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Percorso : HOME > Cassago > Archivio Storico > L'età romana > AgostinoAgostino: il rus Cassiciacum di verecondo
Agostino e i suoi amici a familiari a rus Cassiciacum (Cassago Brianza)
Il rus Cassiciacum di Verecondo
Macerabatur anxietudine Verecundus de isto nostro bono, quod propter vincula sua, quibus tenacissime tenebatur, deseri se nostro consortio videbat. Nondum Christianus coniuge fideli ea ipsa tamen artiore prae ceteris conpede ab itinere, quod aggressi eramus, retardabatur nec Christianum esse alio modo se velle dicebat quam illo, quo non poterat. Benigne sane obtulit, ut, quamdiu ibi essemus, in re eius essemus. Retribues illi, Domine, in resurrectione iustorum, quia iam ipsam sortem retribuisti ei. Quamvis enim absentibus nobis, cum Romae iam essemus, corporali aegretudine correptus et in ea Christianus et fidelis factus ex hac vita emigravit. Ita misertus es non solum eius sed etiam nostri, ne cogitantes egregiam erga nos amici humanitatem nec eum in grege tuo numerantes dolore intolerabili cruciaremur. Gratias tibi, Deus noster ! Tui sumus. Indicant hortationes et consolationes: fidelis promissor reddis Verecundo pro rure illo eius Cassiciaco, ubi ab aestu saeculi requievimus in te, amoenitatem sempiterne virentis paradisui tui quoniam dimisisti ei peccata super terram in monte incaseato, in monte tuo, monte uberi. Angebatur ergo tunc ipse, Nebridius autem conlaetabatur... Sic ergo eramus. Verecundum consolantes tristem salva amicitia de tali conversione nostra et exhortantes ad fidem gradus sui, vitae scilicet coniugalis, Nebridium autem opperientes, quando sequeretur.
Confessioni 9, 3, 5-6
La nostra fortuna consumava d'inquietudine Verecondo. Egli vedeva come, a causa dei vincoli tenacissimi che lo trattenevano, sarebbe rimasto escluso dalla nostra società. Non era ancora cristiano, aveva una moglie credente, ma proprio costei era una catena al piede, che più di tutte le altre lo ritardava dal cammino che avevamo intrapreso. D'altra parte diceva di voler rinunziare a farsi cristiano, se non poteva esserlo nel modo appunto che gli era precluso. Però si offrì molto generosamente di ospitarci per tutto il tempo che saremmo rimasti colà. Lo ricompenserai, Signore con usura alla risurrezione dei giusti, come già lo ricompensasti concedendogli il loro stesso capitale. Noi, trasferiti ormai a Roma, eravamo assenti, quando, assalito nel corpo da una malattia, si fece cristiano e fedele, per poi migrare da questa vita. Fu da parte tua un atto di misericordia non soltanto nei suoi riguardi, ma anche dei nostri, poichè sarebbe stato un tormento intollerabile ripensare all'insigne generosità dell'amico verso di noi senza poterlo annoverare nel tuo gregge. Grazie a te, Dio nostro ! Noi siamo tuoi, lo attestano le tue esortazioni e poi le tue consolazioni: fedele alle promesse, rendi a Verecondo, in cambio della sua campagna a Cassiciaco, ove riposammo in te dalla bufera del mondo, l'amenità in eterno verdeggiante del tuo paradiso, poichè gli hai rimesso i suoi peccati sulla terra, sulla montagna pingue, la tua montagna, la montagna ubertosa. Egli era dunque angosciato in quei giorni; Nebridio invece condivideva la nostra esultanza ... Questa era dunque la nostra condizione: da un lato consolavamo Verecondo, rattristato, senza danno per l'amicizia, di quella nostra conversione, esortandolo all'osservanza fedele dei doveri del suo stato, ossia della vita coniugale; dall'altro aspettavamo Nebridio, quando ci avrebbe seguito.