel senso di una passione che non ha potuto svolgere come impiego totalizzante, ma lo ha accompagnato anche quando ha intrapreso una diversa attività per poter vivere e sostenere la propria famiglia e oggi, all'età di 85 anni, è ancora felicemente attivo a calcare la scena teatrale quando è possibile, oppure a presentare a un gruppo ristretto di amici la sintesi di un testo, invogliandoli alla lettura.
A conclusione della serata Renato Ornaghi ha letto un brano della Divina Commedia in dialetto lombardo: il canto XXVI dell'Inferno del dialogo con Ulisse, del milanese Ambrogio Maria Antonini.