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Percorso : HOME > Tradizioni agostiniane a Cassago > Peste 1630Peste 1630: Agostino invocato Patrono
L'annotazione del Chronicon che contesta l'affermazione 4
LA PESTE DEL 1630
La devozione a sant'Agostino in Cassago ha un momento esaltante nel corso della pestilenza del 1630, quando il santo viene invocato per proteggere il paese dal morbo. Un documento ne parla, di poco posteriore ai tragici eventi, ed è noto sotto forma di pro-memoria nel secondo libro dei Registri parrocchiali dei battesimi, morti e matrimoni della parrocchia di Cassago, che va dal 1622 al 1661.
Purtroppo il foglio non è datato nè porta alcuna firma. L'annotazione, cui hanno posto mano più persone o meglio più parroci, è piuttosto lunga e organicamente articolata e strutturata in almeno cinque parti. Con un linguaggio ricercato e preciso, gli estensori ci illustrano con una serie di vivaci e fresche annotazioni l'origine e la spontaneità della fede popolare e della devozione diffusasi nel paese verso S. Agostino dopo i tragici eventi della peste, che fra il 1629 e il 1632 infierì nelle campagne lombarde, dopo anni di carestia. La trascrizione del brano, che abbiamo analiticamente distinto in cinque sezioni riporta testualmente:
1. Gratia Dei meritis sanctorum patronorum huius ecclesiae Iacobi Brigidae et Augustini
L'annotazione del Chronicon che contesta l'affermazione 4
5. Attamen illud quod dicitur quod sanctus Augustinus celebraverit super illud altare credo non esse verum quia habet in breviaris sanctum Augustinum sacris in africa fuisse initiatum post discessum suum e Mediolano Valerio episcopo.
Questo testo, che era noto anche ai parroci dal Seicento in poi, non fu tuttavia oggetto di approfondimenti se non occasionalmente da parte di qualche raro autore, fra cui anche il Manzoni. La ricchezza e l'eterogeneità delle informazioni espresse in queste annotazioni sono tali da esigerne innanzitutto la datazione, tanto più che si fa esplicito riferimento a episodi precedenti, che risalgono al 1611 e che presuppongono collegamenti storici con un'epoca decisamente anteriore ai fatti narrati.
La posizione del brano all'interno del II registro parrocchiale non è purtroppo a questo riguardo particolarmente significativa, poiché il registro stesso è stato rilegato in volume in epoca successiva alla stesura, riunendo diversi fascicoli sparsi e isolati sui quali si andavano separatamente ad annotare i documenti della parrocchia, che registravano le nascite, le morti, i matrimoni e i battesimi. Ce lo conferma indirettamente il card. Carlo Borromeo quando durante la sua seconda visita pastorale a Cassago nel 1583 ebbe ad annotare " libros mortuorum baptizatorum matrimoniorum habent distintos."
La forma di questa annotazione seicentesca ricorda la sua primitiva origine di foglio pro-memoria isolato appena se ne osserva l'impaginazione: da un lato c'è una utilizzazione quasi esasperata dei margini del foglio per scrivere, dall'altro nelle ultime righe le parole a sinistra sono inghiottite e quasi scompaiono nella rilegatura. Del resto non sappiamo neppure chi decise di formare questi volumi e perché associò proprio al II registro questa nota.
In ogni caso per varie ragioni appare evidente che costui utilizzò un criterio ben preciso che privilegiava non tanto la tipologia dei documenti quanto la loro coevità. Ne abbiamo una assoluta conferma dal tipo di filigrana che è sistematicamente unico e specifico per ognuno dei volumi, e sono tre, che spaziano un arco di tempo di vita parrocchiale che va dalla seconda metà del '500 sino agli inizi del '700. Orbene la pagina ove è annotata ufficialmente l'esistenza di una venerazione a S. Agostino in Cassago presenta la stessa filigrana delle altre pagine dei battesimi, morti, nascite e matrimoni contenute nel registro, il che ne individua la stesura in un arco di tempo fra il 1622 e il 1661. Altri elementi di varia natura linguistica e stilistica, nonché alcuni parallelismi e diverse circostanze storiche conducono a circoscrivere ulteriormente questo intervallo di tempo.
Innanzitutto va considerata la lingua utilizzata dall'estensore, che non è la lingua volgare italiana, ma il latino, la cui presenza nei registri parrocchiali di Cassago è attestata con sicurezza per la prima volta solo nei documenti dall'anno 1632 in poi. La proprietà di linguaggio, la ricchezza dei termini, l'eleganza dello stile, l'ordine espositivo, rivelano inoltre alcuni tratti fondamentali della personalità dell'estensore, del quale si può tentare una precisa identificazione grazie soprattutto alla sua tipica calligrafia. La scrittura in stampatello della sezione prima posta all'inizio della pagina richiama ad esempio analoghi caratteri noti nello stesso registro, che ci riportano al 1638 e al 1639. In tutti e tre i casi è possibile riscontrare i medesimi tipi grafici e le stesse abbreviazioni, la I maiuscola puntata e una singolare interpunzione a forma di triangolo.
Ma sono soprattutto le specifiche grafie usate dall'autore per le lettere e, p, b, g, P utilizzate specialmente nel decennio 1631-1640 e progressivamente modificate dopo questa data, che ci permettono di individuarne l'estensore in don Filippo Balsamo, parroco di Cassago per trent'anni dal 1631 fino al 1661. Per quanto sussistano ancora diverse questioni aperte, soprattutto in ordine alla coerenza interna dell'intero brano, è quanto mai probabile che fu don Filippo Balsamo ad avviare materialmente la stesura delle prime note. Siamo portati tuttavia a credere che la successiva stesura sia avvenuta in anni differenti, sotto stimoli ed esigenze profondamente mutati.
Lo suggerisce innanzitutto la natura stessa dei contenuti dei brani 1, 2, 3 rispetto a 4, 5 ma è certamente l'uso di un diverso tipo di inchiostro, sottili differenze nella grafia e una netta linea di separazione tracciata irregolarmente, che ce ne offrono la conferma. Parecchi elementi inducono a credere che la prima stesura dei brani 1, 2, 3 sia avvenuta in concomitanza alla fine della pestilenza, che fu ufficialmente dichiarata nel Ducato di Milano il 7 febbraio 1632, mentre più tarda, forse attorno al 1640, è la scrittura dei brani 4, 5 in cui prevale non tanto l'espressione di gioia per lo scampato e lontano pericolo della peste, quanto piuttosto il desiderio di mettere ordine nelle forme di culto e di devozione popolare.
Quest'ultima preoccupazione è tipica di don Balsamo, che in più occasioni palesò la sua attenzione a episodi della vita parrocchiale annotando con cura e grande precisione molteplici notizie di carattere religioso, sociale o economico. Con lui indubbiamente ha inizio una registrazione canonica locale regolare, sempre più ricca di notizie e sempre più attenta a richiamare l'origine e la valorizzazione delle proprie tradizioni.
L'invocazione ad Agostino come protettore dalla peste è decisamente inusuale: sono rari i casi simili a ciò che accadde a Cassago nel 1630. Nel Milanese e in Brianza in circostanze così drammatiche abitualmente si invocavano i santi Sebastiano e Rocco, di cui sono rimaste innumerevoli cappelle votive in tutti i paesi.
L'annotazione relativa alla petra ceriza dove "eundem sanctum Augustinum celebrasse" probabilmente non va intesa nell'interpretazione espressa nella successiva e ultima nota. Celebrare in effetti non ha solo un significato liturgico, come sostiene vigorosamente l'estensore della nota 5, ma pure un significato di "sedersi" o "stare in un luogo". In tal caso l'autore del brano 4 intendeva dire che esisteva una pietra dove la pietà popolare riteneva che Agostino a suo tempo si era seduto.