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ALTARE E PIETRA SACRA di sant'Agostino

Altare di sant'Agostino con la pietra sacra nella omonima cappella in chiesa parrocchiale

Altare di sant'Agostino con la pietra sacra nella omonima cappella in chiesa parrocchiale

 

 

 

ALTARE E PIETRA SACRA DI SANT'AGOSTINO

di Luigi Beretta

 

L'apparire all'orizzonte devozionale agostiniano del caso di Cassago ex abrupto e senza segni premonitori è indubbiamente anomalo ed è tanto più sorprendente in quanto assume da subito i caratteri della ufficialità e della devozione collettiva. Questa origine "ufficiale" ha una data, il 1631, e un'occasione, la peste, ben precisi nel definirne il contesto e lo scenario storico. Due documenti, uno a breve distanza dall'altro, ne attestano i particolari, vere e proprie testimonianze autoctone di una devozione che durerà oltre tre secoli ininterrottamente fino ai nostri giorni.

Il primo si trova nell'ultima pagina di un quadernetto cartaceo che reca il titolo Libro della Schola della Chiesa di S.to Jacomo del loco di Cassago, dove si descrivono le entrate di essa schola et le spese incominciando l'anno 1623. Una breve e concisa nota precisa che nell'anno 1631 si è speso nelle messe di S. Agostino L. 2:-:- .

Per quanto manchi la motivazione non è difficile supporre che l'inciso si riferisca alla celebrazione della festa del santo il 28 agosto di quell'anno. L'appunto però non chiarisce perchè a Cassago la festa di S. Agostino nel 1631 avesse così tanta importanza da venir annotata nel registro delle spese della Schola. La spiegazione in effetti la troviamo altrove. Il documento che ne parla, di poco posteriore al precedente, è riportato sotto forma di pro-memoria nel secondo libro dei Registri parrocchiali dei battesimi, morti e matrimoni della parrocchia di Cassago, che va dal 1622 al 1661.

Purtroppo il foglio non è datato nè rivela ancora una volta alcuna firma. Il che pone indubbiamente alcune questioni circa il valore storico delle preziosissime informazioni che ci garantisce, rispetto soprattutto alle coeve testimonianze seicentesche. L'analisi può partire indubbiamente dal testo stesso del documento, piuttosto lungo e organicamente articolato e strutturato in almeno cinque parti. Con un linguaggio ricercato e preciso, l'estensore ci illustra con una serie di vivaci e fresche annotazioni la spontaneità della fede popolare e della devozione diffusasi nel paese verso S. Agostino dopo i tragici eventi della peste, che fra il 1629 e il 1632 infierì nelle campagne lombarde. La trascrizione del brano, che abbiamo analiticamente distinto in cinque sezioni riporta testualmente:

 

1. Gratia Dei meritis sanctorum patronorum huius aecclesiae Iacobi Brigidae et Augustini

2. oppidum istud illesum servatum est, tempore saevissime pestis licet oppida circum circa gravissime afflica fuerint, et hoc ad laudem eiusdem Domini nostri Jesu Christi pariterque beatorum patronorum nostrorum Jacobi Apostili Brigidaeque Virginis.

3. Et cum moris Christiani sit memoriam habere beneficiorum acceptorum illaque attribuere alicui Sancto protectore ideo communitas ista Cassaghi non immemor tantae gratiae ultra predictos Patronos adiungit et sumpicat auxilium Beatissimi Augustini Pontificis Hiponensis et doctoris sanctae Ecclesiae eximij eoque magis cum memoriae proditum sit ipsum sanctum patrios lares habitasse.

4. Insuper in hac ecclesia servatur petra ceriza in qua apparet locum et signum denotans illam fuisse altare imo dicitur super eam eundem sanctum Augustinum celebrasse quae Petra erat posita in quodam altare constructo in oratorio veteri quod erat constructum in loco illo in quo nunc est edificata cella vinaria istius domus parochialis, et ista ecclesia fuit dirupta de mandato Ordinarij uti Apparet per ordinationem factam anno 1611 per emin. um Cardinalem Federicum Borromeum.

5. Attamen illud quod dicitur quod sanctus Augustinus celebraverit super illud altare credo non esse verum quia habet in breviaris sanctum Augustinum sacris in africa fuisse initiatum post discessum suum e Mediolano Valerio episcopo.

 

Questo testo, che fu noto anche ai parroci nel passato, non fu tuttavia oggetto di approfondimenti se non occasionalmente da parte di qualche raro autore, fra cui anche il Manzoni. La ricchezza e l'eterogeneità delle informazioni espresse in queste annotazioni sono tali da esigerne innanzitutto la datazione, tanto più che si fa esplicito riferimento a episodi precedenti, che risalgono al 1611 e che presuppongono collegamenti storici con un'epoca decisamente anteriore ai fatti narrati.

La posizione del brano all'interno del II registro parrocchiale non è purtroppo a questo riguardo particolarmente significativa, poiché il registro stesso è stato rilegato in volume in epoca successiva alla stesura, riunendo diversi fascicoli sparsi e isolati sui quali venivano separatamente annotati i documenti della parrocchia. Ce lo conferma indirettamente il card. Carlo Borromeo quando durante la sua seconda visita pastorale a Cassago nel 1583 ebbe ad annotare " libros mortuorum baptizatorum matrimoniorum habent distintos."

Ebbene questa annotazione seicentesca ricorda tale primitiva origine di foglio pro-memoria isolato appena se ne scruta l'impaginazione: da un lato c'è una utilizzazione quasi esasperata dei margini del foglio per scrivere, dall'altro nelle ultime righe le parole a sinistra sono inghiottite e quasi scompaiono nella rilegatura. Del resto non sappiamo neppure chi decise di formare questi volumi e perché associò proprio al II registro questa nota.

In ogni caso per varie ragioni appare evidente che costui utilizzò un criterio ben preciso che privilegiava non tanto la tipologia dei documenti quanto la loro coevità. Ne abbiamo una immediata conferma dalla distribuzione dei tipi di filigrana che è sistematicamente unica e tipica per ognuno dei volumi, e sono tre, che spaziano un arco di tempo di vita parrocchiale che va dalla seconda metà del '500 sino agli inizi del '700. Orbene la pagina ove è annotata ufficialmente l'esistenza di una venerazione a S. Agostino in Cassago presenta la stessa filigrana del registro che la contiene, il che ne individua la stesura fra il 1622 e il 1661. Altri elementi di varia natura linguistica e stilistica, nonché alcuni parallelismi e diverse circostanze storiche conducono a circoscrivere ulteriormente questo intervallo di tempo.

Innanzitutto va considerata la lingua utilizzata dall'estensore, che non è la lingua volgare italiana, ma il latino, la cui presenza nei registri parrocchiali di Cassago è attestata con sicurezza per la prima volta solo nei documenti dall'anno 1632 in poi. La proprietà di linguaggio, la ricchezza dei termini, l'eleganza dello stile, l'ordine espositivo, rivelano inoltre alcuni tratti fondamentali della personalità dell'estensore, del quale si può tentare una precisa identificazione grazie soprattutto alla sua tipica calligrafia. La scrittura in stampatello della sezione prima posta all'inizio della pagina richiama ad esempio analoghi caratteri noti nello stesso registro, che ci riportano al 1638 e al 1639. In tutti e tre i casi è possibile riscontrare i medesimi tipi grafici e le stesse abbreviazioni, la I maiuscola puntata e una singolare interpunzione a forma di triangolo.

Ma sono soprattutto le specifiche grafie usate dall'autore per le lettere e, p, b, g, P utilizzate specialmente nel decennio 1631-1640 e progressivamente modificate dopo questa data, che ci permettono di individuarne l'estensore in don Filippo Balsamo, parroco di Cassago per trent'anni dal 1631 fino al 1661. Per quanto sussistano ancora diverse questioni aperte, soprattutto in ordine alla coerenza interna dell'intero brano, è quanto mai probabile che fu il solo don Filippo Balsamo a stendere materialmente l'insieme delle note. Siamo portati tuttavia a credere che la loro stesura sia avvenuta in anni differenti, sotto stimoli ed esigenze profondamente mutati.

Lo suggerisce innanzitutto la natura stessa dei contenuti dei brani 1, 2, 3 rispetto a 4, 5 ma è certamente l'uso di un diverso tipo di inchiostro, sottili differenze nella grafia e una netta linea di separazione tracciata irregolarmente, che ce ne offrono la conferma. Parecchi elementi inducono a credere che la prima stesura dei brani 1, 2, 3 sia avvenuta in concomitanza alla fine della pestilenza, che fu ufficialmente dichiarata nel Ducato di Milano il 7 febbraio 1632, mentre più tarda, forse attorno al 1640, è la scrittura dei brani 4, 5 in cui prevale non tanto l'espressione di gioia per lo scampato e lontano pericolo della peste, quanto piuttosto il desiderio di mettere ordine nelle forme di culto e di devozione popolare.

Quest'ultima preoccupazione è tipica di don Balsamo, che in più occasioni palesò la sua attenzione a episodi della vita parrocchiale annotando con cura e grande precisione molteplici notizie di carattere religioso, sociale o economico. Con lui indubbiamente ha inizio una registrazione canonica locale regolare, sempre più ricca di notizie e sempre più attenta a richiamare l'origine e la valorizzazione delle proprie tradizioni.

 

Il 18 agosto 1971 viene deliberato dal Direttivo dell'Associazione S. Agostino il programma per la festa di S. Agostino, che in quell'anno assunse un tono di particolare solennità per la presenza di Mons. Ferraroni e di Padre Prisco, agostiniano, che tenne diverse conferenze su temi agostiniani. Riportiamo per intero quanto il Presidente Pasquale Cattaneo annota nel verbale: « La manifestazione si è svolta regolarmente, come da programma. Al termine della Messa solenne viene scoperta da mons. Ferraroni la pietra murata sul frontale dell'altare di S. Agostino, pietra fatta scoprire a cura dell'Associazione ed incorniciata con lastre di marmo sulle quali sono incise le seguenti parole, a sinistra: “Pietra sacra dell'Oratorio demolito nel 1611” dal cronicon n. 2; a destra: “Su questa pietra S. Agostino celebrò” dal chronicon n. 2.