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L'iscrizione con la scritta I.O.M. Verecondus
Verecundus
Nel 1875, da un pozzo situato a Valle Guidino (Besana Brianza) nel cortile di alcune case vicine a quelle di un precedente ritrovamento di tre are, fu estratta una striscia lapidea recante questa iscrizione incisa sul lato minore a rozzi caratteri:
I. O. M. VERECUNDUS
Presentava una lunghezza di m 1,20 una larghezza di m 0,25 e un'altezza di m 0,17. La pietra posteriormente è sagomata, perciò potrebbe essere stata reimpiegata, ad esempio come materiale decorativo. Nel corso dell'estrazione, forse per incuria dei lavoranti, si ruppe in cinque parti. Il sasso è stato catalogato sul C. I. L. ,V, 8917. La notizia e le modalità del ritrovamento sono state riportate dal Caimi sulla rivista «Archivio Storico Lombardo», II, 2, (1875).
Il Verecundus documentato a Valle Guidino compare in un testo epigrafico essenziale. Anche l'elemento onomastico è di per sé insufficiente per poterne ricavare qualche informazione relativa al dedicante. Forse in origine la pietra era stata usata come lastra da offerta. Di solito i nomi rappresentati da un solo elemento, e per i quali si può fornire una sicura datazione, sono tutti posteriori al 300 d. C.
La lapide fino al 1996 era ubicata in una cantina di un edificio in via Settembrini 3 nelle immediate vicinanze della chiesa di S. Eusebio in Cinisello Balsamo (Dal proprietario è stata successivamente donata allo Stato). Il trasferimento del sasso da Valle Guidino a Cinisello Balsamo si spiega evidentemente in questo modo: il parroco di Cinisello, don Vitaliano Rossi, un erudito del tempo e allora anche Ispettore agli Scavi del circondario di Monza, si era occupato del sasso in esame e ne aveva segnalata la presenza in una sua pubblicazione della quale in seguito si persero le tracce. La passione antiquaria del Rossi, che trasferì nella chiesa di Cinisello numerosi reperti di età romana, e la coincidenza dei testi fanno supporre che l'iscrizione di Valle Guidino sia la stessa di Cinisello Balsamo. Forse il Rossi preferì murare l'iscrizione in una casa privata anzichè in una chiesa perchè il testo si rivolgeva a una divinità pagana o forse per altre ragioni di ordine pratico che ci sfuggono. Il sasso è comunque una prova inconfutabile della presenza in Brianza del nome Verecundus, che ricorda direttamente l'amico di Agostino che non si era ancora convertito al cristianesimo e ciò spiega la dedica a Giove.