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Incontro con l'autore: il prof. Gianluca Alzati presenta il suo romanzo
Festa di Sajopp
MERCOLEDI 9 - DOMENICA 13 MAGGIO 2007
L'Associazione ha partecipato alla organizzazione di eventi culturali nell'ambito della manifestazione nota come Festa di Sajòpp o di san Giobbe, che si svolge all'ombra del Sepolcreto Visconti.
Quest'anno sono stati proposti alcuni interessanti eventi:
mercoledì sera nello spiazzo antistante il Sepolcreto il Coro dei ragazzi dell'Istituto Comprensivo diretti dal maestro Silvano Bianchi ha accompagnato le letture commentate tratte dal libro del prof. Alzati "Il mistero della vecchia chiesa abbandonata" che trae spunto per l'ambientazione della storia proprio dal Sepolcreto Visconti che sorge in cima al colle di san Salvatore.
Una folta cornice di pubblico ha apprezzato ripetutamente lo spettacolo.
Nella giornata di sabato è stata proposta una caccia al tesoro per i bambini della scuola elementare e un servizio guide per adulti, oltre a una visita guidata indirizzata ad alcune classi delle scuole elementari.
Nella giornata di domenica è stato offerto il consueto servizio guide con depliant illustrativo. Inoltre l'incontro con l'autore prof. Gianluca Alzati ha permesso alle migliaia di visitatori di conoscere ed apprezzare meglio l'origine, il senso e lo scopo del romanzo che ha scritto per ragazzi adolescenti.
Uno stand con lavori dei ragazzi delle scuole medie di Renate ha offerto uno splendido lavoro di ricerca storica ed artistica sul sepolcreto, nato dalla curiosità suscitata dalla presentazione del libro del prof. Alzati.
Il gruppo degli amici del medioevo di Capriano ha illustrato le tecniche di costruzione di oggetti ed armi nel medioevo.
Infine in serata, dopo una esposizione di oggetti in ceramica, è stata proposta una produzione-cottura di ceramiche con il metodo raku.
vecchia fotografia del Sepolcreto
TESTO DELLA BROCHURE
Tremoncino: mille anni di storia dal san Salvatore a Sajopp
Torna l'appuntamento con la festa di Sajopp e tornano le visite guidate al sepolcreto Visconti, per riscoprire l'impronta che la nobile famiglia milanese ha lasciato sul nostro paese, con tante curiosità sulla nascita della festa, il san Salvatore e molto altro ancora.
Tremoncino e San Salvatore
La chiesa di san Salvatore a Tremoncino viene citata per la prima volta da Goffredo da Bussero nel suo "Liber Notitiae Sanctorum Mediolani" nell'elenco delle chiese che esistevano a Cassago, Oriano e Tremoncino nello scorcio finale del XIII secolo. Il sacerdote milanese ne ricorda quattro:
- RECORDATIO ECCLESIARUM SANCTAE BRIGIDAE
57B: Item in loco casiago de masalia.
- MEMORIA ECCLESIARUM ET ALTARIORUM SANCTI GREGORII
151C: Orliano ecclesia sancti gregorii.
- MEMORIA ECCLESIARUM SANCTE DEI GENITRICIS MARIE
257A: Cassago. ecclesia sancte marie.
- MEMORIA ECCLESIARUM ET ALTARIORUM SANCTI SALVATORIS
338B: in plebe Alliate. loco tornago ecclesia sancti salvatoris.
La chiesa di Tremoncino era già allora dedicata a san Salvatore, una tipica dedicazione che richiama all'età longobarda e che ha altri esempi viciniori, come la omonima Canonica a Barzanò, costruita in stile romanico. Bussero la ricorda in territorio di Tornago, nella pieve di Agliate: o è un errore o, molto più probabilmente, segnala gli intensi rapporti fra le comunità rurali di Renate e Cassago che nel XIII secolo non erano ancora organizzate in comuni.
Dell'antica chiesa di san Salvatore, verosimilmente una piccola plebana rurale, si hanno poche notizie, ma essa era sicuramente molto amata e frequentata da tutti i contadini della zona. Era anche un polo d'attrazione sociale e commerciale, poiché nel viale antistante, durante la festa di Sajopp, si svolgevano il mercato e delle fiere paesane, per lo più per la vendita di bestiame e generi alimentari.
Si tramanda che nel '300, nel terribile periodo della peste, nei prati circondanti l'edificio, si prese la consuetudine di seppellire coloro che perirono di questo male, e che le persone qui si recavano in una sorta di pellegrinaggio, per pregare i morti e per scongiurare un'ulteriore diffusione del contagio. Solamente nell'ottocento, infatti, in seguito ad un editto napoleonico, verrà imposto, per motivi igienici, di inumare i corpi in posti isolati e lontani dai luoghi abitati.
Come vedremo, quando i Visconti erigeranno il loro sepolcreto, faranno riesumare i resti dei corpi di questi morti, le cui ossa si possono ammirare ai due lati dell'ingresso della cripta (incastonati sotto le scritte latine Pax Vobiscum e Requiem Aeternam), una sorta di legame fra il nuovo edificio e l'antica tradizione di cui godeva San Salvatore.
Purtroppo però la chiesa conobbe un periodo di decadenza, perché i terreni su cui sorgeva furono acquistati dalla famiglia aristocratica dei Pirovano.
Della chiesa non si hanno più notizie per 300 anni fino al 20 agosto 1571 quando, in occasione della prima Visita Pastorale di san Carlo a Cassago, Monsignor Fabrizio Piscina si reca a Tremoncino per rendersi conto dello stato in cui versa la chiesa di S. Salvatore. Questa visita attesta che l'edificio sacro era ormai sotto la giurisdizione di Cassago, come si evince anche dalla relazione che scrisse:
"Vi è sotto la cura di Sancto Jacomo et brigida di casagho una chiesa chiamata sancto Salvatore la quale è in cima un monticello da una banda boscho da l'altra Roncho, dirutta senza altare non ha su il tetto e caschava una gran parte della muraia, et non ha reddito nè beni alcuni. Ne l'anno 1571 adi 20 agosto fu visitata dal Reverendo Fabritio Piscina nella visita che si fece a Cassagho dall'Illustrissimo et Reverendissimo monsignor cardinale ma de detta visita non s'è mai visto ordinatione per lo si adimandato provisione che cosa se debba fare con questa chiesa."
Nel 1571 la chiesa versava dunque in pessime condizioni, ma san Carlo non prese provvedimenti, perché l'edificio era di proprietà della nobile famiglia dei Pirovano che possedevano il castello di Cassago. Sono loro infatti che assolvono ogni anno al legato Zappa che prevedeva la distribuzione ai poveri di alcune staia di pane in occasione della festa della chiesa. Tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento il ramo cadetto dei Pirovano si estinse e tutti i loro possedimenti, compreso san Salvatore, entrarono, per matrimonio, a far parte dell'asse ereditario dei Duchi Visconti di Modrone.
Dopo una serie di questioni insorte nell'Ottocento con la parrocchia circa l'uso religioso di questo luogo sacro legato a pellegrinaggi e alla devozione popolare per i morti della peste, all'edificio medioevale fu sostituito il moderno Sepolcreto, costruito su progetto dell'architetto Giovanni Cerutti che lo ideò fra il 1884-1887. Di sicuro nel 1890 era già concluso perchè fu benedetto ufficialmente a novembre di quell'anno: l'autorizzazione venne concessa a don Giuseppe Calvi Canonico della Metropolitana direttamente dall'arcivescovo di Milano, il cardinale Luigi Nazari di Calabiana (Archivio della parrocchia di Cassago, cart. 1) il 29 ottobre.
Una particolarità sullo stile dell'edificio; il progetto iniziale prevedeva un altro genere di costruzione. Infatti, Cesare Cantù nelle Memorie storiche del regno Lombardo-Veneto, scritte in quegli anni, cita il sepolcreto, ma lo descrive con uno stile neo classico, in quanto egli aveva visto il progetto cartaceo, non ancora modificato. Probabilmente il cambio di stile, all'ultimo momento, fu in parte condizionato anche dalla chiusura dei cantieri del duomo di Milano: probabilmente i Visconti volevano un sepolcreto che, seppur in dimensioni ridotte, rimandasse alla grandezza e imponenza della cattedrale milanese, con uno stile gotico-internazionale.
Sulla scala d'entrata del Sepolcreto
La chiesa ha fatto la fortuna di Tremoncino, con tutti quei nasi della gente che passa rivolti all'insù per riuscire a guardare tutta la chiesa dal basso fino all'ultima guglia. Sorto come una delle tante tombe di famiglia, così tanto di moda sul finire del secolo scorso, questo Sepolcreto soggioga il passante con quel suo splendido bianco marmo di Carrara, tutto arieggiante con le sue cuspidi e i suoi finestroni ogivali sottili e slanciati verso l'azzurro del cielo con ai piedi i verdi prati di granoturco che hanno sostituto i più nobili vitigni d'un tempo. C'è chi l'ha paragonato al duomo di Milano, di cui richiama di sicuro le linee architettoniche e lo slancio e in un certo modo anche la maestosità.
Forse il netto stacco con la natura circostante, che si avverte fin dal primo sguardo, è un effetto voluto dall'architetto che l'ha ideato, nonché dai medesimi committenti, i quali volevano un sepolcreto che di certo non passasse inosservato.
C'è chi l'ha paragonato al duomo di Milano, non a caso, di cui richiama di sicuro le linee architettoniche e lo slancio e in un certo modo anche la maestosità.
L'abilità dei costruttori e degl'ideatori fu tale che ogni singolo elemento rimanda ancora oggi alla grandezza della famiglia Visconti, una sorta di monumento alla memoria delle grandezze passate. Una volta giunti, infatti, nel piazzale antistante l'ingresso, si ha l'impressione che l'edificio sia molto più grande ed imponente, questo per merito dello stupendo accesso che fa capo a un viale prospettico in dolce salita, scandito da una serie di cipressi secolari di grande effetto paesaggistico, che con la loro ombra invitano al raccoglimento spirituale. Anche i giochi di colori contribuiscono a questa magia, da notare il forte stacco fra il bianco lucente del marmo che si staglia sul cielo azzurro, in netto contrasto con il verde della vegetazione e l'oro del grano che nei campi intorno cresceva.
La simmetria è la regola dominante nell'edificio. La pianta ottagonale è certamente singolare: solitamente, infatti, i battisteri hanno tale base, poiché nella simbologia cristiana l'otto, in geometria costituito da due quattro opposti e rovesciati, rimanda alla nascita e all'infinito. In questo caso, invece, tale pianta usata per un sepolcreto, quindi una casa di morti, può assumere un significato molteplice, che va dall'idea della vita dopo la morte, al fatto che comunque si ha di fronte anche una chiesa con un altare consacrato e tuttora dedito alle funzioni religiose, benché molto rare.
La base di otto, man mano che si sale verso l'alto, si restringe pian piano, fino a culminare in una guglia, rimandando all'idea che ciò che in cielo è uno (Dio), è in comunione con ciò che sulla terra è otto, l'uomo.
Due scale simmetriche racchiudono l'ingresso della cripta e conducono al piano superiore. Anche nel numero dei piani l'ambivalenza è forte. In quello inferiore sono i sepolcri dei Visconti morti nell'ottocento, mentre in quello superiore, oltre all'altare consacrato, si trovano le tombe dei morti nel secolo scorso.
Sull'ingresso domina lo stemma, circondato dal motto di famiglia, di origine oraziana, Flangar non Flectar. Lo storia dello stendardo è ancora oggi avvolta nella leggenda. Si vuole, infatti, che un antico capostipite dei Visconti abbia partecipato alle crociate. Imbattutosi in un manipolo d'infedeli, egli solo con la forza della sua spada e della fede li sconfisse, come prova del suo coraggio, riportò in patria il loro stemma, imbrattato del sangue dei nemici. Nel medioevo, infatti, si credeva che la forza di un esercito fosse racchiusa negli stendardi sotto cui si batteva.
Ebbene, i Visconti decisero di utilizzare tale effige, raffigurante un serpente / drago, come stemma, e in ricordo del loro valoroso avo, inserirono nella bocca del mostro un uomo dalla pelle rossa, un infedele insanguinato. La fortuna che quest'immagine conobbe fu sicuramente legata alla fama dell'antica famiglia Visconti, vicari imperiali e signori di Milano, tanto che ancora oggi, nei marchi di alcune prestigiose aziende della zona (l'Inter, l'Alfa Romea, Canale 5) noi ritroviamo rimandi a questa tradizione.
Visitatori di ieri e di oggi
Il Sepolcreto di San Salvatore fu benedetto ufficialmente nel novembre 1890, su autorizzazione dell'arcivescovo di Milano, Luigi Nazari di Calabiana. Pochi anni dopo, nel 1897, sappiamo che questa straordinario capolavoro di arte neogotica era aperto al pubblico. Infatti nella sezione dedicata ai Visconti dell'Archivio Storico dell'Università Cattolica di Milano è conservato un registro delle firme dei visitatori del Sepolcreto di Cassago Brianza, che copre l'arco cronologico che va dal 14 aprile 1897 al 29 giugno 1960. Il registro è suddiviso in 4 colonne. La prima è riservata all'indicazione della data. Questa prima informazione che ci viene trasmessa, ci consente di fare una serie di considerazioni sulle modalità di apertura del Sepolcreto in passato. Innanzitutto visitatori occasionali o a gruppi, avevano la possibilità di vedere questa straordinaria opera, in vari periodi dell'anno e non soltanto in occasione della festa di san Giobbe. Inoltre non viene nemmeno rispettata sempre la cadenza settimanale delle visite. Da questo semplice dato, si evince che il Sepolcreto era visitabile anche durante la settimana e non soltanto nei giorni festivi. Inutile ricordare che dal 1913 al 1917 le visite furono sospese, come anche dal 1942 al 1955.
La seconda colonna del registro è riservata all'indicazione del nome e del cognome dei visitatori, mentre la terza sezione porta come etichetta l'indicazione della patria.
Tra i luoghi di origine dei primi visitatori c'è una netta prevalenza di Milano, e molto spesso accanto al nome compaiono le qualifiche di architetto, ingegnere o avvocato. E' possibile ipotizzare, dunque, che i primi interessati a visitare questo Sepolcreto fossero o esponenti dell'alto ceto milanese, vicini alla famiglia dei Visconti, oppure colleghi di quell'Antonio Cerutti che aveva creato questa splendida opera nel cuore di Cassago. I visitatori non erano solo lombardi ma provenivano anche da Napoli, Trapani, Pisa, Siena, Roma, Cosenza, Trieste, Sassari, mentre sono riportati alcuni visitatotori stranieri: svizzeri, francesi, tedeschi e anche un americano!
L'ultima colonna è riservata alle osservazioni ed è il posto deputato ad accogliere i commenti più disparati riguardo sia l'edificio che avevano appena visitato, sia alla famiglia dei Visconti. Il commento che ricorre più spesso è quello di "stupendo", ma a proposito di queste annotazioni degli antichi visitatori del Sepolcreto, più di tante parole di commento, giova lasciare spazio direttamente alle loro testimonianze:
"Ammiro la sapienza dell'uomo che l'ha edificato, ma ancor più la potenza di Dio che glielo ha ispirato" (9 agosto 1897, Roncoroni da Milano); "Venni ... vidi ... mirai" (9 settembre 1897, Colombo Ida, Milano); "La settima rarità del mondo" (17 agosto 1898, Orfanotrofio maschile di Milano, Maresso); "E a Cristo che monumento dovevano fare?" (20 agosto 1898, Giuseppe Fergnazzi, Milano); "Bello, ma è troppa la vanità" (30 agosto 1898, Maria Bardoli, Milano); "Degno della famiglia Duca Visconti" (21 ottobre 1898, Rosetta Sonda, Padova); "Magnifico anch'io vorrei finir qui" (23 agosto 1902, Matilde Vignola, Milano); "Di questi caritatevoli signori ce ne vorrebbero moltissimi" (5 maggio 1913, Enrico Biffi, Monza); "Visconti di Modrone, credo che anche da morti abbiate avuto molto. Pure se un po' trascurato ... Noi ... siamo trascurati prima nella vita e penso lo saremo dopo. Iddio sia giusto ..." (signora in vena di polemica) (27 aprile 1958, Renzi Regina, Milano).
Come si può evincere da questi esempi scelti, accanto a coloro che si sentono in dovere di esprimere dei giudizi molto lusinghieri sulla famiglia dei Visconti, ce ne sono anche alcuni che introducono delle note polemiche e delle volute reticenze, come nel caso di Eugenio Silvestri da Livigno, che visitò il Sepolcreto il 25 giugno 1897 e lasciò scritto sul registro "Monumento insigne, sed ... ". A noi oggi resta la possibilità di fantasticare su cosa si celasse dietro quegli enigmatici puntini sospensivi. Anche noi oggi, in occasione della festa di San Giobbe, siamo dei visitatori del Sepolcreto di San Salvatore, proprio come avevano fatto i suoi più antichi visitatori di cui rimane testimonianza in questo registro. I visitatori di ieri e di oggi guardano, commentano e passano, l'unica cosa che rimane immutata è la straordinaria magnificenza di questa "guglia del Duomo" immersa nel verde della Brianza, che a distanza di 110 anni sa ancora affascinare ed attrarre moltissime persone.
Nella piazzetta che introduce al Sepolcreto
Le origini della festa: il legato Zappa
La chiesa di san Salvatore fu il luogo dove è stato assolto dal Cinquecento in poi il legato Zappa. Zappa in realtà è il cognome italianizzato della famiglia De Sapis che aveva la sua roccaforte proprio a Tremoncino. Si trattava sicuramente di facoltosi possidenti, che avevano terre a Cassago ma anche nei paesi vicini. Nel 1456 Magister Iacobus de Sapis pagava più tasse dell'intera comunità di Cassago. Ma non scherzava neppure Christoforus de Sapis che risiedeva nel capoluogo: oggi conosciamo quanto erano tenuti a pagare da un interessante documento che riporta l'estimo del Monte di Brianza, dove compaiono anche gli abitanti di Cassago, Oriano e Zizzanorre:
"Infrascriptum est estimum universitatis montis Brianze confectum per spectabilem et excelentissimum legum doctorem dominum Franciscum de mangano ducalem vicarium generalem et comisarium super reformatione dicti estimi, per litteras ducales tenoris huiusmodi, videlicet ... (omissis) ....
Estimum clericorum Plebis massalie cum Plebe Aliate et Squadra de maveris.
folio 36: Magister Iacobus de Sappis pro bonis que habet in Tregunzino et alijs locis soldum unum, denarios quatuor et cum massaricio suo de Tregunzino
Estimum Plebis Massalie.
folio 67: Vicini de Cassago habentes bona immobilia, excepto Christoforo Sapis, denarios sex
Christoforus de Sapis in Cassago soldum unum, denarios sex".
Chi istituì il legato Zappa? Molto probabilmente furono Petrus e Ambrosius de Sappis che, separatamente, il primo l'8 maggio 1546, il secondo il 28 aprile 1547, con atto notarile lasciarono alcuni beni per far celebrare messe a loro favore assieme alla distribuzione di pane ai poveri. I loro testamenti furono rogati dai notai Tommaso e Giovan Battista de Isacchi di Milano in un periodo che vedeva riaffiorare rigurgiti di peste. Queste furono le loro disposizioni:
"Die octavo maij 1546 Petrus de Sappis habitante Cassaghi plebis massalia instituit sibi haeredes in eius testamento Jo:Baptistam de Sappis quem aggrauauit ad celebrari faciendas cum cera et alius offitius missas decem et dispensam in pane cocto staria quatrui frumenti pauperibus Cassaghi et treonzini omni anno usque ad annos decem vigore dicti testamenti rogato per quondam dominum Thomas de isachus olim publicum Mediolani notarium dicto die".
Suo fratello a sua volta:
"Die xviii Aprilis 1547 Ambrosius de Sappis habitante in loco Treonzini locis Cassaghi plebis massaliae condidit Testamentum et sibi heredem instituit Majnam de Sappis quam inter alia aggrauauit, in die celebrationis septimi ad dispensandum staria quatrum frumenti in pane cocto vicinis de Cassagho. Item ad celebrari faciendas missas sex omni anno et dispensam dictis vicinis alia staria duo frumenti in pane cocto, ubique omni anno usque ad annos decem vigore dicti eius testamenti rogato per quondam Franciscum de Isachis olim publicum notarium mediolanensis dicto die. Jo:Baptista isachus publicus mediolanensis notarius autem explevi infrasripta rogato per predictos".
Come si può notare, in origine le disposizioni testamentarie prevedevano messe e distribuzione di pane per soli 10 anni. In realtà questa consuetudine continuò ben oltre perché un loro familiare, un certo Melchiorre ripropose qualcosa di analogo nel suo testamento. Così ancora nel dicembre 1623 il parroco Cristoforo Galbiati poteva scrivere nella "Nota delli officij" (Arch. Parr. Libro dei battesimi, matrimoni e morti, 1622-1661):
"Jo P.Xforo Galbiato parroc di Cassago confesso hauer l'anno presente del 1623 detto quatordeci messe per il legato lasciato dal quondam Marchior Zappa del loco di treoncino qual hà lasciato di far dir sette messe l'anno et di dar per elimosina stara n. 4 di pane di formento l'anno in perpetuo et le sudete messe le ho dette per hauer riceputo li danari dalla Villa di renate et insieme da essa riceputo li denari di un moggia di formento quali si sono distribuiti per tutto il Comune conforme alla mente del testatore ...". Pochi anni dopo, finita la terribile pestilenza manzoniana del 1630, il legato incominciò ad essere onorato dai nobili Pirovano, che avevano acquistato terreni e case a Tremoncino, fra cui lo stesso colle dove sorgeva la chiesa, proprio dai De Sapis con la clausola di mantenere nel tempo il legato degli avi. Il nuovo parroco, il milanese don Filippo Balsamo, scrive nel 1632 di questo legato e ricorda espressamente che si fondava su alcuni beni chiamati di san Salvatore:
"Ego infrascriptus Parochus fidem facio sicuti ordine illustrissimi equitis Piromani satisfactum est legatum relicto a quondam Melchiore habitante Treonzini videlicet distributione stariorum quatuor panis triticei pauperibus communitatis Cassagi et missarum septem celebrandarum per parochum ipsius loci Cassagi et haec legati adimpletio cecidit supra annis quinque videlicet 1628:29:30:31:32 pariterque distribuita sunt panis triticei staria viginti et celebratur sunt triginta quinque missae per me ut infra et istud legatum est supra quaedam bona appellata Sancti Salvatoris posita in loco Treonzini et sunt perpetua videlicet quatuor staria panis triticei distribuendo pauperibus communitatis Cassagi et missae septem celebrandae a Parochi singulo anno. In quorum fide ita eidem ego P. Philippus Balsamus Parochis Cassagi". Nel 1632 queste proprietà a Tremoncino come quelle di Cassago appartenevano a Gio:Battista questore di Milano, che le aveva ereditate dal fratello Bartolomeo, uno dei numerosi fratelli dei nobili Pirovano. Bartolomeo era stato cavaliere gerosolimitano e morì in giovane età, nel 1630, forse a causa della peste. Un altro fratello di rilievo era un certo mons. Filippo il Vecchio che per 34 anni fu Auditore e poi Decano della Sacra Rota a Roma. Filippo Balsamo annoterà ancora negli anni successivi il soddisfacimento del legato Zappa: nel novembre 1638 specificherà che si fondava "supra quondam petiam terrae partim campi et partim vineae appellatae il santo Salvatore, perticorum quadraginta, quae petia erat temporibus lapsis iure ad ecclesiam venduta ..." cioè il legato si fondava su un terreno di 40 pertiche lavorato in parte a campo e in parte a vigna che un tempo era di pertinenza della chiesa di san Salvatore. Questa osservazione lascia intendere che alle origini della chiesa ci sia una fondazione nobiliare in età longobarda. Questa chiesa di campagna era cioè una cappella privata ad uso di un nobile signore locale.
Una lapide in chiesa parrocchiale ricorda un epigono di questa famiglia, un certo Bernardinus De Sapis che morì il 30 settembre 1603.
D. O. M.
Bernardinus de Sappis
Caecus a nativitate
Ad dei gloriam
Fidelium devotionem
Animaeque suae refrigerium
Missam
In hac S.ti Jacobi ecclesia
Quotidie celebrandam
Legavit obiit die XXX
Septembris CIC.IC.CIII
"Cieco dalla nascita, quest'uomo lasciò alla Fabbriceria del Santissimo Sacramento di Cassago ben 65 pertiche di terreno che dovevano servire a far celebrare una messa quotidiana all'altare maggiore, eccetto il venerdì. Grazie alle disposizioni di questo suo testamento del 19 ottobre dell'anno prima, rogato dal notaio Giovanni Battista Isacco, la Fabbriceria riuscì a mantenere per alcuni secoli un cappellano che fungeva anche da coadiutore. Il primo a beneficiarne fu un certo Antonio Fumagalli nativo di Cassago, che divenne prete soprattutto grazie alle rendite dei terreni donati da Bernardino Zappa".
"Sajopp su i cavalee"
Attorno alla chiesa di san Salvatore a Tremoncino si è sviluppata nei secoli scorsi una devozione a San Giobbe legata a doppio filo alla coltivazione dei bachi da seta e alla tradizionale fiera contadina che lì si svolgeva. Durante la festa di san Giobbe, il 10 maggio, venivano benedette le cosiddette "Maestà", cioè delle immagini sacre che sarebbero state affisse nelle case contadine a protezione della coltivazione dei bachi da seta. Proprio lui, san Giobbe, era infatti invocato a protezione dei cavalé e dei bigàtt, cioè di quei preziosi bachi da seta e dei loro bozzoli che, dopo un duro ed estenuante lavoro pieno di sacrifici (le camere più belle e arieggiate della casa del contadino diventavano il luogo di allevamento dei bruchi!) permetteva ai contadini di ottenere delle entrate importanti in un'epoca in cui la vita nelle campagne era difficile. A Cassago le prime vendite di bozzoli o cavalé risalgono al Cinquecento. Probabilmente già allora il santo veniva invocato, come lo invocavano migliaia di contadini di tutta Italia, dalla Lombardia alla Calabria, dalla Toscana al Veneto. Questo culto arrivava da lontano e precisamente dalla Palestina dove una rilettura dei racconti biblici in età medioevale, lo diffonde dapprima nel mondo panarabo, poi in quello iranico e infine, attraverso Venezia e il mondo greco, anche in Italia. Non è noto quando sia iniziato questo genere di attività nelle nostra campagne brianzole, ma nella seconda metà del Seicento era sicuramente già molto fiorente, ma un tempo fu sicuramente una coltura assai sfruttata e certamente diffusa, (si pensi solo all'esempio di Como, e alla fama delle sue industrie seriche), coltivazione che, si racconta, fosse stata incoraggiata ai tempi di Ludovico il Moro, tanto che la pianta del gelso, delle cui foglie si nutrono i bachi, in lingua dialettale in alcune zone veniva chiamata Moroni.
Due testimonianze, una da Zizzanorre e una da Cassago, attestano la sua importanza nella economia rurale, soprattutto dei nobili.
La gente fra le bancarelle lungo il viale di cipressi
A ZIZZANORRE
Stando ai documenti si riusciva addirittura a produrre la seta. Nel 1600 il cascinale di Zizzanorre con le annesse terre era proprietà della nobile famiglia Nava, che aveva estesi possedimenti anche in Cassago, dove è conosciuta già dagli inizi del 1500, quando possedeva una casa da nobile che corrisponde all'edificio della vecchia canonica parrocchiale. Le attività agricole direttamente controllate da questa potente famiglia, che conobbe un disastroso tracollo finanziario alla fine del '600, sono ben espresse in due note che documentano i commerci proseguiti dalla nobildonna Clemenza Carcano Nava dopo la morte del marito Giovanni Nava. In un elenco delle entrate riscosse fra il 1676 e il 1682 le voci elencano i prodotti tipici di quel tempo, frumento, segale, scandella, miglio, mais, vino e anche, in particolare, seta. Non solo, dunque, si allevava il baco da seta, ma pure si lavorava il bozzolo (cavalèe) per ottenerne la seta. Questa veniva poi venduta sul mercato di Como, come ricorda il nobiluomo Giovanni Nava in una lettera datata da Zizzanorre il 15 dicembre 1666: " Di giorno in giorno sto aspettando un mercante di seta da Como per darli la mia seta. Vostra Signoria mi diede comisione di vendere la sua seta ma non mi disse del prezzo per tanto mi havissa acciò saper in che modo govuernarme. Lo ringrazio infinitamente della briga che si è pigliato per un suo servidore per li interessi del minore mio nepote, prego Vostra Signoria a dare le ducento lire al Sig. Rouello ".
A CASSAGO
Anche a CASSAGO la coltivazione del baco da seta era un impegno lucroso a cui prestare attenzione: Nel 1600 l'area del castello di Cassago con le annesse proprietà della Possessione della Torre erano un possedimento della nobile famiglia Pirovano, che li avevano acquisiti con pazienza per tutto il Cinquecento. Questa famiglia, la cui nobiltà risale al medioevo, aveva dato vescovi e capitani alla città di Milano ed era forse originaria di Lomagna di cui possedeva il castello ancora nel '600.
Per ottenere una sana crescita della loro azienda, i Pirovano avevano dato indicazioni precise, riassunte in un libricino delle Istruzioni per la conduzione dell'Azienda Pirovana scritto nel febbraio 1669, dove si indicano minutamente tutte le disposizioni per il miglior rendimento delle attività agricole. Una parte del testo fornisce vari suggerimenti per la coltura dei bachi da seta e la produzione della seta:
"L'entrata di Cassago e di Zoccolino, che camminano tutti sotto un possesso, consiste in seta, formento solo, vino, un poco di fieno, nel libro proprio del luogo, che si tiene vi è registrato quello che pagano li Massari, quali hanno il fondo in affitto, la brocca a metà, risservati li Moroni al patrone. Il Signor Giovanni Nava hà la direttione e sovrintendenza del tutto con mandato di procura rogato da Carlo printo nel 1662 à scodere, sono li tempi à operare à primavera per le viti, moroni, in siti de frutti, 2° alla seta, terzo al raccolto de grani, 4° vino, 5° seminerio, 6° à S. Martino à far li conti, 7° l'Inverno per li boschi dà far pali e legna d'abbruchiare le siepi, e cavar li fossi, ritornando al primo li luoghi son ben tenuti, bisognerà solamente mantenerli con rimetter le viti morte, accrescer moroni, dove si sia sito, ò d'insediare altri nel luogo de morti, custodire il Vinazo de novelli, in questa parte il sig. Giouanni è peritissimo, bastarà fargliene memoria à suoi tempi, nella Vigna hò comesso di metter già gran quantità de frutti d'ogni sorte, si continuarà il medemo senza alcuna rifflessione. E' solito comparsi la semenza de bigati in Milano, che si consegna al sig. Giouanni che à suo tempo la distribuisce, bastano 50 oncie per uso di Casa, si prende di quella di Vigevaono, che s'è pagata Lire 36 per oncia, vi sono li mercanti che la portano, sin hora è sempre riuscita bona, è peso del fattore, che hora è francesco Brambilla l'accudire e riconoscere, se li Massari la mettano, le mude de bigati, quando le galete si leuano dal bosco e si pesano, ed à far seta, piegarla, consegnarla al signor Giouani tutta intiera con la metà della strusa e riportarne ricevuta accertativa che li massari non vendino la foglia, se n'avanzasse, ò mancandone che sia provista per tempo, è consueto formarsi un foglio, che con quella regola s'ha notitia del tutto, ogn'anno se ne farà un simile, alle Maestre della seta si danno n. 8 per lira, oltre le spese che riescano dal fattore à lui bonificate .... finita la faccenda della seta ....".
La dettagliata descrizione delle operazioni da seguire, dall'acquisto dei bachi (semenza dei bigati), alla cura delle piante di moroni fino alla crescita, raccolta e lavorazione dei bachi evidenzia la specialissima attenzione riservata a questa attività che doveva essere alquanto lucrosa. La stessa parrocchia in quest'epoca riscuoteva le decime e le offerte spesso sotto forma di "bigatti " che poi avviava alla vendita sul mercato di Como o di Milano.
Elenco dei Visconti sepolti al san Salvatore:
• Marianna Fagnani marchesa Visconti di Modrone (1739-1814)
• Contessa Visconti di Modrone nata Gonzaga Aurelia (1768-1857) madre di Uberto
• Carlo Visconti di Modrone (1775-1836) cugino del padre di Uberto
• Duca Uberto Visconti di Modrone (1802-1850)
• Conte Carlo Visconti di Modrone (1804-1873) fratello di Uberto
• Duchessa Giovanna nata marchesa di Gropallo (1805-1884) moglie di Uberto
• Conte Carlo Visconti di Modrone (1833-1837) figlio di Uberto
• Duca Raimondo Visconti di Modrone (1835-1882) figlio di Uberto
• Conte Luigi Visconti di Modrone (1839-1879) figlio di Uberto
• Conte Gaetano Visconti di Modrone (1840-1844) figlio di Uberto
• Duca Guido Visconti di Modrone (1838-1902) figlio di Uberto
• Duchessa Ida Visconti di Modrone nata Rensi (1850-1915)
• Duca Uberto Visconti di Modrone (1871-1923) figlio di Guido
• Duchessa Marianna Visconti nata Groppallo (1870-1941)
• Conte Giovanni Visconti di Modrone (1873-1931) figlio di Guido
• Conte Raimondo Visconti di Modrone (1877-1880) figlio di Guido
• Duca Carlo Visconti di Modrone (1881-1967)
• Contessa Edoarda Visconti di Modrone nata Castelbarco (1881-1929)
• Matilde Visconti di Modrone nata Marescalchi (1881-1973)
• Contessa Maria Visconti di Modrone (1895) figlia di Uberto
• Conte Guido Visconti di Modrone (15.X.1897-11.VIII.1899) figlio di Uberto
• Duca Marcello Visconti di Modrone (1898-1964) figlio di Uberto
• Xenia Visconti di Modrone nata Berlingieri di Valle Perrotta (1901-1973)
• Ruggero Visconti di Modrone (1906-1991)
• Conte Emanuele Visconti di Modrone (1907-1945)
• Conte Raimondo Visconti di Modrone (1907-1983)
• Ferdinando Visconti di Modrone (1909-1963)
• Conte Ottorino Visconti di Modrone (1909-1978)
• Filippo Visconti di Modrone (1913-1982)
• Nucci Visconti di Modrone nata Cima (1921-1990)
• Contessa Matilde Visconti di Modrone (1931) figlia di Marcello
• Guido Visconti di Modrone (1941-1974)