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AFRICA ROMANA: Simitthus

Scultura votiva su pietra del dio Saturno

Scultura votiva su pietra del dio Saturno

 

 

SIMITTHUS

 

 

 

Posto a 20 Km da Djendouba, il sito di Simitthus, l'odierna Chemtou, si trova nella Tunisia nel nord-ovest. La fama di questa località è legata alla presenza di importanti cave di marmo, un materiale locale di colore variabile fra il giallo e l'arancio uniforme, con rare sfumature verdi e un bianco cremoso misto a una gamma articolata, che era andato di moda nell'epoca imperiale. Utilizzata a lungo dai Romani, dalla cava il marmo estratto era trasportato su carri che appartenevano all'imperatore e veniva esportato a Roma e a Bisanzio.

Questo marmo numidico ornò diversi monumenti e viaggiò per tutto l'impero. Così Simitthus divenne una specie di città industriale con un quartiere riservato agli operai carrettieri. Tuttavia, come le altre città romane, anche Simitthus possedeva gli abituali monumenti riservati al benessere della popolazione: le terme, il teatro, l'anfiteatro, il foro, la basilica, l'acquedotto, le installazioni idrauliche, così come molte altre struttura le cui vestigia sono visibili ancora in buone condizioni.

Il sito inoltre conserva anche un livello numidico ancora visibile sotto lo strato del foro. L'area è ancora in gran parte da scavare, ma esiste un magnifico piccolo museo. Di epoca preromana (II-I secolo a. C.) abbarbicato su una delle tre colline che sovrastano la città, un santuario offre degli elementi architettonici che la dicono lunga sulla grandezza della località in epoca numidica.

Oltre a tutti questi monumenti, il sito di Chemtou a restituito numerosi oggetti che sono esposti in loco impiantati fra le vestigia, in prossimità di un bel troncone di una via romana. Ed è poco prima di Chimtau che, sulla strada isolata su un piccolo promontorio, si possono trovare le rovine di una piccola chiesa con facciata e campanile a vela come si può trovare in Italia, specie in Umbria. L'antica colonia Julia Augusta Numidica Simitthus (creata nel 27 d. C.) era situata all'incrocio di due importanti strade di comunicazione della regione: una collegava Cartagine a Hippo Regius (oggi Annaba, in Algeria) attraverso Bulla Regia, l'altra Sicca Veneria (l'attuale le Kef) al porto di Thabraca (Tabarka), dove veniva trasportato il marmo per la commercializzazione.

  APPROFONDIMENTO

Lo sfruttamento delle cave, iniziato prima della colonizzazione romana, ebbe grande sviluppo in età imperiale grazie a una rigida organizzazione produttiva, che utilizzava manodopera servile e coatta, e a metodi di lavoro a carattere quasi industriale, che prevedevano la realizzazione in serie di alcuni manufatti. Il marmo, ricco di venature e troppo fragile per essere lavorato in blocchi di grandi dimensioni, era utilizzato soprattutto per rivestimenti, ma se ne ricavavano anche colonne e sculture. Lo sfruttamento dei giacimenti di Chemtou fu ripreso nel XIX sec. (rimangono alcuni edifici e una chiesa ottocenteschi) e solo in tempi recenti è stato definitivamente abbandonato. L'indagine archeologica del sito, che per la sua prosperità si allargò dall'area estrattiva tutt'intorno al vicino colle fino alla valle della Mejerda e divenne in epoca cristiana sede dell'autorità vescovile, fu avviata nel XIX sec. e ripresa più efficacemente nel 1970 dall'Istituto nazionale d'Archeologia e Arte di Tunisi. Gli scavi hanno interessato soprattutto l'area del santuario punico, alla sommità del colle, e quella del quartiere operaio. Presso la cava è stato provvisoriamente allestito un deposito di reperti ritrovati in loco.

Chiesa paleocristiana

Chiesa paleocristiana

Il sito, dominato dall'alta massa rocciosa della collina e limitato dall'alveo profondamente inciso della Mejerda, è assai esteso ma, per lo stato non avanzato degli scavi, di difficile lettura. Provenendo da nord, si raggiunge dapprima l'area delle terme, alimentate da un acquedotto di 30 km che convogliava l'acqua in grandi cisterne chiamate « Medinet el-Ard» (la città sotterranea) e destinate a regolarizzare l'approvvigionamento idrico in caso di prosciugamento della sorgente. A sud-ovest delle terme si trova il teatro, con imponente cavea ancora non scavata; è uno dei pochi teatri africani che non utilizzi un pendio naturale per addossarvi un lato dell'edificio. A sud-est, su un ripiano al riparo dalle inondazioni dello uadi, si stendeva il foro, di cui rimane un'area pavimentata che sovrasta monumentali tombe preromane. Il vasto edificio absidato era la basilica, trasformata poi in tempio cristiano (cattedrale?); una seconda abside segnala il ninfeo. Scendendo verso la Mejerda, si scorgono le rovine del ponte, ricostruito sotto Traiano (112 d. C.) e travolto dalle inondazioni del IV secolo. Nei pressi si trovano i resti di alcuni mulini idraulici, unico esempio di manufatto di tal genere rinvenuto nel Maghreb romano.

A est si stende la città romana, con l'anfiteatro, numerose costruzioni a volta, cisterne e, in posizione appartata, la necropoli. Risalito il colle e attraversata la zona delle cave, si raggiunge il santuario punico; si tratta di un monumentale altare, costruito nel II secolo a. C. probabilmente sotto Micipsa e decorato di sculture ellenistiche. In età romana l'altare fu sostituito da un tempio dedicato a Saturno, che nel IV secolo fu trasformato in basilica cristiana. Le pendici settentrionali del colle, dove sono scolpite nella roccia incisioni dedicate al dio Saturno, accolgono una piccola chiesa, forse consacrata ai Cristiani condannati ai lavori forzati nelle cave (i mosaici del VI sec. sono raccolti nel deposito). Alla base nord del rilievo gli scavi hanno portato alla luce il quartiere operaio, organizzato alla stregua di un accampamento militare; vi si trovano alloggi, templi, terme e soprattutto i laboratori dove veniva lavorato il marmo (gli oggetti, realizzati in serie, datano a partire dal II secolo d. C.).