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Parco di sant'Agostino
PARCO STORICO-ARCHEOLOGICO DI SANT'AGOSTINO
Le prime notizie storiche documentate relative all'area designata attualmente come Parco Archeologica S. Agostino di proprietà comunale, sono riportate nelle visite pastorali di Federigo Borromeo nei primi decenni del 1600, che parlano di vestigia di antichità nei pressi dell'area della chiesa parrocchiale.
L'autore, che aveva più volte visitato Cassago durante le sue visite pastorali nel 1608, 1610 e 1624, traendone alcune personali convinzioni, così espresse: ... io dico, che la leggiadria di questi colli vicini poterono tanto ricreare l'afflitta mente del Beato Agostino, che per la memoria di essi, passato etiandio tanto tempo, allegrandosi disse "Reddes Verecundò pro rure illo eius Cassiciaco, ubi ab aestu seculi requievimus in te, amoenitatem sempiternae virentis paradisi tui quondam dimisisti ei peccata super terram, in Monte incassato, monte tuo, monte uberi. Ed è verisimil cosa, che la Villa, e la foresta da lui cotanto onorata, sia per ragione della lontananza, e del sito, e del nome, e dell'antichità degli edifici, quella, che hora chiamasi comunalmente Cassago, (De' piaceri della mente christiana, Milano 1625).
Una descrizione più minuziosa dell'area è definita dal Catasto Teresiano del 1723-1726, che specifica la sua posizione relativamente agli abitati che nel medioevo costituivano il castro de Caxago, dove vanno individuati il castello dei Pirovano-Visconti, la casa dei nobili Nava (ex canonica) e altre case da abitazione. Nel 1700 l'intera area in esame era di proprietà dei nobili Pirovano-Visconti che la tenevano come campo aratorio annesso alla loro tenuta denominata Possessione della Torre. Nel Convocato Generale del 28 aprile 1756 si procedette fra i suddetti proprietari e la Comunità di Cassago e Uniti ad una convenzione in base alla quale la Comunità cedeva a don Francesco Antonio Visconti Pirovano la Chiesa Vecchia e la Casa Parrocchiale per averne in cambio una pezza di terra di 4 circa pertiche consistente in prato e orto tutto cinto e attraversato da alcuni muri dirocati e antichi, che insisteva sull'area in esame. Parte dunque fu usata per edificare la nuova Chiesa e aprire una nuova piazza, parte rimase di proprietà dei Pirovano-Visconti che infine la cintarono con un muro. La costruzione della nuova Chiesa non interessò direttamente l'area di interesse archeologico, tuttavia l'ampliamento della stessa chiesa, che fu portato a termine nell'agosto del 1930, permise di compiere durante gli scavi alcune scoperte interessanti.
Fra le varie memorie di chi partecipò ai lavori di ampliamento, certamente quella di maggior pregio fu quella manifestata l'8 settembre 1985 dal signor Ambrogio Cattaneo, classe 1909, che nel 1930 era un giovanotto iscritto alla appena costituita sezione locale di Azione Cattolica. Tale appartenenza lo aveva invogliato a prestare gratuitamente il proprio tempo libero aiutando i muratori nell'opera di costruzione. In tale attività ebbe modo di vedere che i lavori di sterro fecero affiorare alcune tombe presso l'attuale scalinata che porta all'altare maggiore. Il signor Vincenzo Confalonieri confermò in altra occasione questa scoperta e precisò che si trattava di due tombe le cui lastre portavano delle incisioni e delle scritte. Esse si troverebbero ancora sotto il pavimento ai piedi dei tre gradini che portano all'altare maggiore. Sotto il portico della chiesa settecentesca, che fu demolito per poter procedere all'allungamento della chiesa, si rinvenne invece un lungo muro, che attraversava tutta la chiesa. Fu scoperto a circa 1 metro di profondità, proseguiva d'ambo i lati e da una parte si concludeva nei giardini del parroco, che diede un pezzo di terra per costruire l'attuale strada che corre a fianco della chiesa. Questi giardini erano di vecchia fondazione, come si evince sia dalle mappe catastali teresiane settecentesche sia soprattutto dal portale d'entrata, che ancora reca incisa la data 1630.
Il Cattaneo enfatizzò molto la scoperta di questi muri e ricordò che furono parzialmente demoliti per far posto alla nuova costruzione. Sul piazzale della chiesa invece gli scavi di fondazione riportarono alla luce numerosissime ossa. Appena si scavava, se ne trovava, tanto che si pensò si trattasse di un cimitero. Durante i lavori di palificazione del terreno, che si rivelò fragile e poco consistente, gli scavi permisero di scoprire una tomba dove fu trovata anche una moneta. I signori Fiorenzo Moreschi e Peppino Giussani sul finire degli anni '60 scoprirono pochi metri a nord della Fontana di S. Agostino un muricciolo della lunghezza di un metro e frammiste al terriccio di scavo diverse tessere colorate di mosaico. L'area da allora non ha più subito trasformazioni in profondità: gli interventi eseguiti in questi ultimi vent'anni hanno interessato solo la superficie del terreno senza intaccare eventuali giacenze in profondità.
Fontana di S. Agostino
Nell'area in questione esiste una vasca doppia, comunemente chiamata Fontana di S. Agostino, che raccoglie le acque provenienti da due sorgenti e che costituisce una delle maggiori attrattive del parco. L'acqua non manca mai anche in periodi di prolungata siccità. Di questa Fontana parla già nel 1854 mons. Luigi Biraghi che scrive trattarsi di un luogo abituale di devozione popolare. In effetti nell'Ottocento e per tutto il Novecento la gente del paese ha prestato grande attenzione a questo luogo riconoscendolo in qualche modo legato ad Agostino. La fontana ha una forma rettangolare con un emiciclo laterale (forse due in origine). Probabilmente fu ricostruita su una precedente struttura. Attualmente ne resta un residuo che denota caratteri di costruzione romana. Non è nota la funzione di questa vasca nel passato. La sua posizione era comunque prossima al castro medioevale di cui si hanno notizie nel 1200: la località di Cassago era comunque già abitata nel IX secolo come testimonia una pergamena dell'854 che attesta la presenza di nobili longobardi come signori del castro. Sulla struttura della Fontana sono stati eseguiti interventi a più riprese sia per metterne in evidenza le fondazioni, sia per impermeabilizzarne le pareti.
Acquisizione come area comunale di interesse pubblico
Primi interventi
L'Amministrazione Comunale acquisce l'area attorno alla Fontana di S. Agostino verso il 1980 stipulando una Convenzione con i proprietari, che prevede tra l'altro la cessione anche della superficie occupata dal Palazzo Pirovano Visconti demolito nel 1963. L'Amministrazione su sollecitazione della Associazione storico-culturale S. Agostino decide di intervenire sull'area bonificandola. Ne affida la progettazione e la realizzazione alla stessa Associazione che provvede a ripristinare la funzionalità della Fontana di S. Agostino e a predisporre un percorso archeologico dove sono sistemati i reperti litici rinvenuti a Cassago databili all'età romana e tardo-romana. Nella stessa area viene infine eretto un monumento a S. Agostino con una Pala in bronzo che raffigura il santo e la madre Monica, opera del Maestro Enrico Manfrini. Fra il 1984 e il 1986 viene pertanto realizzato su quest'area quello che verrà chiamato il Parco Archeologico S. Agostino, luogo aperto al pubblico che ridà alla comunità locale uno spazio verde di grande importanza ambientale e culturale. Il luogo viene abitualmente visitato da scolaresche e comitive, anche straniere, motivate dal desiderio di conoscere il rus Cassiciacum di sant'Agostino. Nel 1988 fu rinvenuto il canale di immissione delle acque nella vasca già predisposto in antico a un metro di profondità dal precedente piano di calpestio. Contemporaneamente lavori si sbancamento condotti con lo scopo di restaurare la vasca misero in luce la presenza di altre strutture murarie strettamente connesse alla fontana che ne mettevano a nudo l'originaria struttura a mandorla. Sul lato sinistro la vasca proseguiva con un frammento murario in coccio pesto di origine romana. Ulteriori scavi condotti nel 1987-88 nella stessa direzione riportarono alla luce nuovi muri e due vasche da cui furono estratti numerosi frammenti di ceramica tardo-rinascimentale unitamente a mattoni, tegole e materiale fittile di varia natura, seicentesco e settecentesco come sembravano indicare il marchio e gli stemmi gentilizi viscontei. Lo strato superiore del terreno era costituito da un solido conglomerato di calcina, residuo probabile della lavorazione della calce viva che venne operata riutilizzando le due vasche nella seconda metà del '700 quando si costruì ex-novo l'attuale chiesa parrocchiale.
Ulteriori interventi
Nel 1992 su iniziativa dell'Associazione S. Agostino, che nel frattempo aveva stipulato una Convenzione con il Comune di Cassago per la gestione e manutenzione dell'area in oggetto, fu proposta e realizzata una campagna di pulizia dei Ruderi del Palazzo Pirovano Visconti che permise non solo di eliminare una ingente massa di detriti e discariche di laterizi, ma pure di recuperare interessanti reperti archeologici in pietra fra cui vanno segnalati una decina di frammenti di tombe tardo-romane (riutilizzate nella costruzione dei muri maestri del Palazzo) e una lapide con iscrizione simbolica, forse segnale di limite di proprietà altome-dioevale.
Ricerche recenti circa l'ubicazione della villa di Verecondo
Vari autori hanno proposto ipotesi di localizzazione, fra cui Morin nel 1930, che sollecitava scavi nei sotterranei della villa Pirovano Visconti, don Rinaldo Beretta e Othmar Perler che sottolineavano la necessità di ricerche nell'area adiacente la chiesa parrocchiale. Verso il 1960 alcuni membri dell'Associazione S. Agostino chiesero delle rilevazioni al radioestesista Labrotti, che lasciò scritto: "In ogni angolo che si senta, ci sono dei pezzi di vecchie residenze seppellite. Come si fa. Bisognerebbe cercare solo una cosa precisa. Ma cercare di questi vecchi frammenti è tutto un disseminato sepolto con decine di metri di pietrame e terra. A quel tempo! I bagni erano vicini alla fontana. Ma l'acqua la prendevano da un torrente che ora non trovo. Era un fiume un po' sotto del Gambaione ed aveva un altro nome perchè formato da diverse sorgenti ".
Due soci dell'Associazione S. Agostino, Moreschi Fiorenzo e Giuseppe Giussani verso il 1968-69 fecero degli scavi di assaggio e scoprirono un muro e tre tasselli di mosaico nei pressi della Fontana di S. Agostino. Durante i lavori di bonifica fra gli anni 1984-1986 si fecero scavi di superficie attorno alla Fontana che rilevarono la presenza abbondante di materiale ceramico medioevale, del 1400 e anche frammenti di età romana. Nel 1986 furono effettuate delle ricognizioni aeree dai prof. Tozzi e Harari dell'Università di Pavia che misero in luce l'esistenza di strutture sotterranee probabilmente da mettere in relazione alla Villa demolita. Nel 1997 nell'ambito di alcune ispezioni geologiche effettuate dalla Cementeria di Cassago s.p.a. furono effettuati degli assaggi con carotaggio nell'area adiacente alla Villa demolita che misero in luce un coacervo di antropizzazioni difficilmente leggibile per la continuità delle trasformazioni geomorfologiche che ha subito il luogo nel corso dei secoli. Nel 2001 nel corso di indagini effettuate dall'Amministrazione Comunale per verificare la consistenza del terreno di questa area in previsione della edificazione del Nuovo Palazzo Comunale, è stata messa in luce l'esistenza di tre formazioni compatte e ben definite che corrispondono a muri che corrono da in linea parallela da est a ovest. La scoperta è stata di estremo interesse poiché conferma le conoscenze pregresse e introduce elementi nuovi che aspettano una amplificazione dell'indagine per verificare la reale entità delle formazioni evidenziate. Questa ulteriore indagine è in avanzata fase di realizzazione ed è stata finanziata con contributi della Amministrazione Comunale di Cassago, della Regione Lombardia e di Istituzioni Private.
Attività culturale e Settimana Agostiniana
Il Parco Archeologico è gestito dalla Associazione S. Agostino, che ne cura l'aspetto e la fruizione del pubblico. Scopo della Associazione è infatti valorizzare le memorie storiche del paese con particolare riferimento alla ultra centenaria tradizione agostiniana del paese. Per questo motivo l'Associazione si è sempre fatta interprete della promozione del pensiero agostiniano, della ricerca storica e archeologica particolarmente ricca per Cassago, con l'intento di diffondere i risultati e le conoscenze acquisite con convegni, mostre, incontri e dibattiti culturali. L'Associazione S. Agostino è stata individuata dalla Amministrazione comunale come referente privilegiato per questa attività culturale che dà lustro e importanza internazionale a Cassago. Il paese infatti accoglie annualmente numerosi visitatori di ogni paese e operatori scolastici grazie all'attività di supporto culturale svolta dalla suddetta associazione. La stessa ha già curato la pubblicazione di 13 volumi riguardante sia la storia locale quanto la tradizione agostiniana. Dal 1991 inoltre organizza la cosiddetta Settimana Agostiniana che costituisce un momento di analisi e elaborazione delle tradizioni locali e del pensiero agostiniano. Essa si svolge abitualmente tra la fine di agosto (27-28 festa di S. Monica e S. Agostino) e la prima settimana di settembre e consiste in una settimana di convegni, di mostre e di manifestazioni varie.
L'ubicazione della villa di Verecondo: ipotesi e prospettive
Il Parco cerca di valorizzare le memorie storiche del paese cercando di presentare un percorso storico che cerchi di ricostruire le vicende del paese con una particolare attenzione all'età romana e alla figura di Agostino, di Verecondo e della sua villa. Le molteplici e ripetute scoperte archeologiche cassaghesi di per sé non sono ancora sufficienti a dimostrare l'esistenza in loco della villa di Verecondo. Tuttavia ne sono la premessa necessaria e ciò è tanto più significativo quanto più si valuta l'intrinseca coerenza delle conseguenze che si possono trarre dai vari tipi di indagine sinora condotti. Prendendo a prestito la terminologia giudiziaria possiamo affermare che ci sono numerosi e fondati sospetti, ma manca la certezza del corpo del reato. Mancano cioè i resti evidenti della villa di Verecondo. Tra l'altro non possiamo nemmeno essere sicuri che esistano ancora o siano conservati sotto terra da qualche parte. Il riutilizzo di materiale romano in epoca medioevale e tardo-medioevale può infatti avere sottratto elementi decisivi, che solo occasionali e fortuiti rinvenimenti possono riportare alla luce. D'altra parte molti di questi materiali sono stati reimpiegati nella costruzione di edifici o mura, che sorgevano nell'area del castrum medioevale e non c'è da meravigliarsi se tali costruzioni si siano sovrapposte a preesistenze romane inglobandole. La questione non è marginale, soprattutto in virtù del fatto che Cassago fu una località che non venne mai abbandonata e conobbe piuttosto una continuità insediativa dall'età longobarda fino ai nostri giorni. Dove poteva sorgere dunque la villa di Verecondo ? I ritrovamenti alla Pieguzza, per quanto interessanti, poiché documentano con certezza un'attività agricola durata per secoli, non sono tuttavia tali da assicurare l'esistenza di una villa in un limitato perimetro adiacente alle due vasche scoperte.
I muri a secco evidenziati nel 1967 purtroppo non furono sufficientemente analizzati per cui non è possibile stabilire se erano o no di pertinenza di una abitazione, mentre le due vasche indicano che il luogo era sede piuttosto di non meglio specificabili attività agricole, probabilmente in connessione a una strada che vi scorreva accanto, come sembrano suggerire le diverse tombe scoperte lungo via S. Marco. La Pieguzza in ogni caso disponeva di acqua a sufficienza, sia per l'esistenza di una sorgente denominata in questo secolo Pisaròtt e ancora attiva fino a qualche anno fa prima di essere intubata, sia per la ricchezza della falda, cui si può attingere facilmente con pozzi di modesta profondità. Non si può escludere in linea di principio che l'eventuale villa di Verecondo potesse sorgere più a valle, ma nulla è stato scoperto, o reso noto, in tale zona, che pure ha conosciuto recentemente una estesa urbanizzazione. Tutta la Pieguzza e le terre circostanti furono inoltre sempre destinate a terreni coltivi o vigneti e non v'è traccia già dal catasto teresiano di edifici lì esistenti: segno dunque che la località o fu abbandonata o non conobbe una vera e propria presenza edilizia in epoca romana e post-romana. E' dunque più probabile che la villa di Verecondo sorgesse a Cassago, come del resto richiama il toponimo stesso usato da Agostino e cioè rus Cassiciacum. La località corrisponde d'altra parte significativamente all'ambiente e al paesaggio descritti da Agostino nei suoi Dialoghi. L'esistenza di antichità in Cassago fu messa in evidenza la prima volta dal cardinale Federigo Borromeo, che ebbe l'opportunità di osservarle durante le sue visite pastorali agli inizi del Seicento. Il Borromeo lasciò infatti scritto che "id porro Casissiacum quem locum inclyti Doctoris verba celebrant, nos credidimus esse Cassagum, coniecturamque nostram et natura loci et ratio nomini et veterum aedificiorum reliquiae, plurimaque vestigia antiquitatis adiuverunt."
Non è dato sapere quali fossero tali antichità anche se è plausibile localizzarle presso la chiesa medioevale, in un'area tradizionalmente legata al culto di S. Agostino e che anche recentemente ha restituito interessanti reperti archeologici.
Presso la cosiddetta fontana di S. Agostino furono infatti scoperti un muro impermeabilizzato con calce e alcune tessere di mosaico, che fanno intuire la possibile esistenza di un piccolo avanzo di costruzione termale ad uso privato, da verificare tuttavia con altre risultanze archeologiche, come ad esempio i due frammenti di mattone romano grande e spesso recuperato da Pasquale Cattaneo a sud-ovest del palazzo Pirovano-Visconti, che si pensa facesse parte di un ipocausto. Sempre nella medesima area furono messi in luce nel 1984-86 due vani con muri sia a secco che con legante in calce, che contenevano generoso materiale in ceramica soprattutto rinascimentale. Fra l'altro si rinvennero anche due frammenti fittili, l'uno pertinente quasi sicuramente a un coperchio e l'altro pertinente ad un'ansa di anforetta, che probabilmente risalgono al tardo-impero o all'età barbarica e che significa-tivamente possono essere reperti guida di qualche importante insediamento non ancora identificato. Altrettanto significativi sono dei tubuli, all'interno rivestiti di ceramica, provenienti sempre dalle vicinanze del palazzo, che documentano quasi sicuramente un'abitazione piuttosto signorile. Ma è soprattutto un residuo di muro incorporato nella struttura della fontana di S. Agostino a destare grande interesse, poiché presagisce una precedente presenza di strutture in malta cementifera, che appaiono del tutto avulse dal contesto generale della fontana e che richiamano per la tipologia e per l'aspetto all'età romana. E' impossibile tuttavia asserire con certezza che tale manufatto si possa attribuire a qualche balnea nonostante che a pochi metri di distanza siano stati rinvenuti tre tasselli di mosaico e un muro. Altre testimonianze di antichità si conservarono certamente nella chiesa medioevale di S. Brigida Vergine, sorta probabilmente in età carolingia o post-carolingia, fra cui la citata iscrizione dedicata a MARILLA: l'icnografia dell'edificio, che fu demolito nel 1759-1760, attesta inoltre la presenza di due colonne che reggevano un'architrave il cui scopo era separare il presbiterio e l'altare maggiore dal resto dell'edificio.
Non è imprudente ipotizzare che queste due colonne provenissero da altra costruzione e che esse siano state riutilizzate in epoca alto medioevale per il semplice fatto che erano disponibili. Data la limitata grandezza del corpo della chiesa non v'era infatti alcuna necessità di natura architettonica o statica che ne motivasse l'impiego. Probabilmente nelle vicinanze c'era materiale a disposizione o esistevano ancora i resti di una preesistente costruzione, che forse risaliva ad una età romana, quella stessa forse che vide la presenza di MARILLA e di altri proprietari fra cui lo stesso Verecondo. L'area attorno all'attuale chiesa parrocchiale, la stessa area che vide svilupparsi il castro de caxago nell'alto medioevo, è dunque la zona che più di ogni altra corrisponde ai requisiti che caratterizzano la villa di Verecondo, sia sotto l'aspetto ambientale che archeologico. E' qui infatti che anche nel passato si sono focalizzati gli interessi degli studiosi che si sono occupati della questione. Il radioestesista signor Labrotti si spinse oltre e affermò che sotto l'attuale piazza e parte della chiesa parrocchiale a qualche metro di profondità si trovano diversi ruderi. Tuttavia l'entità dei reperti dimostra in ogni caso ampiamente l'antichità di Cassago quale centro rurale nel contesto di quella campagna romana del municipium milanese che fu intensamente abitata all'epoca di S. Agostino. Nessun'altra delle località della bassa Brianza ha restituito materiale archeologico di età romana così in abbondanza e di pregevole qualità, per cui Cassago e l'area archeologica presso la chiesa parrocchiale sono i luoghi più indiziati per reperire le ultime vestigia della villa di Verecondo che ospitò Agostino.