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Percorso : HOME > Africa agostiniana > Siti archeologici > AlthiburosAFRICA ROMANA: Althiburos
Testa del Dio Oceano: mosaico dalla casa di Asclepeia
ALTHIBUROS
Dominato da una collina sulla quale si adagia il bianco marabout di Sidi Abdallah Chid, un arco di trionfo (III-IV secolo) segna il limite settentrionale dell'antica Althiburos; l'insediamento si sviluppò rapidamente, favorito dalla posizione strategica sulla strada imperiale da Cartagine a Tebessa e dalle abbondanti risorse del fertile retroterra. Althiburos, l'attuale Medeina, si trovava al confine fra l'area di influenza cartaginese e quella di influenza numidica. Per questo motivo la città si sviluppò attingendo dalla cultura e dal gusto di entrambe le civiltà.
Tuttavia, a cominciare dall'età romana, la città arricchì il suo substrato libico-punico con gli apporti culturali romani, tanto che riuscì a ottenere lo stato di Municipio sotto l'imperatore Adriano. La città fu dotata di un centro monumentale sotto gli Antonini e abbellita di ricche dimore fino al IV sec.; sede di vescovato cattolico e donatista fino al 646, fu poi fortificata in epoca bizantina. L'abbandono del sito risale probabilmente alla conquista musulmana. Ma Medeina è ancora menzionata in occasione di una battaglia che vi sarebbe stata combattuta nel X secolo.
Busto dell'imperatore Vitellio
Le rovine sono state scavate nel 1895-96, ma soprattutto nel 1908-1912 e ancora nel 1961. Il nucleo principale dell'area archeologica è situato oltre il guado sullo uadi Medeina. Il foro (44,60 m per 37,15), riconoscibile per la pavimentazione ben conservata, era circondato da un portico di cui restano alcuni capitelli corinzi. A sud-ovest sorgeva il Capitolium, tempio tetrastilo in stile corinzio che conserva la bella la porta centinata della cella. Una dedica a Commodo lo data a dopo il 190 d. C. A nord-est, una strada separa il foro da un altro tempio tetrastilo, circondato da un recinto rettangolare; gli intercolumni tamponati testimoniano un rimaneggiamento di epoca tarda. A est una grande dimora, manomessa, conserva le basi, finemente lavorate, di 16 colonne.
La zona situata a est del foro è coperta da rovine molto confuse: si riconosce un edificio di dubbia destinazione, forse bottega artigiana, composto da due ambienti provvisti di nicchie e occupati da numerose vasche. A sud del foro si trovano le rovine di un teatro, costruito sotto Commodo e fortificato durante il Tardo impero, di cui si riconosce la sezione esterna del muro della cavea, con dodici aperture centinate al piano terreno e cinque al primo piano. A est del teatro si può raggiungere uno dei numerosi mausolei conservatisi qui quasi integralmente; verso sud, in un settore della necropoli, sono due sepolture megalitiche. A nord del foro rimane, isolata, la casa della pesca, della quale si riconosce il peristilio. Al livello inferiore, una sala biabsidata era ornata da un mosaico raffigurante una scena marina tra teste di Oceano (ora al Museo del Bardo).
Resti dell'anfiteatro romano
Altre due dimore sono state portate alla luce al di là dello uadi Ain Oum el-Abid. La casa delle Muse era organizzata attorno a un peristilio centrale (con un grande magazzino) sul quale si aprivano un ampio triclinio sul lato nord-ovest e un oecus absidato nell'angolo nord; dei numerosi mosaici rinvenuti in loco, quelli figurati sono conservati al Museo del Bardo. L'edificio degli Asclepeia, più volte rimaneggiato nel III e IV secolo, comprende un ingresso monumentale, una grande sala assiale fiancheggiata su ogni lato da una vasca (da qui proviene il celebre «catalogo delle imbarcazioni» ora al Bardo) e un peristilio, attorno al quale sono distribuiti numerosi ambienti e le terme private.
L'edificio prende nome da un mosaico, parzialmente conservatosi, nel quale la parola «Asclepeia» (festa di Asclepio) è inscritta in una corona, premio messo in palio nel corso delle omonime feste che si tenevano a Cartagine. Tra i diversi mosaici, per lo più del IV secolo che pavimentavano la casa, pregevole una scena di caccia. Althiburos, grazie alla sua felice posizione sulla strada fra Cartagine e Theveste, riuscì a mantenersi intatta fino al pieno periodo bizantino. Tuttavia come altre città africane di questo periodo finì per precipitare verso il disastro e l'abbandono, senza che se ne conosca la data.